1. Contratti Pubblici – Esecuzione – Contratto – Inefficacia – A seguito di annullamento della gara – Necessità 
 
2. Contratti Pubblici – Esecuzione – Contratto – Inefficacia – A seguito di annullamento della gara – Ragioni
 
3. Contratti Pubblici –  Annullamento dell’aggiudicazione – Conseguenze – Artt. 121 e 122 c.p.a.
 
4. Contratti Pubblici – Contratto – Inefficacia – Scorrimento  graduatoria  ex art. 140 D.Lgs. 163/2006 – Modifica normativa sopravvenuta alla stipula del contratto – Applicabilità 

1. In virtù della stretta consequenzialità  tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti ed il loro collegamento, i quali pertanto simul stabunt, simul cadent, qualunque sia la sede dell’annullamento.


2. La permanenza del vincolo contrattuale trova la sua necessaria presupposizione nella corretta osservanza delle regole dell’evidenza pubblica, poste a presidio sia degli interessi di rilievo pubblico inerenti alla corretta gestione delle risorse economiche di cui l’ente dispone, sia delle imprese operanti nel segmento di mercato, che non devono subire pregiudizio o discriminazione quanto alla possibilità  di accedere ai pubblici appalti. Ciò in ossequio al principio secondo cui l’autonomia negoziale degli enti pubblici si collega allo svolgimento di procedure definite in dettaglio dal legislatore, con riflesso sul successivo rapporto contrattuale che resta inderogabilmente condizionato, quanto all’efficacia, dal regolare svolgimento delle fasi di evidenza pubblica.
 
3. Con l’entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva 2007/66/CE, riprese negli artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo, è stato attribuito al giudice amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara, il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o meno l’efficacia del contratto nel frattempo stipulato; la caducazione del contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione poi annullata costituisce, quindi, in via generale, la conseguenza necessitata dell’annullamento mentre l’art. 122 del Codice del processo amministrativo ne costituisce una deroga.
 
4. L’art. 140 del Codice dei contratti pubblici, come modificato, prevede che “le stazioni appaltanti, in caso di fallimento dell’appaltatore o di liquidazione coatta e concordato preventivo dello stesso o di risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 o di recesso dal contratto ai sensi dell’articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, potranno interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori”; tale norma si applica anche ai casi di concordato preventivo intervenuto, nel corso dell’esecuzione del contratto, dopo l’entrata in vigore della modifica che ha preso in esame anche tale condizione, poichè la norma presuppone che il fallimento dell’aggiudicataria intervenga nella fase dell’esecuzione del contratto, e non della mera aggiudicazione o stipulazione del contratto.  

N. 01378/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01798/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1798 del 2012, proposto da: 
DEC S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Vito Agresti, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Florio in Bari, via Roberto da Bari 36; 

contro
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via Pizzoli 8; 

nei confronti di
Intini Angelo S.r.l., Giovanni Putignano e Figli S.r.l., Edil Putignano S.r.l., Jonica Ingegneria S.r.l., Salvatore Matarrese S.p.a.; 

