1. Giurisdizione – Contestazione oneri di urbanizzazione – Giurisdizione esclusiva – Sussiste – Termine – Prescrizione


2. Processo amministrativo – Principi generali – Estinzione del processo civile – Art. 310 c.p.c. – Perenzione del processo amministrativo – Artt. 81 ss. del c.p.a. –  Similitudine e differenze


3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Decreto di perenzione del giudizio amministrativo – Tutela della medesima situazione sostanziale – Possibilità  di un nuovo ricorso al TAR – Sussiste
 
4. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Contributo di urbanizzazione – Oneri di urbanizzazione – Ingiunzione di pagamento -Natura – Conseguenze

1. Le controversie inerenti la contestazione degli oneri di urbanizzazione attengono a posizioni di diritto soggettivo azionabili innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva nel termine di prescrizione. Si tratta, infatti, di giudizi di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario (art. 12 l. 24.11.1916, n. 619; art. 34 D.lgs. 80/1998 confermato dall’art. 133, lett. f) del c.p.a.).


2. L’art. 310 c.p.c., a norma del quale l’estinzione del processo non estingue l’azione, si applica anche al processo amministrativo. L’estinzione del processo civile e la perenzione del processo amministrativo di cui agli artt. 81 e ss. del c.p.a. sono, infatti, istituti del tutto simili. Tuttavia, se la perenzione (che considera il processo nel suo insieme) sanziona l’inattività  assoluta delle parti, protrattasi per un certo periodo di tempo, l’estinzione (che ha riguardo ad atti specifici), invece, sanziona anche il mancato compimento di attività  funzionali ad una corretta decisione nel merito.
 
3. Il decreto di perenzione di un giudizio amministrativo non preclude, in via astratta, la possibilità  di un nuovo ricorso al TAR per la tutela della medesima situazione sostanziale (nel caso di specie, secondo il TAR, non è preclusa la proposizione di un nuovo ricorso amministrativo, poichè i termini di prescrizione per l’impugnazione dell’ingiunzione comunale a pagare gli oneri di urbanizzazione sono stati, contemporaneamente, interrotti e sospesi dall’azione proposta innanzi al Giudice ordinario).
 
4. L’ingiunzione di pagamento degli oneri di urbanizzazione emessa ai sensi del R.D. 14 aprile 1940, n. 639, stante la sua natura di atto di accertamento della pretesa erariale, deve ritenersi “sopravvissuta” al disposto dell’art. 130, comma secondo, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, che, nell’abrogare tutte le disposizioni che regolavano la riscossione coattiva delle imposte, ha sancito l’abrogazione delle sole disposizioni previgenti in materia di riscossione, non anche di quelle in materia di accertamento.

N. 01489/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00078/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 78 del 2007, proposto da Cala Corvino S.r.l., in persona del legale rappresentante p. t., con sede in Monopoli (Ba), rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Vernola e Massimo Vernola, con elezione di domicilio in Bari, via Dante n. 97, 

contro
Comune di Monopoli (Ba), in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Di Bello e Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma n. 94, 

per l’annullamento
dei seguenti atti: 1)l’ordinanza n. 33 prot. 4813 datata 24.2.1994, resa esecutiva dal Pretore di Monopoli in data 25.2.1994, con la quale il Sindaco del Comune di Monopoli ingiungeva alla ricorrente il pagamento di quanto dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione, costi di costruzione e sanzioni per il mancato versamento di oneri e costi nei termini di legge, con relativi interessi e rivalutazione, dovuti in relazione alle concessioni edilizie rilasciate negli anni 1987 – 1989; 2)tutti gli atti connessi e conseguenti;
 

