1. Processo amministrativo – Giudizio sul silenzio – Istanze di integrazione documentale e preavviso di rigetto – Non interrompono il silenzio inadempimento – Ragioni 


2. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Prova del danno  Necessità  – Conseguenze

1. In presenza di una norma che richieda una pronunzia espressa della p.A., entro un dato termine, circa il rilascio o il diniego di un provvedimento permissivo (nella specie, trattasi dell’autorizzazione all’impianto di cartelloni pubblicitari stradali, disciplinata dal codice della strada e dal regolamento provinciale che fissa il suddetto termine in 60 gg. dalla richiesta), la violazione del  termine cagiona la formazione del silenzio inadempimento e legittima l’esperimento dell’azione ex art. 117 del c.p.a., non rilevando, sotto il profilo dello stato d’inerzia,  le eventuali richieste di integrazione documentale e/o il preavviso di rigetto provenienti dalla p.A., restando comunque violato il termine previsto per la conclusione del procedimento ai sensi del combinato disposto dell’art.2 L.n. 241/1990 e s.m.i. e dell’art.31, co.1, c.p.a..


2. L’illegittimo silenzio nella conclusione di un procedimento amministrativo non esime il danneggiato dal dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costituitivi della responsabilità  ex art. 2043 c.c., poichè il ritardo della azione amministrativa non dimostra, di per sè, l’esistenza ontologica di un danno collegato a quest’ultimo, nè la colpa della Amministrazione.

N. 01263/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00542/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 542 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Eos Di Crispino Silvia & Co. Sas, rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Gramegna, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari; 

contro
Provincia Di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Albanese, con domicilio eletto presso Giovanna Albanese in Bari, via Trevisani, 106; 

nei confronti di
Csa Srl; 

per l’annullamento
avverso silenzio p.a. (ex art. 117 c.p.a.): rilascio autorizzazioni apposizione preinsegne direzionali – risarcimento danni
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Provincia Di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori Giacomo Gramegna e Alceste Campanile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso in esame la ricorrente impugna l’illegittima inerzia serbata dalla Provincia di Bari in ordine a svariate istanze di autorizzazione all’installazione di preinsegne stradali proposte dalla ricorrente.
La ricorrente, società  che opera nel settore della pubblicità  e della comunicazione, ha proposto varie istanze di rilascio dell’autorizzazione per l’installazione di insegne e impianti pubblicitari lungo strade provinciali e, in particolare, istanza del 15.10.2010 (due cartelli bifacciali), istanza del 12.10.2011 (quattro preinsegne), istanza del 12.1.2012 (sette preinsegne) e istanza del 15.3.2012 (quattordici preinsegne e un impianto bifacciale).
Premesso che tali istanze sono rimaste tutte inevase, la ricorrente, a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione, ha proposto ulteriori istanze in date 14.4.2012 e 22.5.2012, reiterative delle precedenti.
Nonostante ulteriori istanze e solleciti (note 14.4.2012 e 22.5.2012), l’Amministrazione provinciale è rimasta inerte, in aperta violazione dell’art. 2 bis della l. 241/1990 e dell’art. 9 dell’apposito regolamento provinciale per l’installazione dei mezzi pubblicitari.
La ricorrente chiede dunque dichiararsi l’illegittimità  del silenzio serbato dalla Provincia di Bari deducendo i seguenti motivi:
1) violazione di legge e falsa applicazione: l. 241/1990, art. 2; art. 9 Regolamento provinciale sui mezzi pubblicitari (tra cui le preinsegne direzionali);
2) violazione e falsa applicazione di legge: l. 148 del 14.09.2011, artt. 3 e 6; d.l. n. 1 del 24.1.2012, art. 1 (conv. in l. 27 del 24.3.2012); l. 35 del 4.4.2012, art. 1, art. 14, co. 4 lett. D); l. 134 del 7.8.2012, art. 13; d.p.r. n. 160 del 7.9.2010; l. 180 dell’11.11.2011, artt. 7-9-11; l. n. 190/2012; art. 97 Cost.;
3) violazione di legge sotto ulteriore profilo (art. 41 Cost.): eccesso di potere per sviamento dell’azione amministrativa dalla sua funzione tipica;
4) violazione di legge; artt. 2 e 7 e 8 l. 241/1990: mancata comunicazione dell’avvio del procedimento; art. 328 c.p..
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione Provinciale di Bari, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con atto depositato in data 19.6.2013, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, deducendo i seguenti ulteriori motivi di censura:
5) violazione di legge, per effetto di omessa e falsa applicazione delle seguenti disposizioni: artt. 2, 4, 5, 6, 7, 8, 10 bis l. 241/1990; D.Lgs. 285/1992 (art. 23 co. 5 Codice della Strada); artt. 2 e 11 del Regolamento Provincia di Bari per la disciplina delle autorizzazioni per gli impianti pubblicitari; d.p.r. n. 495/1992; l. 190 del 6.11.2012;
6) Eccesso di potere per difetto di istruttoria; contraddittorietà  sotto diverso ed ulteriore profilo rispetto a quelli già  evidenziati in sede di ricorso introduttivo.
Alla Camera di Consiglio del quattro luglio 2013 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Deve preliminarmente rilevarsi che con il ricorso per motivi aggiunti depositato il 19.6.2013 non è stato impugnato alcun provvedimento, non ricorrendo pertanto nel caso in esame i presupposti per il trasferimento del ricorso al rito ordinario.
Ciò premesso, il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
L’Amministrazione Provinciale di Bari contesta la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di cui all’art. 31 c.p.a., assumendo in particolare di non essere rimasta inerte in ordine alle istanze di che trattasi, avendo inoltrato alla ricorrente varie richieste di integrazione documentale, nonchè – in un caso – comunicato altresì il preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. 241/1990.
Tali affermazioni difensive sono vivamente contestate dalla ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti.
In particolare, con riguardo all’attività  amministrativa asseritamente posta in essere dall’Ente convenuto la ricorrente censura la mancata osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge 241/1990 al fine di garantire il coinvolgimento e la partecipazione del privato interessato al procedimento (artt. 5 e 7 L. 241/90 cit.), nonchè la violazione dei termini normativamente previsti per l’adozione del provvedimento finale (art. 2 L. 241/90 cit.).
Inoltre, la ricorrente rileva che le richieste di integrazione documentale, fondate su ritenute esigenze di supplemento istruttorio poste a giustificazione del ritardo procedimentale, non sono mai pervenute a sua conoscenza, nè l’Amministrazione provinciale ha fornito la prova della avvenuta spedizione delle stesse.
Rileva il Collegio che la tesi difensiva proposta dall’Amministrazione resistente non è condivisibile.
Ed invero, l’assunto difensivo prospettato dall’Ente resistente è incentrato sulla ritenuta insussistenza – nel caso di specie – del presupposto dell’azione ex art. 31 c.p.a., costituito dal contegno totalmente e deliberatamente inerte della P.A..
Più specificamente, l’Amministrazione Provinciale osserva che tutti i ritardi e le inadempienze afferenti ai procedimenti autorizzativi avviati dalle relative istanze della società  ricorrente non sono in realtà  addebitabili alla colposa condotta omissiva dell’ente, ma sono al contrario riferibili al comportamento dello stesso privato interessato, che non avrebbe dato seguito alle richieste di documentazione integrativa puntualmente avanzate durante l’iter procedimentale.
Orbene, si ritiene che l’esposto apparato argomentativo sia destituito di fondamento giuridico alla luce della normativa sostanziale e processuale che presiede al rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo applicabile all’ipotesi in esame.
A tal riguardo, in primo luogo occorre fare riferimento, in linea generale, all’art. 2 L. 241/90 che, in coerenza con gli ineludibili principi del “giusto procedimento amministrativo” consacrati dal primo articolo del medesimo testo normativo, impongono alla P.A. procedente l’obbligo di concludere entro tempi certi l’attività  amministrativa avviata a fronte di un’istanza di parte mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Siffatto obbligo è ribadito dalla prevista possibilità  di concludere il procedimento con un atto redatto in forma semplificata, qualora si ravvisino la manifesta irricevibilità , inammissibilità , improcedibilità  o infondatezza della domanda, dalla facoltà  di sospendere i termini procedimentali soltanto nel caso in cui si renda necessario un approfondimento istruttorio, nonchè dalla introduzione della responsabilità  disciplinare e amministrativo – contabile dei dirigenti e funzionari inadempienti.
Come noto, l’anzidetta normativa è presidiata, sul piano processuale, da un efficace strumento di attuazione coercitiva, rappresentato dalla peculiare azione avverso il silenzio inadempimento illegittimamente serbato dalla P.A. (artt. 31 e 117 c.p.a.).
Tale istituto è infatti preordinato all’accertamento dell’obbligo della Amministrazione di provvedere e può essere attivato in tutti i casi in cui, decorsi i termini per la conclusione del procedimento, l’Ente procedente continui a tenere un contegno inerte.
Ciò chiarito, occorre pertanto verificare se, nella controversia in esame, sussistano i suindicati elementi costitutivi della fattispecie del silenzio inadempimento.
Ai fini di tale indagine appare necessaria una disamina delle norme che regolano la condotta dell’Ente provinciale in ipotesi come quella in contestazione.
Invero, si rileva che, nella specie, l’illustrata disciplina si salda con quella specifica dettata dalla stessa Amministrazione provinciale al fine di regolamentare l’espletamento dei procedimenti di autorizzazione per l’installazione di cartelli e insegne stradali.
Infatti, in applicazione dell’art. 134 c. 3 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada (D.P.R. 495/1992), il Regolamento della Provincia di Bari per la disciplina delle autorizzazioni per gli impianti pubblicitari (approvato con delibera consiliare n. 11/2008) prevede che, in base ai risultati dell’istruttoria, il provvedimento permissivo sia rilasciato o negato entro 60 giorni dalla presentazione, decorrenti dalla data del protocollo in arrivo dell’Amministrazione Provinciale, salvo ritardi motivati.
Ne consegue che la mancata osservanza del predetto termine, determinando la violazione della suindicata normativa, legittima l’esperimento dell’azione ex art. 31 c.p.a..
A tal riguardo giova osservare che – al contrario di quanto sembra affermare l’Amministrazione – ai fini dell’attivazione della predetta tutela giurisdizionale, non è necessaria la totale inerzia dell’ente procedente, ma più esattamente la violazione del termine previsto per la conclusione del procedimento, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 L. 241/1990 e dell’art. 31 c. 1 c.p.a..
Ebbene, si evidenzia che, a tutt’oggi, nessuna delle pratiche autorizzative avviate su richiesta dell’odierna istante è stata evasa mediante l’adozione di un provvedimento espresso di accoglimento o di diniego. Ciò vale a comprovare l’illegittimità  della condotta dell’Amministrazione resistente, senza che quest’ultima possa addurre l’esimente sussistenza di motivate ragioni legate ad ulteriori esigenze documentali.
Invero, siffatta conclusione si attaglia in primis all’ipotesi in cui la Provincia ha comunicato all’istante il preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. 241/1990 adottato in data 2.5.2012, e ciò in quanto ad esso non ha ancora fatto seguito il preannunciato atto di diniego nonostante il decorso di più di due anni dalla presentazione della richiesta (datata 15.10.2010) e di più di un anno dall’intervenuta integrazione documentale (datata 11.1.2011).
Ma le esposte osservazioni si applicano anche agli altri procedimenti autorizzativi, avviati in tempi diversi e non ancora conclusi sebbene sia pacificamente scaduto il summenzionato termine di 60 giorni sancito dal regolamento provinciale, il cui infruttuoso decorso è evidentemente imputabile alla condotta colpevole dell’Amministrazione.
Il ricorso va pertanto accolto nei soli limiti dell’obbligo dell’Amministrazione Provinciale di evadere con provvedimento espresso le istanze di autorizzazione presentate, ritenendosi tuttavia infondata la richiesta risarcitoria proposta ex artt. 2 bis L. 241/90 e 30 c. 4 c.p.a. in quanto genericamente formulata e stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio.
Infatti, a tale ultimo riguardo, giova rammentare che, come reiteratamente evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, l’illegittimo silenzio nella conclusione di un procedimento amministrativo non esime il danneggiato dal dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costituitivi della responsabilità  ex art. 2043 c.c., poichè il ritardo della azione amministrativa non dimostra, di per sè, l’esistenza ontologica di un danno collegato a quest’ultimo nè la colpa della Amministrazione.
In tal senso deve dunque provvedersi, dichiarando l’illegittimità  del silenzio serbato dell’Amministrazione e ordinando alla medesima di concludere i procedimenti relativi alle istanze di che trattasi entro il termine di giorni sessanta dalla data di notificazione e/o comunicazione in via amministrativa della presentente sentenza.
Dispone sin da ora che in caso di persistente inerzia dell’Amministrazione Provinciale a tanto provveda, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni, il Prefetto di Bari o suo delegato, designato quale Commissario ad acta, con spese a carico dell’Amministrazione provinciale, spese che saranno successivamente liquidate su istanza del Commissario ad acta.
Le spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 per spese diritti e onorari, oltre i.v.a. e c.p.a. e rimborso c.u., seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico della Provincia di Bari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Bari Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, dichiara l’obbligo della Provincia di Bari di adottare provvedimento espresso a definizione dei procedimenti sulle istanze di che trattasi entro il termine di giorni sessanta dalla data di notificazione e/o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza; dispone sin da ora che in caso di persistente inerzia dell’Amministrazione provinciale a tanto provveda, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni, il Prefetto di Bari o suo delegato designato quale Commissario ad acta, con spese a carico dell’Amministrazione Provinciale, spese che saranno successivamente liquidate su istanza del Commissario ad acta.
Condanna la Provincia di Bari al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 per spese diritti e onorari, oltre i.v.a. e c.p.a. e rimborso c.u..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Rosalba Giansante, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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