per l’annullamento
della deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero Consorziale Policlinico di Bari, n. 1294 del 9.11.2012, successivamente comunicata in data 13.11.2012 con nota qui pure impugnata, avente ad oggetto: “Deliberazione n. 806/D.G. del 6.7.2010 di aggiudicazione definitiva in favore della DEC S.p.a. dell’appalto per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di adeguamento normativo e funzionale del padiglione delle Cliniche Chirurgiche, dei padiglioni delle Cliniche Dermo ed Oculistica, adeguamento normativo e funzionale del padiglione dei Reparti Ospedalieri e costruzione di un nuovo edificio da adibire ad unità  operativa di Dialisi e Nefrologia, per un importo complessivo a base d’asta di 31.940.084,76. Declaratoria di inefficacia del contratto d’appalto rep. n. 164 del 2.12.2010 stipulato con la DEC S.p.a.;
di ogni atto di essa presupposto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Francesca Petrucciani;
Uditi per le parti nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 i difensori avv.ti Fabrizio Lofoco, per delega dell’avv. Vito Agresti, e Michaela de Stasio, per delega dell’avv. Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la DEC S.p.a. ha impugnato il provvedimento con il quale l’Azienda ospedaliera Policlinico di Bari ha dichiarato inefficace il contratto di appalto stipulato il 2 ottobre 2010 per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di adeguamento normativo e funzionale di alcuni padiglioni del complesso aziendale.
La ricorrente ha esposto di avere ottenuto l’aggiudicazione dell’appalto in questione all’esito della procedura di gara indetta in data 13.10.2009; la delibera di aggiudicazione definitiva era stata impugnata innanzi al T.A.R. Puglia dalla Intini S.p.a., la cui istanza cautelare era stata accolta in primo grado dal T.A.R. e poi respinta dal Consiglio di Stato in appello; il ricorso era stato respinto dal T.A.R. con sentenza n. 842/2011, riformata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 447/2012.
Con tale ultima sentenza il giudice di appello aveva accolto il ricorso di primo grado con il quale era stato chiesto soltanto l’annullamento degli atti impugnati e non anche la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione in favore della DEC.
A seguito della pronuncia di appello la Intini aveva iniziato autonomo giudizio per la declaratoria di inefficacia del contratto e, nelle more, l’Amministrazione appaltante aveva provveduto in tal senso con l’atto impugnato in questa sede.
Il provvedimento era fondato sia sull’esito dei giudizi citati che sugli inadempimenti contrattuali dell’aggiudicataria e la sopravvenuta pendenza di procedura di concordato preventivo nei confronti della stessa.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
1. Violazione del giudicato, violazione dell’art. 122 c.p.a., violazione della Dir. 2007/66/CE, violazione del principio di tipicità  degli atti amministrativi, violazione dell’art. 1372 c.c., dovendo l’inefficacia del contratto essere dichiarata esclusivamente dal giudice competente, mentre, nel caso di specie, con statuizione coperta da giudicato il Consiglio di Stato aveva accertato che non era stata richiesta in sede giudiziale tale pronuncia;
2. violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 163/2006, art. 136, violazione del D.P.R. 554/99, art. 117, violazione del contratto stipulato inter partes in data 2.12.2010, eccesso di potere sotto vari profili, non potendo l’Amministrazione dichiarare l’inefficacia del contratto a fronte degli asseriti inadempimenti contrattuali dell’aggiudicataria, sia perchè in tal caso si sarebbe dovuto provvedere alla risoluzione del contratto, sia perchè i ritardi erano dovuti alla non accessibilità  delle strutture oggetto dei lavori, rimaste occupate e funzionanti;
3. violazione dell’art. 38, comma 1, lett. a), D.Lgs. 163/2006, violazione dell’art. 140, comma 1, stesso decreto, violazione dell’art. 4, comma 2, lett. p), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, e dell’art. 44, comma 6, del D.L. 201/2011, violazione degli artt. 160 e ss. L.F., violazione dell’art. 116 D.Lgs. 163/2006, violazione dell’art. 76, comma 10, D.P.R. 207/2010, in quanto, secondo la disciplina vigente al momento della stipulazione del contratto, la pendenza di procedura di concordato preventivo non era equiparabile al fallimento e quindi non poteva comportare la risoluzione del contratto.
Si è costituita l’Azienda ospedaliera Policlinico di Bari chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di improcedibilità  del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, sollevata dall’Amministrazione resistente nella memoria conclusiva essendo intervenuta l’aggiudicazione, non impugnata, in favore di altra impresa, essendo il ricorso infondato nel merito.
Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto che l’Amministrazione non avrebbe potuto dichiarare inefficace il contratto stipulato, essendo tale pronuncia rimessa esclusivamente all’autorità  giurisdizionale, che invece si è limitata ad annullare l’aggiudicazione.
Come posto in rilievo dalla resistente Azienda ospedaliera, tuttavia, una volta venuto meno, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale, il provvedimento di aggiudicazione in favore della ricorrente, viene meno l’antecedente provvedimentale che costituisce condizione di efficacia del contratto, con conseguente caducazione, o inefficacia sopravvenuta, dello stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 490 del 12 febbraio 2008; n. 3465 del 28 maggio 2004; Sez. VI, n. 2332 del 5 maggio 2003).
La giurisprudenza ha, anche negli arresti più recenti, ribadito detti principi in tema di annullamento dell’aggiudicazione sottolineando che “…in virtù della stretta consequenzialità  tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti” (Cons. Stato, Sez. III, n. 2802 del 23 maggio 2013, Sez. V, n. 11 del 14 gennaio 2011 e n. 7578 del 20 ottobre 2010). Si verifica, quindi, un collegamento tra i due atti, l’aggiudicazione e il contratto, i quali simul stabunt, simul cadent, qualunque sia la sede dell’annullamento (illegittimità  dichiarata dal giudice a seguito di ricorso, ovvero illegittimità  o inopportunità  conseguente dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione) (Cons. Stato, Sez. V, n. 5032 del 7 settembre 2011).
La permanenza del vincolo contrattuale trova, quindi, la sua necessaria presupposizione nella corretta osservanza delle regole dell’evidenza pubblica, poste a presidio sia degli interessi di rilievo pubblico inerenti alla corretta gestione delle risorse economiche di cui l’ente dispone, sia delle imprese operanti nel segmento di mercato, che non devono subire pregiudizio o discriminazione quanto alla possibilità  di accedere ai pubblici appalti.
