1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Vincoli urbanistici – Zona di rispetto cimiteriale – Natura 


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Vincoli urbanistici – Zona di rispetto cimiteriale – Interventi consentiti


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ristrutturazione edilizia – Caratteristiche


4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Nuova costruzione – Casistica


5. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ristrutturazione edilizia – Qualificazione – Criteri


6. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ristrutturazione edilizia – Ricostruzione rudere – Esclusione


7. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ristrutturazione edilizia – Presupposti


8. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ristrutturazione edilizia – Art. 3 DPR 380/2001 – Disciplina

1. La salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale (che riguarda non solo i centri abitati ma anche i fabbricati sparsi) si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità  che non consente l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare;   pertanto, detto vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria.
 
2. Posto che l’area di rispetto cimiteriale rappresenta un vincolo di inedificabilità  assoluta, che non consente l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, ne consegue che, per quanto riguarda gli edifici già  ivi esistenti, devono ritenersi inammissibili gli interventi che comportino la loro modifica.


3. Un intervento su un immobile preesistente che comporti la modifica della sagoma non può rientrare nella fattispecie di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, co. 1, lett. d) del DPR 380/01(“gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”).
 
4. In materia edilizia, costituisce nuova costruzione lo sbancamento del terreno, con dislivello in alcuni punti fino a m. 2, l’edificazione di muri artificiali di contenimento del terreno in pietra calcarea proveniente da cava.


5. Non rientra nella fattispecie di ristrutturazione edilizia un intervento su un edificio preesistente in cui la parte dell’opera muraria ancora esistente non consente la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la sua fedele ricostruzione.
 
6. La ricostruzione di un rudere non è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e meno che meno di risanamento conservativo, integrando in sostanza un’attività  di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare.
 
7. Intanto può attuarsi un intervento di ristrutturazione edilizia (di demolizione e ricostruzione) in quanto esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione, mentre non è ravvisabile siffatto intervento nei confronti di ruderi o edifici da tempo demoliti.


8. La ristrutturazione edilizia disciplinata dall’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 si caratterizza per la riedificazione che comporti la piena conformità  di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto, ciò che per definizione va escluso nel caso in cui si discuta di un ampliamento di cubatura dell’edificio o di una modifica della sagoma.
*
vedi Cons. St., sez. VI, sentenza 18 luglio 2014, n. 3862 – 2014; ordinanza 27 novembre 2013, n. 4668 – 2013; ric. n. 7819 – 2013

N. 01125/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01372/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1372 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Santina Sabatelli, rappresentata e difesa dall’avv. Saverio Profeta, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, via Cognetti, n. 25; 

contro
Comune di Monopoli, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Nocera, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Semeraro in Bari, via Dante, n. 51; 

per l’annullamento,
previa concessione di idonee misure cautelari,
quanto al ricorso introduttivo:
“- del diniego di permesso di costruire in sanatoria del Comune di Monopoli, prot. n. 21235/2011, ricevuto in data 16.5.2011;
-di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale ed in particolare, ove occorra, dell’ordinanza di sospensione dei lavori del Comune di Monopoli prot. n. 52268/2010, nonchè della relazione prot. n. 51308 dell’Area Organizzativa Edilizia Provata, Urbanistica e ambiente del Comune di Monopoli (non conosciuta);
nonchè per l’accertamento
della conformità  delle opere realizzate dalla ricorrente rispetto al permesso di costruire n. 31715 del 20.9.2007 nonchè della disciplina urbanistica comunale di riferimento.”
 

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 16 maggio 2012:
“- dell’ordinanza di demolizione del Comune di Monopoli prot. n. 11625/12, reg. ord. n. 93, notificata il 14.3.2012.”
 