Visto il ricorso con i relativi allegati, nonchè le due successive memorie della ricorrente società ;
Visti l’atto di costituzione e la memoria dell’Amministrazione comunale intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori Massimo Vernola, Lorenzo Dibello e Franco Gagliardi La Gala;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
I – La società  ricorrente, nel 1994, impugnò dinanzi al T.a.r. e, contemporaneamente, dinanzi al giudice ordinario l’ingiunzione comunale a pagare le somme di lire 550.154.858 (pari a euro 284.131,27) e di lire 873.310.420 (oggi euro 451.027,19), oltre gli interessi di mora, per oneri di urbanizzazione e costi di costruzione non pagati. Avendo ottenuto, in data 28.2.1994, dal Presidente del Tribunale di Bari la sospensione dell’esecutività  dell’ingiunzione, sceglieva di non coltivare il ricorso al T.a.r. Puglia, che veniva dichiarato perento nel 2005. Sennonchè, il giudizio civile si concludeva con una declinatoria di giurisdizione (sentenza Trib. Bari 12.12.2006 n. 386). La ricorrente, pertanto, si rivolge nuovamente a questo T.a.r per impugnare i seguenti atti: 1)l’ordinanza n. 33 prot. 4813 datata 24.2.1994, resa esecutiva dal Pretore di Monopoli in data 25.2.1994, con la quale il Sindaco del Comune di Monopoli ingiungeva alla ricorrente il pagamento di quanto dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione, costi di costruzione e sanzioni per il mancato versamento di oneri e costi nei termini di legge, con relativi interessi e rivalutazione, dovuti in relazione alle concessioni edilizie rilasciate negli anni 1987 – 1989; 2)tutti gli atti connessi e conseguenti. La ricorrente deduce i seguenti motivi: 1)in via preliminare, l’ammissibilità  del nuovo ricorso al T.a.r., stante la sospensione dei termini operato con l’ordinanza Pres. Tribun. Bari 28.2.1994; 2)perdita di efficacia dell’ingiunzione, per decorso del termine prescrizionale; 3)violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità , ingiustizia manifesta, erroneità  nei presupposti, sviamento di potere; 4)violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990, per mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità , ingiustizia manifesta.
Con due successive memorie, la ricorrente società  ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.
L’Amministrazione comunale intimata si costituisce e, con successiva memoria, deduce l’inammissibilità  e l’infondatezza del ricorso. Ne chiede la reiezione.
Con ordinanza collegiale n. 78 del 2007, questa Sezione accoglie “ad tempus” la domanda cautelare di parte ricorrente.
All’udienza del 24 ottobre 2013, la causa viene introitata per la decisione.
II – Il ricorso è ammissibile e, in parte, fondato.
III – La giurisdizione appartiene al giudice amministrativo. Infatti, le controversie inerenti alla contestazione degli oneri di urbanizzazione attengono a posizioni di diritto soggettivo azionabili innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva nel termine di prescrizione e si presentano come giudizi di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario. Anche dopo l’abrogazione dell’art. 16 della legge 28.1.1977 n. 10 ad opera del Testo unico dell’edilizia n. 380/2001, resta ferma l’espressa riserva della giurisdizione amministrativa in materia di sanzioni edilizie di cui all’art. 12 della legge 24.11.1918 n. 689, nonchè la giurisdizione esclusiva in materia urbanistica ed edilizia, prevista dall’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998 e, da ultimo, confermata dall’art. 133 lett. f) del c.p.a. (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 16.3.2010 n. 6314; Cons. Stato IV, 21.8.2013 n. 4208; C.G.A. Sicilia 18.3.2013 n. 371). Tale principio trova applicazione anche in materia di oneri di urbanizzazione che il proprietario dell’immobile assuma non dovuti, in quanto compensabili con un diverso credito (cfr.: Cass. civile, sez. unite, ord. 26.5.2009 n. 12114).
IV – La “traslatio judicii” è avvenuta in modo corretto e tempestivo, considerato peraltro che la sentenza n. 386/2006 dell’A.g.o. non è stata notificata alla ricorrente. Sono, quindi, salvi gli effetti processuali e sostanziali prodotti dalla domanda proposta al giudice privo di giurisdizione, nel giudizio ritualmente riattivato, a seguito della declinatoria di giurisdizione, dinanzi al giudice che ne è munito (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 22.2.2007 n. 4109).
V – A tenore dell’art. 310 c.p.c., l’estinzione del processo non estingue l’azione. Si può ritenere che tale norma si applichi – in ragione del rinvio esterno di cui all’art. 39 c.p.a. – anche al processo amministrativo, dove l’estinzione processuale è determinata dalla perenzione, ex art. 9 comma secondo della legge n. 205/2000 (ora art. 81 c.p.a.). Infatti, l’estinzione del processo civile e la perenzione del processo amministrativo sono istituti in tutto simili, con la differenza che, mentre la perenzione considera il processo nel suo insieme e sanziona l’inattività  assoluta delle parti, protrattasi per un certo periodo di tempo, l’estinzione ha riguardo ad atti specifici e alla loro specifica collocazione temporale e sanziona non solo la lunghezza e rilassatezza dei tempi, ma anche il mancato compimento di attività  funzionali a una corretta decisione di merito.
La sanzione dell’estinzione, dichiarabile anche d’ufficio nel processo civile, ancorchè più stringente e rigorosa della perenzione del giudizio amministrativo, non impedisce alle parti che non hanno coltivato il processo, di promuoverne un secondo sulla medesima situazione sostanziale. Lo stesso vale, in analogia, per la perenzione che, compatibilmente con gli effetti della decadenza e della prescrizione, definisce il processo, ma senza incidere sul diritto di azione e sulla tutela sostanziale.
