1. Giurisdizione – Criterio di riparto – Controversie relative all’affidamento di lavori e forniture – Soggetti tenuti ai procedimenti di evidenza pubblica – Revoca – Giurisdizione del G.A.


2. Contratti pubblici – Gara – Aggiudicazione definitiva –  Revoca – Impugnazione – Termini – Dimidiazione – Applicazione


3. Risarcimento del danno – Revoca di aggiudicazione definitiva – Rito applicabile – Rito speciale 


4. Risarcimento del danno  – Responsabilità  extracontrattuale dell’amministrazione – Danno emergente – Prova – Necessità  


5. Risarcimento del danno – Azione di condanna – Diligenza del creditore – principio di autoresponsabilità  – Valutazione – Necessità  


6. Contratti pubblici – Gara – Aggiudicazione definitiva –  Revoca – Indennizzo ex art. 21 quinquies l. 241/1990 – Quantificazione – Presupposti – Non sussistono

1. La revoca dell’aggiudicazione definitiva di lavori disposta da parte di “soggetti comunque tenuti” al rispetto delle formalità  dei procedimenti ad evidenza pubblica rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 comma 1 del c.p.a. lett. e) n. 1) e lett. a) n. 4)  riferita, quest’ultima disposizione, alla “determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento amministrativo” e rientrando, la fattispecie in esame, in un’ipotesi di revoca come esercizio del potere discrezionale e autoritario della p.A., in quanto afferente al momento genetico del rapporto con l’amministrazione, piuttosto che a quello collegato all’esecuzione del rapporto contrattuale, di competenza, quest’ultimo, del giudice ordinario. 


2.  Per l’impugnazione proposta avverso la revoca di aggiudicazione di gara d’appalto è prevista la stessa dimidiazione dei termini applicata ai  provvedimenti della procedura di aggiudicazione. La revoca di un’aggiudicazione, infatti,  interviene in autotutela sull’atto che ha concluso l’iter della selezione dei concorrenti determinandone la sorte e deve, pertanto, reputarsi accomunata alla stessa procedura dì affidamento della quale condivide le stesse finalità  di semplificazione e accelerazione previste dall’art. 120 del c.p.a., con conseguente declaratoria di irricevibilità  del ricorso notificato oltre il trentesimo giorno dall’avvenuta conoscenza della revoca.  


3. L’azione di risarcimento danni proposta come domanda consequenziale al giudizio impugnatorio è sottoposta alla disciplina dei riti speciali che esercitano la vis actractiva  per la normativa processuale da applicare senza necessità  di  previo accertamento circa quale dei provvedimenti impugnati costituisca l’oggetto principale del giudizio, secondo quanto dispone, peraltro, l’art. 32 del c.p.a.: in caso di cumulo di domande, si applica il rito ordinario, salvo che per i giudizi previsti dall’art. 119 c.p.a. per i quali opera l’attrazione dell’intero giudizio alla sfera applicativa del rito abbreviato.  


4.  In caso di revoca di aggiudicazione definitiva di una gara d’appalto il ricorrente deve provare il danno emergente  – consistente nelle spese di partecipazione alla gara sostenute – sofferto a causa di una condotta imputabile alla  pubblica amministrazione  a titolo di responsabilità  extracontrattuale (non può ammettersi, pertanto, la quantificazione del danno effettuata dalla parte come se la fattispecie riguardasse un’illegittima sospensione dei lavori nel corso dell’esecuzione del contratto, come, viceversa, è accaduto nella specie). 


5. Ai fini della valutazione della diligenza del creditore nell’evitare il danno sofferto, secondo il principio di autoresponsabilità , rileva il ricorso da parte di questi al rimedio previsto dal codice dei contratti pubblici (art. 11 comma 9) che consente all’aggiudicatario, in caso di sopravvenuta impossibilità  di sottoscrizione del contratto, lo scioglimento di ogni vincolo con la stazione appaltante con diritto al rimborso delle spese sostenute per la realizzazione dei lavori commissionati dal direttore dei lavori, “ivi comprese quelle per opere provvisionali”.


6. Sebbene l’art. 21 quinquies della L.n. 241/1990 preveda il riconoscimento di un indennizzo al destinatario della revoca indipendentemente dall’accertamento della legittimità  di quest’ultima, deve essere possibile poter quantificare detto indennizzo parametrandolo alla prova del danno emergente fornita in giudizio dalla parte (circostanza del tutto assente nel caso di specie con conseguente infondatezza della relativa domanda).

