Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Condono – Parere paesaggistico favorevole – Diniego di condono per motivi di tutela paesaggistica – Illegittimità 

Si appalesa illegittimo il diniego espresso dal Comune sulla domanda di condono di un manufatto in zona vincolata che aveva già  ottenuto il parere favorevole dell’Autorità  preposta alla tutela  del vincolo paesaggistico (nonchè  idrogeologico), ove il diniego sia motivato proprio dalla circostanza che l’abuso ricada in zona soggetta a tutela paesaggistica.

N. 00353/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00215/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 215 del 2007, proposto da: 
Capitanio Donato, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Ancora, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gennaro Notarnicola in Bari, via Piccinni, n. 150; 

contro
Comune di Castro – non costituito; 

per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
“- del provvedimento n. prot. 6870 del 27.12.2006 conosciuto in data 9.1.2007, con il quale il Dirigente UTC del Comune di Castro ha rigettato la domanda diretta ad ottenere il condono edilizio prot. n. 6279 del 10.12.2004;
– del parere reso in data 7.12.2006 dal Dirigente dell’UTC di Castro e dai consulenti comunali avv. Silvestro Lazzari e arch. Saverio Nuzzo;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 202 del 28 febbraio 2007, di accoglimento dell’istanza incidentale di sospensione cautelare;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e udito per la parte ricorrente il difensore, l’avv. Luciano Ancora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espone in fatto il sig. Donato Capitanio di essere proprietario di un immobile sito nel Comune di Castro, alla via Panoramica Castro Tricase s.n., indicata in catasto al fg. 16, p.lla 442, sub 34-35; di aver presentato, in data 10 dicembre 2004, la domanda volta alla definizione degli illeciti edilizi, con la quale aveva denunciato il cambio di destinazione d’uso, da deposito ad abitazione, di una porzione del suddetto immobile, pari a mq. 17,16, situata al piano seminterrato, l’ampliamento del medesimo piano di mq. 14,89 di superficie utile ed il conseguente ampliamento del sovrastante terrazzino di mq. 8,48 di superficie non residenziale.
Riferisce altresì parte ricorrente che, considerato che il terreno ricadeva in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, aveva provveduto a depositare, in data 28 gennaio 2005, presso il Comune intimato, la richiesta di accertamento di compatibilità  paesaggistica, ai sensi dell’art. 1, comma 39, della legge n. 308 del 2004; che il medesimo Comune con provvedimento del 29 settembre 2006, aveva espresso parere favorevole sulla richiesta di accertamento di compatibilità  paesaggistica ed aveva trasmesso la relativa pratica alla Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio che aveva ritenuto “¦di non sollevare obiezioni in merito all’abuso..”; aggiunge che la Regione Puglia, con provvedimento prot. n. 179 del 12 gennaio 2007, aveva inoltre rilasciato il nulla osta forestale a sanatoria per movimenti terra, sicchè nessuna altra autorità  avrebbe dovuto esprimersi in merito alla definizione dell’illecito per cui è causa; che con provvedimento n. prot. 6870 del 27 dicembre 2006 il Comune di Castro aveva rigettato la domanda diretta ad ottenere il condono edilizio.
Il sig. Capitanio ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato il 13 febbraio 2007, con il quale ha chiesto l’annullamento del suddetto provvedimento n. prot. 6870 del 27 dicembre 2006, conosciuto in data 9 gennaio 2007, di rigetto della sua istanza di condono edilizio, assunta al protocollo n. 6279 del Comune di Castro in data 10 dicembre 2004; ha chiesto altresì l’annullamento del parere reso in data 7 dicembre 2006 dal Dirigente dell’U.T.C. di Castro e dai consulenti comunali avv. Silvestro Lazzari e arch. Saverio Nuzzo.
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: 1. violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, violazione della legge regionale n. 28 del 2003; 2. violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 1, commi 37 e 39 della legge n. 308 del 2004, erronea interpretazione ed applicazione del d.lgs. n. 42 del 2004, eccesso di potere per difetto di istruttoria e presupposti, contraddittorietà  ed illogicità  manifesta dell’azione amministrativa.
Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2007, con ordinanza n. 202, è stata accolta la domanda incidentale di sospensione cautelare.
Parte ricorrente ha prodotto documentazione ed ha presentato una memoria per l’udienza di discussione nella quale ha tra l’altro rappresentato che con provvedimento prot. n. 4211 del 5 luglio 2007, depositato in giudizio, il Comune di Castro aveva rilasciato nei suoi confronti il permesso di costruire n. 13/2011 sulla medesima area, previo parere paesaggistico favorevole del 7 ottobre 2010, anch’esso versato in atti.
All’udienza pubblica del 7 febbraio 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, violazione della legge regionale n. 28 del 2003 in quanto i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi nella parte in cui ritengono insuscettibili di condono gli interventi eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed affermano apoditticamente l’insanabilità  dell’opera sottoposta a tale vincolo; ad avviso di parte ricorrente, a norma dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, richiamato dal comma 27 dell’art. 32 della legge n. 326 del 2003, non sarebbero assolutamente insanabili le costruzioni eseguite in zone soggette a vincolo paesaggistico quando siano compatibili con gli strumenti urbanistici e siano confermati con nulla osta dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Con il secondo motivo di ricorso con il sig. Capitanio ha dedotto le ulteriori seguenti censure: violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 1, commi 37 e 39 della legge n. 308 del 2004, erronea interpretazione ed applicazione del d.lgs. n. 42 del 2004, eccesso di potere per difetto di istruttoria e presupposti, contraddittorietà  ed illogicità  manifesta dell’azione amministrativa; parte ricorrente lamenta che i provvedimenti impugnati si fonderebbero su un unico presupposto e cioè che in zone sottoposte a vincolo paesaggistico non è possibile rilasciare concessioni in sanatoria ex art. 32 del d.l. n. 269 del 2003; ad avviso di parte ricorrente, invece, la legge n. 308 del 2004 avrebbe consentito l’accertamento di compatibilità  paesaggistica per gli immobili realizzati in assenza dell’autorizzazione dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo stesso e nella fattispecie oggetto di gravame la competente Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio aveva rilasciato parere favorevole; il Comune, dopo aver preso posizione positivamente sulla richiesta di accertamento di compatibilità  paesaggistica, avrebbe dovuto esaminare la domanda di condono alla luce del citato d.l. n. 269 del 2003 e non limitarsi a rigettarla per il solo fatto che l’abuso sarebbe stato perpetrato in zona sottoposte a vincolo paesaggistico.
Colgono nel segno le censure del primo motivo di ricorso e di parte del secondo motivo di ricorso con le quali il sig. Capitanio ha dedotto l’illegittimità  del provvedimento di rigetto della sua istanza di condono edilizio del 10 dicembre 2004 per violazione, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, per violazione della legge regionale n. 28 del 2003, nonchè per difetto di istruttoria e presupposti, contraddittorietà  ed illogicità  manifesta dell’azione amministrativa.
In punto di diritto l’art. 32, comma 27 lettera d) del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 dispone: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: ¦. d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;”.
Come ha riconosciuto la Corte costituzionale (sentenza n. 196 del 2004), l’oggetto fondamentale dell’art. 32, commi 25-27, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, è la previsione e la disciplina di un nuovo condono edilizio esteso all’intero territorio nazionale, di carattere temporaneo ed eccezionale rispetto all’istituto a carattere generale e permanente del “permesso di costruire in sanatoria”, disciplinato dagli artt. 36 e 45 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ancorato a presupposti in parte diversi e comunque sottoposto a condizioni assai più restrittive.
Si tratta, peraltro, di un condono che si ricollega sotto molteplici aspetti ai precedenti condoni edilizi che si sono succeduti dall’inizio degli anni ottanta: ciò è reso del tutto palese dai molteplici rinvii contenuti nell’art. 32 alle norme concernenti i precedenti condoni, ma soprattutto dal comma 25 dell’art. 32, il quale espressamente rinvia alle disposizioni dei “capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni”, disponendo che tale normativa, come ulteriormente modificata dal medesimo art. 32, si applica “alle opere abusive” cui la nuova legislazione appunto si riferisce. Attraverso questa tecnica normativa, consistente nel rinvio alle disposizioni dell’istituto del condono edilizio come configurato in precedenza, si ha una saldatura fra il nuovo condono ed il testo risultante dai due precedenti condoni edilizi di tipo straordinario, cui si apportano peraltro alcune innovazioni.
La Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 225/2012 ha cristallizzato l’interpretazione restrittiva del terzo condono edilizio di cui al d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, ribadendo che il richiamo alla precedente distinzione tra inedificabilità  relativa ed assoluta contenuta negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985 viene effettuato dal citato decreto legge al solo fine di coordinare la vecchia disciplina della sanatoria con quella sopravvenuta; ha aggiunto che “Questa Corte ha avuto modo di precisare che il condono di cui al d.l. n. 269 del 2003 è caratterizzato da un ambito oggettivo più circoscritto rispetto a quello del 1985, per effetto dei limiti ulteriori contemplati dal precitato comma 27, i quali «si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985» (sentenza n. 196 del 2004) e non sono racchiusi nell’area dell’inedificabilità  assoluta (ordinanza n. 150 del 2009)”.
La giurisprudenza ordinaria e amministrativa ormai consolidata, già  fatta propria anche da questa Sezione e dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, (ex multis, Cass. Penale, Sezione III, n. 24647 del 2009 e Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1200 del 2010, T.A.R. Puglia, Bari, Sezione III, n. 805/2011, n. 1884/2011, n. 1049/2012 e 1475/2012), ha riconosciuto che, ai sensi del suddetto art. 32, comma 27, lettera d), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico) purchè ricorrano “congiuntamente” determinate condizioni:
– che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; in proposito la Corte Costituzionale (ordinanza n. 150 del 2009) ha negato che debba trattarsi solo dei vincoli che comportino l’inedificabilità  assoluta;
– che, pur realizzate in assenza o in difformità  del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
– che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria);
– che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità  preposta al vincolo.
Applicando tale giurisprudenza, che richiede la sussistenza congiunta di tutte le citate condizioni per escludere l’applicabilità  del condono in riferimento alle opere realizzate in zone vincolate, il Collegio deve evidenziare che nella fattispecie oggetto di gravame l’intervento per cui è causa risulta essere stato realizzato in zona sottoposta ai vincoli paesistico e idrogeologico, in riferimento ai quali le rispettive autorità  competenti alla tutela dei vincoli stessi, la Soprintendenza per i beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Lecce e la Regione Puglia, avevano espresso parere favorevole, rispettivamente con note prot. n. 10955 del 6 novembre 2006 e prot. n. 179 del 12 gennaio 2007.
In particolare nel parere reso dalla Soprintendenza, menzionato nel provvedimento di diniego impugnato, quest’ultima aveva rappresentato che “considerato che l’intervento edilizio realizzato senza la prescritta autorizzazione non determina pregiudizio ai valori paesaggistici dell’area interessata, per la modesta entità  delle opere, ritiene, per quanto di competenza, di non sollevare obiezioni in merito all’abuso perpetrato”.
Il Collegio, alla luce del suddetto parere reso dalla Soprintendenza per i beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Lecce, condividendo la prospettazione di parte ricorrente, ritiene che il provvedimento oggetto di gravame sia illegittimo nella parte in cui ha ritenuto tout court insuscettibili di condono gli interventi eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed affermato apoditticamente l’insanabilità  dell’opera sottoposta a tale vincolo, nonostante avesse richiamato nel provvedimento stesso il citato parere favorevole dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Il Comune, dopo aver preso posizione positivamente sulla richiesta di accertamento di compatibilità  paesaggistica, avrebbe dovuto esaminare la domanda di condono alla luce del citato d.l. n. 269 del 2003 e, quindi, verificare che ricorressero “congiuntamente” le altre condizioni sopra richiamate di competenza del Comune, mentre si è limitato a dichiarare la domanda stessa inammissibile sulla base del parere del 7 dicembre 2006 reso dal Dirigente dell’UTC di Castro e dai consulenti comunali avv. Silvestro Lazzari e arch. Saverio Nuzzo che avevano ritenuto la domanda inammissibile “giacchè l’abuso ricade su zona soggetta a vincolo paesaggistico”.
Peraltro il Comune intimato nel parere reso sulla richiesta di accertamento di compatibilità  paesaggistica, prot. n. 5222 del 29 settembre 2006, poi trasmesso per il seguito di competenza alla Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio si era espresso favorevolmente “..anche sul rilievo che l’intervento ricade in zona B/3 – di completamento edilizio.”.
Conclusivamente, il Collegio ritiene che i profili di illegittimità  dedotti con le sopra illustrate censure abbiano una indubbia valenza assorbente rispetto agli altri motivi di gravame, sicchè la fondatezza delle dedotte censure comporta l’accoglimento del ricorso stesso e, conseguentemente, l’annullamento del provvedimento prot. 6870 del 27 dicembre 2006, di rigetto dell’istanza di condono edilizio, presentata da parte ricorrente e assunta al protocollo n. 6279 del Comune di Castro in data 10 dicembre 2004, senza necessità  di pronunziarsi sugli ulteriori motivi d’impugnazione.
Quanto alle spese, si ritiene che sussistono i motivi che giustificano la compensazione integrale delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento n. prot. 6870 del 27 dicembre 2006 del Comune di Castro.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
Roberto Michele Palmieri, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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