Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordine di demolizione – Atto vincolato – Specifica motivazione – Non necessaria
 

L’ordine di demolizione di una costruzione abusiva integra una sanzione di natura oggettiva e reale che, in quanto tale, non può che rivolgersi contro il proprietario attuale dell’immobile abusivo e costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, nè una comparazione di questo con gli interessi pubblici coinvolti e sacrificati, nè una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale alla demolizione; nè, infine, è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (nella specie, secondo il TAR,  trattavasi di un pollaio trasformato con semplice DIA in mini-alloggio  nel corso del 1996).
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VediCons. St., sez. VI, ric. n. 1019 – 2014, sentenza 11 marzo 2015, n. 1264 – 2015

N. 01493/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00900/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 900 del 2012, proposto da Colucci Michele, rappresentato e difeso dall’avv. Saverio Profeta, con elezione di domicilio in Bari, via Cognetti n. 25, 

contro
Comune di Noicattaro, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma n. 94, 

e con l’intervento di
ad opponendum:
Fin.Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante p. t., con sede in Noicattaro, <<ad opponendum>>, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Carbone e dall’avv. Giacomo Valla, con domicilio eletto nello studio del secondo, in Bari, via Quintino Sella n. 36, 

per l’annullamento
dei seguenti atti: 1)l’ordinanza di demolizione n. 33 datata 26.4.2012, emessa in relazione all’immobile sito in Noicattaro, via Cappuccini n. 88; 2), ove occorra, il provvedimento prot. n. 20844 del 1996, mai notificato al ricorrente;
 