Visto il ricorso introduttivo, con i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, gli avv.ti Saverio Profeta e Pierluigi Nocera;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espone in fatto la sig.ra Santina Sabatelli di essere coltivatrice diretta e proprietaria di un fondo rustico sito in Monopoli (fg. 28, p.1e 17, 18, 19 e 250 del catasto) dell’estensione di circa 1,81 ha, sul quale insiste un rudere realizzato ben prima del 1967, a servizio dell’attività  agricola.
Riferisce che sin dal 2005 aveva chiesto il permesso di costruire per ristrutturare il manufatto preesistente e per realizzare 7.200 mq di serre del tipo serre-tunnel; che a seguito di tale richiesta, con provvedimento prot. n. 1783 del 12 marzo 2007 la Regione Puglia, ai sensi dell’art. 6 della legge regionale n. 19 del 1986, aveva espresso parere favorevole in merito alla realizzazione di tali serre ed il Comune di Monopoli aveva quindi rilasciato il permesso di costruire n. 31715/07; aggiunge di aver dato comunicazione di inizio lavori in data 7 gennaio 2008.
Espone altresì che, per esigenze strutturali emerse durante la realizzazione dei lavori, la lunghezza dei muri perimetrali dell’edificio sarebbe stata incrementata e specificatamente il lato lungo del manufatto sarebbe stato allungato di 14 cm mentre il lato corto di 12 cm; in particolare tale incremento si sarebbe reso necessario per effettuare lavori di coibentazione dell’edificio, che avevano determinato un ispessimento dei muri perimetrali, al fine di ottenere un miglior isolamento termico ed acustico della struttura.
Riferisce inoltre che, considerato che a seguito del sopralluogo effettuato in data 17 novembre 2010 dalla Polizia Municipale di Monopoli il Comune resistente aveva emesso l’ordinanza di sospensione dei lavori prot. n. 52268/10, essa ricorrente aveva presentato istanza di accertamento di conformità , relativamente alle opere eseguite, includendo nella istanza, per motivi meramente prudenziali, anche le opere di movimento terra; ciò in quanto queste ultime, a suo avviso, erano propedeutiche e sottese alla realizzazione delle serre e, quindi, conformi al titolo edilizio conseguito; che, infine, il Comune aveva adottato il provvedimento di diniego della sanatoria richiesta, preavvertendo che “si provvederà  ad emettere l’ordinanza di demolizione come per legge”.
La sig.ra Sabatelli ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato il 14 luglio 2011 e depositato il 18 luglio 2011, con il quale ha chiesto l’annullamento del citato diniego di permesso di costruire in sanatoria del Comune di Monopoli, prot. n. 21235 del 9 maggio 2011, ricevuto in data 16 maggio 2011, nonchè, ove occorra, dell’ordinanza di sospensione dei lavori del Comune di Monopoli prot. n. 52268/2010 e della relazione prot. n. 51308 dell’Area Organizzativa Edilizia Provata, Urbanistica e Ambiente del Comune di Monopoli (non conosciuta); ha chiesto altresì l’accertamento della conformità  delle opere realizzate dalla ricorrente rispetto al permesso di costruire n. 31715 del 20 settembre 2007 nonchè della disciplina urbanistica comunale di riferimento, attesa la preannunciata adozione dell’ordinanza di demolizione contenuta nel medesimo atto di diniego.
A sostegno dell’azione demolitoria la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: I. violazione degli artt. 4/S, 23/S e 18/P delle NTA del PUG, eccesso di potere per manifesta contraddittorietà , illogicità , difetto di motivazione.
Parte ricorrente, premesso che il provvedimento impugnato ha respinto la richiesta di accertamento di conformità  affermando in sostanza che le opere realizzate – opere di recupero del manufatto e movimenti terra – non sarebbero conformi alla disciplina urbanistica del nuovo PUG, sostiene che tale motivazione sarebbe errata in punto di diritto.
In riferimento alla ristrutturazione del manufatto esistente le opere difformi rispetto al permesso di costruire n. 31715/07 consisterebbero sostanzialmente nell’aumento di pochi centimetri delle dimensioni dei muri perimetrali mentre il Comune di Monopoli avrebbe qualificato tali opere come “ampliamento” ai sensi dell’art. 4/S delle NTA e visto che l’art. 4/S delle NTA qualifica l’ampliamento degli edifici come una delle modalità  di realizzazione delle nuove costruzioni, sarebbe pervenuta ad affermare la contrarietà  delle opere stesse all’art. 18/P delle NTA, che vieterebbe la realizzazione di nuove costruzioni nella zona di rispetto cimiteriale.
Parte ricorrente lamenta sia che l’art. 18/P delle NTA ricomprenderebbe tra gli interventi ammissibili anche gli ampliamenti e che, comunque nella fattispecie oggetto di gravame, non si tratterebbe della costruzione di un nuovo edificio, bensì della ristrutturazione di un manufatto preesistente, con conservazione sia del suo aspetto sia della sua destinazione d’uso, sebbene con difformità  trascurabili per quanto riguarda la sagoma e l’ingombro e che la stessa rientrerebbe quindi nella categoria RE2, ammissibile dalla suddetta disposizione normativa; peraltro l’illegittimità  emergerebbe dalla circostanza che la stessa amministrazione, nel provvedimento impugnato espressamente affermerebbe che “l’art. 18/P delle NTA del PUG – contesti urbani esistenti consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard – ha come obiettivi per la “fascia di rispetto cimiteriale”¦ .la “manutenzione e riqualificazione degli edifici esistenti”, attuabili attraverso modalità  di intervento diverse dalla NC”.
In riferimento ai movimenti terra la manifesta illegittimità  del provvedimento impugnato emergerebbe da due circostanze. La prima circostanza: i movimenti terra sarebbero stati effettuati in funzione della realizzazione delle serre oggetto del PdC n. 31715/07 ed assentite con parere favorevole della Regione Puglia n. 1783/07. La seconda circostanza: la ricorrente avrebbe realizzato queste opere allorchè il titolo edilizio era pienamente valido ed efficace e, pertanto, ogni riferimento al nuovo PUG, entrato in vigore in data 4 novembre 2010, quale normativa sopravvenuta, non avrebbe ragion d’essere; inoltre non si comprenderebbe l’iter logico seguito dal Comune resistente in quanto esso prima avrebbe assentito la realizzazione delle serre e poi, nel provvedimento di diniego di condono impugnato, avrebbe qualificato abusive le opere indispensabili alla loro edificazione (ossia lo spianamento del terreno).
A sostegno della domanda di accertamento parte ricorrente aggiunge che l’intervento di ristrutturazione da essa effettuato sarebbe perfettamente conforme alle prescrizioni dell’art. 18/P NTA. In proposito l’art. 18/P NTA espressamente consentirebbe il recupero dei fabbricati esistenti, da effettuarsi mediante intervento diretto (art. 18.2). Tra le modalità  dell’intervento consentito, la norma tecnica comprenderebbe anche la tipologia RE2 e cioè, ai sensi dell’art. 4/ S NTA, la ristrutturazione con aumento di Superficie utile lorda (art. 18.3), aumento di Sul che nel caso di specie sarebbe irrisorio rispetto a quello consentito dalle NTA del PUG in quanto l’art. 18.05/P negli interventi di ristrutturazione espressamente consentirebbe un aumento di volumetria fino al 50% dell’esistente, laddove nel caso di specie, a tutto concedere l’aumento sarebbe pari a soli mq 1,62 e, quindi, inferiore al 5%.
Parte ricorrente aggiunge che, comunque, anche in assenza della specifica prescrizione che consente l’incremento della Sul, l’intervento sarebbe comunque assentibile; nella relazione tecnica allegata alla richiesta di accertamento di conformità , infatti, si era illustrato che l’aumento di Sul sarebbe dovuto essenzialmente alle opere di coibentazione, che avrebbero causato un inspessimento dei muri perimetrali dell’immobile; riguardo a tali opere, troverebbe, pertanto, applicazione l’art. 11 della legge regionale n. 13 del 2008.
In via gradata, la ricorrente ha chiesto che le difformità  da essa realizzate non siano ritenute suscettibili di demolizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 33 TU 380/01, poichè, nel caso di specie, sarebbe evidente che la demolizione delle opere difformi (che consistono in pochi centimetri di muro) non sarebbe oggettivamente possibile, se non a costo di demolire la maggior parte delle opere realizzate.
In via ulteriormente gradata, la ricorrente ha chiesto che venga accertato che il Comune di Monopoli possa esigere a titolo di sanzione il doppio del valore dell’immobile, calcolato in rapporto all’incremento di 1,61 mq della superficie lorda dell’immobile.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Monopoli deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.
Alla camera di consiglio dell’8 settembre 2011 la causa è stata rinviata e alla camera di consiglio del 6 ottobre 2011, con ordinanza n. 826, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 14 maggio 2012 e depositato il 16 maggio 2012 la sig.ra Sabatelli ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del Comune di Monopoli prot. n. 11625/12, reg. ord. n. 93 del 1° marzo 2012, notificata il 14 marzo 2012.
Avverso questo successivo provvedimento la ricorrente ha dedotto, oltre a censure di invalidità  derivata, già  rilevate in sede di ricorso introduttivo avverso il diniego di sanatoria, anche profili di illegittimità  propria, per il seguente motivo: violazione dell’art. 34 TU n. 380 del 2001, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Parte ricorrente, premesso che le opere difformi consisterebbero semplicemente in un ispessimento dei muri perimetrali dell’edificio nonchè del solaio dell’immobile, dovuti essenzialmente alla posa in opera di materiale coibentante, sostiene che sarebbe evidente che siffatte opere non potrebbero essere rimosse senza pregiudizio dell’intera struttura realizzata; pertanto, il Comune di Monopoli, non avrebbe potuto ingiungere la demolizione delle opere difformi, date le loro peculiari caratteristiche, ma avrebbe dovuto determinare semplicemente la sanzione applicabile pari al doppio del valore venale dell’opera difforme (trattandosi di immobile adibito ad uso diverso da quello residenziale).
Il Comune di Monopoli ha dedotto l’infondatezza anche del ricorso per motivi aggiunti e chiesto il rigetto del gravame.
Alla camera di consiglio del 7 giugno 2012, con ordinanza n. 371, la domanda incidentale di sospensione cautelare è stata accolta limitatamente all’ampliamento del manufatto preesistente.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione e parte resistente ha depositato una memoria per l’udienza di discussione ed una perizia tecnica.
All’udienza pubblica del 18 aprile 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Occorre premettere che con il ricorso introduttivo la sig.ra Sabatelli ha proposto un’azione di annullamento ed una azione di accertamento volta a dichiarare che le opere realizzate possano essere assentite con il permesso di costruire in sanatoria, motivando il suo interesse a tale accertamento in considerazione della circostanza che il provvedimento di diniego espressamente preavvertiva che l’Amministrazione era in procinto di emanare l’ordinanza di demolizione.
La questione centrale posta dall’odierno ricorso introduttivo è stabilire se gli interventi realizzati possano qualificarsi nuove costruzioni, e se, in quanto tali, non siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia che il PRG ed il PUG prevedono per l’area in questione, come sostenuto dal Comune nel provvedimento di diniego.
Il Comune di Monopoli con il provvedimento prot. n. 21235 del 9 maggio 2011 ha, infatti, ritenuto di non poter accogliere l’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata da parte ricorrente in data 26 gennaio 2011 per la seguente motivazione: “L’intervento, come meglio esplicitato nelle premesse, non è conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia che il PRG ed il PUG prevedono per l’area in questione; in particolare l’art. 23/S delle NTA del PUG – “Contesti urbani esistenti – Fascia di rispetto cimiteriale” recita testualmente “gli usi consentiti sono soltanto quelli connessi all’attrezzatura cimiteriale” e l’art. 18/P delle NTA del PUG – “Contesti urbani esistenti consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard” ha come obiettivi per la “fascia di rispetto cimiteriale” la “conferma dei servizi pubblici e privati di uso pubblico esistenti” e la “manutenzione e riqualificazione degli edifici esistenti”, attuabili attraverso modalità  di intervento diverse dalla NC (nuova costruzione) così definita dall’art. 4/S delle citate NTA.”
Gli abusi contestati, consistenti, come indicati nella premessa del provvedimento stesso, nell'”esecuzione di significativi movimenti di terra del lotto che ne modificano massicciamente l’originario assetto orografico del terreno” e nell’ “esecuzione di un intervento sul manufatto esistente”, sono stati entrambi sostanzialmente qualificati, alla luce della suddetta motivazione, quali interventi di nuova costruzione e, come tali, non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia che il PRG ed il PUG prevedono per l’area in questione, Fascia di rispetto cimiteriale.
In punto di diritto occorre innanzitutto partire dalla premessa che la fascia di rispetto cimiteriale, come sostenuto da parte resistente nella memoria conclusionale, è soggetta ad un vincolo di in edificabilità  assoluta.
Al riguardo la giurisprudenza, anche di questo TAR, e dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, è pacifica nel ritenere che la salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale che riguarda non solo i centri abitati ma anche i fabbricati sparsi, si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità  che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità  che connota i luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; pertanto, detto vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (cfr. TAR Bari, Sez. II, n. 1340/2009); inoltre se tale area è considerata per legge area inedificabile ne consegue che, per quanto riguarda gli edifici già  ivi esistenti, devono ritenersi inammissibili gli interventi che comportino la loro modifica (cfr. TAR Venezia, Sez. II, n. 819/2013).
Premesso quanto sopra, per quello che in questa sede interessa, è pacifico in atti che l’area nella quale insistono gli interventi per cui è causa, prima classificata dal vecchio PRG zona rurale con area di rispetto cimiteriale, con il nuovo PUG è ora disciplinata dall’art. 23/S delle NTA del PUG – Cimitero e fascia di rispetto cimiteriale, versata in atti, che al punto 23.1, relativo al cimitero, recita testualmente, come indicato nel provvedimento impugnato, “gli usi consentiti sono soltanto quelli connessi all’attrezzatura cimiteriale” ed al punto 23.2 dispone: “La fascia di rispetto cimiteriale è disciplinata dall’art. 18 delle NTA del PUG/P.”.
L’art. 18 delle NTA del PUG/P – Contesti urbani consolidati per servizi pubblici e privati non computabili come standard, richiamato, a sua volta al punto 8.01 ha come Obiettivi la “Conferma dei servizi pubblici e privati di uso pubblico esistenti” e la “manutenzione e riqualificazione degli edifici esistenti”; al punto 8.04 prevede le Destinazioni d’uso e chiarisce quali sono i Servizi pubblici e privati non computabili come standard: “sedi municipali, attrezzature per la sicurezza e l’ordine pubblico, attrezzature culturali, attrezzature per lo spettacolo sportivo, commercio, strutture alberghiere, cimitero e relativa fascia di rispetto.”.
Alla luce di quanto sopra è quindi palese che l’art. 18 non contempli i servizi connessi all’agricoltura.
Quanto alle modalità  di intervento il Collegio ritiene che trattandosi di intervento sul patrimonio esistente non possano che applicarsi le modalità  di intervento di cui al punto 8.03, ma fra quelle elencate non può trovare applicazione neppure la modalità  di intervento indicata come RE2 (Ristrutturazione edilizia -RE- con aumento di superficie utile lorda-Sul) nella ipotesi in cui sono state realizzate modifiche alla sagoma esistente e, quindi, l’intervento non può rientrare nell’ambito della ristrutturazione di cui all’art. 3, comma 1, lettera d) del d.p.r. n. 380 del 2001, richiamato al punto 4.05dell’art. 4/S che definisce le Categorie d’intervento edilizio-urbanistico.
Occorre specificare che se è vero, come prospettato da parte ricorrente, che lo stesso punto 8.03 tra le modalità  di intervento indica anche gli ampliamenti e le demolizioni e ricostruzioni per gli interventi di nuova edificazione, queste, in base ad un interpretazione logico sistematica e teleologica della norma, non possono che riferirsi alle altre destinazioni d’uso di cui al punto 8.04, tenuto conto in particolare del suddetto vincolo di inedificabilità  assoluta che caratterizza le fasce di rispetto cimiteriali ed alla luce della giurisprudenza sopra richiamata.
Nelle premesse del provvedimento stesso, dopo aver richiamato il precedente permesso di costruire n. 31715 (pratica edilizia n. 16831) rilasciato per “Realizzazione di serre e ristrutturazione di manufatti esistenti a servizio dell’attività  agricola” e l’ordinanza di sospensione dei lavori, sono specificate le due tipologie di abusi che sono state contestate alla sig.ra Sabatelli e precisamente: l'”esecuzione di significativi movimenti di terra del lotto che ne modificano massicciamente l’originario assetto orografico del terreno” e l’ “esecuzione di un intervento sul manufatto esistente”.
Iniziando dai movimenti di terra, le relative censure dedotte, sia con la domanda demolitoria che con l’azione di accertamento, sono prive di pregio.
Il Collegio, confermando quanto già  sostenuto da questa Sezione nell’ordinanza n. 371 del 7 giugno 2012, con la quale è stata respinta, in relazione a tale abuso, la domanda incidentale di sospensione cautelare proposta dalla ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti, ritiene che, con riferimento allo sbancamento del terreno, con dislivello in alcuni punti fino a m. 2, e all’edificazione di muri artificiali di contenimento del terreno in pietra calcarea proveniente da cava, il provvedimento appare correttamente motivato, trattandosi di nuove costruzioni in area di rispetto cimiteriale in cui, sulla base degli artt. 18 e 23 delle N.T.A. del vigente P.U.G., è consentita solo la conferma dei servizi pubblici e privati di uso pubblico esistenti, mentre parte ricorrente non ha adeguatamente documentato la funzionalità  dei movimenti di terra rispetto alla realizzazione delle serre assentite con il permesso di costruire n. 3175/07, depositato in giudizio. Peraltro nella stessa relazione tecnica dell’8 gennaio 2011, facente parte integrante dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria assunta anch’essa al protocollo comunale in data 21 gennaio 2011, parte ricorrente ha rappresentato di aver effettuato muri di contenimento e movimenti terra, indicati nei numeri da 1 a 6, “per miglioramenti agrari”; movimenti terra e miglioramenti agrari” sono stati ritenuti “idonee e necessarie per continuare la coltivazione del fondo ad ortaggi” e, quindi, manca il benchè minimo riferimento alle serre.