N. 01447/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00213/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 213 del 2013, proposto dalla S.P.E.C.E. Carpentieri s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Racanelli, con domicilio eletto in Bari, corso Cavour n. 60; 

contro
Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Bari, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Paparella e Lucrezia Prisciantelli, con domicilio eletto in Bari, via Venezia, 14; 

per l’annullamento
della deliberazione n. 179 del 5.11.2012 del C.d.A. con tutti gli allegati, mai notificata, avente ad oggetto “Conclusione procedimento amministrativo per la revoca della aggiudicazione dell’appalto per i lavori per la realizzazione di un nuovo svincolo di collegamento tra la bretella ed il raccordo A/14 Tangenziale di Bari e la SP n. 1 Bari-Modugno – 1° lotto ex art. 21 quinquies L. 241/90”;
nonchè della comunicazione prot. 4670 del 27.11.2012, ricevuta il successivo 30.11.2012, del RUP, ing. Corriero, con la quale si comunicava l’intervenuta revoca della delibera n. 77 del 5.3.2008 di aggiudicazione dei lavori de quo.
nonchè della delibera n. 132/2012 del Consorzio ASI;
e per l’accertamento del diritto e la condanna al pagamento dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies della L. n. 241/90 nella misura di € 1.224.862,75, richiesto con la memoria del 24.9.2912 anche a titolo di risarcimento del danno.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2013 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv. Franceco Racanelli, avv. Francesco Paparella e avv. Lucrezia Prisciantelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A) Il Consorzio Industriale di Bari, con deliberazione n. 373 del 14 luglio 2007, approvò il progetto, finanziato dalla Regione Puglia (delibera di G.R. n.1248/2006), per la realizzazione di uno svincolo, conforme alla variante del 1999 al P.U.E. consortile, di collegamento tra la bretella di raccordo A 14-Tangenziale di Bari e la S.P. n. 1 Bari- Modugno.
Date le scadenze del finanziamento regolate dalla convenzione stipulata con la Regione, con deliberazione n. 404 del 20 ottobre 2007, il Consorzio indiceva la gara per l’affidamento dei relativi lavori, aggiudicata alla S.p.e.c.e. Carpentieri s.r.l., con deliberazione n. 77 del 6 marzo 2008 (per un importo, al netto del ribasso di € 1.001.444,79, oltre agli oneri di sicurezza).
In attesa della stipulazione del contratto, in data 16 febbraio 2009, il Consorzio ASI consegnava anticipatamente l’area di cantiere e ordinava l’esecuzione di alcuni lavori preliminari (individuazione di eventuali sottoservizi; nuovo rilievo plano-altimetrico del sito in relazione alle varianti apportate al progetto nella sede della conferenza di servizi del 18 dicembre 2008; pulizia delle aree; recinzione e messa in sicurezza del cantiere; installazione di baraccamenti di cantiere; tracciamento degli assi viari), eseguiti dall’impresa. Il compenso relativo è stato poi fatto oggetto di un accordo transattivo sottoscritto il 6 giugno 2012, con il riconoscimento alla Carpentieri dell’importo di euro 20.110 oltre IVA, che la difesa del Consorzio dichiara pagato (memoria del 17 luglio 2013, pag. 7).
Aggiunge la ricorrente che poi “nell’agosto del 2012¦ per altro credito relativo ad altri lavori era costretta ad eseguire pignoramento mobiliare”, altri lavori che – precisa la parte resistente – riguardano un distinto appalto, per la realizzazione di un nuovo svincolo in sostituzione di quello esistente, lungo la S.S. 96 in prossimità  dell’ex stabilimento Calabrese, aggiudicati alla Carpentieri per un importo di € 650.000,00.
Nel frattempo era successo che il Consorzio aveva richiesto il permesso di costruire relativo al detto svincolo di collegamento tra la A 14-Tangenziale di Bari e la SP n. 1 Bari- Modugno al Comune di Bari, il quale aveva condizionato il rilascio all’ottenimento del parere favorevole di RFI. Ciò in quanto, con deliberazioni nn. 46/2004 e 95/2006, il CIPE aveva approvato il progetto relativo alla tratta ferroviaria Bari Sant’Andrea – Bitetto che, anche se in misura modesta, interferiva con l’opera viaria oggetto di gara.
Nonostante vari contatti e tre conferenze di servizi, RFI si è sempre espressa negativamente in ordine all’accordabilità  della propria preventiva autorizzazione, exart. 58 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753. Precisamente riteneva che l’opera consortile, “pur risultando compatibile con la realizzazione finale della nuova tratta in variante Bari S. Andrea – Bitetto, risulta invece incompatibile/interferente nelle fasi di costruzione della stessa” (v. conferenza di servizi, in data 17 dicembre 2008).
