1. Giurisdizione  – Contratti pubblici – Esecuzione – Rapporti ad esecuzione periodica  continuativa – Appalto – Concessione – Natura – Giurisdizione esclusiva   


2. Processo amministrativo – Giudizio di accertamento e condanna – Domanda principale – Estensione – Memoria notificata – Necessità 


3. Contratti pubblici – Esecuzione – Appalto di servizi e forniture  –  Rapporti ad esecuzione periodica  continuativa – Contratto – Revisione prezzi – Sostituzione legale automatica di clausola contrattuale – Legittimità  


4. Contratti pubblici – Esecuzione – Appalto di servizi e forniture  –  Rapporti ad esecuzione periodica  continuativa – Contratto – Revisione prezzi  – Procedimento


5. Contratti pubblici – Esecuzione – Appalto di servizi e forniture  –  Rapporti ad esecuzione periodica  continuativa – Contratto – Revisione prezzi  – Importo – Debito di valuta – Interessi – Misura

 
 
1. Ai sensi dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici vi è concessione di pubblici servizi se la prestazione nei confronti di un concessionario “consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio”, mentre il contratto di appalto di un servizio, secondo quieti principi giurisprudenziali,  è connotato dalla previsione di una controprestazione commisurata all’intera durata del rapporto; di conseguenza se vi è appalto pubblico di servizi e se sia in gioco una controversia in tema di compenso revisionale, dovendosi applicare  la disciplina dei contratti pubblici a sua volta richiamata dal comma 1 lett. e) n. 2 del c.p.a., sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 


2. Anche per  giudizio di accertamento e condanna, ogni estensione della domanda originariamente proposta con il ricorso deve essere contenuta in una memoria notificata alle controparti, pena la sua inidoneità  ad ampliare in corso di causa il thema decidendum.


3. Ai sensi dell’art. 6 L. n. 537/93 (art. 115 codice dei contratti pubblici) è sottoposta ad integrazione legale automatica – secondo il combinato disposto di cui agli artt. 1339 e 1419 c.c. –  il contratto ad esecuzione periodica e continuativa che non preveda affatto o preveda deroghe alla norma imperativa citata secondo cui l’Amministrazione committente è obbligata alla corresponsione della variazione dei prezzi del servizio, secondo il meccanismo revisionale ivi previsto e volto a tutelare  il pubblico interesse a che la qualità  della prestazione di beni e servizi da parte degli appaltatori, nel tempo, non subisca una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione.


4. La determinazione della revisione del prezzo della prestazione del servizio erogato è sottoposta dalla legge (art. 115 codice dei contratti pubblici) a specifica istruttoria del caso concreto da parte dell’amministrazione committente,  finalizzata all’emanazione di una determinazione discrezionale, atteso che  la individuazione dell’indice FOI come parametro per la quantificazione dell’aumento dei prezzi del servizio (stabilito dalla giurisprudenza per sopperire alla mancanza di quello previsto dalla norma, derivante dai dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’ISTAT sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle p.A.) costituisce soltanto il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali provate dall’impresa, l’amministrazione non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale. 


5. La revisione periodica del prezzo dovuto per la prestazione del servizio ha natura di debito di valuta con conseguente corresponsione degli interessi legali, salva diversa pattuizione contrattuale, dal giorno della costituzione in mora, non potendosi applicare al caso di specie la disciplina degli interessi per ritardato pagamento dovuti nelle transazioni commerciali (D.Lgs. 231/2002) applicabile, ai sensi dell’art. 11 del citato decreto,  soltanto ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002.
*
Vedi Cons. St., sez. V, ric. n. 7593 – 2013; sentenza 6 agosto 2014, n. 4206 – 2014
 

N. 00999/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00577/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 577 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Ecolife s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Vito Aurelio Pappalepore e Alessandra Ciocia, con domicilio eletto presso il primo in Bari, alla via Pizzoli n. 8; 

contro
Comune di Canosa di Puglia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Didonna, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Cognetti n. 58; 

per la dichiarazione di nullità 
della clausola n.18 del capitolato speciale di appalto per il servizio di igiene urbana e complementari, allegato al contratto di appalto del 28.9.2001, rep. n. 1363, nella parte in cui subordina la revisione del canone di appalto, a decorrere dal secondo anno, al verificarsi di aumenti o diminuzioni del costo del personale addetto, del carburante e dello smaltimento, tali da determinare una media ponderata di variazione superiore al 10% del prezzo d’appalto, in contrasto con quanto disposto dall’art.6 della legge n. 537/193, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724/1994;
per il riconoscimento e l’accertamento
del diritto della società  ricorrente alla revisione del corrispettivo dovuto in relazione all’espletamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani, spazzamento e complementari per l’intera durata di vigenza contrattuale, con conseguente
condanna
del Comune di Canosa di Puglia al pagamento della somma complessiva di € 516.278,37, oltre interessi fino all’effettivo soddisfo, come nel prosieguo meglio specificata;
nonchè per l’annullamento
della determinazione dirigenziale n. 24 del 2.2.2009 di non accoglimento della richiesta di adeguamento del canone;
-di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto, ivi compresi i provvedimenti comunali di non accoglimento della richiesta di revisione del canone relativamente agli anni 2003, 2004, 2006 e 2007, di cui alla nota prot. n. 17126 del 18.10.2004; alla determina dirigenziale n. 397 del 14.12.2005 (nella parte in cui non ha accolto la richiesta in ordine all’aggiornamento del canone alla data del 31.12.2004); alla nota prot. n. 2395 del 23.01.2007 e prot. n. 5033 del 14.02.2007; alla nota prot. n. 3107 del 29.1.2008;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Canosa di Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Michaela De Stasio, per delega dell’avv. Vito Aurelio Pappalepore; Michele Didonna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- La società  Ecolife a r.l. chiede l’accertamento del suo diritto alla revisione prezzi ex art. 6 della l n. 537/1993, con conseguente condanna dell’Amministrazione comunale di Canosa al pagamento delle somme dovute a tale titolo in riferimento alla convenzione, stipulata nel 2001, per lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti urbani, spazzamento e complementari nel territorio comunale e nella frazione di Loconia.
La durata contrattuale originariamente prevista abbracciava il periodo ricompreso tra il 1° settembre 2001 e il 31 agosto 2010, ad un canone annuo pari a € 2.298.233,20 (IVA compresa). Il rapporto è poi proseguito fino al 31.8.2012, in virtù di proroghe disposte dall’Amministrazione comunale.
Nel relativo capitolato (al quale fa espresso rinvio l’art. 2 del contratto nel dettare le condizioni di svolgimento del servizio) risulta inserita specifica norma – l’art.18 – preordinata a disciplinare la revisione del prezzo, secondo un meccanismo che attribuisce rilevanza agli scostamenti in eccesso delle voci di costo ivi indicate soltanto al superamento di una soglia minima, pari al 10%, con esclusione del primo anno.
Alle richieste di revisione del canone formulate con cadenza pressochè annuale, il Comune di Canosa ha opposto reiterati rifiuti adducendo il mancato superamento del predetto limite che, per accordo contrattuale, sarebbe dovuto ricadere sull’appaltatore. Unica eccezione gli aumenti del canone deliberati con decorrenza 1° gennaio 2006 pari a € 193.850,48 (giusta determina dirigenziale n. 397 del 14.12.2055) e con decorrenza 1° gennaio 2011 pari a € 499.980,00 (giusta determina dirigenziale n. 366 del 29.12.2010), dopo aver riscontrato un’oscillazione dei parametri contemplati nel predetto art.18 rispettivamente dell’11,01% e del 19,39%.
La revisione accordata sembrerebbe, tuttavia, riferita alle sole annualità  2006 e 2011.
La richiesta della società  ricorrente abbraccia invece l’intera durata contrattuale, previa dichiarazione di nullità  parziale dell’art. 18 del capitolato, nella parte in cui prevede la predetta franchigia del 10%.
Il ricorso si fonda su di un unico articolato motivo incentrato sulla violazione del disposto dell’art. 6 della l. n. 537/1993, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724/94.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale di Canosa, replicando alle argomentazioni della società  ricorrente e concludendo per la declaratoria di inammissibilità  ovvero di difetto di giurisdizione; in ogni caso di improcedibilità  per sopravvenuto difetto di interesse e, comunque, per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- L’Amministrazione resistente ha formulato tre distinte eccezioni preliminari. Le prime due sono strettamente connesse tra loro: a) inammissibilità  del gravame in dipendenza dell’asserita qualificazione del rapporto come concessione; b) difetto di giurisdizione (cfr. memoria prodotta il 2.2.2013). La terza è un’eccezione di improcedibilità  per sopravvenuto difetto di interesse (cfr. memoria prodotta in data 13.2.2013).
Nessuna delle tre può, tuttavia, trovare accoglimento.
2.1- Preliminare allo scrutinio delle prime due, la qualificazione del rapporto convenzionale in questione.
Deve in proposito osservarsi che il criterio discretivo tra appalto e concessione va rintracciato nell’art. 30 del codice dei contratti (d.lgs. n.163/2006), il quale ha codificato precedenti elaborazioni giurisprudenziali, sviluppatesi anche sulla scorta dei principi affermati dalle direttive comunitarie in materia. La distinzione si collega alle modalità  di remunerazione della prestazione: si è in presenza di una concessione se la controprestazione in favore del concessionario “¦consiste unicamente neldiritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio” (cfr. comma 2).
Non può pertanto dubitarsi che, in applicazione di tale criterio, la convenzione per cui è causa vada inquadrata nell’ambito di un rapporto di appalto. Espressamente l’art. 4 del contratto stipulato il 28.9.2001 contempla un canone annuale posto a carico dell’Amministrazione concedente e ne quantifica l’importo complessivo riferito all’intera durata del rapporto.
Ciò premesso, esaminiamo in dettaglio le eccezioni di inammissibilità  e di difetto di giurisdizione opposte dall’Amministrazione resistente.
Secondo il ragionamento seguito, la pretesa natura di concessione del rapporto determinerebbe l’inammissibilità  del gravame in virtù di consolidato orientamento giurisprudenziale, alla stregua del quale l’art.6 della legge n. 537/93 troverebbe applicazione con esclusivo riferimento agli appalti; in ogni caso, ove si volesse far discendere il diritto ai compensi revisionali dall’espressa previsione contrattuale (art. 18 del capitolato richiamato dall’art. 2 del contratto), la vicenda esulerebbe dalla giurisdizione di questo Giudice, concretandosi in una mera domanda di adempimento del contratto, in quanto tale afferente alla fase di esecuzione del rapporto, di competenza del giudice ordinario.
Per quanto sopra detto circa la natura di appalto del rapporto in questione, tuttavia, l’intero ragionamento risulta minato in radice. Conseguentemente, non può – in astratto – negarsi nella fattispecie la revisione del canone in applicazione della richiamata disposizione normativa (si ribadisce, l’art.6 della legge n. 537/93), nè può dubitarsi della giurisdizione del giudice amministrativo anche in relazione al quantum della pretesa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a. (cfr. sul punto il recentissimo precedente di questa Sezione, sentenza n. 692/2013).
2.2- Veniamo quindi all’eccezione di improcedibilità  per sopravvenuto difetto di interesse che la difesa dell’Amministrazione pretende di ricollegare alle due determinazioni dirigenziali riportate sub 1, avendo questericonosciuto l’aggiornamento del canone – rispettivamente – con decorrenza 1° gennaio 2006 e 1° gennaio 2010.
L’eccezione non convince. La revisione, nei termini in cui è intervenuta, non appare idonea a coprire l’intera durata del rapporto contrattuale, sicchè le predette argomentazioni non possono trovare ingresso in sede preliminare. L’incidenza delle somme già  liquidate nel 2005 e nel 2010 andrà  invece eventualmente valutata in sede di determinazione del quantum debeatur.
2.3.- Un’ultima notazione prima di passare al merito della controversia.
Il ricorso introduttivo formulava la domanda di accertamento e condanna con riferimento al periodo 2001/2008; con motivi aggiunti la richiesta veniva estesa all’anno 2009.
Diversamente, la pretesa collegata al 2010, come correttamente fatto rilevare dalla difesa dell’Amministrazione, è contenuta in memoria non notificata (cfr. atto depositato in data 1.2.2013) ed è, pertanto, inidonea ad ampliare il thema decidendum.
3.- Venendo quindi ad esaminare il merito della questione, deve osservarsi che le censure formulate dalla società  ricorrente appaiono fondate.
Come già  anticipato sub 1, con un unico articolato motivo di gravame, la predetta invoca l’applicazione al caso di specie dell’art. 6 della legge n. 537/93, nell’interpretazione ormai costantemente e unanimemente seguita dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui la norma ha natura imperativa e l’istituto della revisione prezzi riguarda (senza eccezioni) tutti i contratti pubblici inerenti servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa, qualificabili come appalti, applicabile pure in mancanza o contro la volontà  contrattuale manifestata.
L’obbligo legale deve, infatti, essere tradotto sul piano contrattuale anche modificando ed integrando la volontà  delle parti contrastante con la predetta disposizione, secondo il meccanismo di sostituzione automatica di cui al combinato disposto degli artt. 1339 e 1419 c.c. (cfr. ex multis: Cons. Stato, Sez. III, 1° febbraio 2012, n. 504; Sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709; 20 agosto 2008, n. 3994; 16 giugno 2003 n. 3373; 8 maggio 2002 n. 2461; 19 febbraio 2003 n. 916; cfr. anche questa Sezione, 23.2.2010, n. 670 e n. 1634 del 5.9.2012).
Il meccanismo revisionale in questione ha invero lo scopo di tutelare il pubblico interesse a che le prestazioni di beni e servizi da parte degli appaltatori della pubblica Amministrazione non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, così sconvolgendo il quadro finanziario sulla cui base è stato stipulato il contratto (si veda ancora sul punto le citate sentenze di questa Sezione n. 1634/2012 e n. 670 del 23.2.2010 nonchè C.d.S., Sez.VI, n. 3568 del 9.6.2009 e n. 4065 del 19.6.2009).
Nella fattispecie ricorrono le condizioni di applicabilità  del richiamato art. 6 e di operatività  del meccanismo di sostituzione legale. Si tratta di un contratto di appalto di servizi ad esecuzione continuativa, recante una clausola non conforme alla predetta disposizione nella parte in cui pone a carico dell’appaltatore le variazioni dei prezzi entro la pattuita alea contrattuale del 10% (cfr. il richiamato art. 18 del capitolato cui fa espresso rinvio – si ribadisce – l’art. 2 del contratto perfezionato inter partes nel 2001). Tale clausola va sostituita ed integrata con la disposizione di legge imperativa che non contempla alcuna franchigia.
In verità , lo stesso art. 18 esclude dal meccanismo revisionale le variazioni registrate il primo anno del rapporto contrattuale a partire dall’effettivo inizio dell’espletamento dei servizi in questione; ma sotto questo profilo parte ricorrente non formula alcuna censura.
Nè possono trovare ingresso le obiezioni che l’Amministrazione resistente cerca di articolare sul piano di un asserito inadempimento contrattuale da parte della società  ricorrente, cui non sarebbero però seguite iniziative giudiziarie e che, in ogni caso, andrebbe sanzionato nelle sedi opportune.
4.- Acclarata la spettanza in astratto del diritto alla revisione, veniamo quindi alla relativa quantificazione.
4.1.- Sempre la giurisprudenza, in considerazione della mancata attuazione del comma sesto dello stesso art.6, ha individuato un meccanismo sostitutivo destinato ad operare in via suppletiva (sul punto, si veda da ultimo C.d.S., Sez. V, n. 7254 del 1°.10.2010 e n. 2786 del 9.6.2008; si vedano inoltre le già  citate sentenze della Sez. VI del C.d.S. nn. 4065 e n. 3568 del 2009 e di questa Sezione n. 1634/2012). Il menzionato comma prevede, invero, che la revisione venga operata a seguito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione dei beni e servizi, sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’I.S.T.A.T. sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle P.A.; a fronte, tuttavia, della reiterata mancata pubblicazione da parte dell’Istituto nazionale di statistica di tali dati, il calcolo degli importi revisionali è stato ancorato all’indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice F.O.I.), mensilmente pubblicato dal medesimo Istituto.
