1. Pubblico impiego – Concorso – Riserva integrale posti a dipendenti già  in servizio – Art. 59, L.R. n. 14/2004 – Illegittimità  – Lesione artt. 3 e 97 Cost.


2. Leggi, decreti, regolamenti – Giudicato di incostituzionalità  della legge – Nuova disciplina recante medesimi effetti – Conseguenze 


3. Pubblico impiego – Concorso – Riserva integrale di posti a dipendenti già  in servizio – Art. 16, comma 8°, L. n. 111/2011 – Inquadramenti effettuati in applicazione di norme dichiarate incostituzionali – Nullità  di diritto – Conseguenze

1. La riserva integrale ai dipendenti già  in servizio dei posti messi a concorso, come quella prevista dalle procedure di cui la disposizione ex art. 59, L.R. Puglia n. 14/2004 ha fatto salvi gli esiti, contraddice il carattere aperto della selezione: questo rappresenta un elemento essenziale del concorso pubblico e il suo difetto costituisce lesione degli artt. 3 e 97 Cost.. 


2. Il giudicato costituzionale è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella già  ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a perseguire e raggiungere, anche se indirettamente, esiti corrispondenti (nella specie l’art. 1 della L.R. Puglia n. 28 del 2011, prevedendo che i dipendenti regionali assunti con concorso interno continuino a esercitare le mansioni superiori, prolunga nel tempo gli effetti delle disposizioni già  dichiarate incostituzionali con le sentenze della Consulta n. 354 del 2010 e n. 373 del 2002, con conseguente lesione dell’art. 136 Cost.).


3. L’art. 16, comma ottavo, della L. n. 111/2011 commina la nullità  di diritto agli inquadramenti “posti in essere in base a disposizioni delle quali venga successivamente dichiarata l’illegittimità  costituzionale”, senza che sulla fattispecie incidano altre vicende, come le pronunce del giudice amministrativo (nella specie, secondo il TAR,  la Regione Puglia, in tema di concorsi interni per l’assunzione del personale,  avrebbe dovuto assicurare il rispetto delle sentenze del T.A.R. e della Corte costituzionale, ripristinando la legalità  violata, attraverso l’attivazione di una nuova procedura concorsuale aperta a tutti i soggetti interessati da indirsi ora per allora, secondo la disciplina normativa che regolava lo status dei dipendenti regionali allora vigente; in realtà  la Regione ha negli anni seguito un percorso diverso, lasciando inalterato l’inquadramento effettuato sulla base di risultati del concorso interno, percorso pesantemente stigmatizzato dalla Corte costituzionale. Tanto ha prodotto, come effetto perverso, ha concluso il TAR, l’indizione di concorsi pubblici per un totale di 60 posti di VII e VIII qualifica a fronte dei complessivi 863 posti coperti con i concorsi interni – come si legge nella sentenza della Corte costituzionale n. 354/2010 – di cui 561 tuttora occupati da personale in servizio come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio).


*
Idem  sentt. nn. 744, 745, 746, 747, 748, 749, 750, 751 e 752 di pari data.

N. 00743/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00055/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 55 del 2012, proposto da: 
Giuseppina Maria Baldi, Daniela Mammana, Anna Giuseppina Meluso, Giacinta Piacquadio, Irene Antonella Vinciguerra, rappresentati e difesi dall’avv. Azzurra De Salvia, con domicilio eletto in Bari, presso lo studio dell’avv. Raffaele Reale, alla via Egnatia, 15; 

contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Triggiani e Isabella Fornelli, con domicilio eletto in Bari, presso l’avvocatura regionale, al Lungomare Nazario Sauro n. 33; 

nei confronti di
Giancarlo Ventrella; 

per l’annullamento
della sentenza 7 giugno 2004, n. 2390, del T.A.R. Bari, Sez II, nell’ambito del giudizio di cui ai ricorsi n. 2089/1998 e n. 2090/1998 e conosciuta dagli opponenti a partire dal 5 dicembre 2011.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2013 il dott. Sabato Guadagno e uditi per le parti i difensori avv. Azzurrra De Salvia, per la parte ricorrente e gli avv.ti Vittorio Triggiani e Isabella Fornelli, per la Regione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Le ricorrenti Giuseppina Maria Baldi, Daniela Mammana, Anna Giuseppina Meluso, Giacinta Piacquadio, Donata Terlizzi e Irene Antonella Vinciguerra, dipendenti regionali, premettono di essere risultate vincitrici nella procedura concorsuale interna indetta dalla Regione Puglia nel febbraio 1998 per n. 482 posti di ex VIII qualifica funzionale con provvedimento 4 giugno 1998 del Dirigente del Settore Personale, Organizzazione e Metodi.