Infine il Consorzio Industriale di Bari ha impugnato il verbale della (terza) conferenza di servizi del 9 dicembre 2009, con cui si recepisce il parere di RFI di non compatibilità  tra il progetto dello svincolo e l’opera ferroviaria Bari S. Andrea – Bitetto.
Il ricorso è stato accolto da questa Sezione con sentenza 14 dicembre 2010 n. 4177, annullata in appello dal Consiglio di Stato, Sezione Sesta, con decisione 9 novembre 2011 n. 5923.
A tal punto, con deliberazione n. 132 del 3 agosto 2012, il Consorzio Industriale, prendendo atto dell’esito della causa, riconosceva l’impossibilità  “di realizzare l’infrastruttura stradale prima che sia realizzata quella ferroviaria”; la necessità  comunque in quel momento “di adeguare il suo progetto a quell’opera ferroviaria con notevole aggravio di costi”; l’inutilizzabilità  dell’area dopo l’avvio dei lavori del raddoppio in variante della linea ferroviaria Bari- Taranto; nonchè l’opportunità  in tale situazione d’impiegare i fondi per altre fondamentali vie di collegamento. Concludeva nel senso “che queste circostanze sopravvenute¦ fanno ritenere ormai cessato l’interesse pubblico a procedere alla stipula del contratto con la Carpentieri Spece srl per la realizzazione con notevoli aggravi di costo rispetto alla previsioni iniziali, dello svincolo ormai inutile ai fini dello sviluppo del territorio e la cui esecuzione dipenderebbe dal cronoprogramma di RFI Srl su cui l’Ente non ha alcuna possibilità  di influenza e di controllo…”
A fronte di tale atto costituente avvio del procedimento, la Carpentieri presentava le proprie osservazioni con nota n. 3548 del 6 settembre 2012, alle quali controdeducevano il Responsabile del Procedimento e il Responsabile dell’Ufficio legale dell’Ente. Infine, con delibera n. 179 del 5 novembre 2012 veniva revocata la deliberazione n. 77 del 6 marzo 2008, di aggiudicazione dei lavori per il nuovo svincolo di collegamento alla società , la quale ha impugnato gli atti di ritiro, domandando altresì il pagamento dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241 (nella misura di € 1.224.862,75) ovvero la condanna alla liquidazione della somma anche a titolo di risarcimento del danno, alla stregua dei seguenti motivi:
1) inesistenza dei presupposti per l’autotutela: violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e presupposti; contraddittorietà  della motivazione;
2) violazione dell’art. 21 nonies e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per difetto e contradditorietà  della motivazione; travisamento di fatti e presupposti; inesistenza di un interesse concreto ed attuale.
Si è costituito il Consorzio Industriale di Bari, eccependo l’irricevibilità  e l’inammissibilità  del ricorso e contestandone la fondatezza.
Sulle conclusioni delle parti la causa è stata riservata per la decisione all’udienza del giorno 3 ottobre 2013.
B. Innanzitutto deve fugarsi ogni dubbio sulla giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia.
A norma dell’articolo 133, primo comma, del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, invero, da un lato, “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: (¦)
e) le controversie:
1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”; dall’altro sono attribuite, “a) le controversie in materia di: (¦)
4) determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento amministrativo”.
In ogni caso, tutti gli atti di ritiro (compresa la revoca che ricorre nella fattispecie in esame), quali provvedimenti autoritativi e discrezionali, rientrano già  comunque nell’ordinaria giurisdizione di legittimità , potendosi ipotizzare la devoluzione al giudice ordinario solo laddove si disputi degli effetti della revoca dopo il sorgere del rapporto contrattuale, in quanto la controversia non investirebbe più il momento genetico del rapporto, ma in sostanza le conseguenze dell’esercizio iureprivatorum del diritto di recesso (Consiglio di Stato, Sezione sesta, 17 marzo 2010 n. 1554).
Sostiene il Consorzio ASI che l’azione demolitoria proposta dalla S.p.e.c.e. Carpentieri s.r.l. sia tardiva poichè anche la revoca deve ritenersi soggetta al rito degli appalti, rientrando nelle fasi della procedura di affidamento ex art. 11, nono comma, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (“Divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario”).
La tesi è condivisibile.
