1. Espropriazione per pubblica utilità  – Acquisizione ex art. 42 bis D.P.R. n.  327/2001 – Pregiudizio non patrimoniale – Spettanza – Criteri


2. Risarcimento del danno – Prova del danno – Onere ex art. 64 comma 1 c.p.a. – Conseguenze


3. Risarcimento del danno – Rivalutazione monetaria – Riconoscimento di ufficio – Ragioni

1. In tema di acquisizione del bene a seguito dell’espropriazione illegittima, l’art. 42 bis, comma 1 D.P.R. n. 327/2001 prevede la riparazione del pregiudizio non patrimoniale che liquida in via forfetaria nella misura del 10% del valore venale del bene medesimo; la disposizione in commento istituisce un meccanismo di liquidazione automatica del citato profilo di danno che prescinde da una specifica allegazione e dimostrazione dello stesso.


2. All’azione risarcitoria per danni da lesione di interessi legittimi cagionati dalla Amministrazione in tema di onere probatorio si applica, ai sensi dell’art. 64, comma 1 c.p.a., il principio dell’onere della prova previsto nell’art. 2697 c.c., in virtù del quale spetta al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, e quindi del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario, con la conseguenza che, laddove la domanda di risarcimento danni non sia corredata dalla prova del danno da risarcire, la stessa deve essere respinta.

3. Deve essere ribadita la permanente validità  del principio del riconoscimento d’ufficio della rivalutazione monetaria nonchè degli interessi legali sulla somma rivalutata e dei criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995 in tema di computo di rivalutazione ed interessi nelle obbligazioni di valore quali quelle derivanti da fatto illecito in quanto il credito, trovando origine in un fatto illecito della p.a. ai sensi dell’art. 2043 c.c., costituisce una obbligazione di valore.


* * * 
Vedi Cons. St., sez. IV, sentenza 29 maggio 2014, n. 2779 – 2014; ric. n. 7987 – 2012. 


* * *  

N. 01590/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01986/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1986 del 2009, proposto da Scaringella Luigi, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Basso, con domicilio eletto in Bari, corso Mazzini, 134/b;

contro
Provincia di Bari, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Bellomo, con domicilio eletto in Bari, via Giuseppe Suppa, 38;

per l’annullamento
del decreto di acquisizione sanante n. 36 dell’8.9.2009 emesso dalla Provincia di Bari di acquisizione al patrimonio indisponibile della stessa dei suoli di proprietà  del ricorrente ubicati nell’agro di Gravina di Puglia, indicati nel foglio di mappa catastale n. 144, alle particelle n. 146 (ex 66), 33, 120, 66 e di determinazione delle relative indennità ;
nonchè per l’accertamento del diritto del ricorrente alla restituzione degli indicati suoli e la condanna della Provincia di Bari alla restituzione degli stessi;
e/o per la determinazione del giusto ed integrale risarcimento dei danni derivanti dalla illegittima procedura espropriativa e dalla illegittima occupazione dei suoli oggetto di acquisizione in sanatoria, danni maggiorati di interessi e rivalutazione dalla data dell’illecito;
e per la conseguente riparametrazione della indennità  di occupazione già  determinata, con conseguente pronunzia di condanna nei confronti della intimata Amministrazione per tutte le causali sopra indicate;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2012 per le parti i difensori avv.ti Salvatore Basso e M.S. Serra, su delega dell’avv. Michele Bellomo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
La Provincia di Bari con decreto n. 36 dell’8 settembre 2009 adottato ai sensi dell’art. 43 d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327 provvedeva alla acquisizione in sanatoria al proprio patrimonio indisponibile dei fondi di proprietà  dell’odierno ricorrente Scaringella Luigi siti in agro di Gravina di Puglia indicati nel foglio di mappa catastale n. 144, alle particelle n. 146 (ex 66), 33, 120, 66.
Lo Scaringella impugna in questa sede il citato decreto di esproprio in sanatoria, domandando altresì la restituzione dei suddetti terreni ed il risarcimento del danno per equivalente.
Con precedente sentenza parziale n. 348 del 14 febbraio 2012 questo T.A.R. respingeva sia la domanda impugnatoria, sia quella restitutoria.