Visto il ricorso con i relativi allegati, nonchè la successiva memoria del ricorrente;
Visti l’atto di costituzione dell’Amministrazione comunale intimata e l’atto di intervento <ad opponendum>>, con la successiva memoria dell’interveniente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori Saverio Profeta, Franco Gagliardi La Gala e Roberto Carbone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
I – Il ricorrente è proprietario di un fabbricato nella periferia di Noicattaro, realizzato intorno al 1938 e, nel corso del tempo, sistemato e completato dai danti causa del ricorrente medesimo (anche mediante due d.i.a. del 1996). Il P.R.G di Noicattaro, approvato nel 2004, qualifica l’area come B2, con indice di fabbricabilità  5 mc/mq., sennonchè, a distanza di tempo dalla realizzazione delle modifiche, nel 2011, il Comune contesta che le due d.i.a. del 1996 non si sarebbero perfezionate, perchè – a suo tempo – oggetto di osservazioni del Comune (con note prot. n. 14933 del 9.9.1996 e prot. n. 20844 del 28.11.1996), mentre nel corpo di fabbrica principale vi sarebbero opere mai autorizzate, asseritamente realizzate tra il 1958 e il 1996. Il ricorrente insorge per impugnare i seguenti atti: 1)l’ordinanza di demolizione n. 33 datata 26.4.2012, emessa in relazione all’immobile sito in Noicattaro, via Cappuccini n. 88; 2), ove occorra, il provvedimento prot. n. 20844 del 1996, mai notificato. Il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1)violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, artt. 31 e 37 del T.U. n. 280/2001, violazione del principio della trasparenza dell’azione amministrativa, violazione del principio di efficienza, efficacia ed economicità  dell’azione amministrativa, eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, perplessità , travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 2) violazione del principio di efficienza, efficacia ed economicità  dell’azione amministrativa, eccesso di potere per ingiustizia manifesta; 3)violazione dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001.
Con successiva memoria, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.
L’Amministrazione comunale intimata si costituisce e, con successiva memoria, deduce l’inammissibilità  e l’infondatezza del ricorso. Ne chiede la reiezione.
Interviene <<ad opponendum>> una ditta proprietaria del suolo frontistante all’abitazione del ricorrente, per chiedere – anche con successiva memoria – il rigetto del ricorso, nella considerazione che il presunto abuso edilizio sia stato realizzato in violazione delle inderogabili distanze dai confini e dai fabbricati.
Con ordinanza collegiale n. 559 del 2012, questa Sezione accoglie l’istanza cautelare del ricorrente.
All’udienza del 24 ottobre 2013, la causa viene introitata per la decisione.
II – Il ricorso è infondato.
III – Il fabbricato di proprietà  del ricorrente presenta manufatti mai assentiti dal Comune di Noicattaro.
Va esclusa la preesistenza di un corpo di fabbrica principale risalente al 1938, costituito da cucina, bagno, ripostiglio e disimpegno, poichè è documentalmente provato (dalla planimetria catastale del 1940, da due verbali di accertamento catastale del 1942 e del 1960, oltre che dai rilievi aerofotogrammetrici e dalla corrispondenza privata dei danti causa dei ricorrenti, versata in atti) che, sino al 1996, nel cortile retrostante il fabbricato dei ricorrenti, esisteva soltanto un pollaio di 22 mq., di forma rettangolare. In particolare, nel 1996 la dante causa dei ricorrenti, Masotti Angela Rosa, denunciò al catasto – ai fini degli adempimenti di cui all’art. 8 della legge n. 679/1969 – un ampliamento dei vani siti sul lato nord, nel cortile retrostante l’abitazione principale. Ed è appunto intorno al 1996 che il pollaio fu trasformato in mini-alloggio, con bagno, cucina, ripostiglio e disimpegno, mediante aumento della consistenza di superfici e volumi e a distanze dai confini e dalle costruzioni inferiori a quelle regolamentari.
Nella stessa d.i.a. presentata al Comune in data 20.11.1996 (prot. n. 20844), il manufatto ampliato viene indicato come fabbricato preesistente, benchè non vi sia stato alcun atto abilitativo di tale ampliamento. Non sono tali le licenze edilizie del 26.11.1958 e del 13.5.1961, che riguardano lavori diversi sul fabbricato principale e non riguardano minimamente il pollaio retrostante il fabbricato. Non equivalgono a idonei atti di assenso neppure le due denunce di inizio di attività  del 1996. In particolare, il Comune ha evidenziato che la d.i.a. osservata con nota comunale 28.11.1996 n. 20844 – recante l’inibitoria dell’inizio dei lavori – è illegittima, perchè il D.L. 24.9.1996 n. 495, sul quale la d.i.a. si fondava non era stato convertito in legge. Il provvedimento inibitorio – contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente – risulta formalmente inviato alla persona che all’epoca era proprietaria dell’immobile. Inoltre, il tecnico incaricato dei lavori oggetto della d.i.a. non ha mai comunicato la chiusura dei lavori, nè ha certificato la conformità  di essi all’autodichiarazione iniziale, la qual cosa lascia chiaramente intendere che la d.i.a. non si sia perfezionata.
A dire del ricorrente, gli effetti del D.L. n. 495/1996, pur essendo mancata la conversione in legge, sarebbero fatti salvi dall’art. 2 comma 61 della legge n. 662/1996, ma tale prospettazione è del tutto opinabile, poichè la d.i.a. presentata il 20.11.1996 avrebbe iniziato a produrre i suoi effetti 20 giorni dopo, cioè dal 10.12.1996, vale a dire quando il decreto legge era già  decaduto privo di conversione, di guisa che la sanatoria della citata legge n. 662/1996 non avrebbe potuto operare al di fuori del periodo di temporanea vigenza e per situazioni giuridiche verificatesi dopo quel periodo.
Ad ogni buon conto, la d.i.a., anche se fosse stata valida ed efficace, non avrebbe potuto coprire le opere di ampliamento realizzate in precedenza alla denuncia stessa, aventi caratteristiche materiali tali da necessitare di un assenso espresso.
Il fatto che il manufatto sia conforme alla disciplina urbanistica vigente all’epoca della sua realizzazione non significa che sia lecita la realizzazione di esso in assenza di concessione edilizia. Il fatto, poi, che il P.R.G. del 2004 assegnerebbe all’area un indice di fabbricabilità  fondiaria sufficiente a giustificare l’ampliamento edilizio contestato, potrebbe essere rilevante ai fini della sanatoria edilizia, ma è del tutto inconferente con riguardo alla fattispecie di abuso edilizio, oggetto del provvedimento impugnato.
Il profilo di maggior rilievo nella vicenda – anche per la posizione della parte controinteressata – è quello del mancato rispetto delle distanze. Ai sensi dell’art. 27 delle N.t.a., i garage, le legnaie, i muri, le costruzioni modeste non sono considerati ai fini della misurazione della distanza fra costruzioni. Ciò significa che, quand’anche si potesse tollerare il mancato rispetto delle distanze per la preesistente stalla-pollaio, ciò non è affatto consentito per il mini-alloggio che ne ha preso il posto.
IV – I motivi del ricorso sono, pertanto, inattendibili.
L’impugnato provvedimento demolitorio è stato adottato a seguito di un regolare procedimento di accertamento dell’abuso edilizio ed è un atto motivato, anche se alcune espressioni motivazionali conservano – troppo prudenzialmente! – una forma dubitativa (con l’uso del verbo al condizionale), lasciano cioè al destinatario la possibilità  di provare che vi siano stati effettivamente atti di assenso all’ampliamento e alla ristrutturazione edilizia del pollaio. Tale prova, tuttavia, è mancata. Il provvedimento demolitorio, inoltre, non necessita di alcuna speciale motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione, atteso che si tratta di opere realizzate, con ampliamento di superfici e volumi, in assenza della concessione edilizia. L’ordine di demolizione di una costruzione abusiva integra una sanzione di natura oggettiva e reale che, in quanto tale, non può che rivolgersi contro il proprietario attuale dell’immobile abusivo e costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, nè una comparazione di questo con gli interessi pubblici coinvolti e sacrificati, nè una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione; nè, infine, è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (cfr.: Cons. Stato VI, 15.10.2013 n. 5011).
Non sussiste, pertanto, alcuna violazione dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001, poichè detta normativa prevede la demolizione degli interventi realizzati in assenza di titolo edilizio, quando vi sia stata trasformazione edilizia, con l’aumento di superfici e volumi (cfr.: Cons. Stato V, 21.3.2011 n. 1726).
V – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge, perchè infondato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all’Autorità  amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Bari, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 24 ottobre 2013, dal Collegio così composto:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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