àˆ da osservare che la revoca di un’aggiudicazione, la quale interviene in autotutela sull’atto che ha concluso l’iter della selezione dei concorrenti, determinandone la sorte, deve reputarsi accomunato alla medesima procedura di affidamento, visto che per tale atto valgono le stesse esigenze di semplificazione e accelerazione che ispirano l’articolo 120 del codice del processo amministrativo (e, in precedenza, la disciplina del decreto legislativo n. 163/2006 con le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 53/2010). D’altronde, diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che, ad esempio, la revoca intervenuta nelle prime fasi della scelta del contraente vada impugnata nel termine di trenta giorni, mentre l’atto di ritiro successivo all’aggiudicazione debba essere gravato nel termine ordinario di sessanta giorni, con effetti paradossali e contrastanti con le esigenze di celerità  che hanno indotto il legislatore comunitario e quello nazionale ad introdurre un rito particolarmente sollecito in materia di lavori, servizi e forniture pubbliche) (analogamente: T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sezione seconda, 6 maggio 2011, n. 655).
Tale conclusione potrebbe già  in sè comportare l’inammissibilità  anche della domanda risarcitoria. àˆ stato infatti affermato che “nei giudizi di contenuto misto (impugnatorio e di accertamento e condanna), ossia quando sia proposta domanda di annullamento di provvedimenti ablatori e consequenziale domanda di risarcimento del danno, è pacifico che debba trovare applicazione al giudizio il rito speciale ex art. 23 bis della L. n. 1034 del 1971, ora disciplinato dall’art. 119 c.p.a., stante la “…’vis actractiva’ dei primi circa la normativa processuale da applicare, senza alcun accertamento circa quale dei provvedimenti impugnati costituisca l’oggetto principale del giudizio, posto che tale individuazione condurrebbe ad una estrema incertezza in sede applicativa, aprendo la via al proliferare delle impugnazioni strumentali” (così Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 84), poichè il tal caso la domanda risarcitoria non è autonoma, sebbene strettamente dipendente dalla domanda di annullamento (¦). Peraltro, l’applicazione del rito speciale è ora sancita, in modo espresso, dall’art. 32 comma 1 seconda parte c.p.a., che, ammesso il cumulo di domande, chiarisce che “Se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica quello ordinario, salvo quanto previsto dal Titolo V del Libro IV” (¦), laddove l’eccezione ivi enunciata, e quindi la prevalenza del rito speciale sul rito ordinario, riguarda appunto i giudizi di cui all’art. 119 c.p.a., con l’attrazione dell’intero giudizio alla sfera applicativa del rito abbreviato” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2012, n. 5191).
Si deve osservare comunque che, anche a non voler accedere a tale tesi che ripercorre argomentazioni analoghe a quelle a favore della pregiudizialità , non esistono elementi che depongano per l’illegittimità  dell’atto di revoca, anche tenendo conto dell’interesse dell’aggiudicatario (il quale – come sottolineato dal Consorzio era a conoscenza di tutte le difficoltà  dell’iter amministrativo). Invero è evidente che non solo i lavori all’attualità  non sono realizzabili, ma che altresì, in futuro, le opere potranno essere cantierizzate solo a condizione che il progetto subisca profonde e onerose modifiche. Nè, a fronte di tali chiare giustificazioni alla revoca, sono evidenziate ex parte actoris circostanze idonee a disvelare uno sviamento di potere nell’esercizio dell’autotutela.
Oltre tutto, in ultima analisi, è la stessa concreta richiesta risarcitoria a rimanere indimostrata, in contrasto con il principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 del codice civile e 63, comma primo, e 64, comma primo, del codice del processo amministrativo (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità ), applicabile anche al giudizio risarcitorio svolgentesi davanti al giudice amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3405).
La memoria del 24 settembre 2012, prodotta dalla ricorrente, che calcola i danni subiti in € 1.224.862,75 (in un importo cioè superiore al valore della sua offerta al netto degli oneri per la sicurezza, che varrebbe anche come base – eventualmente – per la liquidazione dell’indennità  ex art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241), imposta (erroneamente) il computo come se la fattispecie riguardi un’illegittima sospensione dei lavori nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal modo la società  (anche attraverso la perizia dell’ing. Nicola Micchetti) si limita a sviluppare conteggi presuntivi e forfetari, mentre non fornisce concreti dati sul danno emergente e, in particolare, a questo fine, non si preoccupa affatto di documentare le spese sostenute, rappresentanti il nucleo essenziale della pretesa risarcitoria per responsabilità  extracontrattuale dell’amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 settembre 2013, n. 4376).
