1. Processo amministrativo –  Azione di accertamento – Riconoscimento differenze retributive – Onere della prova – Grava sul ricorrente


2. Risarcimento del danno – Omesso esercizio dell’azione di annullamento dell’atto amministrativo – Danni evitabili  col tempestivo esercizio dell’azione di annullamento – Causalità  ipotetica – Art. 30 c.p.a. – Risarcibilità  – Esclusione – Fattispecie

1. L’azione di accertamento del diritto alla corresponsione delle differenze retributive non risulta meritevole di accoglimento se il ricorrente non assolva all’onere della prova che ha ad oggetto la dimostrazione dell’effettivo espletamento dell’attività  lavorativa per la quale si avanza la pretesa economica.


2. La regola della non risarcibilità  dei danni evitabili con l’impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, oggi sancita dall’art. 30 comma 3, c.p.a., deve ritenersi ricognitiva di principi già  evincibili alla stregua di un’interpretazione evolutiva dell’art. 1227 comma 2, c.c.; pertanto l’omessa attivazione dei rimedi di tutela integra violazione dell’obbligo di cooperazione che grava sul creditore danneggiato, recidendo il nesso causale tra la condotta antigiuridica e il danno risarcibile.

N. 01450/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01734/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1734 del 2010, proposto da: 
Alfredo Musajo Somma, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mara Caponio e Vincenzo Ricciardi, con domicilio eletto presso gli stesi in Bari, al corso Mazzini n.136/D; 

contro
Università  degli Studi di Bari, in persona del Rettore p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Bianca Massarelli e Marcella Loizzi, con domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Bari, alla piazza Umberto n.1; Regione Puglia; Azienda Sanitaria Locale Taranto, in persona del Direttore generale p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via M. Celentano n.27; 

per l’accertamento del diritto
del diritto del ricorrente al riconoscimento dell’attività  assistenziale prestata al servizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto e del relativo compenso dall’aprile 2007 al gennaio 2009, oltre al riconoscimento di questi anni a livello pensionistico;
nonchè per il risarcimento
del danno subito dal ricorrente per un illegittimo demansionamento ed impoverimento professionale;
nonchè per la condanna
delle Amministrazioni convenute a corrispondere al ricorrente quanto dovuto, a titolo di emolumenti non corrisposti, oltre al risarcimento del danno;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università  degli Studi di Bari e dell’Azienda Sanitaria Locale Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Mara Caponio, avv. M. Loizzi e avv. F. Panizzolo, su delega dell’avv. G. Corrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
 