Trattandosi di interventi di nuova costruzione e destinati ad attività  agricola, legittimamente il Comune di Monopoli ha negato la sanatoria, confliggendo tale destinazione con la destinazione del nuovo PUG.
Il Collegio ritiene che anche l’intervento sul manufatto esistente deve ritenersi una nuova costruzione.
In riferimento a quest’ultimo, occorre evidenziare che nelle premesse del provvedimento impugnato, il Comune di Monopoli ha rappresentato che “a seguito di verifiche e di analisi dei materiali e della tecnica costruttiva utilizzati, degli elaborati tecnici e della documentazione fotografica antecedente l’intervento presenti nel fascicolo edilizio della pratica edile n. 16831, degli elaborati tecnici allegati alla presente pratica edilizia, delle dimensioni di ingombro confrontate con quelle rilevabili dalla CTN 1998 e CTN 2007, si qualifica come ristrutturazione edilizia pesante ed ampliamento previa demolizione parziale dello stesso.”.
Al riguardo, ai fini della corretta qualificazione dell’intervento per cui è causa, occorre proprio prendere le mosse dalla circostanza che, come correttamente rappresentato dal Comune resistente, il manufatto per cui è causa è costituito da un “corpo principale” ed un “corpo annesso” e quest’ultimo, oggetto di ampliamento, come emerge dalla documentazione anche fotografica depositata in giudizio e come peraltro ammesso dalla stessa ricorrente nel ricorso, era un rudere.
Nella relazione tecnica allegata all’istanza di permesso di costruire in sanatoria, inoltre, pur contestando che i rilievi aereofotogrammetrici non sarebbero attendibili, la stessa parte ricorrente tuttavia rappresenta che “il rilievo fotografico evidenzia un manufatto ¦.andato parzialmente in rovina ma pur sempre in piedi.”.
Al riguardo, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa richiamata da parte resistente e condivisa dal Collegio, ritiene che non potrebbe farsi rientrare in una fattispecie di ristrutturazione edilizia un intervento come quello in discorso, in cui la parte dell’opera muraria ancora esistente non consentirebbe, in realtà , la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la sua fedele ricostruzione (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5375 del 15 settembre 2006); “La ricostruzione di un rudere non è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e meno che meno di risanamento conservativo, integrando in sostanza un’attività  di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare” (cfr. TAR Napoli, n. 1286/2010); “Intanto può attuarsi un intervento di ristrutturazione edilizia (di demolizione e ricostruzione) in quanto esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione, mentre non è ravvisabile siffatto intervento nei confronti di ruderi o edifici da tempo demoliti, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare, configurandosi in quest’evenienza, invero, un intervento di nuova costruzione, assoggettato ai limiti stabiliti dalla vigente disciplina urbanistica” (cfr. TAR Venezia, n. 1667/2008); “I lavori di rifacimento di un rudere sono qualificabili come nuova costruzione; infatti, manca la possibilità  di procedere con certezza alla ricognizione delle strutture portanti dell’edificio ormai irriconoscibile.” (cfr. TAR Trieste, n. 749/2007); “Rispetto ad una costruzione che sia ridotta allo stato di un rudere non è possibile compiere una valutazione in termini di compatibilità  delle caratteristiche planovolumetriche tra lo stato dell’edificio prima e dopo l’intervento di riedificazione, per cui appare chiaro che la ricostruzione di un edificio debba essere qualificata come nuova costruzione, che deve essere assentita mediante permesso a costruire, ai sensi degli artt. 10 e 22 comma 3, t.u. 6 giugno 2001 n. 380.” (cfr. TAR Catanzaro, n. 1486/2007); “In materia edilizia, la ricostruzione di un rudere costituisce nuova costruzione in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia richiede la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, inteso quale organismo edilizio dotato di elementi strutturali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura, in assenza dei quali non è possibile valutare l’esistenza e la consistenza dell’edificio stesso” (cfr. Cass. Pen., III, n. 20776/2006).