Tale dato vale a ritenere inammissibile e infondata la domanda e ciò anche a voler trascurare che, a norma del terzo comma dell’articolo 30 del codice processo amministrativo, “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.
Non occorre soffermarsi sulla questione se tale norma, espressione del principio di auto-responsabilità , si riconnetta all’articolo 1227 del codice civile (pur non espressamente menzionato), in una declinazione diversa dall’interpretazione tradizionalmente accolta dalla Corte di cassazione (Consiglio di Stato, Ad. plen., 23 marzo 2011 n. 3), ovvero integri un tratto della responsabilità  di diritto amministrativo, evocando il disposto dell’articolo 839, terzo paragrafo, del Bà¼rgerlichesGesetzbuch (BGB); in ogni caso, anch’essa comporterebbe in concreto il rigetto della domanda.
La ditta, infatti, da un lato, era a conoscenza delle difficoltà  di ottenere titoli edilizi per la realizzazione dell’opera e di addivenire al contratto (tant’è che già  dal 26 marzo 2010 richiedeva alla Fondiaria la sospensione della polizza costituente cauzione definitiva) e, dall’altro, aveva ricevuto in consegna il cantiere il 16 febbraio 2009 solo per l’effettuazione delle attività  preliminari (il verbale precisava che “L’inizio effettivo dei lavori appaltati è subordinato all’approvazione definitiva in conferenza di servizi del progetto esecutivo”); nonostante tale situazione, non si è curato di premunirsi per evitare le perdite oggi lamentate, sciogliendosi da ogni vincolo, ai sensi dell’art. 11, nono comma, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, e ha quindi omesso di utilizzare quella strumentazione giuridica prevista proprio per impedire il verificarsi di tale tipo di conseguenze lesive.
In conclusione, le uniche voci di costo che risultano provate nella loro esistenza sono quelle relative alle fasi preliminari (individuazione di eventuali sottoservizi; nuovo rilievo plano-altimetrico del sito in relazione alle varianti apportate al progetto in sede di conferenza di servizi del 18 dicembre 2008; pulizia delle aree; recinzione e messa in sicurezza del cantiere; installazione di baraccamenti di cantiere; tracciamento degli assi viari). Per i relativi compensi però le parti hanno già  concluso una transazione.
Al proposito non è superfluo aggiungere che, in ogni caso, queste somme spettavano in realtà  a titolo diverso dal risarcimento del danno extracontrattuale, in quanto, in base all’art. 11, nono comma, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, “Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza, (¦) l’aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali”.
Rimane a tal punto da esaminare solo la richiesta d’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241. Essa si presenta autonoma rispetto all’azione demolitoria, sia perchè la mancanza della previsione dell’indennità  nella revoca non rileva come vizio dell’atto (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 marzo 2010 n. 1554; Sez. IV, 9 febbraio 2012 n. 689), sia perchè non presuppone in alcun modo un accertamento dell’illegittimità  dell’azione amministrativa.
Si è in effetti riconosciuto che il privato, il quale contesti la legittimità  della revoca, chiedendo il risarcimento, possa comunque anche formulare (per la lesione derivante dallo stesso fatto dannoso, pur tuttavia lecito), in via subordinata, una domanda per l’indennizzo, avendo questo natura residuale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 marzo 2010 n. 1554).
àˆ però anche espressamente previsto che “l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente” (art. 21 quinquies, secondo comma, della legge 7 agosto 1990); perciò, non avendo la Carpentieri individuato specificamente e non avendo provato, come sopra illustrato a proposito della domanda risarcitoria, alcun costo effettivamente sostenuto da ristorare, anche quest’ultima pretesa si rivela infondata.
In conclusione, il ricorso dev’essere integralmente respinto.
Le spese seguono la soccombenza, come da liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente società  al pagamento delle spese di giudizio in favore del Consorzio Industriale di Bari, nella misura di € 3.000,00, oltre CPI e IVA, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Desirèe Zonno, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria