1. Energie da fonti rinnovabili – Titolo abilitativo – Impianti eolici – L.R. 31/2008 – Procedimenti in corso – Applicabilità  – Limiti


2. Energie da fonti rinnovabili – Titolo abilitativo – Impianti eolici – Termine – L.R. 11/2001 – Silenzio-assenso – Carattere anticomunitario – Conseguenze


3. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Potere di adozione – Decorso termine per provvedere – Irrilevanza 


4. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Art. 2 bis l. 
241/1990 come introdotto dalla l. 69/2009 – Irretroattività 


5. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Fattispecie antecedenti l’art. 2 bis l. 241/1990 come introdotto dalla l. 69/2009 – Presupposti


6.  Risarcimento del danno – Danno da ritardo -Presunzione “iuris tantum”  – Esclusione – Prova elementi costitutivi ex art. 2697 c.c. – Necessità  

1. In tema di energie rinnovabili, la legge Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, è applicabile anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della suddetta legge regionale (cfr. art. 4, comma 7, e art. 7), con esclusione di quelli relativi alle istanze per la realizzazione di impianti eolici presentate prima della data di entrata in vigore del regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16 (Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella regione Puglia).


2. Nella disciplina relativa alle energie rinnovabili, il meccanismo del silenzio assenso di cui alla originaria formulazione dell’art. 16, comma 7 legge Regione Puglia 2 aprile 2001, n. 11, in considerazione del suo carattere anticomunitario, deve essere disapplicato.


3. Lo spirare  del termine previsto  per la conclusione del procedimento (nella specie, in materia di energie rinnovabili,  pari a  180 giorni  ex art.12 D.Lgs. n. 387/2003) non consuma il potere dell’Amministrazione di provvedere in senso satisfattivo o negativo o anche interlocutorio.


4. A seguito della introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 ad opera dell’art. 7 legge n. 69/2009 (previsione normativa, priva del carattere delle retroattività , secondo cui “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”) si deve ritenere che il ritardo della Amministrazione nella conclusione del procedimento sia stato riconosciuto come bene della vita autonomamente risarcibile.


5. Per le fattispecie antecedenti l’entrata in vigore dell’art. 2-bis della legge n. 241/1990 ad opera dell’art. 7 legge n. 69/2009, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 settembre 2005 n. 7 ha chiarito che il G.A. riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell’Amministrazione solo quando sia stata accertata la spettanza del c.d. bene della vita mentre non è invece risarcibile il danno da ritardo provvedimentale c.d. “mero”.


6. La richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, in ossequio al principio dell’atipicità  dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ; di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi “iuris tantum”, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda.
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Vedi Cons. St., sez. IV, ric. n.1115 – 2014 , sentenza 13 ottobre 2015, n. 4712 – 2015

N. 00911/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01604/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1604 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da Igm s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Marseglia e Francesco Silvio Dodaro, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Marseglia, in Bari, via Angiulli, 38;

contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana T. Colelli, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura della Regione Puglia, in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;
Provincia di Foggia;
Comune di Castelluccio dei Sauri;
Ministero per i Beni e le Attività  Culturali e Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Comune di Foggia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Michele Barbato e Domenico Dragonetti, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi D’Ambrosio, in Bari, piazza Garibaldi, 23;

per l’annullamento
e/o la declaratoria di illegittimità  del silenzio inadempimento serbato in ordine alla conclusione della procedura di autorizzazione unica, nonchè, ove occorra, anche in ordine a quella di assoggettamento a VIA di cui alla determina regionale n. 119/2010;
con la conseguente condanna delle Amministrazioni intimate a concludere il procedimento di autorizzazione unica o, subordinatamente, quello di assoggettamento a VIA con l’adozione dei necessari provvedimenti;
quanto al primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 novembre 2011, per l’annullamento
del provvedimento regionale di cui alla nota del 13.10.2011;
nonchè per la condanna delle Amministrazioni intimate a concludere il procedimento di autorizzazione unica con l’adozione dei necessari provvedimenti;
quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 6 marzo 2012, per l’annullamento
del provvedimento di cui alla nota del 28.12.2011 di comunicazione del preavviso di rigetto;
nonchè per la condanna delle Amministrazioni intimate a concludere il procedimento di autorizzazione unica con l’adozione dei necessari provvedimenti;
quanto al terzo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 5 giugno 2012, per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento di cui alla nota del 4.4.2012 contenente il diniego di autorizzazione unica;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, comunque lesivo, ancorchè non conosciuto;
nonchè per la condanna delle Amministrazioni intimate a concludere il procedimento di autorizzazione unica con l’adozione dei necessari provvedimenti;
quanto al quarto ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14 novembre 2012, per l’annullamento
– del provvedimento di cui alla nota del 28.9.2012 prot. n. 0007869 con il quale la Regione Puglia ha chiesto integrazione documentale nel procedimento VIA avviato relativamente al Parco Eolico denominato “Fontana di Maggio”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente (comunque lesivo), ancorchè non conosciuto;
nonchè per l’accertamento del diritto di IGM di essere risarcita del danno ingiusto cagionato con conseguente condanna della Regione Puglia a corrispondere le somme che saranno accertate in corso di causa con rivalutazione ed interessi legali;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia e del Comune di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 per le parti i difensori avv.ti Francesco Silvio Dodaro, Giuseppe Marseglia, Tiziana Colelli, Walter Campanile e Domenico Dragonetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
Con istanza del 29 marzo 2007 la dante causa della odierna ricorrente IGM chiedeva il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione del parco eolico denominato “Fontana di Maggio” con potenza pari a 43,810 kW sito nei Comuni di Foggia e Castelluccio dei Sauri.
La Regione Puglia decideva di assoggettare a procedura di VIA il progetto per cui è causa.
In particolare, nella determina n. 199/2010 (di assoggettabilità  a VIA del progetto in esame) la Regione evidenziava che:
«il proponente, laddove interessato, ha la facoltà  di presentare istanza di V.I.A., corredata di tutti gli atti e i documenti prescritti dalla L.R .11/01 e s.m.i. nonchè dal R.R. 16/06, entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla data di notifica del presente provvedimento. In tali ipotesi così come disposto dalla D.G.R. n. 2467/08, ai fini della decorrenza dei termini della procedura di VIA, eventualmente predisposto dalla società  istante, farà  fede la data di presentazione dell’originaria istanza di verifica di assoggettabilità  a VIA. Laddove, invece, l’eventuale presentazione dell’istanza di VIA avvenga dopo che sia già  decorso il predetto termine di 30 giorni si considera valida la relativa istanza come avvio di nuovo procedimento, al quale si applicheranno le leggi e le norme vigenti al momento di presentazione dell’istanza di base al principio del tempus regit actum.».
In data 30 luglio 2010 (e quindi nei successivi 30 giorni), la ricorrente produceva istanza di valutazione di impatto ambientale.
Il Comune di Castelluccio dei Sauri in data 30 settembre 2010 esprimeva il proprio parere, sul quale IGM formulava controdeduzioni in data 14 ottobre 2010.
Non essendo sopraggiunto alcun ulteriore provvedimento nonostante l’atto di diffida notificato in data 7 giugno 2011, IGM proponeva, ai sensi dell’art. 117 cod. proc. amm., ricorso avverso il silenzio delle Amministrazioni intimate, deducendo la violazione dei termini di conclusione del procedimento.
Evidenziava parte ricorrente nell’atto introduttivo del presente giudizio che l’iter del procedimento di autorizzazione unica non è ostacolato dall’assoggettamento del progetto a VIA stante il chiaro disposto dell’art. 16 legge regionale n. 11/2011 in virtù del quale l’autorità  competente si pronuncia entro 60 giorni dalla data di presentazione della richiesta, decorso il quale, in caso di inerzia dell’autorità  competente, il progetto si intende escluso dalla procedura di VIA; che, pertanto, il progetto “Fontana di Maggio” doveva ormai intendersi escluso dalla procedura di VIA; che, conseguentemente, il procedimento di autorizzazione unica avrebbe dovuto essere già  concluso in senso favorevole.
La stessa società  istante chiedeva, in via subordinata, che il Tribunale adito si pronunciasse incidentalmente sulla disciplina applicabile al sub procedimento di assoggettamento a VIA e che venisse ordinato alla Regione Puglia di concludere il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica ed, in subordine, condannata l’Amministrazione a concludere il sub-procedimento di VIA.
Nel corso della camera di consiglio dell’11 gennaio 2012 il difensore della IGM dichiarava di rinunciare alla domanda volta all’accertamento della illegittimità  del silenzio.
Con sentenza non definitiva n. 503/2012 questo T.A.R. prendeva atto della rinuncia all’azione avverso il silenzio della Amministrazione e disponeva la prosecuzione del giudizio con il rito ordinario.
Con nota prot. n. 12200 del 13.10.2011 la Regione richiedeva documentazione integrativa (i.e. documentazione bancaria) alla odierna ricorrente al fine di poter convocare la conferenza di servizi ai sensi degli artt. 14 legge n. 241/1990 e 4 legge Regione Puglia n. 31/2008.
Con il primo ricorso per motivi aggiunti la IGM s.r.l. impugnava la citata nota regionale prot. n. 12200 del 13.10.2011, evidenziando la tardività  della stessa adottata allorquando il potere istruttorio dell’Amministrazione si era ormai consumato; che con detta nota si pretendeva di applicare illegittimamente (in violazione del principiotempus regit actum) ad un’istanza presentata nel 2007 la successiva legge regionale n. 31/2008 quando l’Amministrazione regionale con determina n. 119/2010 aveva espressamente escluso ciò; che si sarebbe formata per silentium la VIA positiva (da portare in conferenza di servizi) in forza del meccanismo previsto dall’art. 16 legge Regione Puglia n. 11/2001.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti la società  istante contestava il provvedimento regionale del 28.12.2011 contenente il preavviso di rigetto ex art. 10 bis legge n. 241/1990 dell’istanza di autorizzazione unica (preavviso di rigetto fondato sul mancato riscontro, da parte della IGM, della richiesta di documentazione di cui alla nota regionale prot. n. 12200 del 13.10.2011), adducendo censure di illegittimità  derivata rispetto al primo ricorso per motivi aggiunti.
Successivamente, con il terzo atto di motivi aggiunti la IGM s.r.l. impugnava il provvedimento regionale n. 3213 del 4.4.2012 recante il diniego di autorizzazione unica (diniego fondato sulla mancanza di osservazioni/controdeduzioni inoltrate dalla IGM ai sensi dell’art. 10 bis legge n. 241/1990), adducendo – anche in questo caso – censure di illegittimità  derivata rispetto al primo ricorso per motivi aggiunti.
Con il quarto ricorso per motivi aggiunti la deducente censurava il provvedimento regionale del 28.9.2012 con il quale le veniva richiesta integrazione documentale in ordine alla istanza di VIA presentata in data 30.7.2010 per il progetto “Fontana di Maggio”.
Formulava, inoltre, domanda risarcitoria per danno da ritardo, producendo consulenza di parte in ordine alla quantificazione del pregiudizio asseritamente patito.
Deduceva un unico motivo di ricorso così sinteticamente riassumibile:
– violazione e falsa applicazione di legge (art. 2 legge n.241/90; art.97 Cost.; art. 12 dlgs n. 387/2003; legge Regione Puglia n. 11/2001; regolamento regionale n. 16/2006; artt. 31 e 19 e ss. dlgs n. 152/2006); contraddittorietà ; travisamento; falsa rappresentazione; erroneità  ed insussistenza dei presupposti; motivazione perplessa ed apparente: a fronte di un procedimento avviato nel 2007 (e formalmente chiuso nel 2012 con il provvedimento regionale n. 3213 del 4.4.2012 di diniego di autorizzazione) l’Amministrazione si sarebbe illegittimamente attivata per chiedere una integrazione documentale (relativamente alla istanza di VIA) alla società  interessata in violazione del termine (perentorio) di 180 giorni di cui all’art. 12 dlgs n. 387/2003, con riferimento ad un progetto già  assoggettato a VIA sin dal luglio 2010; ormai il potere istruttorio della Regione si sarebbe esaurito (stante la natura perentoria del termine di cui all’art. 12 dlgs n. 387/2003); inoltre, i singoli atti richiesti in sede di integrazione documentale non sarebbero necessari; peraltro, se l’Amministrazione regionale avesse concluso il procedimento nel termine di 180 giorni di cui all’art. 12 dlgs n. 387/2003 (termine decorrente dalla data di presentazione della istanza nel marzo 2007) non sarebbe sopraggiunta la legge regionale n. 31/2008 che l’Amministrazione ha preteso, con un comportamento asseritamente scorretto, di applicare nel caso di specie; infine, secondo la prospettazione di parte ricorrente deve ritenersi ammissibile il silenzio assenso in materia di VIA.
Si costituiva l’Amministrazione regionale, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto e tenuto conto della sentenza non definitiva n. 503/2012 con cui è stato definito il ricorso ex art. 117 cod. proc. amm., ritiene questo Collegio che il primo, il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti siano infondati, mentre la domanda impugnatoria contenuta nel quarto ricorso per motivi aggiunti debba essere dichiarata improcedibile, dovendosi viceversa respingere la domanda risarcitoria.
Contenendo il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti censure di mera illegittimità  derivata rispetto al primo, è possibile procedere ad una disamina unitaria degli stessi.
Va rilevato che la legge Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, è applicabile – nei limiti di seguito esposti – anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della suddetta legge regionale (cfr. art. 4, comma 7 e art. 7 della legge regionale citata), come il procedimento avviato dalla IGM con istanza di autorizzazione unica del 29.3.2007.
L’art. 4, comma 1 legge Regione Puglia n. 31/2008 (disposizione espressamente richiamata nel corpo della nota del 13.10.2011 gravata con il primo ricorso per motivi aggiunti) così dispone:
«La convocazione della conferenza di servizi di cui all’articolo 12 del d.lgs. 387/2003 è subordinata:
a) alla produzione, da parte del soggetto proponente, di un piano economico finanziario, asseverato da un istituto bancario o da un intermediario finanziario iscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come da ultimo modificato dalla lettera m) del comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge 27 dicembre 2006, n. 297, come modificata dalla relativa legge di conversione, che ne attesti la congruità ;
b) alla produzione, da parte del soggetto proponente, di una dichiarazione resa da un istituto bancario che attesti che il soggetto medesimo dispone di risorse finanziarie ovvero di linee di credito proporzionate all’investimento per la realizzazione dell’impianto.».
Ai sensi dell’art. 4, comma 7 legge Regione Puglia n. 31/2008 “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a tutte le procedure in corso, con esclusione di quelle relative alle istanze per la realizzazione di impianti eolici presentate prima della data di entrata in vigore del regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16 (Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella regione Puglia), nonchè di quelle relative alle istanze per la realizzazione di impianti da biomasse presentate prima dell’entrata in vigore del regolamento regionale 14 luglio 2008, n. 12 (Regolamento per la realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentata a biomasse), per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, non risultino formalmente concluse le conferenze di servizi di cui all’articolo 12 del d.lgs. 387/2003.”.
Inoltre, secondo l’art. 7 legge Regione Puglia n. 31/2008 “Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, dall’articolo 4, commi 6 e 7, e dall’articolo 5, comma 2, la presente legge si applica a tutte le procedure in corso per le quali non risultino formalmente concluse le conferenze di servizi di cui all’articolo 12 del d.lgs. 387/2003, ovvero non sia validamente trascorso il termine di trenta giorni dalla formale presentazione di dichiarazione di inizio attività , depositata a norma degli articoli 22 e 23 del d.p.r. 380/2001.”.