In relazione alla domanda risarcitoria per equivalente, deve essere liquidato, a titolo di risarcimento del pregiudizio patrimoniale patito, una somma pari al valore venale del bene (cfr. art. 43, comma 6, lett. a) d.p.r. n. 327/2001 ed, attualmente dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 293 dell’8 ottobre 2010, art. 42 bis, comma 3, primo inciso d.p.r. n. 327/2001).
Il consulente tecnico d’ufficio incaricato con la menzionata sentenza parziale n. 348/2012 ha appurato (con valutazione cui questo Collegio ritiene di aderire in quanto immune da vizi ed errori) che l’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno patrimoniale nel provvedimento gravato (i.e. € 11.578,03 di cui al punto sub B dell’art. 2 – pag. 4 del decreto di acquisizione sanante n. 36 dell’8.9.2009) non è congruo (cfr. pag. 12 della relazione peritale) e che il valore venale del suolo inciso dal provvedimento di esproprio in sanatoria alla data dell’8 settembre 2009 è pari ad € 21.481,00.
A tal proposito, rileva il c.t.u. (cfr. pagg. 7 e ss. della relazione):
«¦ Quale metodologia di stima si è utilizzata la stima per comparazione con i prezzi di mercato.
La comparazione si è basata sulla individuazione di beni confrontabili cioè di “beni con caratteristiche analoghe” e quindi appartenenti allo stesso segmento di mercato del bene oggetto di stima e dei quali si conosce il prezzo di mercato.
àˆ noto che i valori fondiari si differenziano oltre che per la qualità , età  e forma di coltivazione della coltura presente (seminativo, vigneto, frutteto, …), per le specifiche caratteristiche di ciascun terreno:
– topografiche (altitudine, inclinazione, esposizione);
– disponibilità  idrica;
– caratteristiche fisico-chimiche del terreno;
– strutturali: accesso e vicinanza al centro urbano più o meno agevole, da strada nazionale, provinciale, comunale, vicinale, ¦);
– costituzione (in uno o più corpi);
– ampiezza (il valore unitario tende a decrescere per classi di ampiezza);
– conformazione (più o meno regolare);
– sistemazione (rete di scolo, viabilità  interna, dimensione dei campi);
– piani e vincoli territoriali.
Le caratteristiche considerate per l’identificazione del segmento di mercato al quale il terreno appartiene sono state:
– ubicazione: Provincia di Bari, agro di Gravina in Puglia;
– indirizzo produttivo:colture erbacee estensive.
In particolare si è tenuto presente che a Gravina in Puglia l’ubicazione dei terreni agricoli – che è causa di differenti caratteristiche tecnico – agronomiche – determina variazioni in termini di produzione e quindi di reddito.
Ne consegue che i valori ad ettaro dei seminativi variano da un minimo di € 7.000,00 alla contrada Faiano e ad un massimo di € 25.000 per quelli ubicati alla c.da Dolcecanto.
A riprova di tali differenze di prezzo ed a solo titolo conoscitivo per fugare i dubbi espressi dal CTP del sig. Scaringella, alcuni terreni facenti parte di un’azienda di più di 100 ettari alla contrada Faiano e dei quali la scrivente è ad oggi Custode giudiziario sono stati stimati da un CTU in data 22 maggio 2010 € 7.500,00 ad ettaro e nonostante vi sia stato un ribasso d’asta, non sono stati ancora aggiudicati per mancanza di offerte.
In considerazione del limitato segmento di mercato ritenuto “paragonabile”, le transazioni prese a riferimento sono state quelle:
– di terreni ubicati in Gravina in Puglia in zone con analoga redditività  presunta;
– avvenute negli anni 2008-2009;
– di terreni privi di masserie o comunque di fabbricati rurali (che possono determinare asseconda del loro stato differenze sostanziali nel prezzo).
Quale parametro di comparazione si è utilizzato l’ettaro.
I dati sono stati rilevati da preliminari di compravendita, da valori accertati a fini fiscali e da valori di aggiudicazioni di aste giudiziarie, non potendo considerare le altre transazioni dove è stato utilizzato come valore indicato in atto il reddito catastale aggiornato con coefficienti stabiliti ai fini delle imposte sui redditi per evitare “l’accertamento di valore”.