Ne consegue che il decreto di perenzione di un giudizio amministrativo non preclude, in via astratta, la possibilità  di un nuovo ricorso al T.a.r. per la tutela della medesima situazione sostanziale; nel caso di specie, la perenzione non pregiudica il nuovo ricorso al T.a.r., poichè i termini di prescrizione sono stati, contemporaneamente, interrotti e sospesi dall’azione proposta dinanzi al giudice ordinario, a mente del combinato disposto degli artt. 2943, primo comma, e 2945, comma secondo, del codice civile. Anche a voler ritenere applicabile al caso di specie l’art. 2945, terzo comma, del codice civile, a tenore del quale <<se il processo si estingue rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo>>, i due anni che vanno dalla perenzione del precedente giudizio amministrativo alla proposizione del nuovo ricorso al T.a.r. non sarebbero sufficienti a produrre l’estinzione del diritto di azione (cfr.: T.a.r. Val d’Aosta I, 27.10.1986 n. 108). Pertanto, il ricorso è ammissibile.
VI – Il ricorso è, solo in parte, fondato e meritevole di accoglimento.
VII – La società  ricorrente impugna l’ingiunzione comunale a pagare le somme di lire 550.154.858 (pari a euro 284.131,27) e di lire 873.310.420 (oggi euro 451.027,19), oltre gli interessi di mora, per oneri di urbanizzazione e costi di costruzione asseritamente non versati. In particolare, si duole dell’ordinanza n. 33 prot. 4813 datata 24.2.1994, resa esecutiva dal Pretore di Monopoli in data 25.2.1994, con la quale il Sindaco del Comune di Monopoli ha ingiunto alla ricorrente il pagamento di quanto dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione, costi di costruzione e sanzioni per il mancato versamento di oneri e costi nei termini di legge, con relativi interessi e rivalutazione, dovuti in relazione alle concessioni edilizie rilasciate negli anni 1987 – 1989, per la ristrutturazione di un complesso alberghiero di cui la ricorrente è titolare. A tal proposito, si osserva che l’eccezione di prescrizione della riscossione è infondata, poichè l’ordinario termine di prescrizione decennale per la riscossione degli oneri di urbanizzazione decorre dalla data di emanazione del provvedimento concessorio (cfr.: T.a.r. Sicilia Palermo II, 18.1.2012 n. 126).
Premesso che la pretesa, dedotta dalla società  ricorrente, di operare una compensazione tra il debito edilizio e alcuni crediti da essa vantati verso il Comune può essere qui delibata soltanto in via di cognizione incidentale, a tenore dell’art. 8 comma primo del c.p.a., appare evidente che la ricorrente non abbia esibito i titoli dei propri crediti, nè abbia provato la loro liquidità  ed esigibilità , non potendo certo aspirare a ottenere, in questo giudizio, un accertamento in tal senso. A quel che consta, la ricorrente non ha neppure avviato un’autonoma azione giudiziaria esecutiva, per il recupero di detti crediti. Pertanto, la pretesa di vedersi riconoscere una compensazione ex art. 1243 del codice civile, non è da ritenersi minimamente plausibile. Del pari inattendibile è la pretesa di posticipare il pagamento degli oneri edilizi alla conclusione delle azioni civili risarcitorie avviate dalla ricorrente contro il Comune.
VIII – Viceversa, è fondata la doglianza relativa alla indebita maggiorazione delle sanzioni amministrative applicate dal Comune, atteso che l’obbligo di pagamento della ricorrente deve ritenersi sospeso nel periodo in cui il Sindaco di Monopoli ha ordinato – con atto datato 12.4.1990 – la sospensione dei lavori, producendo una paralisi dell’attività  edilizia, durata fino al 22.11.1991. Il ritardo nel pagamento non è, dunque, imputabile all’obbligata. Peraltro, la sanzione amministrativa non ha ragion d’essere, se si considera che il Comune ha avuto la possibilità  di escutere una fidejussione posta a garanzia del pagamenti degli oneri e non risulta che l’abbia fatto, talchè – avendo violato l’obbligo del creditore di agire secondo correttezza – non può pretendere di irrogare sanzioni alla ditta debitrice. Per la stessa ragione, si ritiene non dovuto dalla ricorrente il pagamento della rivalutazione monetaria (cfr.: T.a.r. Piemonte I, 25.1.2005 n. 58).
IX – La ricorrente censura il provvedimento di ingiunzione impugnato, ritenendolo formalmente viziato, poichè fondato su disposizioni abrogate per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 130 comma secondo del D.P.R. 28.1.1988 n. 43. A suo dire, la riscossione coattiva non potrebbe avvenire mediante la procedura di cui al R.D. n. 639/1910, ma dovrebbe essere affidata al concessionario del Servizio di riscossione, ai sensi dell’art. 67 del citato D.P.R. n. 43/1988. La censura non può essere accolta, atteso che l’ingiunzione emessa ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, deve ritenersi “sopravvissuta”, nella sua componente di atto di accertamento della pretesa erariale – idoneo a dar vita a un giudizio sulla legittimità  della pretesa stessa – al disposto dell’art. 130, comma secondo, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (applicabile “ratione temporis”), il quale, nell’abrogare tutte le disposizioni che regolavano la riscossione coattiva delle imposte mediante rinvio al citato R.D. n. 639 del 1910, ha sancito l’abrogazione delle sole previgenti disposizioni in materia di riscossione, non anche di quelle in materia di accertamento (cfr.: Cass. civile V, 2.9.2002 n. 12761).
X – In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei limiti di cui alla motivazione. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, nella parte in cui irroga sanzioni per il mancato versamento di oneri e costi nei termini di legge, e aggiunge a detti importi la rivalutazione monetaria.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all’Autorità  amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Bari, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 24 ottobre 2013, dal Collegio così composto:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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