Tale procedura concorsuale si è conclusa con l’approvazione della graduatoria di merito e nomina vincitori del concorso interno per titoli ed esami per n. 482 posti di 8° q.f. -Funzionario (art. 30 L.R. n. 7/97, pubblicata sul B.U.R.P. n. 120 del 6 ottobre 2000.
Le istanti assumono di aver conosciuto solo nel dicembre 2011 l’esistenza di “una serie di pronunce del T.A.R. Puglia, Sede di Bari, del 2004 per aver ricevuto la comunicazione del Dirigente del Servizio Personale e Organizzazione della Regione Puglia di avvio del procedimento di modifica in peius dell’attuale inquadramento professionale, in quanto gli atti del citato concorso sono stati posti nel nulla dal TAR Puglia – Sede di Bari con una serie di pronunce, ormai passate in giudicato, emesse nell’anno 2004. Dopo l’accesso agli atti, le dipendenti hanno proposto opposizione di terzo ai sensi dell’art. 104 del C.P.A.. La suindicata sentenza del T.A.R. per la Puglia – Sede di Bari, Sez. II, n. 2390/2004 (passata in giudicato in quanto non appellata) si era pronunciata sui ricorsi nn. 2089/1998 e n. 2090/1998, proposti da Ventrella Giancarlo, dipendente regionale, escluso dal concorso interno, annullando, tra gli altri, il provvedimento di esclusione e la presupposta delibera G.R. n. 10179 del 30 dicembre 1997, costituenti nel complesso il bando del concorso interno e la relativa indizione, in quanto la Corte costituzionale con sentenza n. 373 del 2002 aveva dichiarato l’illegittimità  costituzionale dell’art. 32 della legge regionale 4 febbraio 1997, n. 7 e dell’art. 39 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26 per violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Secondo la prospettazione delle ricorrenti, la loro legittimazione all’opposizione si radica nel fatto che la sentenza produca effetti gravemente pregiudizievoli della sfera giuridica delle dipendenti, che rispetto a quel giudizio sono da qualificare controinteressate sopravvenute (beneficiarie dell’atto consequenziale, costituito dalla graduatoria del concorso, approvata nel 2000, peraltro rimasta inoppugnata) alle quali non è stato mai notificato il ricorso ai fini dell’integrazione del contraddittorio.
Quanto al loro interesse ad opporsi, le istanti evidenziano che “l’esistenza di tale sentenza – pronunciata nella totale assenza dell’intervento di alcuno dei vincitori del concorso – è oggi ostativa alla conclusione negativa del procedimento di retrocessione, avviato dall’amministrazione regionale per dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 15 dicembre 2010, n. 354″.
In proposito sono da chiarire le circostanza sopravvenute alle sentenze del 2004 (che avevano riguardato anche un parallelo concorso interno per posti di VII q.f.).
Con l’art. 59 della l.r. n. 14/2004, la Regione Puglia disponeva di tener fermi gli inquadramenti già  operati in favore dei dipendenti collocati nelle graduatorie di merito dei due concorsi annullati; l’art. 73 della l.r. n. 1/2005 estendeva il campo applicativo di tale disposizione, includendovi i dipendenti collocati nelle predette graduatorie in virtù di provvedimenti cautelari del Giudice amministrativo.
