1. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Comunicazione motivi ostativi approvazione  piano di riqualificazione – Ha natura di preavviso di rigetto – Determina arresto procedimentale – Conseguenze


2. Edilizia e urbanistica- Istanza per approvazione piano  riqualificazione urbana – Motivi ostativi preliminari  – Convocazione conferenza di servizi – Non è indispensabile 


3. Edilizia e urbanistica- Istanza per approvazione piano riqualificazione urbana – Motivi ostativi preliminari  – Trasformazione aree  ad attrezzature collettiva in residenziali – Illegittimità  – Ragioni


4. Processo amministrativo – Principi generali – Giudicato – Fa stato tra le parti – Conseguenze

1. La comunicazione dei motivi per i quali il Comune ritiene che non possa essere approvato un piano di riqualificazione urbana integra il preavviso di rigetto ex art. 10 bis L.n. 241/1990 pur se, determinando tale atto un arresto procedimentale, esso produce comunque  un’immediata lesione della pretesa azionata in giudizio.


2. In sede d’esame di un piano  di riqualificazione urbana, ai sensi degli artt. 15 della L.R. n. 20/2001 e 34 del D.Lgs. n. 267/2000, il Comune, a seguito di una doverosa verifica preliminare,  può rigettare l’istanza del privato  ove manchino i presupposti minimi richiesti per l’approvazione del piano o la conformità  con le previsioni dello strumento urbanistico generale, evitando di convocare la conferenza di servizi.


3. Non è compatibile con la finalità  del piano di recupero ex art. 15 della L.R.n. 20/2001 la trasformazione in variante di un’area non edificata  e destinata ad attrezzature collettive (e per tale ragione abbandonata) in zona residenziale, giacchè il recupero presuppone che la zona sia già  stata oggetto d’interventi edilizi.


4. à‰ infondata la censura di violazione del giudicato ove la sentenza che si assuma violata, pur avendo accolto un ricorso del tutto analogo a quello di cui si discute, riguardi parti diverse, considerato che il giudicato rappresenta la regola di diritto che disciplina i rapporti sostanziali soltanto tra le parti   (gli eredi e gli aventi  causa) del medesimo giudizio.

N. 01501/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01514/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1514 del 2007, proposto da: 
Menditti Costruzioni s.r.l., in persona dell’Amministratore unico p.t., rappresentato e difeso dal prof. avv. Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Nicolai n. 29; 

contro
Comune di Foggia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Mescia, con domicilio eletto in Bari presso l’avv. V. Resta, alla via Piccinni n. 210; 