Il numero delle transazioni seppure limitato si è ritenuto sufficiente a formare un quadro valutativo , ricavando un valore medio pari ad € 15.000,00/ha.
In considerazione delle specifiche caratteristiche del terreno in parola, tale valore è stato aumentato e “corretto” in ragione delle caratteristiche oggettive del terreno in parola ad € 16.000,00/ha.
Tale valore – per beni con caratteristiche analoghe – ha trovato riscontro anche presso i mediatori intervistati e presso colleghi e funzionari dell’Assessorato Agricoltura che si occupano del settore.
Come già  evidenziato, l’esproprio ha inciso comunque su un’area unitaria dal punto di vista funzionale ed economico ed il valore del bene va calcolato con il metodo di stima “complementare” limitandolo al danno sulla sola zona ad ovest dell’esproprio.
Ciò premesso, il valore venale del bene utilizzato per pubblica utilità  è dato sommando al valore venale del suolo espropriato, il minor valore della striscia di suolo del sig. Scaringella Luigi ubicata ad ovest della S.P. 53 Gravina-Matera non potendo attribuire alcun ulteriore deprezzamento per i motivi già  esposti ai terreni aziendali ubicati ad est della S.P. 53.
Tale minor valore è determinato dalla differenza tra il valore di mercato di tale area residua ante e post esproprio.
Il minor valore della striscia di terreno “isolata” corrispondente alle p.lle 176, 173, 167, 170 può stimarsi non superiore ad € 3.000,00/ha.
Il valore ricercato è calcolato come segue:
valore venale terreno p.lle espropriate: 166, 169, 172, 175 al 2009 = € 16.000,00/ha x ha 1.05.10 = € 16.816,00
minore valore terreno p.lle rimaste isolate: 176, 173, 167, 170 al 2009 = € 3.000,00/ha x ha 1.55.50 = € 4.665,00
indennizzo pregiudizio patrimoniale = valore venale bene utilizzato per pubblica utilità  = € 16.816,00 + € 4.665,00 = € 21.481,00. ¦».
Il consulente di parte ha ritenuto l’ascrivibilità  delle caratteristiche dei fondi per cui è causa a quelle dei terreni ubicati in agro di Gravina di Puglia alla contrada Faiano ed alla contrada Dolcecanto (cfr. pagg. 8 e ss. della relazione tecnica del 12 ottobre 2009 e pagg. 4 e ss. della relazione tecnica del 2 aprile 2012), producendo a tal fine vari atti di compravendita di fondi con caratteristiche simili, con la conseguenza che il valore calcolato e richiesto per ettaro sarebbe pari ad € 23.000,00.
Il perito di parte giunge al seguente calcolo del valore venale:
Ha 01.05.10 x €/Ha 23.000,00 = 24.173,00
€ 24.173,00 x 3 = € 72.519,00 (secondo il consulente di parte “essendo stato dichiarato l’esproprio illegittimo, al sig. Scaringella è stato negato il diritto di esercitare la cessione volontaria (che prevede la moltiplicazione per tre) che in ogni caso in sede di giudizio deve poter essere riconosciuto”).
A tali considerazioni replica il consulente tecnico d’ufficio (cfr. pagg. 18 e ss. dell’allegato alla relazione tecnica “Risposta alle osservazioni inviate al c.t.u. dalle parti” del 6 aprile 2012) con argomentazioni condivise da questo Collegio in quanto immuni da vizi logici ed errori:
«¦ Circa il valore venale del suolo nella c.t.u. a pag. 8-9-10 la scrivente ha ampiamente motivato il valore di mercato adottato.
I terreni alla contrada Dolcecanto non hanno affatto l’appetibilità  commerciale dei terreni oggetto di consulenza, come giustamente poco apprezzati sono quelli alla contrada Faiano.
Ciò nonostante il c.t.p. ha continuato ad insistere circa la “paragonabilità ” ai valori indicati che si riferiscono ad anni lontani dal periodo in oggetto e non significativi per i motivi già  esposti nella relazione di c.t.u. e già  sottolineati nel verbale di operazioni peritali del 15 marzo 2012.
