Contratti pubblici – Esecuzione – Revisione prezzi – Individuata mediante clausola contrattuale illegittima – Recupero somme dalla p.A. in applicazione dell’indice FOI – Legittimità – Condizioni e limiti
Ove l’esborso della p.A. per la revisione dei prezzi di un appalto, attuato in applicazione di una clausola contrattuale illegittima, ecceda i valori desumibili mediante l’applicazione dell’indice FOI, è legittimo il recupero in autotutela delle somme eccedenti il suddetto limite (nella specie, il recupero è stato considerato legittimo per il triennio precedente l’autotutela, anche in applicazione dell’art.1, co. 136, L.n. 311/2004, e viceversa illegittimo quello attuato per i periodi precedenti, eccedenti il suddetto triennio, in assenza d’istruttoria e di motivazione).
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Vedi Cons. St., sez. V, sentenza 22 dicembre 2014, n. 6275 – 2014; ric. n. 8915 – 2013
N. 01191/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00207/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 207 del 2013, proposto dalla Ecologica Pugliese s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Caputi Iambrenghi e Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso il secondo in Bari, via Amendola, 21;
contro
Comune di Casamassima, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto in Bari, via Pizzoli, 8;
per l’annullamento
della determinazione del Responsabile del Servizio Polizia Municipale n. 9 del 29.1.2013;
della nota prot. n. 3100/pm/12 del 24.11.2012, della nota prot. n. 16520/pm/12 del 20.12.2012 e della nota prot. n. 695 del 16.1.2013;
per l’accertamento dell’infondatezza della pretesa del Comune di Casamassima di recuperare il presunto credito di euro 505.532,46 IVA compresa;
per l’accertamento del diritto della ricorrente alla liquidazione del compenso revisionale maturato sul prezzo dell’appalto per i servizi di igiene urbana (contratto rep. n. 4371 del 13.11.2001 e successive proroghe ancora in essere), nonchè sul prezzo del contratto integrativo di implementazione del 6.5.2009 e successive proroghe, con obbligo del Comune di operare la revisione dell’originario prezzo contrattuale, anno per anno, a decorrere dalla scadenza del primo anno contrattuale (novembre 2002) e per tutta la durata contrattuale, comprese le proroghe agli stessi patti e condizioni, fino al 31.12.2012, sulla base di istruttoria conforme alle clausole contrattuali;
nonchè per la condanna del Comune di Casamassima a pagare, in favore della ricorrente, i maggiori compensi a titolo di revisione prezzi a decorrere dal mese di novembre 2002 e fino al 31 dicembre 2012, maggiorati di interessi legali come per legge fino al soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casamassima;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Vincenzo Caputi Jambrenghi e Giuseppe Mariani, per la ricorrente, e avv. Vito Aurelio Pappalepore, per il Comune intimato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società a responsabilità limitata Ecologica Pugliese ha svolto, sin dal 2001, il servizio d’igiene urbana in favore del Comune di Casamassima. Le parti hanno regolato i loro rapporti con il contratto sottoscritto il 13 novembre 2001 (rep. n. 4371) e con il contratto integrativo d’implementazione del 6 maggio 2009, che comprendevano una clausola regolante la revisione dei prezzi.
A seguito di divergenze relative a tale calcolo, l’Amministrazione municipale, ritenendo altresì che la clausola contrattuale dovesse essere integralmente sostituita dalla previsione legislativa di cui all’articolo di cui all’articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994 (confluito nell’art. 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), ha disposto il recupero di € 505.532,46 (IVA compresa), reputando la somma ingiustificatamente liquidata, sia per errori nell’applicazione dell’articolo 10 del contratto, sia, in radice, per l’inapplicabilità della clausola contra legem.
L’interessata ha perciò proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale per l’annullamento degli atti lesivi (innanzitutto la determina 29 gennaio 2013 n. 9-raccolta generale n. 143 – del Responsabile del Servizio Polizia municipale), per l’accertamento dell’infondatezza della pretesa dell’Ente alla restituzione di quanto precedentemente pagato a titolo di revisione prezzi, ed infine per la declaratoria del suo diritto alla liquidazione del compenso revisionale maturato, fino al 31 dicembre 2012, sulla base di istruttoria conforme alle clausole contrattuali, con conseguente condanna del Comune a pagarle i maggiori compensi a titolo di revisione prezzi, non corrisposti, a decorrere dal mese di novembre 2002 e fino al 31 dicembre 2012, maggiorati di interessi legali fino al soddisfo.
Con l’ordinanza 28 febbraio 2013 n. 130 la Sezione ha accolto in parte l’istanza cautelare (e, per l’effetto, ha sospeso il recupero), ha ordinato all’Amministrazione di corrispondere alla ricorrente il canone contrattuale per il mese di dicembre 2012 e per i mesi successivi, ha onerato la società Ecologica Pugliese della costituzione di una cauzione, anche mediante fideiussione bancaria, per l’importo di euro 500.000,00 a favore del Comune di Casamassima entro novanta giorni, specificando che l’ordinanza “in difetto si intenderà priva di efficacia”, e ha fissato l’udienza del 27 giugno 2013 per la discussione della causa.
Il tutto per i seguenti motivi:
“Rilevato che il pregiudizio economico prospettato dalla società ricorrente presenta carattere di notevole gravità , avuto riguardo all’entità della somma pretesa dal Comune a titolo di indebito ed al fatto che il Comune, con gli atti qui impugnati, ha altresì disposto in via unilaterale la immediata sospensione dei pagamenti del canone contrattuale;
Ritenuto, nell’equo bilanciamento degli interessi, di dover accogliere la domanda di sospensiva in relazione alla pretesa restituzione della somma di euro 505.532,46 ed in relazione alla disposta interruzione dei pagamenti dell’ordinario canone contrattuale, subordinando la sospensione degli effetti dei predetti provvedimenti alla prestazione, da parte della ricorrente, di una cauzione (anche mediante fideiussione bancaria) per l’importo forfetariamente stabilito in euro 500.000,00 a garanzia del pagamento di quanto eventualmente dovuto a titolo di indebito”.
Con successiva ordinanza 26 marzo 2013 n. 188 è stata respinta l’istanza della ricorrente per l’esecuzione dell’ordinanza n. 130/2013, precisando le modalità e gli effetti della prestazione della cauzione.
Sulle conclusioni delle parti, all’udienza del 27 giugno 2013, la causa è stata riservata per la decisione.
2. La questione del regime giuridico della revisione dei prezzi nell’appalto di servizi e del suo rapporto con la clausola contrattuale non coincidente con la disciplina legislativa, di cui all’articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994 (oggi corrispondente all’art. 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163) è stata affrontata dalla prima Sezione (in casi in cui era l’appaltatore a richiedere che il compenso revisionale fosse calcolato secondo il canone legale), in varie sentenze (per tutte: 20 febbraio 2013 n. 251; 5 settembre 2012 n. 1634; 2 febbraio 2012 n. 272; 27 maggio 2010 n. 2064; 19 marzo 2010 n. 1085), dalle cui argomentazioni e conclusioni non vi è motivo di discostarsi. Per chiarezza espositiva se ne riportano alcuni stralci:
“Come è noto, la giurisprudenza è ferma nel ritenere il carattere di norma imperativa proprio della disposizione di cui all’art. 6 legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994 contenente una disciplina speciale in materia di revisione prezzi, che, conseguentemente, si impone nelle pattuizioni di cui è parte l’Amministrazione, modificando ed integrando la volontà negoziale eventualmente contrastante (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994).
La previsione normativa di cui al citato art. 6 della legge n. 537 del 1993 è confluita nel corpo dell’art. 115 dlgs n. 163/2006 secondo cui “1. Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5.”.
Recentemente Cons. Stato, Sez. III, 1° febbraio 2012, n. 504 ha sottolineato che “La disciplina dettata in materia di revisione prezzi negli appalti di servizi o forniture ad esecuzione periodica o continuativa, di cui all’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), ha carattere imperativo ed un’eventuale clausola contrattuale difforme rispetto alla disciplina normativamente prevista, deve ritenersi nulla.”.
Ne consegue che il contratto ¦ deve essere, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1339 (in tema di “Inserzione automatica di clausole”) e 1419 (in tema di “Nullità parziale”) del codice civile, depurato dalla previsione” [contrattuale divergente].
Sul punto afferma Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709: “Scopo primario della disposizione ex art. 6, comma 4 legge 537/1993, come modificato dall’art. 44 legge 724/1994, confermata dall’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, è chiaramente quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni. Il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa cui si applicano gli artt. 1339 e 1419 cod. civ., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l’obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo¦.
Quanto al parametro dell’adeguamento, è noto che l’art. 6 della legge n. 537 del 1993, oltre ad affermare il diritto dell’appaltatore alla revisione, detta anche il criterio e il procedimento in base al quale pervenire alla determinazione oggettiva del “miglior prezzo contrattuale”, demandando all’ISTAT la relativa indagine semestrale sui dati risultanti dal complesso delle aggiudicazioni dei beni e servizi.
Tuttavia, poichè la disciplina legale non è mai stata attuata, nella parte in cui prevede l’elaborazione da parte dell’ISTAT di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, la lacuna può e deve essere colmata mediante il ricorso all’indice FOI (in tal senso cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786).
L’utilizzo di quest’ultimo parametro, ovviamente, non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale” (sentenza 5 settembre 2012 n. 1634).
Il sovraesposto ragionamento rende evidente che, al contrario di quanto sostenuto dall’Ecologica Pugliese, la pretesa del Comune di Casamassima di recuperare il credito rinvenente dalla differenza tra il compenso revisionale liquidato in base alla clausola contrattuale e quello invece spettante per legge non può reputarsi in sè infondata.
Per definire la causa occorre però a tal punto occuparsi altresì della censura che verte sul disposto dell’art. 1, 136° comma, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (“Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante”).
Tale contestazione ovviamente, facendo perno sul limite temporale di tre anni, non potrebbe comunque travolgere in toto il provvedimento reso in autotutela, ma solo incidere parzialmente su di esso, escludendo dall’ambito dell’autoannullamento gli atti più risalenti.
Nella dialettica processuale le parti si sono soffermate sul rapporto tra l’articolo 1, 136° comma, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e l’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, introdotto dall’articolo 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, sottolineando che esso è stato ricostruito in giurisprudenza in modo non univoco, dando luogo a soluzioni ermeneutiche diverse.
La questione però, nel caso in esame, in sè non è rilevante. Anche se si accedesse alla tesi per la quale la norma della legge finanziaria 2005 sia stata abrogata, infatti, il termine triennale costituirebbe comunque un’indicazione legislativa alla quale parametrare il “termine ragionevole” per l’eventuale autoannullamento, previsto dalla legge n. 241/1990. A ciò deve aggiungersi, in fatto, che l’avvio del procedimento risale alla nota 20 dicembre 2012 n. 16520/PM/12; la precedente nota del 24 novembre 2012 n. 3100/PM/12, invece, riferendosi esclusivamente alla nona revisione del canone, non può assumere valenza partecipativa rispetto al provvedimento di ritiro, di cui alla determina del gennaio 2013.
Perciò, in ordine agli atti che superano tale lasso temporale (ovvero alla determinazione di impegno di spesa 11 novembre 2009 n. 85 – raccolta generale n. 1505 – e alla conseguente determinazione di liquidazione 15 dicembre 2009 n. 95 – raccolta generale n. 1679), l’Amministrazione avrebbe dovuto considerare espressamente le ragioni d’interesse pubblico e i contrapposti interessi della destinataria, come prescrive in generale l’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990.
Dagli atti di causa si evince che il Comune di Casamassima ha in sostanza iniziato la verifica sui compensi revisionali solo in occasione della nona revisione del canone (come risulta dalla nota 24 novembre 2012 n. 3100/PM/12), allorchè ha riscontrato “inesattezze nei calcoli revisionali” presentati dall’impresa.
Con la determina 29 gennaio 2013 n. 9 – raccolta generale n. 143 – del Responsabile del Servizio Polizia municipale, l’Ente ha perciò disposto il recupero delle somme ritenute non dovute, calcolando – semplicemente e giustificatamente, vista la natura dell’atto in autotutela – la revisione prezzi nel suo limite massimo consentito, individuabile attraverso l’applicazione degli indici FOI. Ma per quel che concerne il recupero ultratriennale, è la stessa Amministrazione ad ammettere che (stralciando la determinazione di spese 11 novembre 2009) la “riduzione del credito comunale” [ammonterebbe ad] “appena € 24.324,12”, perchè “le differenze più eclatanti si sono registrate proprio per il 2010¦, il 2011¦ e il 2012, come emerge dal prospetto che si produce in giudizio”.
In definitiva, non emerge, per quanto riguarda tale somma, nè, da parte dell’Ente, una contestazione dei calcoli, effettuati dalla Ecologica Pugliese sulla base del contratto e accettati dal Comune per il 2009, nè, rispetto a tale periodo, una ponderazione degli interessi. In particolare, in mancanza di una valutazione amministrativa riferita agli atti di data precedente al triennio (e ovviamente in mancanza della relativa motivazione), deve presumersi, in assenza di contrari elementi, che la ricorrente non si sia discostata da quanto previsto dalla clausola contrattuale (articolo 10). La società cioè si è attenuta al regolamento contrattuale, nell’effettuazione del calcolo (e nella riscossione del pagamento), che, pur essendosi rivelato oggettivamente contra legem, la medesima riteneva vincolante le parti e sul quale faceva soggettivamente un ragionevole e giustificato affidamento.
Tale condizione, di cui l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto nell’esercizio dell’autotutela, come regolata dall’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990, ai fini di una prudente ponderazione degli interessi, non è stata affatto considerata.
Di conseguenza, essendo carente tale momento valutativo nell’attività discrezionale, la determina 29 gennaio 2013 n. 9 – raccolta generale n. 143 – del Responsabile del Servizio Polizia municipale dev’essere annullata in questa parte, relativamente alla somma indicata, mentre per il resto il ricorso è da respingere.
Il complesso della vicenda consente l’integrale compensazione le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)