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, il dott. Alfredo Musajo Somma ha evocato in giudizio l’Università  degli Studi di Bari, la Regione Puglia e l’Azienda Sanitaria Locale Taranto per ottenerne la condanna al pagamento delle differenze retributive relative al periodo aprile 2007/gennaio 2009, con riconoscimento del periodo anche a fini pensionistici, che assume spettargli per aver assunto le funzioni di Direttore di struttura complessa presso il presidio ospedaliero di Taranto “SS. Annunziata”; nonchè per il risarcimento del danno subito per asserito illegittimo demansionamento ed impoverimento professionale.
Sostiene più precisamente il ricorrente che all’esito del Protocollo di intesa stipulato tra le Amministrazioni intimate, l’Asl di Taranto si sarebbe obbligata ad istituire la Struttura complessa di Chirurgia plastica presso il presidio ospedaliero Annunziata di Taranto e che sarebbe stato ab origine designato Direttore della struttura stessa (cfr. nota dell’Università  a firma del Rettore prot. n.31874 VII del 12.4.2077 versata in atti). L’investitura era dichiaratamente a titolo provvisorio in attesa dell’esperimento dell’avviso pubblico (cfr. altra nota del rettore prot. n.44687 VII/6).
A far data dal 16 aprile 2007, pertanto, il dott. Musajo Somma cessava dalle attività  assistenziali svolte presso l’UOC Chirurgia plastica e Ricostruttiva del Policlinico di Bari nella qualità  di ricercatore confermato e prof. aggregato di chirurgia plastica; funzioni che riassumeva soltanto in data 11 febbraio 2009, come attestato dalla documentazione versata in atti dallo stesso ricorrente (nota dell’interessato dell’11.2.2009 e nota a firma del Direttore generale Azienda policlinico prot. n.21493/DG del 3.3.2009). Tali circostanze sono -in punto di fatto- incontestate.
Incontestate ulteriori due circostanze di rilievo ai fini della decisione della controversia:sospensione a partire dal 6 giugno 2007 dalle predette provvisorie funzioni primariali (cfr. nota del Commissario straordinario dell’Asl Ta prot. n.004077/9 in pari data) e -a partire dal 26 settembre 2007- dell’attività  della stessa struttura complessa formalmente attivata presso il presidio ospedaliero “SS. Annunziata” (cfr. nota Asl Taranto prot. n.0006478/P in pari data); struttura mai riattivata -almeno non fino al gennaio 2009, data fino alla quale si appuntano le pretese di parte ricorrente- nonostante i molteplici solleciti dell’Università  di Bari.
Un’ultima notazione sempre in punto di fatto. Soltanto in data 17 giugno 2007 il dott. Musajo Somma dichiarava ufficialmente la propria disponibilità  all’incarico primariale di cui si discute, nelle more fatto oggetto di avviso pubblico. E anche questo è incontestato.
Si sono costituite in giudizio sia l’Università  degli studi di Bari, sia l’Azienda sanitaria di Taranto chiedendo la reiezione del gravame e, prima ancora, la dichiarazione di inammissibilità  del ricorso.
All’udienza del 29 marzo 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- Si prescinde dalle eccezioni preliminari formulate dalle Amministrazioni resistenti perchè il gravame va respinto nel merito.
Ed invero i riportati punti salienti della vicenda, secondo una ricostruzione condivisa dallo stesso ricorrente, conducono a ritenere infondate le pretese azionate nel presente giudizio tese ad ottenere la corresponsione delle richieste differenze retributive; certamente con riferimento al periodo 6 giugno 2007/gennaio 2009. E’ invero evidente che in relazione a tale periodo manca completamente sia la prova del funzionamento della struttura complessa per cui è causa, sia dello svolgimento delle relative funzioni di primario da parte del ricorrente. Al contrario è incontestato che dal 6 giugno 2007 il dott. Musajo Somma sia stato sospeso dalle funzioni primariali precedentemente affidate in via informale e provvisoria; e che dal 26 settembre successivo sia stata addirittura sospesa l’attività  della neonata struttura complessa per mancanza delle necessarie risorse.
Del resto è lo stesso ricorrente a lamentare nel ricorso che dal 6 giugno 2007 all’11.2.2009 -testualmente- “¦non ha potuto svolgere attività  assistenziale nè presso l’ospedale di Taranto, perchè sospeso dal 06.06.2007¦.nè presso l’Azienda policlinico di Bari, dal momento che con nota prot. n.31874 l’Università  degli studi di Bari aveva provveduto immediatamente a comunicare al detto professore la cessazione delle proprie funzioni assistenziali” (cfr. pagg.12-13).
3.- Nè le pretese somme possono essere riconosciute -in riferimento allo stesso periodo- a titolo risarcitorio sulla scorta di due distinte considerazioni. Innanzitutto l’affidamento dell’incarico era stato disposto dichiaratamente in via provvisoria in attesa dell’espletamento dell’avviso pubblico, sicchè era inidoneo ad ingenerare aspettative per il futuro. In secondo luogo e in ogni caso, il risarcimento resterebbe precluso dall’assoluta inerzia del ricorrente nel periodo di inattività , durante il quale non risulta aver esperito alcuna iniziativa tesa a tutelare le proprie ragioni; non ha cioè attivato alcun rimedio idoneo ad evitare il lamentato danno, così determinando un’interruzione del nesso di causalità  tra la condotta antigiuridica e le conseguenze dannose risarcibili.
Addirittura emerge dagli atti di causa che l’interessato -dopo aver accettato la cessazione delle attività  assistenziali presso il Policlinico senza riserva alcuna- abbia ripreso servizio presso il Policlinico stesso su iniziativa spontanea dell’Università  e con un ritardo di qualche mese rispetto alla disposta riammissione (cfr. nota Rettore prot. n.652/III/14 dell’8 gennaio 2009 in combinato disposto con la comunicazione a firma del ricorrente datata 11 febbraio 2009).
La proposizione tempestiva di iniziativa giurisdizionale tesa alla tutela delle proprie pretese avrebbe consentito all’odierno ricorrente di ottenere la tutela reale oggi chiesta in via risarcitoria ovvero il bene della vita, il cui mancato ottenimento viene paventato quale causa dei danni asseritamente patiti.
Deve in proposito riportarsi un condivisibile passaggio della recente decisione n.3/2011 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la quale ha chiarito che “il codice, pur negando la sussistenza di una pregiudizialità  di rito, ha mostrato di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell’omessa impugnazione ( ovvero dell’omessa proposizione del ricorso ex art. 21 bis l. Tar, ora art. 31 c.p.a., n.d.e.) come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilità  dei danni che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di tempestiva reazione processuale.”
L’art. 30, comma 3, del codice dispone infatti al secondo periodo che, nel determinare il risarcimento, “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”. E”la disposizione, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà , ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza.”
Peraltro nella stessa decisione, si è acclarata l’efficacia retroattiva della regola della non risarcibilità  dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli strumenti di tutela anche giurisdizionale previsti dall’ordinamento, oggi sancita dall’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo entrato in vigore soltanto nel settembre 2010, in quanto ricognitiva di principi già  evincibili attraverso un’ interpretazione evolutiva del capoverso dell’articolo 1227 c.c..
L’Adunanza ha più precisamente affermato che “In questo quadro la norma introduce un giudizio basato sulla cd. causalità  ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto, secondo correttezza.”; con la precisazione che la giurisprudenza più recente ha adottato un’interpretazione estensiva ed evolutiva del comma 2 dell’art. 1227, secondo cui il creditore è gravato non soltanto da un obbligo negativo (astenersi dall’aggravare il danno), ma anche da un obbligo positivo (tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili e possibili, rivolte a evitare o ridurre il danno).
Nel caso di specie la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non (comparativamente) complessa -ove rapportata alle azioni proposte con il presente giudizio- integra a giudizio del Collegio la violazione dell’obbligo di cooperazione e, dunque, recide il nesso causale tra la condotta antigiuridica e il danno risarcibile.
L’interessato ha reagito dopo ben quattro anni di inattività  promuovendo il presente giudizio.
La totale inerzia osservata nella coltivazione di rimedi giudiziali e di iniziative stragiudiziali (non risulta che siano state neppure inviate richieste di riassunzione presso il Policlinico), integra, alla luce della gravità  degli effetti lesivi denunciati, una chiara violazione degli obblighi cooperativi che gravano sul creditore danneggiato.
Alla stregua delle considerazioni che precedono la domanda risarcitoria non può essere accolta.
3.- Per le stesse ragioni esposte sub 2, va respinta anche l’azione risarcitoria per demansionamento e della conseguente richiesta di liquidazione del danno esistenziale. Le funzioni primariali -si ribadisce- avrebbero dovuto essere affidate all’esito della procedura conseguente ad avviso pubblico ex art.102 del D.P.R. n.382/80 ma tale affidamento non ha mai avuto luogo per intervenuta cessazione dal settembre 2007 della struttura solo formalmente avviata, cui le funzioni si riferivano; e il precedente affidamento -dichiaratamente temporaneo in attesa di esperire la procedura stessa- era inidoneo ad ingenerare qualsiasi affidamento tutelabile.
In secondo luogo il dott. Musajo Somma non ha -come detto- assunto alcuna iniziativa tesa a sollecitare l’assunzione delle predette funzioni primariali ovvero la riassunzione delle precedenti funzioni presso il Policlinico; e, quando ha ripreso servizio su iniziativa dell’Università  nel febbraio 2009, è stato reintegrato nelle sue originarie mansioni.
4.- Venendo invece al periodo 16 aprile/6 giugno 2007, durante il quale il ricorrente era stato -sia pure a titolo provvisorio- incaricato delle funzioni primariali per cui è causa, manca certamente la prova dell’effettivo espletamento delle stesse.
Risulta invero agli atti di causa soltanto che l’interessato abbia eseguito 25 visite ambulatoriali nel periodo maggio-giugno 2007; ma non vi è traccia alcuna delle attività  di direzione di struttura complessa che assume aver espletato.
Nè appare raggiunta la prova dell’effettivo funzionamento della struttura complessa in questione ed anzi, al contrario, risultano attestate le difficoltà  connesse all’attivazione della struttura stessa per l’assenza -a monte- di un atto aziendale di assegnazione delle relative risorse e, in particolare, di adeguati locali (si rinvia alla richiamata nota Asl Taranto prot. n.0006478/P del 26 settembre a firma del Direttore generale dell’Asl Taranto, indirizzata al Rettore dell’Università  di Bari).
Il “breve periodo di funzionamento” cui la nota appena richiamata allude, in mancanza di prova contraria, sembra essere rimasto confinato sul piano di un’attivazione formale rimasta priva di concretezza ed effettività .
5.- Infine va respinta anche la domanda di accertamento del mancato rispetto dell’Appendice del 20.6.2006 del Protocollo di intesa tra Regione Puglia e Università  degli studi di Bari per genericità  della stessa.
6.- Il gravame va pertanto interamente respinto. Considerata tuttavia la novità  delle questioni trattate, soprattutto con riferimento al recente arresto dell’Adunanza plenaria, il Collegio ritiene opportuno compensare le spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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