Ciò in ossequio al principio secondo cui l’autonomia negoziale degli enti pubblici si collega allo svolgimento di procedure definite in dettaglio dal legislatore, con riflesso sul successivo rapporto contrattuale che resta inderogabilmente condizionato, quanto all’efficacia, dal regolare svolgimento delle fasi di evidenza pubblica.
Con l’entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva 2007/66/CE, riprese negli artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo, è stato attribuito al giudice amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara, il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o meno l’efficacia del contratto nel frattempo stipulato.
Tale sistema normativo, in base al quale l’inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, ma costituisce oggetto di una specifica pronuncia giurisdizionale, si pone come innovazione rispetto alla logica sequenza procedimentale che vede la privazione degli effetti del contratto strettamente connessa all’annullamento dell’aggiudicazione, e da questa dipendente (Cons. Stato, III, 19 dicembre 2011, n. 6638).
La caducazione del contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione poi annullata costituisce, quindi, in via generale, la conseguenza necessitata dell’annullamento: di tale conseguenza l’art. 122 del Codice del processo amministrativo costituisce una deroga, imperniata sulle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività  (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 6374 del 12 dicembre 2012).
Nè può sostenersi, come affermato dalla ricorrente, che si sia formato il giudicato sulla pronuncia del Consiglio di Stato di inammissibilità  della domanda di risarcimento in forma specifica, mediante subentro nel contratto, proposta tardivamente dalla controinteressata Intini.
Nella sentenza n. 447/2012 che ha definito il ricorso di quest’ultima, infatti, il giudice di appello si è limitato a rilevare che non era stata richiesta nel ricorso principale la declaratoria di inefficacia del contratto e il subentro nello stesso, e che non era ammissibile la domanda di risarcimento in forma specifica contenuta nella memoria di replica non ritualmente notificata.
Tali statuizioni costituiscono pronunce di mero rito non idonee alla formazione del giudicato, ben potendo tali domande essere riproposte in via autonoma, come poi effettivamente ha fatto la Intini con separato ricorso.
Ne consegue che l’Amministrazione, a fronte del giudicato di appello di annullamento dell’aggiudicazione, e dell’accertamento della illegittima partecipazione alla gara della DEC, che avrebbe dovuto invece essere esclusa per l’omissione di una delle dichiarazioni richieste dall’art. 38 D.Lgs. 163/2006, si è conformata con il provvedimento impugnato alle pronunce giudiziali, giungendo alla declaratoria di inefficacia del contratto una volta preso atto del venir meno del suo presupposto essenziale.
Il motivo va quindi respinto.
La presa d’atto del giudicato di annullamento costituisce motivazione idonea di per sè a sorreggere la determinazione impugnata, di tal che solo per completezza espositiva vanno esaminate le ulteriori doglianze.
Con riferimento al secondo motivo, afferente alla insussistenza degli inadempimenti contestati dalla stazione appaltante, deve rilevarsi che nel provvedimento impugnato si evidenzia come, già  con le note del 9 e del 14 marzo 2012, il Responsabile del procedimento aveva comunicato l’irricevibilità  del progetto esecutivo redatto dalla DEC assegnando termine di 15 giorni per la ripresentazione dello stesso; tale termine veniva poi prorogato al 7 maggio 2012, ma i progetti pervenuti a quella data venivano ritenuti non approvabili, tanto che veniva concesso ulteriore termine fino al 20 luglio 2012.
Il giorno precedente la scadenza, il 19 luglio 2012, la DEC ha comunicato che era stata costituita una nuova società , la Nuova Dec S.p.a., con la quale la prima aveva stipulato un contratto di affitto del ramo di azienda che comprendeva anche il contratto di appalto con l’Azienda ospedaliera Policlinico di Bari. Nella successiva riunione del 26 luglio 2012 il rappresentante della Dec ha dichiarato che l’impresa non aveva la possibilità  di riprendere i lavori poichè era stato presentato un ricorso per l’ammissione a concordato preventivo, di tal che il progetto non era stato approvato.
Tali circostanze, che risultano pacificamente dagli atti di causa, comprovano la fondatezza dell’assunto posto alla base del provvedimento, con conseguente infondatezza del motivo.
Quanto all’ultima doglianza, afferente alla non equiparabilità , al fine della risoluzione del contratto, del concordato preventivo al fallimento, va evidenziato che la disposizione di cui all’art. 140 del Codice dei contratti pubblici prevede, nella versione vigente a seguito delle modifiche succedutesi nel tempo, che “1. Le stazioni appaltanti, in caso di fallimento dell’appaltatore o di liquidazione coatta e concordato preventivo dello stesso o di risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 o di recesso dal contratto ai sensi dell’articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, potranno interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori. Si procede all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta, fino al quinto migliore offerente escluso l’originario aggiudicatario.
2. L’affidamento avviene alle medesime condizioni già  proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta”.
La ricorrente ha sostenuto che la modifica della disposizione concernente la facoltà  di scorrimento della graduatoria non solo nel caso di fallimento ma anche nell’ipotesi di concordato preventivo non sarebbe applicabile al contratto in questione poichè entrata in vigore successivamente alla stipula.
Tale assunto non è condivisibile in quanto la norma presuppone che il fallimento – o la sottoposizione a concordato – dell’aggiudicataria intervenga nella fase dell’esecuzione del contratto, e non della mera aggiudicazione o stipulazione del contratto; di conseguenza, secondo il principio tempus regit actum la disposizione è pienamente applicabile alle ipotesi, quali quella in esame, di concordato preventivo intervenuto, nel corso dell’esecuzione del contratto, dopo l’entrata in vigore della modifica che ha preso in esame anche tale condizione.
Anche il terzo motivo va quindi respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di lite, che si liquidano in euro 4.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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