Le riportate massime sono tutte accomunate dall’idea che la riedificazione di un rudere richieda necessariamente l’istituto della concessione per nuova costruzione, in considerazione della obbiettiva impossibilità  di valutare la consistenza dell’originario edificio.
Peraltro, in disparte la circostanza della precedente presenza indiscussa del rudere, anche a voler seguire l’orientamento che differenzia la ristrutturazione leggera da quella pesante, che si distinguono in quanto solo la seconda necessita del permesso di costruire, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la ristrutturazione edilizia disciplinata dall’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, che parte ricorrente sostiene si applicherebbe alla fattispecie oggetto di gravame, si caratterizza per la riedificazione che comporti la piena conformità  di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto, ciò che per definizione va escluso nel caso in cui si discuta di un ampliamento di cubatura dell’edificio (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV, n. 1550 del 10-04-2008, n. 3970 del 06-07-2012) o di una modifica della sagoma, come nella fattispecie per cui è causa (cfr. TAR Bari, Sezione III, n. 54 del 14-1-2013).
Applicando la richiamata giurisprudenza alla fattispecie oggetto di gravame non può che concludersi che legittimamente il Comune abbia qualificato anche l’intervento relativo al manufatto nuova costruzione.
Il Collegio ritiene, conseguentemente, infondate le censure dedotte con la domanda demolitoria proposta con il ricorso introduttivo non potendo condividersi la qualificazione dell’intervento prospettata da parte ricorrente.
In relazione alle ulteriori censure dedotte con l’azione di accertamento, in particolare in ordine alla possibilità  dell’applicazione dell’art. 11 della legge regionale n. 13 del 2008, in quanto nella relazione tecnica allegata alla richiesta di accertamento di conformità  si era illustrato che l’aumento di Sul era dovuto essenzialmente alle opere di coibentazione, che avevano causato un inspessimento dei muri perimetrali dell’immobile, anch’esse devono ritenersi prive di pregio; l’infondatezza delle censure emerge dalla relazione tecnica depositata in giudizio dal Comune resistente in data 8 marzo 2013 e sulla quale, peraltro, parte ricorrente nulla ha replicato.
Avendo ritenuto l’intervento per cui è causa una nuova costruzione, devono ritenersi infondate anche le ulteriori censure dedotte in via gradata ed in via ulteriormente gradata da parte ricorrente con l’azione di accertamento, in quanto esse presuppongono la qualificazione dell’intervento stesso nell’ambito della ristrutturazione edilizia, esclusa dal Collegio.
Passando al ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso l’ordinanza di demolizione, il Collegio deve innanzitutto dichiarare l’infondatezza delle medesime censure riproposte in via derivata e già  dedotte con il ricorso introduttivo proposto avverso l’atto presupposto (il diniego di sanatoria) ritenuto infondato.
Passando ad analizzare i profili di illegittimità  propria dedotti, parte ricorrente lamenta le seguenti censure: violazione dell’art. 34 TU n. 380 del 2001, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Premesso che le opere difformi consisterebbero semplicemente in un ispessimento dei muri perimetrali dell’edificio nonchè del solaio dell’immobile, dovuti essenzialmente alla posa in opera di materiale coibentante, sarebbe evidente che siffatte opere non potrebbero essere rimosse senza pregiudizio dell’intera struttura realizzata; pertanto, il Comune di Monopoli, non avrebbe potuto ingiungere la demolizione delle opere difformi, date le loro peculiari caratteristiche, ma avrebbe dovuto determinare semplicemente la sanzione applicabile pari al doppio del valore venale dell’opera difforme (trattandosi di immobile adibito ad uso diverso da quello residenziale).
Il Collegio al riguardo deve innanzitutto ribadire quanto già  rappresentato nel rilevare l’infondatezza delle censure dedotte in sede di azione di accertamento del ricorso introduttivo in merito all’applicazione delle norme sulla coibentazione; a seguito del deposito in giudizio della relazione tecnica da parte del Comune resistente in data 8 marzo 2013 parte ricorrente nulla ha replicato, nè ha provato comunque, in maniera inequivoca, che la demolizione, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità  dell’edificio nel suo complesso (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, n. 1912 del 9 aprile 2013).
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti.
Quanto alle spese, si ritiene che sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti, tenuto conto anche del parziale differente esito della fase cautelare.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria