1. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Dipendente ministeriale – Vittime del dovere – Percezione dei benefici di legge – Procedimento
2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Penalità di mora – Natura sanzionatoria
3. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Penalità di mora – Differenze con il processo civile
4. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Penalità di mora – Presupposti – Fattispecie
1. Per dare attuazione al disposto dell’art. 1, comma 563, della L. 266/2005 (che definisce la “categoria” delle vittime del dovere), l’Amministrazione di appartenenza del soggetto legittimato ad ottenere il beneficio deve provvedere a trasmettere la posizione del beneficiario al Ministero dell’Interno per l’inserimento nella graduatoria unica nazionale, nell’ambito della quale i benefici vengono corrisposti nell’ordine previsto dalla legge.
2. L’istituto della cd. penalità di mora (di cui all’art. 114, comma 4, lettera e) del c.p.a.) consente al Giudice, con la sentenza di ottemperanza, di fissare la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato. Esso assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto mira a sanzionare la disobbedienza della statuizione giudiziaria ed a stimolare il debitore all’adempimento.
3. Nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto della penalità di mora presenta una portata applicativa più ampia che nel processo civile. L’art. 114, comma 4, lettera e) del codice del processo amministrativo, infatti, non ha riprodotto il limite, stabilito dall’art. 614 bis del codice di procedura civile, della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.
4. I presupposti per l’applicazione della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e) del c.p.a. sono: quello positivo della richiesta di parte, formulata con il ricorso, e quelli negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità e della non ricorrenza di ragioni ostative (nel caso di specie, in cui l’Amministrazione non ha ottemperato all’obbligo di compiere tutti gli atti finalizzati ad inserire il ricorrente nella graduatoria nazionale unica delle vittime del dovere, i presupposti risultano sussistenti. Il passaggio in giudicato della sentenza da eseguire, unitamente alla non particolare complessità degli obblighi comportamentali imposti dall’Amministrazione consentono di escludere profili di manifesta iniquità nell’applicazione della norma).
N. 00688/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00257/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 257 del 2013, proposto da:
A. F., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Paccione, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via Q. Sella, 120;
contro
Ministero della Giustizia;
per l’ottemperanza
alla sentenza n. 3444/11 del Tribunale di Trani, avente ad oggetto la percezione benefici di legge per le vittime del dovere (dipendente ministeriale).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2013 la dott. Francesca Petrucciani e udito per la ricorrente il difensore avv. Luigi Paccione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe F. A. ha chiesto l’esecuzione della sentenza con cui il Tribunale di Trani ha dichiarato il diritto del ricorrente alla percezione dei benefici di legge per le vittime del dovere, come definite nell’art. 1, comma 563, della L. 266/2005 in relazione all’art. 3 della L. 466/1980, con obbligo del Ministero della Giustizia di porre in essere tutti gli atti finalizzati all’inserimento del ricorrente nella graduatoria nazionale unica e a corrispondergli i benefici previsti, oltre alle spese di lite per complessivi euro 1.850 e accessori di legge.
Il ricorrente ha dedotto che il Ministero intimato non ha ottemperato alla sentenza, notificata in data 2 agosto 2011 e passata in giudicato per omessa impugnazione.
Con il ricorso in esame è stata quindi chiesta la condanna del Ministero della Giustizia all’esecuzione della sentenza citata, al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo ex art. 114 c.p.a. e, per il caso di ulteriore inottemperanza, la nomina di commissario ad acta.
Alla camera di consiglio del 17 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
In particolare, con la sentenza citata, passata in giudicato, è stato accertato il diritto del ricorrente all’inserimento nella graduatoria delle vittime del dovere ai fini della corresponsione dei relativi benefici di legge; in esecuzione della disciplina di cui alla L. 266/2005 il D.P.R. 243/2006 prevede, all’art. 2, che “con riferimento ad eventi verificatisi sul territorio nazionale dal 1° gennaio 1961 ed all’estero dal 1° gennaio 2003, in favore delle vittime del dovere e delle categorie a queste equiparate, nonchè dei rispettivi familiari superstiti, le provvidenze di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) sono corrisposte secondo i termini e le modalità di cui agli articoli 3 e 4”; l’art. 3 dispone che “2. Le amministrazioni riceventi procedono alla definizione delle singole posizioni dei beneficiari, con riguardo alla situazione in essere dei componenti il nucleo dei familiari superstiti, secondo l’ordine cronologico di accadimento degli eventi, a cominciare dal più remoto nel tempo e fino a tutto il 31 dicembre 2005. Analogamente, procedono alla definizione delle posizioni riguardanti gli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2006. In mancanza della domanda si può procedere d’ufficio secondo identico criterio.
3. Le posizioni degli interessati, come definite al comma 2, sono trasmesse al Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza che provvede a formare e ad aggiornare, entro il 31 ottobre per il primo anno di applicazione del presente regolamento ed entro il 30 marzo ed il 30 settembre per gli anni successivi, una graduatoria unica nazionale delle posizioni, secondo l’ordine cronologico di accadimento degli eventi indicato al comma 2.
4. Il Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, dopo aver verificato la compatibilità finanziaria generale con il limite massimo di spesa annuale e con le risorse in atto disponibili, trasmette alle amministrazioni di appartenenza delle vittime l’elenco nominativo dei destinatari delle provvidenze in favore dei quali può farsi luogo alla corresponsione.
5. Le eventuali posizioni in soprannumero vanno a collocarsi immediatamente sopra alla prima delle posizioni utilmente censite nella graduatoria successiva.
6. Le amministrazioni di appartenenza delle vittime segnalano al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, l’ammontare delle risorse da inserire in bilancio sui singoli stati di previsione della spesa e necessari alla corresponsione delle provvidenze. In relazione agli eventi verificatisi dal 1° gennaio 2006 è comunque riservata la somma di 500.000 euro l’anno, a gravare sul limite massimo di spesa stabilito dall’articolo 1, comma 562, della legge finanziaria 2006, per le provvidenze da corrispondere sempre nell’ordine previsto dall’articolo 4”.
Da tali disposizioni si evince che, per dare attuazione al disposto dell’art. 1, comma 563, della L. 266/2005, il Ministero della Giustizia, quale amministrazione di appartenenza del ricorrente, deve provvedere a trasmettere la posizione del ricorrente al Ministero dell’Interno per l’inserimento nella graduatoria unica nazionale, nell’ambito della quale i benefici vengono corrisposti nell’ordine previsto dalla legge.
Va quindi ordinato al Ministero della Giustizia di provvedere a tali adempimenti in esecuzione della suddetta sentenza, con assegnazione di un termine di 60 (sessanta) giorni per l’adempimento.
Alla nomina del commissario si provvederà con separato provvedimento per il caso di ulteriore inerzia dell’Amministrazione, con spese a carico della stessa.
Va anche accolta la richiesta, formulata dal ricorrente, di applicazione nei confronti dell’amministrazione resistente della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo.
La norma citata ha introdotto, in via generale, nel processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità di mora, già regolato per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall’art. 614 bis del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in particolare il giudice, con la sentenza di ottemperanza, può fissare, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, con una statuizione costituisce titolo esecutivo.
Trattasi di una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, modellata sulla falsariga dell’istituto francese dell’astreinte, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’obbligazione sancita a sua carico dall’ordine del giudice; come puntualizzato dal Consiglio di Stato (sez. V, sentenza 6688 del 20 dicembre 2011), tale misura assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza, ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento.
Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell’istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione dell’ammontare della sanzione, l’art. 614 bis, comma 2, del codice di procedura civile considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza utile, tra cui si può annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.
Deve ritenersi che, nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto presenti un portata applicativa più ampia che nel processo civile, in quanto l’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.
Tale soluzione va ricondotta alla peculiarità del rimedio dell’ottemperanza che, grazie al potere sostitutivo esercitabile dal giudice in via diretta o mediante la nomina di un commissario ad acta, non sconta, a differenza del giudizio di esecuzione civile, l’ostacolo della non surrogabilità degli atti necessari al fine di assicurare l’esecuzione in re del precetto giudiziario. Ne deriva che, nel sistema processual-amministrativo, lo strumento in esame non mira a compensare gli ostacoli derivanti dalla non diretta coercibilità degli obblighi di contegno sanciti dalla sentenza del giudice civile, mentre del rimedio processual-civilistico condivide la generale finalità di dissuadere il debitore dal persistere nella mancata attuazione del dovere di ottemperanza.
Nel caso in esame risultano sussistenti i tre presupposti stabiliti dall’art. 114 cit. per l’applicazione della sanzione: quello positivo della richiesta di parte, formulata con il ricorso, e quelli negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità e della non ricorrenza di altre ragioni ostative.
Infatti la protrazione dell’inadempimento dell’amministrazione, a fronte del passaggio in giudicato della sentenza del giudice ordinario, unitamente alla non particolare complessità degli obblighi comportamentali imposti dalla sentenza da eseguire, consentono di escludere profili di manifesta iniquità nell’applicazione della norma in questione, anche considerato che l’inserimento del ricorrente nella graduatoria non comporta un esborso immediato per l’Amministrazione, dovendo la posizione essere soddisfatta nel limite delle risorse disponibili nell’ordine della graduatoria.
Sotto altro profilo non risultano comprovate e neanche dedotte, da parte dell’amministrazione, altre ragioni ostative all’applicazione della sanzione pecuniaria.
Venendo al quantum, facendo riferimento, in difetto di disposizione sul punto da parte del codice del processo amministrativo, ai parametri di cui all’art. 614 bis del codice di procedura civile si deve invece reputare congrua, in ragione della gravità dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, la misura di 20 euro al giorno, da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza rispetto al termine prima assegnato di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione di questa decisione.
La sanzione pecuniaria sarà dovuta, quindi, a decorrere dal sessantunesimo giorno e fino all’effettivo adempimento ad opera dell’amministrazione.
Alla soccombenza segue altresì la condanna alle spese di giudizio, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, di dare esatta esecuzione alla sentenza n. 3444/2011 del Tribunale di Trani, nel termine di 60 (sessanta) giorni, compiendo tutti gli atti necessari ai fini dell’inserimento del ricorrente nella graduatoria nazionale delle vittime del dovere, nonchè al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 1.850,00 (oltre i.v.a., c.a.p. e spese generali);
condanna altresì l’Amministrazione intimata, in caso di ulteriore inottemperanza, al pagamento, in favore del ricorrente, delle somme in motivazione specificate a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo;
condanna il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1.000,00 oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)