per l’annullamento
-del provvedimento di cui alla nota del Comune di Foggia del 7 agosto 2007, prot. n.12764, recante diniego in relazione alla “proposta di programma di riqualificazione urbana da realizzarsi nel Comune di Foggia ai sensi dell’art 15 della L.R. n. 20/2001”, nella parte in cui inibisce l’accesso alle procedure dell’accordo di programma e della conferenza di servizi;
-di tutti gli atti citati nel presente ricorso;
-di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale ancorchè, allo stato, non conosciuto dalla società  ricorrente;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Michelangelo Pinto, per delega del prof. avv. Aldo Loiodice; avv. Giuseppe Mescia, per delega dell’avv. Giacomo Mescia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il gravame in epigrafe, la Menditti costruzioni s.r.l. ha impugnato il diniego opposto dal Comune di Foggia alla proposta di programma di riqualificazione urbana dalla stessa presentata con istanza in data 31.12.2004, in relazione a suolo ubicato in territorio comunale, località  “Serpente”, giusta nota comunale prot. n. 12764 del 7 agosto 2007.
E’ incontroverso che l’intervento in questione avrebbe comportato una variante allo strumento urbanistico generale. Ed invero, le aree interessate risultano destinate prevalentemente ad opere pubbliche o di interesse pubblico e, più precisamente: in parte a “Zona SP – Attrezzature pubbliche di quartiere di previsione – Verde attrezzato – Aree sportive”; in parte a “Zona F – Attrezzature pubbliche di interesse generale di previsione”; in parte a “Viabilità  urbana”; in parte, infine, a “Zona D5 – Aree per attrezzature turistiche e direzionali di previsione”.
L’intervento di riqualificazione di cui si discute ne aveva previsto un’utilizzazione a fini essenzialmente residenziali. Come chiarisce la stessa società  ricorrente la riqualificazione della zona sarebbe stata attuata attraverso la realizzazione di un complesso di fabbricati per residenze, servizi, parcheggi e attrezzature varie (cfr. ricorso pag. 16).
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale con atto depositato il 20 novembre 2007 eccependo preliminarmente l’inammissibilità  del gravame, sul presupposto che l’atto impugnato sia un atto meramente procedimentale; e chiedendone, in ogni caso, il rigetto.
All’udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- Si prescinde dall’eccezione di inammissibilità  perchè il ricorso è infondato. Nessuno dei tre motivi può invero trovare accoglimento.
Il primo e parte del secondo sono diretti a contestare violazioni di ordine procedimentale; più precisamente la mancata comunicazione del preavviso di rigetto, che avrebbe compromesso le istanze partecipative degli interessati (primo motivo) e la mancata convocazione di una conferenza di servizi, in asserita violazione degli artt. 15 della l.r. n.20/2001 e 34 del d.lgs. n.267/2000. Con la seconda parte del secondo motivo si lamenta, invece, una presunta violazione di giudicato. Infine, con il terzo motivo, si assumono sussistenti i presupposti per l’approvazione del piano integrato in questione ed infondati i rilievi mossi sotto tale profilo dall’Amministrazione intimata al progetto controverso.
2.1.- Prendendo le mosse dal motivo sub 1, deve osservarsi che il provvedimento impugnato è esso stesso atto di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza che, intanto non incide sull’interesse al ricorso, in quanto ha determinato un arresto procedimentale e, dunque, un’immediata lesione della pretesa azionata in giudizio. Infondata, pertanto, la prima delle censure dedotte.
2.2.- Quanto invece all’asserita omessa convocazione di apposita conferenza di servizi (prima parte del secondo motivo), nessun obbligo in tal senso poteva ritenersi incombente sul Sindaco del Comune di Foggia.
Come chiarito da questo stesso Tribunale con sentenza della terza Sezione n.2390/2007, il procedimento di cui si discute presuppone una preliminare verifica e valutazione circa la sussistenza degli elementi e dei presupposti minimi richiesti dalla legge per i piani di riqualificazione urbana nonchè in merito alla conformità  degli interventi programmati alle previsioni dello strumento urbanistico generale (in termini C.d.S., Sez. IV, n. 5146/2008).
Il potere/dovere del Sindaco di convocare una conferenza di servizi può allora sorgere soltanto all’esito di tale imprescindibile indagine, qualora emerga la sussistenza dei presupposti di legge per la proponibilità  dei piani in esame e, al contempo, la non conformità  dell’intervento in concreto proposto allo strumento urbanistico generale vigente.
In tal senso va inteso l’inciso contenuto nel quarto comma dell’art.15 della l.r. n.20/2001.
Nel caso di specie, l’indagine circa la sussistenza dei presupposti ha evidentemente condotto ad un esito negativo, sicchè nessun obbligo di convocazione poteva configurarsi in capo al Sindaco ai sensi e per gli effetti della norma citata.
2.3.- La ritenuta insussistenza dei presupposti per l’approvazione del piano urbanistico in parola è, poi, oggetto di specifica censura nel terzo motivo.
Lamenta parte ricorrente innanzitutto un difetto motivazionale. L’amministrazione non avrebbe sufficientemente motivato il diniego “..fondandolo su argomentazioni palesemente elusive e dilatorie”. In ogni caso, l’interessata avrebbe sottoposto all’Amministrazione stessa “..un complesso intervento di riqualificazione urbana ed ambientale della zona, attualmente degradata ed in stato di completo abbandono”, rispondente ai requisiti di legge.
L’assunto non può tuttavia essere condiviso.
Emerge, per un verso, che non sia stato allegato alcun elemento concreto al quale ancorare la sussistenza nella fattispecie dei presupposti contemplati nell’art.15 della l.r. n.20/2001 già  richiamato. Per altro verso, che la motivazione in concreto articolata dall’Amministrazione comunale è invece idonea a far comprendere le ragioni che hanno condotto all’emanazione del gravato provvedimento (contrasto dell’intervento proposto con la normativa di settore, con gli indirizzi espressi in merito dalla Regione Puglia e, in particolare, con le finalità  di interesse pubblico proprie del piano di riqualificazione urbana); specie ove interpretata alla luce della stessa relazione tecnica di accompagnamento al progetto per cui è causa, in cui non è contenuto alcun riferimento allo stato di degrado al quale si sarebbe inteso rimediare con la progettazione controversa, secondo le precise indicazione dello stesso art.15.
Questo, invero, nell’identificare le specifiche finalità  dei programmi di intervento di cui si tratta negli obiettivi di riqualificazione, li riferisce espressamente “ai centri storici, alle zone periferiche, alle aree e costruzioni produttive obsolete, dismesse o da sottoporre a processi di dismissione¦”; a zone, cioè, che risultino essere già  state oggetto di interventi edilizi.
Nella fattispecie, come emerge chiaramente dalla relazione di parte, si tratta di area per la massima parte destinata ad attrezzature collettive, non ancora trasformata e solo per questa ragione incolta e abbandonata, che la società  ricorrente avrebbe inteso trasformare in zona residenziale, previa ritipizzazione della relativa destinazione.
L’impostazione seguita nel progetto è quella tipica del piano esecutivo di iniziativa privata (il cd. piano di lottizzazione, secondo la terminologia più risalente), più preoccupato dell’integrazione con l’ambiente urbano limitrofo e degli equilibri dei carichi insediativi rispetto ai cd. standards che del “recupero” del comparto interessato, non essendo in effetti concretamente immaginabili interventi di recupero rispetto ad un’area vergine dal punto di vista urbanistico.
Aggiunge infatti lo stesso art.15 su richiamato che “Il programma integrato si attua su aree..in tutto o in parte edificate” (cfr. 3° comma, 3° cpv.).
Di tutta evidenza, pertanto, l’assenza nella fattispecie dei presupposti per l’approvazione di un piano di riqualificazione urbana.
2.4.- Infine, non può trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso neanche nella parte in cui è diretto a censurare la presunta violazione del giudicato formatosi in relazione a sentenze di questo Tribunale, pronunziate in relazione a ricorsi proposti da altre società  con riferimento ad analoghi dinieghi (cfr. sentenze della terza Sezione nn. 2119/2004 e 4192/2006).
Di tutta evidenza che, alla stregua dei principi generali, il giudicato è destinato a valere tra le parti e che la società  ricorrente non possa beneficiarsi dei relativi effetti.
3.- In conclusione, il gravame va respinto. Considerato, tuttavia, il registrato contrasto di orientamenti giurisprudenziali sulla problematica che ci occupa, il Collegio ritiene sussistenti i presupposti per procedere alla compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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