Dalla complessiva disamina dell’art. 4, commi 1 e 7 legge Regione Puglia n. 31/2008 emerge che la disposizione di cui al comma 1 (relativa alla necessità  della produzione, da parte dell’istante, della documentazione bancaria ivi contemplata) si applica a tutte le procedure in corso, con esclusione di quelle relative alle istanze per la realizzazione di impianti eolici presentate prima della data di entrata in vigore del regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16.
Ne consegue che la previsione di cui al comma 1 dell’art. 4 legge Regione Puglia n. 31/2008 non è operativa con riferimento alle procedure relative alle istanze per la realizzazione di impianti eolici presentate prima della data (21 ottobre 2006) di entrata in vigore del regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16.
All’opposto, la menzionata disposizione si applica alle procedure (come quella oggetto del presente giudizio: istanza di autorizzazione unica del 29 marzo 2007) relative alle istanze per la realizzazione di impianti eolici presentate dopo tale data (21 ottobre 2006).
Pertanto, legittimamente la Regione Puglia richiedeva alla società  interessata con la citata nota regionale prot. n. 12200 del 13.10.2011 la documentazione bancaria prescritta dall’art. 4, comma 1 legge Regione Puglia n. 31/2008.
Inoltre, non può trovare applicazione nel caso di specie il meccanismo del silenzio assenso di cui alla originaria formulazione dell’art. 16, comma 7 legge Regione Puglia 2 aprile 2001, n. 11 (invocata da parte ricorrente relativamente al procedimento di valutazione di impatto ambientale) in considerazione del suo carattere anticomunitario, dal chè ne deriva la necessità  di disapplicazione (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 22 maggio 2012, n. 987 e T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 3 agosto 2011, n. 1205).
Parimenti, non può condividersi quanto sostenuto dalla IGM circa l’esaurimento del potere istruttorio dell’Amministrazione, in quanto – secondo consolidata giurisprudenza – “Il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento non consuma il potere dell’Amministrazione di provvedere in senso satisfattivo o negativo o anche interlocutorio” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 gennaio 2009, n. 179).
In considerazione dell’esito del giudizio (reiezione del primo, secondo e terzo ricorso per motivi aggiunti) deve dichiararsi l’improcedibilità , per sopravvenuto difetto di interesse, della domanda impugnatoria contenuta nel quarto ricorso per motivi aggiunti con cui IMG contestava il provvedimento regionale del 28.9.2012.
Con detta nota l’Amministrazione regionale le chiedeva integrazione documentale in ordine all’istanza di valutazione di impatto ambientale per il progetto “Fontana di Maggio”.
Il procedimento amministrativo relativo alla definizione della istanza di VIA presentata dalla società  IGM in data 30.7.2010 (con riferimento allo stesso progetto la cui domanda di autorizzazione unica risale al 29.3.2007) è, infatti, inevitabilmente destinato a concludersi in senso negativo, essendo stato adottato in relazione allo stesso progetto il diniego di autorizzazione unica (legittimo per quanto evidenziato in precedenza).
Tale inevitabile conclusione negativa del procedimento di VIA prescinde, evidentemente, dalla risposta che la società  fornirà  alla suddetta richiesta di integrazione documentale.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del primo, del secondo e del terzo ricorso per motivi aggiunti e la declaratoria di improcedibilità  della domanda impugnatoria contenuta nel quarto ricorso per motivi aggiunti.
Infine, relativamente alla domanda risarcitoria per danno da ritardo mero, formulata dalla IGM con il quarto ricorso per motivi aggiunti, va evidenziato quanto segue.
In passato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (15 settembre 2005, n. 7) aveva sostenuto che il giudice amministrativo riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell’Amministrazione inerte solo quando fosse stata accertata la spettanza del cd. bene della vita, non essendo risarcibile il danno da ritardo provvedimentale “mero” ed occorrendo appunto verificare se il bene della vita finale sotteso all’interesse legittimo azionato fosse, o meno, dovuto.
A seguito della introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 ad opera dell’art. 7 legge n. 69/2009 (previsione normativa, priva del carattere delle retroattività , secondo cui “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.”) si deve ritenere che il ritardo della Amministrazione nella conclusione del procedimento sia stato riconosciuto come bene della vita autonomamente risarcibile.
In tal senso (i.e. rilevanza – a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 69/2009 – del tempo come bene della vita autonomo) si sono espressi Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 18 settembre 2012, n. 7840.
La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato la necessità  di individuare con esattezza la collocazione temporale della fattispecie concreta al fine di determinare la disciplina normativa ratione temporisapplicabile (i.e. le coordinate ermeneutiche fornite dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7/2005 in tema di illecito aquiliano omissivo della P.A. secondo cui il tempo non è un bene della vita autonomamente risarcibile, ovvero l’innovativa previsione normativa di cui all’art. 2 bis legge n. 241/1990 da cui, all’opposto, si desume che il tempo è un bene della vita autonomamente ristorabile), in considerazione della portata non retroattiva della novella del 2009.
Per esempio, Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1796 ha affermato:
«¦ la ricorrente non è in condizione, ratione temporis, di invocare la nuova previsione di cui all’articolo 2 bis della legge n. 2411990 (“Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”), innovazione che è stata introdotta dall’articolo 7, comma 1, lettera c), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (“Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”), senza previsione di retroattività  (va rimarcata, anzi, la gradualità  degli adempimenti prescritti per l’operatività  della disciplina, inscindibilmente connessa, del novellato art. 2 della stessa legge n. 241: v. l’art. 7, comma 3, della legge n. 692010).
La fattispecie concreta ricade, pertanto, nel quadro previgente, e soggiace alle coordinate tracciate in materia dall’interpretazione della giurisprudenza dominante.
Va allora ricordato come l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (15 settembre 2005 n. 7) abbia chiarito che il G.A. riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell’Amministrazione solo quando sia stata accertata la spettanza del c.d. bene della vita: non è invece risarcibile il danno da ritardo provvedimentale c.d. “mero”, occorrendo appunto verificare se il bene della vita finale sotteso all’interesse legittimo azionato sia, o meno, dovuto. ¦».
Analogamente Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2535 ha escluso l’operatività , nella fattispecie concreta oggetto del giudizio, dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 per ragioni legate alla collocazione temporale della stessa fattispecie (in epoca precedente rispetto all’entrata in vigore della legge n. 69/2009), ritenendo quindi di applicare al caso sottoposto al suo esame il principio di diritto (di segno opposto) di cui ad Ad. Plen. n. 7/2005.
La fattispecie concreta oggetto del presente giudizio (istanza di autorizzazione unica risalente al 29 marzo 2007; termine entro cui si sarebbe dovuto concludere il procedimento: settembre 2007) si colloca temporalmente in fase antecedente rispetto alla introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 e quindi ratione temporis soggiace alle coordinate tracciate in materia di illecito aquiliano omissivo della Amministrazione dall’interpretazione della giurisprudenza dominante (Adunanza Plenaria 15 settembre 2005, n. 7).
Dovendosi valutare la fattispecie per cui è causa alla luce del principio di diritto affermato da Ad. Plen. n. 7/2005, è emerso che nel caso di specie non è stata accertata la spettanza del bene della vita in capo alla IGM, essendosi concluso il procedimento amministrativo di cui lamenta il ritardo con provvedimento sfavorevole (i.e. diniego di autorizzazione unica, riconosciuto legittimo da questo Giudice), peraltro anche a causa di un comportamento alla stessa istante imputabile (e valutabile negativamente ai sensi degli artt. 30, comma 3, ultima parte cod. proc. amm. e 1227, comma 2 cod. civ., in quanto se la società  avesse diligentemente prodotto la documentazione bancaria richiesta dalla Regione con nota del 13.10.2011, verosimilmente avrebbe ottenuto detta autorizzazione).
Va, altresì, evidenziato che tale valutazione negativa incide sul profilo della colpa dell’Amministrazione resistente (rilevante sia in forza della espressa previsione di cui all’art. 2 bis legge n. 241/1990 ove si opera un esplicito riferimento alla “inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”, sia alla luce dell’art. 2043 cod. civ. cui era comunque riconducibile l’illecito aquiliano omissivo della P.A. prima dell’introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990).