Nel contempo, l’art. 59 stabiliva che i posti in organico vacanti residui e quelli successivamente rimasti vacanti sarebbero stati coperti unicamente mediante concorsi pubblici, senz’alcuna riserva interna.
Nel corso di alcuni giudizi promossi per l’ottemperanza delle sentenze del T.A.R., controparte chiedeva la rimessione alla Corte costituzionale dell’art. 59 per la declaratoria d’illegittimità  e conseguente declaratoria dell’obbligo della Regione di retrocedere i dipendenti inquadrati in base alle originarie progressioni verticali e d’indire, per la copertura di quei posti, dei concorsi accessibili all’esterno.
In pendenza di quei giudizi, la Regione dava avvio all’esecuzione delle sentenze del TAR indicendo due concorsi pubblici per complessivi 60 posti di categoria D1 e D3. Questi concorsi svoltisi nel 2007 si concludevano con l’immissione in ruolo dei funzionari.
Con sentenza n. 354/2010, emessa a definizione di un incidente di costituzionalità  insorto nell’ambito di un giudizio proposto avverso i bandi del 2007, la Corte costituzionale annullava l’art. 59 della l.r. 14/2004, osservando di aver precedentemente dichiarato incostituzionali le predette disposizioni legislative regionali [art. 32 della legge regionale 4 febbraio 1997, n. 7 e art. 39 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26], con sentenza n. 373 del 2002, nella parte in cui esse riservavano «il 100% dei posti messi a concorso a personale interno».
Conseguentemente, il Tar Puglia, con diverse sentenze adottate nel 2004, tra cui quella di cui al presente giudizio d’opposizione, ha annullato le procedure concorsuali indette sulla base delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime, specificando, secondo quanto riferisce il rimettente, che «la copertura dei posti […] disponibili […] alla data di indizione dei concorsi non poteva avvenire attraverso un reclutamento soltanto interno e che la Regione, nell’indire una nuova procedura concorsuale avrebbe dovuto operare ora per allora, avendo a riferimento non solo i posti vacanti ad una certa data, ma anche la disciplina normativa che allora regolava lo status dei dipendenti regionali».
In tale contesto, la Regione Puglia ha approvato la norma legislativa censurata, con essa facendo salvi «gli esiti delle procedure di progressione verticale effettuate» in base ai bandi annullati dal giudice amministrativo, e, in asserita ottemperanza delle sentenze rese da questa Corte e dal giudice amministrativo, ha adottato la delibera oggetto di impugnazione nel giudizio a quo, con la quale è stato indetto un concorso, aperto agli esterni, volto alla copertura di 60 (30 per la categoria D1 e 30 per la categoria D3) degli originari 863 posti cui si riferivano i concorsi interni annullati”
La Corte Costituzionale (sentenze n. 169 e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009) ha rilevato che: “La disciplina censurata ha fatto salvi gli effetti dell’applicazione di disposizioni legislative dichiarate costituzionalmente illegittime da questa Corte con la sentenza n. 373 del 2002. Essa, pertanto, ha riprodotto il medesimo vizio di quelle norme, cioè la violazione dei principi di imparzialità  e buon andamento, determinata dalla previsione di una riserva al personale interno della totalità  dei posti messi a concorso dalla pubblica amministrazione. L’orientamento affermato nella sentenza n. 373 del 2002 è stato ribadito ulteriormente nella successiva giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale una riserva integrale ai dipendenti già  in servizio dei posti messi a concorso, come quella prevista dalle procedure di cui la disposizione censurata ha fatto salvi gli esiti, contraddice il carattere aperto della selezione. Questo rappresenta un elemento essenziale del concorso pubblico e il suo difetto costituisce lesione degli artt. 3 e 97 Cost.”.
Dopo tale pronuncia della Corte, la Regione Puglia iniziava le procedure necessarie per un concorso pubblico per la copertura di ulteriori 100 posti di Cat. D (deliberazione G.R. n. 622/2011).
Nel frattempo, entrava in vigore l’art. 16, comma ottavo, della legge 15 luglio 2011, n. 111 (di conversione del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), per il quale “I provvedimenti in materia di personale adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed in particolare le assunzioni a tempo indeterminato, incluse quelle derivanti dalla stabilizzazione o trasformazione di rapporti a tempo determinato, nonchè gli inquadramenti e le promozioni posti in essere in base a disposizioni delle quali venga successivamente dichiarata l’illegittimità  costituzionale sono nulle di diritto e viene ripristinata la situazione preesistente a far data dalla pubblicazione della relativa sentenza della Corte Costituzionale. Ferma l’eventuale applicazione dell’articolo 2126 del codice civile in relazione alle prestazioni eseguite, il dirigente competente procede obbligatoriamente e senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti nulli”. In applicazione di tale disposizione il Dirigente del Servizio Personale e Organizzazione ha comunicato alle odierne opponenti l’avvio del procedimento di retrocessione dalla posizione acquisita a seguito dei concorsi del 1998.
Successivamente la Regione Puglia ha nuovamente provveduto attraverso l’art. 1 della legge 2 novembre 2011, n. 28 (Misure urgenti per assicurare la funzionalità  dell’amministrazione regionale), che così recita:
“Fermo restando quanto previsto dall’articolo 9 (Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico) del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività  economica), convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in via eccezionale e all’esclusivo fine di garantire la continuità  dell’attività  amministrativa e la funzionalità  degli uffici regionali, nelle more dell’esperimento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto della sentenza della Corte costituzionale 15 dicembre 2010, n. 354, i dipendenti della Regione Puglia interessati dagli effetti di tale sentenza sono adibiti alle mansioni proprie della categoria in cui erano inquadrati alla data di pubblicazione della stessa sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana”.
Tale norma regionale è stata poi abrogata ad opera dell’art. 25 della legge regionale 3 luglio 2012 n. 18, ma l’intervenuta abrogazione non ha comunque impedito alla Corte costituzionale di pronunciarsi nuovamente (sentenza n. 245/2012), dichiarando illegittimo l’articolo 1 della L. R. n. 28/2011, rilevando che il ius superveniens non consentiva di dichiarare cessata la materia del contendere, poichè l’articolo 1 della legge regionale n. 28/2011 aveva “introdotto una misura di efficacia immediata, rimasta in vigore fino alla sua abrogazione. La documentazione prodotta dalla Regione conferma che i dipendenti regionali in questione «hanno mantenuto e continuano a mantenere le qualifiche loro attribuite a seguito dei procedimenti concorsuali espletati negli anni 1998-1999» (nota prot. 0019466 del 13 settembre 2012, allegata alla memoria depositata il 18 settembre 2012)”.
Nel merito la sentenza rimarca che “Questa Corte ha affermato, in più occasioni, che il giudicato costituzionale è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella già  ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a «perseguire e raggiungere, “anche se indirettamente”, esiti corrispondenti» (sentenze n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963). L’articolo 1 della legge della Regione Puglia n. 28 del 2011, prevedendo che i dipendenti regionali continuino ad esercitare le mansioni superiori, prolunga nel tempo gli effetti delle disposizioni già  dichiarate incostituzionali con le sentenze n. 354 del 2010 e n. 373 del 2002, con conseguente lesione dell’art. 136 Cost.
Nè è rilevante la circostanza che la disposizione impugnata avrebbe dovuto avere applicazione «in via eccezionale» e «nelle more dell’esperimento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti resisi vacanti». Infatti, non è previsto alcun termine per lo svolgimento di dette procedure (sentenza n. 223 del 1983), talchè la norma censurata assume solo nominalmente carattere provvisorio”.
Viene dichiarata altresì fondata la censura secondo la quale “la disciplina impugnata violerebbe «ancora una volta» gli artt. 3 e 97 Cost., dato che i funzionari regionali continuano «in concreto» ad essere adibiti alle mansioni superiori «ottenute senza pubblico concorso»” ed in conclusione “La Corte rileva con preoccupazione che la Regione Puglia continua ad approvare disposizioni legislative contrastanti con gli artt. 3 e 97 Cost., senza ottemperare a ben due giudicati costituzionali. Come sottolineato da lungo tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, sull’art. 136 Cost. «poggia il contenuto pratico di tutto il sistema delle garanzie costituzionali» (sentenza n. 73 del 1963). Questo comporta per il legislatore, statale e regionale, l’obbligo «di “accettare la immediata cessazione dell’efficacia giuridica della norma illegittima”, anzichè “prolungarne la vita”» (sentenza n. 223 del 1983)”.
A ciò deve aggiungersi che l’art. 25 della legge regionale 3 luglio 2012 n. 18 ha abrogato l’art. 1 della legge regionale n. 28/2011 in asserita applicazione dell’art. 11, comma 6-sexies, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 24 febbraio 2012, n. 14, a norma del quale ultimo “L’articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, non si applica alle procedure già  fatte salve dall’articolo 45, comma 12, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, in data precedente all’entrata in vigore del medesimo comma 8, successivamente definite con la sottoscrizione di contratti individuali di lavoro che hanno determinato e consolidato effetti giuridici decennali”.
In definitiva, la Regione ritenendo che i vincitori del concorso interno siano stati coinvolti nelle progressioni verticali previste dalla riforma Bassanini ha applicato al loro caso il menzionato art. 11, comma 6-sexies, escludendo così che i loro inquadramenti siano nulli di diritto e ha quindi disposto l’archiviazione del procedimento di retrocessione avviato con la suindicata determinazione del Dirigente del Servizio Personale e Organizzazione della Regione Puglia.
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia ad adiuvandum.
All’udienza del 14 marzo 2013 la causa è stata infine riservata per la decisione.
2. Innanzitutto è da rilevare che, avendo le ricorrenti collegato l’azione giudiziaria al fatto che “l’esistenza di tale sentenza [n. 2390/2004]¦è oggi ostativa alla conclusione negativa del procedimento di retrocessione”, in radice, il loro interesse alla decisione è venuto meno, visto che la stessa procedura di retrocessione è stata archiviata, in forza dell’art. 25 della legge regionale n. 18/2012. In definitiva, la posizione giuridica delle ricorrenti non risulta modificata in questa occasione (e anzi, come registrato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 245/2012, che si riferisce alla nota della Regione prot. 0019466 del 13 settembre 2012, l’inquadramento delle istanti è rimasto sempre il medesimo dal 2000).
In ogni caso, seppure incidentalmente e per completezza, si volessero prendere in considerazione le condizioni dell’azione di opposizione al momento dell’instaurazione del giudizio (cioè quando la procedura di retrocessione ai sensi dell’art. 16, comma ottavo, della legge 15 luglio 2011, n. 111 era stata avviata e non era stata ancora archiviata, ex art. 25 della legge regionale n. 18/2012), non si potrebbe ignorare che, anche rispetto a tale preannunciato atto sfavorevole, l’esito dei giudizi definiti con la sentenza opposta risulta indifferente. Infatti il richiamato art. 16, comma ottavo, commina la nullità  di diritto agli inquadramenti “posti in essere in base a disposizioni delle quali venga successivamente dichiarata l’illegittimità  costituzionale” (come in effetti avvenuto ad opera delle sentenze nn. 373/2002 e 354/2010), senza che sulla fattispecie incidano altre vicende (come le pronunce del giudice amministrativo). Di conseguenza l’opposizione alla pronuncia del T.A.R. del 2004 non appariva, sin dall’origine, supportata d’alcun effettivo interesse.
Inoltre, anche se si volesse infine affrontare la questione sollevata nel ricorso, non si potrebbe evitare di cogliere la contraddittorietà  della tesi prospettata. Infatti, in sostanza, le deducenti sostengono che se avessero partecipato ai giudizi, a suo tempo attivati dalla sig. Maria Spera e sfociati nella sentenza opposta, avrebbero potuto rilevare che, non essendo stati impugnati gli atti consequenziali (ovvero soprattutto la graduatoria di merito del concorso interno), la pronuncia avrebbe dovuto prendere atto della sopravvenuta carenza d’interesse dell’istante, determinata dall’omessa impugnazione della graduatoria e dal suo conseguente consolidarsi.
àˆ però evidente che tale discorso è puramente ipotetico.
La parte, esclusa dalla partecipazione al concorso per carenza dei requisiti, previsti dal bando, aveva impugnato immediatamente il bando di concorso, in ordine al quale, trattandosi di un atto generale, rivolto ad un numero incerto e indeterminato di destinatari, non erano configurabili controinteressati.
Di conseguenza, le odierne ricorrenti sarebbero state da evocare in giudizio solo ove fosse stata impugnata la graduatoria che le comprendeva. In quell’ipotesi, però, non avrebbero certo potuto eccepire l’improcedibilità  del ricorso (per mancata contestazione giurisdizionale degli atti consequenziali), ma avrebbero potuto e dovuto difendere, nel merito, l’azione dell’Amministrazione con argomentazioni che però non sono state formulate in questa sede e che comunque appaiono (considerata l’intervenuta dichiarazione d’incostituzionalità  della normativa regionale di riferimento) di ardua prospettazione.
In realtà  l’impugnazione degli atti consequenziali non è stata effettuata perchè all’epoca, nel 2004, era pacificamente accettato quell’orientamento giurisprudenziale (invero ancora oggi prevalente – Consiglio di Stato, Sez. V, 8 novembre 2012 n. 5694), secondo il quale l’eventuale annullamento del bando implica l’automatico travolgimento degli atti successivi (per tutte: Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 1999, n. 211).
In definitiva, all’esito dei ricorsi proposti da controparte, non solo il bando del concorso interno indetto con provvedimento 4 giugno 1998 è stato annullato, ma anche sono state espunte dall’ordinamento le norme regionali in base alle quali tale procedura si era svolta, mentre sono rimaste impugnate le graduatorie.
In tale situazione, nella riedizione del potere, la Regione avrebbe dovuto assicurare il rispetto delle sentenze del T.A.R. e della Corte costituzionale, ripristinando la legalità  violata, come affermato nella sentenza n. 2390/2004, attraverso l’attivazione di “una nuova procedura concorsuale da indirsi ora per allora, secondo la disciplina normativa che regolava lo status dei dipendenti regionali allora vigente”. In realtà  la Regione ha negli anni seguito un percorso diverso, lasciando inalterato l’inquadramento effettuato sulla base di risultati del concorso interno, percorso pesantemente stigmatizzato dalla Corte costituzionale, come emerge dall’esposizione della vicenda.
In pratica, mentre la sentenza del T.A.R. non ha esercitato alcun vero effetto sulla posizione delle ricorrenti e degli altri vincitori del concorso interno, la Regione ha solo avviato delle procedure concorsuali pubbliche, valorizzando quei profili della sentenza della Corte costituzionale n. 373 del 2002 in cui, a fronte della dichiarata illegittimità  dell’art. 32 della legge regionale 4 febbraio 1997, n. 7 e dell’art. 39 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26, “nella parte in cui riserva la copertura del 100% dei posti messi a concorso al personale interno”, si osservava che invece “la riserva limitata al 50% dei posti messi a concorso, in favore del personale della qualifica immediatamente inferiore con almeno cinque anni di servizio, è stata ritenuta non irragionevole e non lesiva del ricordato precetto costituzionale”.
Ciò ha prodotto, come unico risultato, l’indizione di concorsi pubblici per un totale di 60 posti (di VII e VIII qualifica) a fronte dei complessivi 863 posti coperti con i concorsi interni (come si legge nella sentenza della Corte costituzionale n. 354/2010), di cui 561 tuttora occupati da personale in servizio come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio.
Il ricorso va pertanto respinto.
Il complesso della vicenda e il comportamento processuale delle parti giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente, Estensore
Giuseppina Adamo, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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