Al fine di fugare ogni dubbio la scrivente allega alla presente n° due atti del dott. Deodato Terribile, notaio in Gravina in Puglia, “paragonabili” per periodo di stipula – anni 2008-2009 ove è evidente che le diverse caratteristiche tecnico-agronomiche del suolo pur in un terreno a seminativo determinano differenti valori ma mai superiori ai valori indicati in relazione della scrivente e riferiti a soggetti che hanno acquistato interi appezzamenti e non “terreni confinanti” – come nel caso dell’atto riportato dal c.t.p. della figlia dell’attore per un terreno confinante; è noto infatti che per motivi di convenienza nell’accorpamento possano avere prezzi più alti di quelli di mercato.
Allegato 6) atto del 12/12/2008 rep. N° 18199 € 11.617,00/ha per terreno a seminativo (prezzo comprensivo di titoli!)
Allegato 7) atto dell’8/5/2009 rep. N° 18474 ove sono riportate tre vendite di terreni a seminativo; la prima con un prezzo di € 13.511,00/ha; la seconda (comprensiva di titolo parziale) per un prezzo di € 7.302,00 /ha; la terza per un prezzo di € 14.333,00.
Un terzo atto – dell’1/04/2008 rep. N° 17828 riporta un prezzo/ha pari a circa € 11.350,00 che rapportato al seminativo – mediamente in tale zona con valore di circa il 30% superiore – corrisponde a non più di € 15.000,00/ha (Allegato 8).
Si allega inoltre copia dell’avviso di asta andata deserta dei terreni in Gravina in Puglia località  Faiano valore €/ha.
Circa la triplicazione della somma dovuta, la scrivente ha già  riferito al c.t.p. nel corso delle operazioni peritali della impossibilità  di tenerne conto perchè non si tratta di cessione bonaria, perchè un contratto di comodato non è un contratto di fitto, ed inoltre ha evidenziato che non esiste alcuna servitù come da lui già  asserito nella c.t.p. presente nel fascicolo di parte … (si veda verbale operazioni peritali Allegato – pag. 3). ¦».
Inoltre, l’ausiliario di questo Giudice ha accertato che il danno da occupazione senza titolo (dalla data della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità  sino alla data di adozione del provvedimento di esproprio in sanatoria) sulla base del parametro (forfetario ed operante in via automatica al pari del meccanismo di liquidazione, ai sensi del comma 1, del pregiudizio non patrimoniale) di cui all’art. 42 bis, comma 3, secondo inciso d.p.r. n. 327/2001 è pari ad € 12.126,47.
Con riguardo a tale voce di danno, evidenzia il c.t.u. (cfr. pag. 12 della relazione):
«¦ “Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio l’interesse del 5% annuo sul valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità “.
Il valore del bene – come determinato al punto 4 – è pari ad € 21.481,00.
Il periodo di occupazione senza titolo va dalla perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità  di cui alla delibera del Consiglio Provinciale n. 46 del 28.5.1998 sino alla data di adozione del provvedimento di esproprio in sanatoria n. 36 dell’8.9.2009.
Interesse del 5% annuo dal 28.5.1998 all’8.9.2009 su € 21.481,00 = gg. 4121 = € 12.126,47. ¦».
Tale ultima valutazione, tuttavia, non può essere condivisa; invero il c.t.u. considera come dies a quo del computo il 28.5.1998.
Dalla sentenza di questo T.A.R. n. 458 del 4 marzo 2009 di annullamento del tardivo decreto di esproprio n. 20/2006 (cfr. pag. 3) risulta che la dichiarazione di pubblica utilità  di cui alla delibera del Consiglio Provinciale n. 46 del 28.5.1998 avesse efficacia di due anni (termine entro cui si sarebbero dovuto ultimare le operazioni di esproprio), decorrenti dalla data di esecutività  della determina di aggiudicazione dell’appalto per le opere.
Tale determina non è stata prodotta, per cui si può ritenere che il termine di efficacia della delibera consiliare n. 46/1998 – come peraltro affermato dalla stessa sentenza n. 458/2009 – fosse, ai sensi della previsione normativa di cui alla legge n. 865/1971 (ora d.p.r. n. 327/2001), di cinque anni decorrenti dalla immissione in possesso nei fondi avvenuta in data 30.8.1999.
