1. Procedimento amministrativo – Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà  – Efficacia probatoria – Rispetto a documentazione discordante pure prodotta dal dichiarante – Prevalenza – Ragioni


2. Edilizia e urbanistica – Zone territoriali omogenee – Zona industriale e zona commerciale – Sono assimilabili
 
3. Edilizia e urbanistica – Destinazione d’uso – Mutamento – Quando è rilevante urbanisticamente

1. Quanto attestato dalla dichiarazione sostitutiva resa ex art. 47 D.P.R. n. 445/2000 deve ritenersi prevalente rispetto alle risultanze di diversa documentazione proveniente dalla stessa parte, essendo assistita – entro gli indicati limiti di legge – da fede privilegiata. La sua “attitudine” probatoria cioè, nell’ambito della produzione documentale imputabile ad uno stesso soggetto, deve ritenersi rafforzata e destinata a valere sino a prova contraria.


2. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, lett. D, D.M. n. 1444/1968, norma di riferimento per la definizione delle “zone territoriali omogenee”, la zona industriale e quella commerciale dal punto di vista urbanistico sono assimilabili.
 
3. Il mutamento di destinazione d’uso rilevante sotto il profilo urbanistico è solo quello tra categorie funzionalmente autonome: solo tali cambiamenti comportano infatti mutamenti del carico urbanistico della zona.

N. 01301/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01615/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1615 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Scardi Ristorazione s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Vito Di Natale, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Guido De Ruggiero n. 9; 

contro
Comune di Lucera, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Ignazio Lagrotta, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Prospero Petroni n.15; Comune di Torremaggiore, Azienda Sanitaria Locale Foggia;

nei confronti di
Gam s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gennaro Notarnicola e Andrea Petito, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Bari, alla via Piccinni n.150; 

per l’annullamento
-della determinazione dirigenziale prot. n. 1581, del 2.10.2012, comunicata a mezzo fax all’istante il 16.10.2012, nella parte in cui è stato aggiudicato in via definitiva alla G.M.A. G.A.M. s.r.l. il ” servizio di refezione scolastica presso le scuole primarie dell’infanzia San Giovanni Bosco ed E. Ricci e la scuola primaria E. Ricci ” di Torremaggiore;
-di qualunque altro atto presupposto e/o conseguente ad essi connesso, ancorchèancorchè non conosciuto; nonchè per la condanna del Comune di Torremaggiore alla rifusione dei danni patiti e patendi dalla ricorrente;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lucera e di Gam s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Vito Di Natale; Giovanni Nardelli, per delega dell’avv. Ignazio Lagrotta e Gennaro Notarnicola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Il Comune di Torremaggiore indiceva procedura aperta per l’affidamento del servizio di refezione scolastica presso le scuole primarie dell’infanzia San Giovanni Bosco ed E. Ricci e la scuola primaria E. Ricci, per l’anno scolastico 2012-2013.
Il criterio per l’aggiudicazione veniva individuato in quello del prezzo più basso ai sensi dell’art.82 del d.lgs. n.163/2006.
Pervenivano soltanto due offerte: quella della G.A.M. s.r.l. e quella della Scardi Ristorazione s.r.l..
All’esito delle operazioni di gara, la prima risultava aggiudicataria, giusta determinazione di aggiudicazione definitiva del Dirigente del IV Settore n.197 del 2.10.2012.
Avverso tali risultanze proponeva ricorso la seconda classificata.
Si sono costituiti in giudizio la ditta controinteressata, G.A.M. s.r.l. e il Comune di Lucera, con atti depositati in data 27.11.2012 e 5.12.2012, chiedendo la reiezione del gravame. Il Comune di Lucera, preliminarmente, l’estromissione dal giudizio.
All’udienza del 3 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- La richiesta di estromissione, non sorretta da alcuna motivazione, va respinta.
La chiamata in causa del Comune di Lucera si giustifica per le contestazioni che investono i titoli abilitativi edilizi relativi all’immobile nel quale la società  aggiudicataria della gara, per cui è causa, ha ubicato l’attività  di preparazione dei pasti relativi al servizio oggetto dell’appalto controverso.
3.-Veniamo, quindi, al merito della controversia.
Parte ricorrente ha articolato ben sette motivi di censura (tra ricorso introduttivo e successivi motivi aggiunti), nessuno dei quali tuttavia -per le ragioni che saranno di seguito esplicitate- può trovare accoglimento.
3.1.- Con il primo motivo deduce la violazione degli artt.15, punto 3) del bando di gara e 1, punto 9) del disciplinare, nella parte in cui prescrivono la produzione di ” documentazione con allegata planimetria del centro di produzione pasti da cui risulti che la dimensione delle zone di lavorazione e cottura non sia inferiore a 300 mq con la presenza di una macchina termo sigillatrice automatica a nastro della capacità  di confezionamento idonea per i pasti da produrre “.
Assume parte ricorrente che non sarebbe stata esibita dall’aggiudicataria la richiesta planimetria nè prodotta alcuna documentazione a suo corredo, idonea a provare le specifiche caratteristiche del centro cottura, sia sotto il profilo dimensionale che delle apparecchiature ivi presenti.
L’affermazione è smentita per tabulas dalla documentazione prodotta in giudizio dalla contro interessata, da cui emerge che: a) è stata esibita la planimetria in discussione, come attestato dalla stazione appaltante nella nota prot. n.2184 del 4.12.2012; b) è stata esibita apposita relazione tecnico descrittiva a firma del geom. Gesualdo che ha effettuato il sopralluogo presso il centro; c) è stata resa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà  relativa alle dimensioni del centro di cottura stesso e alla presenza in loco di ” macchina termosigillatrice automatica “; tutto in allegato alla domanda di partecipazione alla gara.
La ricorrente, preso atto della documentazione di cui aveva inizialmente contestato l’assenza, rileva una discordanza tra l’autocertificazione nella parte in cui si attesta la presenza di termo sigillatrice automatica e la planimetria esibita dalla stessa controinteressata, dalla cui legenda emerge la presenza nell’area “S”di una macchina diversa da quella richiesta dalla legge di gara; più precisamente di una “confezionatrice automatica”.
Quanto attestato dalla dichiarazione sostitutiva, tuttavia, resa ai sensi e per gli effetti dell’art.47 del D.P.R. n.445/2000, deve ritenersi prevalente rispetto alle risultanze della diversa documentazione proveniente dalla stessa parte, essendo assistita -entro gli indicati limiti- da fede privilegiata. La sua “attitudine” probatoria cioè, nell’ambito della produzione documentale imputabile ad uno stesso soggetto, deve ritenersi rafforzata e destinata a valere sino a prova contraria.
Il primo motivo non può, dunque, trovare accoglimento.
3.2.- Con il secondo motivo di gravame, poi, parte ricorrente contesta la mancanza dell’autorizzazione dell’Acquedotto pugliese allao scarico delle acque reflue, al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Emerge, invece, dagli atti di causa che la G.A.M. era in possesso di autorizzazione provvisoria sin dal 6.7.2012, con efficacia decorrente dal 29.8.2012 (data, quest’ultima, coincidente con quella di presentazione dell’offerta ed anteriore a quella di inizio di espletamento dell’appalto), poi confluita nell’autorizzazione definitiva senza soluzione di continuità .
Nel periodo precedente, si avvaleva di ditta autorizzata allo smaltimento dei rifiuti conto terzi (la Ecologica Meditterranea di Orlando Giuseppe & C. s.n.c.), giusta contratto stipulato in data 2.5.2012 ma, all’atto di presentazione della domanda (si ribadisce: 29 agosto 2012), era in possesso di autorizzazione provvisoria allo scarico valida ed efficace, poi assorbita da quella definitiva.
Anche il secondo motivo non appare, dunque, meritevole di accoglimento.
3.3.- Con il terzo motivo, la società  ricorrente ritorna sulla presunta assenza di autorizzazione allo scarico di acque reflue e introduce un’ulteriore censura, afferente l’asserita mancanza di titolo edilizio per l’intervento di ristrutturazione dell’immobile ove ha sede l’attività  di lavorazione e trasformazione degli alimenti.
Quanto alla prima contestazione deve valere quanto già  esplicitato sub 3.2.
In ordine alla presunta assenza di titolo edilizio deve, invece, osservarsi che dagli atti di causa sono emerse due circostanze dirimenti: a) una SCIA era stata presentata il 3.1.2012; b) le opere realizzate sono risultate conformi alla SCIA stessa all’esito di apposito sopralluogo effettuato dai Vigili di Lucera il 9.11.2012 (cfr. certificato del 15.11.2012 successivo alla certificazione invocata da parte ricorrente, per ciò stesso ormai superata).
All’atto di presentazione della domanda di partecipazione, dunque, la controinteressata era in possesso di valido titolo edilizio (SCIA del 3.1.2012) nonchè di efficace autorizzazione allo scarico dei rifiuti (quella provvisoria del 6.7.2012).
3.4.- Queste stesse considerazioni consentono di superare anche le censure articolate nel quarto motivo, con il quale si contesta l’invalidità  della D.I.A. sanitaria perchè priva dei necessari presupposti e la conseguente illegittimità  dell’ammissione alla gara della G.A.M., nonostante la mancanza di uno degli specifici requisiti di partecipazione.
Ed invero, alla data di presentazione della domanda (28 agosto 2012), l’autorizzazione sanitaria era stata rilasciata; una volta intervenuta ha, dunque, reso efficace la D.I.A. presentata in data 12.6.2012.
3.5.- Il quinto motivo è collegato al quarto, nella misura in cui si contesta ancora una volta la mancata esclusione dalla gara della ditta risultata aggiudicataria per aver falsamente attestato di possedere l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue e una valida D.I.A. sanitaria.
E’ evidente che non possa essere accolto per le stesse ragioni che impongono la reiezione del terzo e del quarto motivo.
4.- Veniamo ora ai motivi aggiunti. Si tratta di due censure distinte ma intimamente connesse; nel senso che la seconda presuppone la prima.
Con il primo motivo, infatti, la società  ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.19 della legge n.241/90 e dei principi in materia di SCIA sul presupposto che la preparazione e il confezionamento dei pasti si svolgano in immobile con destinazione urbanistica incompatibile con l’attività  espletata. Con il secondo motivo, contesta poi l’inesistenza della D.I.A. sanitaria e (ancora una volta) la conseguente illegittima ammissione della controinteressata alla gara per cui è causa, facendola discendere dalla presunta mancanza, al momento della notifica della denunzia di inizio attività , di idonea documentazione attestante ” la conformità  del manufatto ove l’attività  viene svolta alle prescrizioni di natura edilizio urbanistica”.
 

 

 

 

 

L’intero impianto argomentativo risulta tuttavia demolito dalle considerazioni che seguono.
L’immobile in questione, insistente in zona agricola, ha visto modificata la sua destinazione in “commerciale” con concessione in sanatoria n.1443 del 24.6.1998, rilasciata dal Comune di Lucera in esito al relativo procedimento di condono, tempestivamente esibita in giudizio.
Più precisamente ne è stata autorizzata l’utilizzazione come “sala ricevimenti – ristorante” e, in sede di presentazione della SCIA di cui si è detto, non è stata prevista alcuna modifica della destinazione d’uso, rimasta quella assentita con la richiamata concessione edilizia in sanatoria: vale a dire “attività  di ristorazione”.
Orbene, ai sensi e per gli effetti dell’art.2, lett. D, del D.M. 2.4.1968 n.1444, norma di riferimento per la definizione delle “zone territoriali omogenee”, la zona industriale e quella commerciale sono assimilabili dal punto di vista urbanistico. E, in ogni caso, quand’anche si volesse prescindere dai principi generali, l’affinità  si apprezzerebbe in concreto, raffrontando la specifica destinazione conferita all’immobile a seguito del predetto condono (si ribadisce ancora una volta: attività  di ristorazione) e l’attività  alla quale è stato concretamente adibito (preparazione e confezionamento dei pasti, sebbene destinati all’asporto). Anche la sala ricevimenti presuppone infatti la preparazione dei pasti; l’unica distinzione attiene alle relative modalità  di consumazione.
Per costante insegnamento della giurisprudenza, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, il mutamento di destinazione d’uso rilevante sotto il profilo urbanistico (quello cui si riferisce la contestazione in esame) è solo quello tra categorie funzionalmente autonome: solo tali cambiamenti comportano infatti mutamenti del carico urbanistico della zona.
Di tutta evidenza allora che, nella specie, le categorie considerate (destinazione industriale e destinazione commerciale) sono tra loro assimilabili per espressa previsione di legge e, nello specifico, la consumazione dei pasti all’esterno piuttosto che all’interno dell’immobile considerato giammai può determinare un aggravio del carico urbanistico della zona, restando esclusa l’affluenza di avventori.
In buona sostanza, l’attività  concretamente espletata dalla ricorrente si rivela perfettamente conforme alla specifica destinazione ad “attività  di ristorazione” impressa in sede di condono e non incide in senso negativo sul carico urbanistico della zona.
Del resto, la pretesa natura “industriale” dell’attività  svolta, dalla quale vorrebbe farsi discendere la necessaria collocazione in zona altrettanto “industriale”, conduce a conclusioni antitetiche rispetto a quelle di recente attinte dal Consiglio di Stato, in una sentenza che la ricorrente, peraltro, paradossalmente invoca a sostegno delle proprie argomentazioni: la n.5589 del 5.11.2012. Si trova invero ivi affermato che un centro cottura ” non può essere collocato in una zona industriale generale per il ragionevole rischio di alterazione dei cibi e delle materia prime che li compongono “.
Nel caso di specie, l’immobile ha destinazione commerciale e insiste in “zona agricola”, non avendo il condono inciso sulla configurazione della zona circostante.
Alla stregua di tutto quanto precede, anche i motivi aggiunti vanno respinti.
5.- Quanto allaLa richiesta risarcitoria, formulata in epigrafe ma non sorretta da argomentazioni specifiche, va conseguenzialmente respinta, per l’inconfigurabilità  -alla stregua delle considerazioni che precedono- dell’ingiustizia del danno.
6.- In conclusione, il gravame non merita accoglimento. Considerati, tuttavia, il numero e la complessità  delle questioni trattate, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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