Dalla esposta ricostruzione dello svilupparsi degli avvenimenti inerenti la pratica in questione, emerge con evidenza come, se la società  avesse diligentemente prodotto la documentazione bancaria necessaria, verosimilmente avrebbe ottenuto detta autorizzazione.
Pertanto, per quanto qui interessa, deve escludersi la sussistenza di una colpa dell’Amministrazione regionale nel ritardo, a fronte di una istanza ab origine carente.
Con l’ulteriore conseguenza della non ravvisabilità  di un comportamento illecito colpevole della stessa Amministrazione (“fatto colposo” ex art. 2043 cod. civ.; ovvero “inosservanza colposa” secondo la dizione dell’art. 2bis legge n. 241/1990), suscettibile di fondare una sua responsabilità  aquiliana per danni risarcibili, in via diretta, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. (disposizione quest’ultima, applicabile – per quanto esposto in precedenza – ratione temporis alla fattispecie per cui è causa), ovvero ai sensi dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 (previsione, la cui essenza è comunque riconducibile all’illecito aquiliano ex art. 2043 cod. civ. [cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 12 ottobre 2012, n. 1766; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2010, n. 2150]).
In tal senso si è espresso recentemente T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 25 gennaio 2013, n. 605 peraltro proprio relativamente al procedimento ex art. 12 dlgs n. 387/2003: “Laddove non sia riscontrabile una colpa dell’Amministrazione Regionale nel superamento del prescritto termine di 180 giorni per la definizione del procedimento ex art. 12 d.lg. n. 387 del 2003, non è ravvisabile alcun comportamento illecito della stessa Amministrazione suscettibile di fondare una sua responsabilità  per danni ai sensi dell’art. 2 bis l. n. 241 del 1990.”.
Infine, sul punto ha recentemente evidenziato Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406:
«La richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, in ossequio al principio dell’atipicità  dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità . Di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi “iuris tantum”, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda. In particolare, occorre verificare la sussistenza sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante): in sostanza, il mero “superamento” del termine fissato “ex lege” o per via regolamentare alla conclusione del procedimento costituisce indice oggettivo, ma non integra “piena prova del danno”. Peraltro, la valutazione che il giudice è sollecitato a svolgere, è di natura relativistica, e deve quindi tenere conto della specifica complessità  procedimentale, ma anche – in senso negativo per le ragioni dell’amministrazione intimata – di eventuali condotte dilatorie. Infine, la domanda di risarcimento del danno da ritardo, azionata ex art. 2043 c.c., può essere accolta dal giudice solo se l’istante dimostra che il provvedimento favorevole avrebbe potuto o dovuto essergli rilasciato già  “ab origine”.».
Nel caso di specie parte ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda risarcitoria, ed in particolare dell’elemento soggettivo (colpa dell’Amministrazione), tenuto altresì conto del comportamento negligente della società  IGM (che non ha prodotto la documentazione bancaria prescritta dalla normativa) e della specifica complessità  del procedimento amministrativo in questione che, peraltro, si colloca temporalmente nell’ambito della disciplina transitoria dettata dalla legge Regione Puglia n. 31/2008 (artt. 4 e 7) con le connesse difficoltà  di carattere interpretativo ed applicativo da cui derivano spinose problematiche di diritto intertemporale.
Ne consegue che la domanda risarcitoria della IGM va disattesa.
In considerazione della natura e della peculiarità  della presente controversia, nonchè della qualità  delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità  per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, integrato da motivi aggiunti, così provvede:
1) respinge il primo, il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti;
2) dichiara improcedibile la domanda impugnatoria contenuta nel quarto ricorso per motivi aggiunti;
3) respinge la domanda risarcitoria contenuta nel quarto ricorso per motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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