Ne consegue che l’efficacia della delibera n. 46/1998 è cessata in data 30.8.2004 (da tale momento inizia l’occupazione sine titulo).
Applicando l’interesse del 5% annuo (parametro – come visto – forfetario ed operante in via automatica ai sensi dell’art. 42 bis, comma 3, secondo inciso d.p.r. n. 327/2001) dal 30.8.2004 all’8.9.2009 (totale gg. 1835) sulla somma di € 21.481,00 si giunge al risultato di € 5.399,68 (quale somma da attribuirsi al deducente a titolo di risarcimento del danno da occupazione senza titolo).
Compete, inoltre, all’interessato la riparazione del pregiudizio non patrimoniale che l’art. 42 bis, comma 1 d.p.r. n. 327/2001 liquida in via forfetaria nella misura del 10% del valore venale del bene.
La disposizione in commento (applicabile in virtù della previsione di cui al comma 8 – come evidenziato nella sentenza parziale n. 348/2012 – anche ai fatti anteriori quale la vicenda oggetto di causa) istituisce un meccanismo di liquidazione automatica del citato profilo di danno prescindente da una specifica allegazione e dimostrazione dello stesso.
Ne consegue che allo Scaringella spetta altresì, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, l’importo di € 2.148,10 pari al 10% del valore venale del fondo (€ 21.481,00).
All’opposto, ritiene questo Collegio che non competa al ricorrente alcunchè in ordine al pregiudizio da mancato guadagno dallo stesso asseritamente sofferto a causa dell’esproprio illegittimo, posto che lo Scaringella non ha offerto alcun elemento di prova a sostegno della pretesa azionata, così come viceversa imposto dal principio generale codificato dall’art. 64 cod. proc. amm.
Con specifico riguardo all’azione risarcitoria per danni da lesione di interessi legittimi cagionati dalla Amministrazione ed alla previsione normativa di cui all’art. 64 cod. proc. amm. in tema di onere probatorio nell’ambito del processo amministrativo, Cons. Stato, Sez. III, 30 novembre 2011, n. 6342 ha evidenziato:
«All’azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo si applica, ai sensi dell’art. 64, comma 1 c.p.a., il principio dell’onere della prova previsto nell’art. 2697 c.c., in virtù del quale spetta al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, e quindi del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario, con la conseguenza che, laddove la domanda di risarcimento danni non sia corredata dalla prova del danno da risarcire, la stessa deve essere respinta.».
Il ragionamento a tal fine sviluppato nell’ambito della consulenza tecnica di parte (cfr. pagg. 6 e ss. dell’elaborato depositato in data 3 maggio 2012) rimanda a calcoli astratti fondati su formule di matematica finanziaria (cfr. pag. 7: “¦ con l’ausilio della matematica finanziaria è possibile quantizzare il mancato reddito totale mediante l’accumulazione iniziale di annualità  costanti posticipate, rappresentate dall’incremento di reddito netto annuale mediante un determinato saggio di interesse. ¦”; cfr. pag. 8: “Per la determinazione dei mancati redditi ci si deve riferire alla quantificazione del Reddito Netto per cui alla PVL [Produzione Lorda Vendibile] devono essere calcolati e detratti i costi di produzione che generalmente si sostengono fino alla raccolta”; cfr. sempre pag. 8: “In considerazione dell’ordinamento colturale aziendale e delle valutazioni fatte per aziende simili si può considerare a giusta ragione una determinazione dei costi di produzione, con un’incidenza pari ad 30% della PVL aziendale”).
Non vi è, viceversa, alcuna specifica allegazione relativamente al danno da mancato guadagno in concreto sofferto dall’azienda agricola gestita dallo Scaringella.
Invero, l’interessato avrebbe dovuto e potuto agevolmente fare riferimento – quale possibile parametro di valutazione e quantificazione di detta voce di danno – agli utili conseguiti dalla stessa azienda in annualità  antecedenti rispetto alla vicenda ablatoria per cui è causa.
Inoltre, anche la determinazione, da parte del consulente dell’odierno deducente, del quantum del danno da lucro cessante sub specie di mancati redditi in termini di aiuti comunitari PAC non percepiti per un periodo di dieci anni soffre di analogo deficit probatorio (i.e. citazione di astratte formule di matematica finanziaria).
