Ambiente ed ecologia- Limiti di rumorosità  – Vigenza dei limiti assoluti non di quelli differenziali – Art. 6, co.1, lett. a) L.n. 447/1995 – Conseguenze

àˆ illegittimo il provvedimento autorizzativo rilasciato dal Comune nei confronti di un opificio industriale nella parte in cui prescrive  di realizzare i lavori in conformità  a prescrizioni ambientali, prescrivendo che l’intervento fosse neutro dal punto di vista delle emissione acustiche, dunque ancorando  il parere non al limite assoluto di rumorosità  ma al valore differenziale: infatti, ai sensi dell’art. 6, co.1, lett. a) L.n. 447/1995, in assenza del piano di zonizzazione acustica, vigono soltanto i limiti acustici assoluti, non già  quelli differenziali.

N. 01237/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01212/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1212 del 2012, proposto da: 
Pastificio Attilio Mastromauro – Granoro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico Tandoi, con domicilio eletto presso l’avv. Marco Lancieri in Bari, via Cardassi 58; 

contro
Comune di Corato;
Regione Puglia;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) – Puglia; 

per l’annullamento
del provvedimento unico autorizzativo n. 10 del 25.7.2012, rilasciato alla società  ricorrente dal Comune di Corato, nella parte in cui prescrive di realizzare i lavori in conformità  alle prescrizioni ambientali contenute nei pareri comunali del 18.7.2011 e dell’11.11.2011;
del permesso di costruire n. 103/2012 del 25.7.2012, nella parte riguardante le predette prescrizioni;
della nota del Comune di Corato del 13.7.2012;
della deliberazione del Comune di Corato n. 24 del 22.5.2012, recante l’approvazione della variante urbanistica;
del provvedimento dirigenziale comunicato con nota del 22.5.2012, avente ad oggetto la determinazione del contributo di costruzione;
delle delibere del Comune di Corato n. 130 del 20.10.2011, n. 29 del 10.3.2012, n. 5 del 19.1.2007, n. 151 del 23.11.2000 e n. 83 del 26.9.2002;
di tutti gli atti ai predetti comunque connessi, preordinati o conseguenti;
nonchè per la condanna del Comune di Corato alla restituzione delle somme indebitamente versate, pari ad euro 60.687,00.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Francesca Petrucciani;
Udito per la ricorrente nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2013 il difensore avv. Marco Lancieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso in epigrafe il Pastificio Mastromauro-Granoro s.r.l. ha impugnato i provvedimenti autorizzativi rilasciati in suo favore dal Comune di Corato, nella parte in cui impongono di osservare le prescrizioni contenute nei pareri favorevoli del Settore Ambiente del Comune del 18 luglio 2011 e dell’11 novembre 2011, e la determinazione del contributo di costruzione per la ristrutturazione aziendale e l’ampliamento del capannone di sua proprietà , con ripetizione delle somme indebitamente versate a tale titolo.
La ricorrente ha esposto di aver presentato istanza in data 19 gennaio 2009 per l’accesso ai programmi integrati di agevolazione nell’ambito del P.O. 2007-2013 FESR della Regione Puglia per l’ampliamento ed aggiornamento tecnologico del proprio opificio ubicato in Corato, per un investimento complessivo di euro 19.096.935; il progetto era stato approvato con la delibera della Giunta Regionale della Puglia n. 2601/2010, che aveva quantificato l’agevolazione concedibile in euro 7.627.250.
Con determinazione n. 720/2010 la Provincia di Bari aveva disposto l’esclusione del progetto dalla procedura di V.I.A., a condizione che fosse osservato, come prescritto dal Comune nel parere 29561/2010, il Piano di zonizzazione acustica del territorio comunale, ancorchè non approvato; a seguito della impugnazione da parte della Granoro di tale condizione e del presupposto provvedimento comunale innanzi a questo Tribunale, il Comune aveva comunicato l’eliminazione della prescrizione e il provvedimento provinciale era stato sospeso in via cautelare in parte qua dal T.A.R..
Contestualmente la Granoro aveva presentato istanza per la ristrutturazione e l’ampliamento del complesso produttivo ed era stato avviato il procedimento unico di variante ex art. 5 D.P.R. 447/98, nell’ambito del quale la Provincia aveva chiarito che l’intervento non era da sottoporre a nuova V.I.A., presentando impatto scarsamente significativo.
Nel corso dei lavori della conferenza di servizi il rappresentante del Comune aveva ribadito che l’intervento doveva essere “neutro” ovvero non doveva prevedere aumento delle emissioni acustiche, imponendo all’interessata di far eseguire dall’ARPA, a proprie spese, la determinazione dei valori di emissione acustica per verificare il rispetto della condizione; la conferenza di servizi aveva espresso, a conclusione dei lavori, parere favorevole all’intervento in stretta osservanza delle condizioni fissate dai rappresentanti degli enti intervenuti, tra cui quelle poste dal Comune.
La ricorrente ha riferito altresì che, con determinazione del 4 luglio 2012 avente ad oggetto gli oneri di urbanizzazione, il Comune le aveva richiesto illegittimamente la corresponsione di euro 60.687,00 a titolo di oneri di trasformazione territoriale.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
1. eccesso di potere, carenza di istruttoria e motivazione, violazione della Legge quadro 447/95, dell’art. 8, comma 1, D.P.C.M. 14.11.1997 e dell’art. 6, comma 1, D.P.C.M. 1.3.1991, non potendo la realizzazione di opere edili essere posta in essere senza aumento di emissioni acustiche ed essendo applicabili, prima dell’approvazione del Piano di zonizzazione acustica, solo i limiti assoluti di rumorosità  di cui al D.P.C.M. 1.3.1991;
2. violazione dell’art. 6, comma 1, lett. H della Legge quadro 447/95, violazione dell’art. 17 L.R. 3/2002, eccesso di potere sotto vari profili, dovendo la valutazione delle emissioni acustiche essere effettuata solo con riferimento all’autorizzazione degli impianti tecnologici, e non delle opere edili, che comportano emissioni acustiche solo temporanee che, come tali, possono essere autorizzate anche in deroga ai limiti di legge;
3. eccesso di potere, violazione del D.P.R. 164/2010 e dei principi di celerità  e concentrazione procedimentale che governano il procedimento unico SUAP, essendo illogica la richiesta di verifica da parte dell’ARPA delle emissioni prima dell’avvio dei lavori e una volta già  conclusa l’istruttoria in conferenza di servizi;
4. eccesso di potere, violazione della Legge quadro 447/95, dell’art. 8, comma 1, D.P.C.M. 14.11.1997 e dell’art. 6, comma 1, D.P.C.M. 1.3.1991, violazione dell’art. 17 L.R. 3/2002, violazione del principio di legalità  e tipicità  dei provvedimenti amministrativi, con riferimento alla prescrizione contenuta nella nota comunale del 18 luglio 2011, secondo la quale “non si potranno configurare in futuro ampliamenti di capacità  produttiva, anche senza realizzazione di opere edili, cui è associabile un aumento dei valori di emissione acustica”;
5. violazione degli artt. 16 e 19 D.P.R. 380/2001 e dell’art. 30 L.R. 6/79, violazione dell’art. 23 Cost., violazione delle Linee Guida della Regione Puglia in materia di SUAP, violazione del Regolamento comunale SUAP, eccesso di potere sotto vari profili, con riferimento alla nota con la quale il Comune aveva richiesto il pagamento di euro 60.687 a titolo di oneri di trasformazione territoriale .
Nessuno si è costituito per il Comune di Corato.
Con ordinanza 670/2012 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta con il ricorso, rilevando che la prescrizione apposta dal Comune di Corato con parere del 18.7.2011 non risultava giustificata da alcuna disposizione normativa, nè poteva imporsi una verifica preventiva delle emissioni da parte dell’A.R.P.A. Puglia, che aveva negato di essere titolare di siffatta competenza con nota del 22.8.2012.
Alla pubblica udienza del 5 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Vanno infatti accolte le doglianze contenute nei primi quattro motivi di ricorso con riferimento alle prescrizioni impugnate, inerenti le emissioni acustiche derivanti dalle opere edili finalizzate alla esecuzione del progetto di ampliamento dell’opificio della ricorrente.
Come da questa evidenziato, la giurisprudenza ha costantemente affermato che, nelle more della classificazione del territorio comunale ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a), della legge n. 447 del 1995, sono operativi i limiti c.d. «assoluti» di rumorosità  ma non anche quelli c.d. «differenziali», e ciò in ragione dell’univoca formulazione dell’art. 8, comma 1, del D.P.C.M. 14 novembre 1997 (“In attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lett. a), della legge 26 ottobre 1995 n. 447, si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991”), norma da cui si evince che, ove si fosse voluto far sopravvivere integralmente il regime transitorio di cui all’art. 6 del decreto del 1991 (primo comma relativo ai c.d. limiti «assoluti» e secondo comma relativo ai c.d. limiti «differenziali»), sarebbe stato evidentemente necessario operare il rinvio ad ambedue le fattispecie e quindi non al solo primo comma (TAR Emilia Romagna, Parma, 12 gennaio 2012, n. 7; TAR Friuli – Venezia Giulia 8 aprile 2011 n. 183).
Peraltro questo Tribunale ha già  ritenuto che il rinvio operato dall’art. 8 citato al solo primo comma dell’art. 6 depone inequivocabilmente per una scelta normativa che ha voluto subordinare, a partire dal 1997, l’applicabilità  del criterio «differenziale» all’introduzione della disciplina a regime, e cioè all’adozione del piano comunale di zonizzazione acustica (TAR Puglia, Bari, Sez. I, 14 maggio 2010 n. 1896).
Nel caso di specie, pur essendo pacifica la mancata approvazione del Piano di zonizzazione acustica, il Comune di Corato, esprimendo il proprio parere nella conferenza di servizi con statuizione recepita dall’autorizzazione finale, ha condizionato l’assenso alla necessità  che l’intervento fosse “neutro” dal punto di vista delle emissioni acustiche, ovvero non andasse in alcun modo ad aumentare la rumorosità  della zona, ancorando così il parere non al limite assoluto di rumorosità  ma al valore “differenziale”.
La prescrizione risulta quindi illegittima sulla base delle considerazioni sopra svolte, anche tenuto conto del fatto che, come lamentato con il secondo motivo, le emissioni causate dall’esecuzione dei lavori sono solo temporanee e, quindi, potrebbero essere autorizzate anche in deroga ai limiti di legge, come previsto dall’art. 6, comma 1, lett. h) della Legge quadro 447/95 e dall’art. 17 L.R. 3/2002.
Del pari fondate sono le censure concernenti la richiesta di verifica delle emissioni da parte dell’ARPA, prima dell’inizio dei lavori, a spese della ricorrente: da un lato, infatti, la verifica delle emissioni prima dell’inizio dei lavori risulta illogica se ciò che si vuole verificare è il differenziale di rumorosità  apportato dall’esecuzione delle opere, dall’altro, come già  osservato nell’ordinanza cautelare, la stessa ARPA ha negato di essere titolare di siffatta competenza con nota del 22.8.2012.
Altrettanto illogica è poi la prescrizione concernente l’impossibilità  di ampliamento dell’opificio in futuro, ove comportasse aumento delle emissioni acustiche, fatto salvo il rispetto del Piano di zonizzazione acustica.
Con riferimento ad eventuali futuri ampliamenti, infatti, l’Amministrazione non potrà  che provvedere al momento della richiesta di autorizzazione sulla base delle caratteristiche del progetto, non potendo certo esprimere un diniego per il futuro; peraltro anche in tal caso il Comune ha richiamato i limiti previsti dal Piano, non ancora approvato e quindi al momento inefficace.
Il ricorso va quindi accolto con riferimento alle prescrizioni relative alle emissioni acustiche contenute nel provvedimento autorizzativo.
Vanno quindi esaminate le censure riguardanti il contributo richiesto a titolo di “oneri di trasformazione territoriale”.
Al riguardo va premesso che la regola, posta dalla L. 10/77 in linea con la Legge Urbanistica, della onerosità  della concessione edilizia, comporta che il concessionario è tenuto al pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonchè al costo di costruzione. Il proprietario, infatti, deve assumere gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relativa alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi, in proporzione all’entità  e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni (Cons. Stato, Sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4330; Sez. V, 30 settembre 1998, n. 1348; Sez. V, 10 giugno 1998, n. 807).
Analoga disciplina prevede l’art. 19 D.P.R. 380/2001 per le opere o impianti destinati ad attività  industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi, per le quali la norma impone “la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16, nonchè in relazione ai tipi di attività  produttiva”.
Secondo l’art. 30 della L.R. 6/1979 “Per determinare l’incidenza delle opere di urbanizzazione inerenti gli insediamenti industriali ed artigianali, il Comune assume il costo-base di urbanizzazione stabilito nella tabella H) e riferito a metro quadro di superficie utile calcolato al piano (¦). Il costo-base di urbanizzazione dedotto dalla suddetta tabella H) viene successivamente moltiplicato per i coefficienti stabiliti nella tabella D) e per quelli della tabella I) relativa al tipo di intervento ed al tipo di attività  produttiva”.
Gli enti locali devono quantificare il costo di urbanizzazione secondo i principi posti dalla normativa statale e regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, vigendo in materia la riserva di legge posta dall’art. 23 Cost. con riferimento alle prestazioni patrimoniali imposte, quale quelle in esame.
Per pacifica giurisprudenza, infatti, il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente o meno delle singole opere di urbanizzazione, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità  che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, nr. 7140; id., 6 maggio 1997, nr. 462).
Con gli atti impugnati in questa sede il Comune di Corato ha quantificato le somme dovute sulla base del Regolamento comunale riportante le Linee Guida per il supporto istruttoria pratiche ai sensi dell’art. 5 D.P.R. 447/98, approvate con delibera del Commissario Prefettizio n. 1/C del 4 luglio 2002; il punto A.5 di tale regolamento prevede, per il caso di ampliamento produttivo in zone non compatibili, che siano pagati, in luogo del contributo di costruzione di cui all’art. 19 D.P.R. 380/2001, gli oneri di trasformazione territoriale, determinati in relazione al costo medio di infrastrutturazione primaria di aree industriali in euro 15,50/mq.
La ricorrente ha contestato la violazione della disciplina statale e regionale richiamata, evidenziando che il parametro impugnato non trova riscontro nelle disposizioni di legge relative al pagamento del contributo di costruzione.
Tale assunto risulta fondato in quanto il Comune, negli atti impugnati, ha introdotto nella determinazione delle somme dovute un parametro diverso rispetto a quelli previsti dalla normativa statale, richiedendo un importo aggiuntivo a titolo di oneri di trasformazione fondiaria.
Il contributo a tale titolo richiesto non risulta riconducibile a quelli dettagliatamente delineati dalla disciplina di cui agli artt. 16 e 19 D.P.R. 380/2001 e si pone, pertanto, in contrasto con il quadro delle prestazioni patrimoniali collegate all’autorizzazione dell’attività  edilizia come definito dalla legge.
Inoltre, pur essendo tale coefficiente riportato nelle tabelle allegate alle delibere di Giunta comunale n. 130/2011 e n. 29/2012, che hanno aggiornato i coefficienti del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tuttavia la previsione relativa al necessario pagamento di tale contributo per il caso di ampliamento produttivo in zone non compatibili, posta alla base del provvedimento impugnato, è contenuta nelle Regolamento contenente le Linee Guida SUAP adottato con la citata delibera commissariale del 2002 ma non nella successiva versione di tale Regolamento, allegata alla delibera di Consiglio comunale n. 53 del 26 novembre 2004, che non reca più traccia della precedente disposizione.
Anche sotto tale profilo, dunque, devono ritenersi insussistenti i presupposti per la quantificazione del costo di costruzione sulla base di tale parametro, con conseguente illegittimità  anche in parte qua degli atti impugnati.
Il ricorso va quindi accolto, con annullamento degli atti impugnati. Con riferimento alle somme dovute per l’ampliamento in progetto, l’annullamento della quantificazione del contributo dovuto con l’utilizzo del criterio della trasformazione territoriale comporta la necessità  che l’Amministrazione ridetermini le somme da versare secondo i parametri previsti dalla legislazione statale e regionale.
Trattandosi di attività  di natura paritetica, con la quale si esige l’adempimento di una obbligazione pecuniaria derivante dalla legge, va accolta la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di “oneri di trasformazione fondiaria”, fermo restando che l’amministrazione potrà  e dovrà  rideterminare gli oneri dovuti provvedendo a nuova quantificazione nel rispetto dei criteri suddetti.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto della intervenuta liquidazione con l’ordinanza cautelare delle spese della precedente fase.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto così provvede:
– annulla, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, i provvedimenti impugnati;
– condanna il Comune di Corato alla restituzione delle somme versate dalla ricorrente a titolo di “oneri di trasformazione fondiaria”;
– condanna il Comune di Corato alla rifusione in favore della ricorrente delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.000 oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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