L’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera, tuttavia, la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale; il parametro in questione segna soltanto il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, l’Amministrazione stessa non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (cfr. in termini la già  citata sentenza di questa Sezione n. 1634/2012).
Nella fattispecie in esame viene invero in rilievo la più volte richiamata clausola contrattuale che detta sul punto specifiche disposizioni; disposizioni di cui, peraltro, sembrano aver fatto puntuale applicazione sia la ricorrente nel formulare il petitum, sia l’Amministrazione in sede di calcolo dei compensi revisionali già  liquidati.
4.2.- Data la natura di debito di valuta, il compenso revisionale è poi soggetto alla corresponsione degli interessi. Nella specie, agli interessi legali dalla costituzione in mora (coincidente con le richieste di liquidazione dei compensi) sino al soddisfo, su base annuale, secondo quanto espressamente previsto dal richiamato art. 18, all’ultimo comma.
In verità , anche a prescindere dall’esplicita previsione contrattuale, non sarebbero applicabili alla fattispecie gli interessi per ritardato pagamento ex d.lgs. 231/2001, come pretenderebbe parte ricorrente, giacchè ai sensi dell’art. 11 dello stesso decreto, le relative disposizioni non si applicano ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002.
5.- In conclusione, in parziale accoglimento del ricorso, previa disapplicazione delle determinazioni contenenti diniego di revisione, in epigrafe meglio indicate, l’Amministrazione comunale intimata deve essere condannata al pagamento del compenso revisionale relativamente al contratto per cui è causa, come sopra determinato, in favore della società  ricorrente.
In ossequio al principio della domanda, l’intervallo temporale da considerare ai fini dell’applicazione del relativo meccanismo, non potrà  coincidere con la complessiva durata contrattuale (1°.9.2001 – 31.8.2010). Andrà  escluso il primo anno, secondo le previsioni dell’art. 18 del capitolato più volte richiamato, poichè non oggetto di censura in questa parte; nonchè l’anno 2010 in quanto non ricompreso, per quanto detto sub 2.2., nel thema decidendum.
La quantificazione è rimessa all’Amministrazione comunale in applicazione dei criteri indicati nella presente sentenza, secondo la previsione di cui all’art. 34, comma 4, prima parte cod. proc. amm.. Dall’importo così ottenuto dovranno essere sottratte le somme già  erogate in favore della società  ricorrente a titolo di revisione, liquidate – si rammenta – con determinazioni dirigenziali n. 397 del 14.12.2055 e n. 366 del 29.12.2010, ove – motivatamente – riferibili all’arco temporale 2002/2009 sulla scorta di documentazione o calcoli che l’Amministrazione avrà  l’onere di allegare alla proposta di accordo.
Solo in caso di mancato accordo con la società  ricorrente, da conseguirsi nel termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza, si provvederà  alla liquidazione in via giudiziale secondo quanto stabilito dallo stesso art. 34, comma 4, seconda parte, cod. proc. amm.
Considerata la parziale soccombenza il Collegio ritiene opportuno compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
1) dichiara il diritto della società  ricorrente a percepire le somme spettanti a titolo di revisione prezzi rispetto al canone d’appalto per i servizi di cui al contratto del 28.9.2001, con riferimento al periodo compreso tra il 1°.9.2002 e il 31 dicembre 2009, secondo le modalità  ed i criteri indicati in motivazione, maggiorate degli interessi legali calcolati su base annuale dalla costituzione in mora sino all’effettivo soddisfo;
2) condanna l’Amministrazione comunale di Canosa a corrispondere in favore della società  ricorrente le somme indicate al precedente punto, detratte di quanto già  versato a titolo di revisione ove riferibile all’arco temporale considerato, previo accordo da raggiungersi con l’interessata entro 90 (novanta) giorni dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, quarto comma, c.p.a.;
3) compensa le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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