E’ pur vero che il consulente di parte (cfr. pag. 9 della relazione depositata in data 3 maggio 2012) correttamente richiama, prima di operare detti conteggi, l’importo (circa €/Ha 600,00) degli aiuti comunitari annualmente percepiti in tale periodo (1999/2012) dallo Scaringella per i terreni dallo stesso condotti.
Tuttavia, la documentazione bancaria allegata alla consulenza di parte depositata in data 3 maggio 2012 (punto 1sexies: riepilogo aiuti comunitari Agea ditta Scaringella), peraltro già  prodotta agli atti del giudizio in data 19 novembre 2011, riguarda unicamente gli anni 1999, 2000, 2002, mentre le tabelle di riepilogo degli aiuti comunitari esibite sono prive di riferimenti temporali.
In conclusione, compete allo Scaringella a titolo di risarcimento del danno per equivalente la somma complessiva di € 29.028,78 (€ 21.481,00 + € 5.399,68 + € 2.148,10).
Ne consegue l’accoglimento, nei sensi e nei limiti in precedenza esposti, disattesa ogni ulteriore istanza relativa ad altre voci di danno, della domanda risarcitoria e, per l’effetto, la rideterminazione in € 29.028,78 della somma prevista nell’atto impugnato (in luogo di € 11.578,03 di cui al punto sub B dell’art. 2 – pag. 4 del decreto di acquisizione sanante n. 36 dell’8.9.2009) dovuta al ricorrente a titolo di risarcimento del danno per equivalente, somma che deve essere posta a carico della Provincia di Bari.
Ciò premesso, la complessiva somma di € 29.028,78 riconosciuta allo Scaringella a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano della P.A., trattandosi di debito di valore, va rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento storico [30.8.2004] di perdita di efficacia della delibera del Consiglio Provinciale n. 46 del 28.5.1998 di dichiarazione di pubblica utilità  in forza della quale il ricorrente ha subito l’occupazione dei propri terreni con successivo decreto n. 155 del 2.7.1999), oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995).
Sul punto recentemente Cass. civ., Sez. I, 4 febbraio 2010, n. 2602 ha riaffermato la permanente validità  del principio del riconoscimento d’ufficio della rivalutazione monetaria nonchè degli interessi legali sulla somma rivalutata e dei criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995 in tema di computo di rivalutazione ed interessi nelle obbligazioni di valore quali quelle derivanti – come nel caso di specie – da fatto illecito: “Il credito da occupazione appropriativa, trovando origine in un fatto illecito della p.a. ai sensi dell’art. 2043 c.c., costituisce una obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonchè gli interessi legali sulla somma rivalutata, da calcolarsi secondo i criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995.”.
Le somme già  erogate al ricorrente devono essere detratte da quelle dovute in forza della presente sentenza.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ritiene il Collegio di disporre la trasmissione degli atti del giudizio alla Procura Regionale della Corte dei Conti per quanto di competenza.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, disattesa ogni ulteriore istanza relativa ad altre voci di danno, accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente Scaringella Luigi e, per l’effetto, ridetermina in € 29.028,78 la somma prevista nell’atto impugnato (in luogo di € 11.578,03 di cui al punto sub B dell’art. 2 – pag. 4 del decreto di acquisizione sanante n. 36 dell’8.9.2009) dovuta al ricorrente a titolo di risarcimento del danno per equivalente, somma che deve essere – secondo quanto precisato in motivazione – rivalutata alla data odierna con corresponsione di interessi legali sino al soddisfo e posta a carico della Provincia di Bari, che, pertanto, viene condannata al relativo pagamento in favore del ricorrente.
Condanna la Provincia di Bari al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente Scaringella Luigi, liquidate in complessivi € 2.000,00, oltre accessori come per legge.
Liquida in favore del consulente tecnico d’ufficio incaricato la somma di € 1.500,00, oltre accessori come per legge, da porre definitivamente a carico della Provincia di Bari.
Dispone, altresì, la trasmissione, a cura della Segreteria, di copia del fascicolo d’ufficio e della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti in Bari per quanto di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria