Commercio, industria, turismo – Autorizzazione – Occupazione suolo pubblico – Costruzione chiosco – Scadenza –  Successiva locazione  del chiosco – Qualificazione giuridica del rapporto – Conseguenze

Il rapporto instauratosi successivamente alla prevista scadenza novennale di autorizzazione ad occupare temporaneamente un’area pubblica per la costruzione di un chiosco per la vendita di bevande, poi acquisito al patrimonio comunale alla suddetta scadenza per effetto dello stesso provvedimento autorizzatorio ed infine ceduto in locazione all’originario concessionario, è qualificabile come contratto di comodato, a prescindere dall’espressione letterale utilizzata di contratto di locazione, allorchè la misura del corrispettivo sia di entità  puramente simbolica, con la conseguenza che il comodante -nella specie la p.A.- può chiedere la restituzione del bene in ogni momento qualora non risulti apposto al contratto un termine di durata, e comunque qualora sopraggiunga “un urgente ed imprevisto bisogno” secondo quanto dispone l’art. 1809, co.2 cod. civ..

N. 00348/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01784/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1784 del 2006, proposto da: 
Inglese Domenico, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Metta, con domicilio eletto presso Tiziana Nuzzo in Bari, via Putignani n. 56; 

contro
Comune di Canosa di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso Fulvio Mastroviti in Bari, Quintino Sella, 40; 

per l’annullamento
della revoca di autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Canosa di Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’ udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Giuseppe Metta e Silvio Giancaspro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Sono impugnate le note in epigrafe, con cui l’Amministrazione resistente: a) ha dichiarato la decadenza del diritto del ricorrente di utilizzare il chiosco sito in Canosa di Puglia, Piazza Ferrara; b) ha revocato l’autorizzazione amministrativa rinnovata da ultimo in data 3.3.2005; c) ha ordinato lo sgombero e la demolizione del chiosco.
A sostegno del proprio ricorso, il ricorrente ha dedotto i seguenti profili di gravame, appresso sintetizzati: 1) eccesso di potere per errore, contraddittorietà  e illogicità , sviamento, ingiustizia manifesta; 2) violazione degli artt. 26 l. n. 1150/42, 31 l. n. 426/71, 4 l. n. 287/91 e 22 d. lgs. n. 114/98.
Nella camera di consiglio del 31.1.2007 è stata rigettata l’istanza di tutela cautelare.
All’udienza del 7.2.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Con i vari motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, per comunanza delle relative censure, deduce il ricorrente l’illegittimità  degli atti impugnati, in quanto assunti in violazione delle previsioni normative e negoziali disciplinanti l’ipotesi di revoca del rapporto concessorio, e del correlato contratto di locazione.
Le censure sono infondate.
2.1. Con delibera n. 93/64 il Comune di Canosa ha autorizzato la sig.ra Grazia Tamborra, dante causa dell’odierno ricorrente, a “¦ occupare precariamente una superficie di suolo pubblico sul largo Ferrara per la costruzione di un chioschetto per la vendita al dettaglio di acque gassate, gelati e generi similari”, prevedendo altresì che “¦ decorso il termine ultimo di 9 anni, il chioschetto resterà , a tutti gli effetti di legge, di piena proprietà  e disponibilità  del Comune, senza che la concessionaria possa accampare diritti o pretese di qualunque natura e specie”.
Con successiva delibera n. 126/73 il Comune, preso atto del decorso del novennio dalla prima autorizzazione, e tenuto conto che nel frattempo l’ Amministrazione aveva acquisito la proprietà  del chiosco, ha deliberato, in considerazione del precario stato economico della ricorrente, di concedere a quest’ultima “¦in fitto, per la durata di un anno, dal 1°/1 al 31.12.1974 e verso il canone simbolico di £. 1.000 annuo, ¦ il chiosco comunale in Via Kennedy ¦ per la vendita di gelati, ecc, con divieto di subaffitto del medesimo ad altra persona”.
Con licenza n. 44/85 il Comune ha poi autorizzato il ricorrente, nel frattempo succeduto alla originaria dante causa, all’esercizio del chiosco in esame.
Infine, con successive delibere, l’ultima delle quali del 30.3.2005, l’amministrazione comunale ha via via rinnovato l’autorizzazione di che trattasi, sino al 31.12.2009.
2.2. Tale essendo la cronologia dei rapporti variamente succedutisi tra le parti, occorre ora indagarne la loro natura giuridica, al fine di individuare la corrispondente disciplina normativa. E sul punto, costituisce circostanza pacifica che, alla scadenza dell’originario novennio (1964-1973), il concessionario ha perso la proprietà  del chiosco, che è stata acquisita dal Comune, il quale l’ha concessa in fitto alla dante causa dell’odierna ricorrente, “, per la durata di un anno, dal 1°/1 al 31.12.1974 e verso il canone simbolico di £. 1.000 annuo”.
Orbene, la natura del tutto irrisoria (simbolica) del preteso canone di locazione, induce a ritenere la ricorrenza, nella specie, di un contratto di comodato. Ciò in considerazione del fatto che, per condivisa giurisprudenza di legittimità , “la mancanza (reale o supposta) di corrispondenza della misura del canone al valore locativo dell’immobile non è elemento idoneo per escludere la sussistenza della locazione, essendo sufficiente per la sua configurabilità  la pattuizione di un qualsiasi compenso anche tenue e modesto, salvo che non sia irrisorio o puramente simbolico od abbia carattere di mera ricognizione del diritto dominicale, di modo che debba escludersi l’esistenza di un corrispettivo e, quindi, del sinallagma” (Cass. civ, III, 21.1.1986, n. 392).
In particolare, la qualificazione giuridica del rapporto di che trattasi in termini di comodato comporta il diritto del comodante di chiedere la restituzione del bene in ogni momento, qualora non risulti apposto al contratto un termine di durata (art. 1810 c.c.), e comunque qualora sopraggiunga “un urgente e impreveduto bisogno” (art. 1809 2° co. c.c.). Nel caso di specie, emerge dall’impugnato provvedimento che le esigenze di restituzione del bene derivano dalla necessità  di procedere alla ultimazione dei lavori di ristrutturazione della piazza, fattore ritenuto non più compatibile con la permanenza in loco del chiosco, e legittimante pertanto l’amministrazione alla richiesta di restituzione del bene, ai sensi dell’art. 1809 2° co. c.c.
Accedendo a tale ricostruzione giuridica del rapporto intercorso tra le parti, deve pertanto ritenersi del tutto legittima la richiesta dell’ente civico di recidere i precedenti rapporti con l’odierno ricorrente, venendo in rilievo una situazione sopravvenuta che a tanto ben lo legittimava.
2.3. Tali conclusioni non cambiano neanche qualora si configuri il rapporto instauratosi tra le parti sin dal 1973 in termini di locazione, piuttosto che di comodato. Invero, anche accedendo a tale impostazione, e ritenendo che il rapporto locatizio si sia prorogato per facta concludentia di anno in anno, è del tutto evidente che, con la comunicazione di avvio del procedimento di revoca/decadenza, l’amministrazione ha manifestato in maniera inequivocabile la propria volontà  di porre fine all’originario rapporto, sicchè anche in siffatta ipotesi del tutto legittima deve ritenersi la sua volontà  di rientrare in possesso del chiosco, e dell’area ad esso sottostante.
2.4. Naturalmente, la legittimità  del provvedimento n. 28793/06, con il quale l’amministrazione ha dichiarato il ricorrente decaduto dal diritto di utilizzazione del chiosco, revocando altresì l’originaria autorizzazione amministrativa, comporta la legittimità  degli ulteriori provvedimenti, del pari impugnati, con i quali l’amministrazione ha ordinato al ricorrente lo sgombero e la demolizione della struttura. Ciò in quanto trattasi di statuizioni provvedimentali del tutto logiche e consequenziali rispetto alla volontà  dell’ente di rientrare in possesso di un bene (il chiosco), che per effetto dell’originaria determina n. 93/64, era divenuto di sua proprietà  allo scadere dell’originario novennio, e pertanto sin dal 1973.
3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è infondato.
Ne consegue il suo rigetto.
4. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Rosalba Giansante, Referendario
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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