1. Sanità  pubblica – ASL – Deliberazione di non procedere al rinnovo del contratto ex art. 8 quinquies D.Lgs. n. 502/1992 – Atto di natura procedimentale – Impugnazione – Giurisdizione esclusiva G.A.

2. Sanità  pubblica – ASL – Deliberazione di non procedere al rinnovo del contratto ex art.8 quinquies D.Lgs. n. 502/1992 – Rinvenimento in Laboratorio di analisi convenzionato reagenti scaduti – Giudicato penale di assoluzione per non essere stata raggiunta la piena prova dell’uso di detti reagenti – Gravi inadempienze – Sussistenza

1. L’impugnazione della deliberazione della Asl con la quale si dispone di non rinnovare il contratto di prestazioni sanitarie con soggetti accreditati e autorizzati, qualificandosi quale atto prodromico di natura negoziale, sia pure rivolto a non porre in essere l’accordo sostitutivo, e assumendo carattere procedimentale, per cui si applicano le relative garanzie, è attratta nella giurisdizione esclusiva dell’art. 11, L. n. 241/1990.
2. Il giudicato penale che accerti il mancato utilizzo di reagenti chimici scaduti da parte della struttura sanitaria convenzionata, presso cui quelli sono stati rinvenuti in occasione di una ispezione degli organi di controllo, non esclude la sussistenza delle gravi inadempienze per fondare la determinazione di non rinnovare il contratto ex art. 8 quinques D.Lgs. n. 502/1992, avuto riguardo al fatto che la stessa custodia promiscua di detti reagenti con quelli in corso di validità  evidenzia una deviazione significativa dai corretti protocolli operativi di un laboratorio di analisi e giustifica la suddetta determinazione negativa, siccome idonea a tutelare la salute pubblica.
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Vedi Cons. St., sez. III, sentenza 12 giugno 2013, n. 3248 – 2013; ric. n. 9255 – 2012
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N. 01406/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00551/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 551 del 2009, proposto da: 
Laboratorio Analisi Bio-Chimico Ormonali di Liddo S.r.l., rappresenta e difesa dall’avv. Nicola Calvani, con domicilio eletto presso Gaetano Scattarelli in Bari, piazza L. di Savoia n.37; 

contro
Azienda Sanitaria Locale Bat, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Delle Donne, con domicilio eletto presso Alfredo Mele in Bari, via Abate Gimma n.231; 

per l’annullamento
– della nota, prot. n. 007514 dell’ 11.2.2009 del Direttore Generale dell’A.S.L. BAT, recante ad oggetto “contratto di acquisto di prestazioni sanitarie ambulatoriali in regime convenzionale”, con cui la Direzione Generale, stanti le gravi inadempienze ed irregolarità  rilevate dal Dipartimento di Prevenzione -SISP, tali da rendere non proseguibile il rapporto contrattuale per la fornitura di prestazioni sanitarie ambulatoriali in regime di convenzione, anche ai sensi dell’art. 5 -commi 3 e 5- dello stesso contratto per l’acquisto delle citate prestazioni, ha comunicato la propria intenzione di non rinnovare il rapporto contrattuale per l’anno 2009;
– di tutti gli atti presupposti, conseguenti e/o connessi, ancorchè non conosciuti dal ricorrente;
– nonchè per la condanna della P.A. al risarcimento dei danni provocati dagli atti impugnati.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Bat;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Nicola Calvani e avv. A. Delle Donne;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La società  ricorrente, titolare di un laboratorio di analisi operante in regime di accreditamento presso il Servizio sanitario, impugna la nota con cui l’ASL , in data 11.2.2009, a seguito delle accertate gravi irregolarità  e inadempienze rilevate dal Dipartimento Prevenzione in sede di controlli, ha comunicato la propria intenzione di non rinnovare il rapporto contrattuale per l’anno 2009, id est di non stipulare le convezioni sanitarie di cui all’art.8 quinquies d.lgs. 502/92 per il 2009.
La determinazione si ricollega, per stessa indicazione della ricorrente, a due accessi ispettivi del 14.10.2008 e del 21.10.2008 che hanno riscontrato, il primo, la presenza di svariate quantità  di reagenti scaduti (alcuni anche in uso nelle macchine), il secondo svariate carenze strutturali connesse allo stato dei servizi igienici etc.
Il ricorrente contesta la comunicazione in questione, postulandone la natura provvedimentale, sotto due profili:
1) per violazione delle garanzie partecipative;
2) per difetto di motivazione e corretta istruttoria.
Produce, in vista dell’udienza di discussione, due documenti:
– la sentenza penale del GUP di Trani, di assoluzione dai reati contestati connessi all’uso di reagenti scaduti (truffa e false forniture all’ASL);
– il provvedimento di accreditamento istituzionale del 2012, successivo alla già  intervenuta revoca.
Ne pretende la portata favorevole alla tesi difensiva.
L’ASL ha replicato rilevando che la determinazione impugnata era connessa non solo alle irregolarità  derivanti dall’uso di reagenti scaduti, ma anche alle carenze strutturali e si diffonde sulla compatibilità  dell’esito del giudizio penale, pur favorevole alla tesi difensiva di controparte, con le determinazioni amministrative compendiate nella nota impugnata.
All’udienza del 27.4.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
Preliminare è l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice adito, fondata sulla pretesa natura contrattuale dell’atto in questione, qualificato come atto di risoluzione contrattuale (e per ciò, a detta dell’ASL, estraneo alla generale giurisdizione di legittimità ), cui la società  ricorrente replica sostenendone la natura provvedimentale.
L’eccezione non coglie nel segno.
Preliminarmente va correttamente qualificata la nota in questione.
Essa certamente non può essere considerata atto di risoluzione contrattuale per la semplice quanto dirimente ragione che alla data della sua adozione l’ultimo contratto stipulato (relativo alle prestazioni 2008) era già  privo di efficacia per scadenza e, per ciò, non più risolubile.
Guardando al contenuto deliberativo della stessa, con cui si comunica la decisione dell’amministrazione di non procedere al rinnovo del contratto (di cui all’art. 8 quinquies, d.lgs. n. 502 del 1992 – avente natura giuridica di accordo, ex art. 11, l. n. 241 del 1990, con soggetti accreditati ed autorizzati, v. in tal senso T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 10 novembre 2010, n. 3876), la qualificazione giuridica appare evidente, essendosi in presenza di un atto con cui l’amministrazione ha notificato l’intenzione di non procedere alla stipula di un (nuovo) contratto per l’acquisto di prestazioni sanitarie.
Resta da valutare se tale atto abbia natura provvedimentale ovvero negoziale.
Ritiene il Collegio che, attesa la sua funzionalizzazione alla conclusione di un accordo sostitutivo (rectius: al rifiuto di concludere tale accordo) ed inserendosi per ciò, nell’alveo di un procedimento finalizzato all’adozione di un accordo governato dai principi privatistici (v. art. 11 l.241/90), esso non possa che ripetere da tale atto finale la sua natura, qualificandosi, per ciò, come atto prodromico di natura negoziale ovverosia atto prenegoziale (nella specie di manifestazione negativa di volontà ).
Tanto, comunque, non incide sulla giurisdizione, in quanto la sua natura di atto prodromico ad un accordo sostitutivo la attrae incontestabilmente nella giurisdizione esclusiva di cui all’art. 11 cit.
Con il che resta respinta la sollevata eccezione.
Resta, tuttavia, impregiudicata la questione se, per gli accordi sostitutivi (e di riflesso per gli atti ad essi prodromici), trovino ingresso, oltre ai principi civilistici espressamente richiamati dall’art. 11 cit., anche le norme del procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/90.
Ove, infatti, si optasse per l’incompatibilità  totale o parziale dei principi procedimentali amministrativi con gli accordi sostitutivi, dovrebbe valutarsi preliminarmente – rispetto ad essi- l’ammissibilità , ancor prima dell’esame nel merito, di censure – quali quelle proposte dalla società  ricorrente- riferibili squisitamente alla violazione delle norme sul procedimento amministrativo.
In altri termini dovrebbe vagliarsi se gli accordi sostitutivi e gli atti ad essi prodromici debbano rispettare le norme sul procedimento amministrativo.
Depone in tal senso la disposizione, introdotta dalla L. n. 15/2005 che ha novellato la precedente formulazione, aggiungendo il co 4-bis che impone che “A garanzia dell’imparzialità  e del buon andamento dell’azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma l, la stipulazione dell’accordo è preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento”.
Tale norma, introducendo la previa delibera dell’organo competente all’adozione del provvedimento, ha sostanzialmente riportato nel procedimento negoziale le caratteristiche (e nel contempo le garanzie) provvedimentali.
Ma anche a voler ripudiare tale ricostruzione dogmatica inerente la natura dell’atto impugnato, non potrebbe che giungersi ad analoghe conclusioni sia in tema di giurisdizione sia in merito alla sua impugnabilità  nel giudizio di legittimità .
Infatti, fintanto che non si è pervenuti alla sottoscrizione del contratto, si è ancora nella fase procedimentale (amministrativa) della formazione della volontà  dell’amministrazione che poi viene trasfusa nell’accordo di cui all’art. 8 quinquies d.lgs 502/92.
Pertanto, fino alla stipula del contratto per l’acquisto delle prestazioni sanitarie, non può che rilevarsi che si è in fase procedimentale.
In merito alla giurisdizione, peraltro, la stessa sarebbe, comunque, correttamente radicata (giurisdizione esclusiva) vertendosi in materia di servizi pubblici.
Tuttavia, un esame più approfondito della questione non è dirimente nel caso di specie, in quanto le censure formulate sono, comunque, infondate.
Venendo all’esame nel merito delle stesse, occorre preliminarmente rilevare che, con la memoria depositata in vista dell’udienza di discussione, parte ricorrente ha svolto importanti difese in ordine all’accertamento penale relativo ai fatti contestati ed alla sentenza del Giudice penale che ha assolto l’imputato Di Liddo (rappresentante legale della struttura, unitamente al dr. Cancellieri, direttore del laboratorio) dai reati contestati di cui agli artt. 640, 355 e 356 cp, perchè il fatto non sussiste, per non essere stata raggiunta la piena prova (ma non la prova dell’inutilizzo, come testimonia inequivocabilmente il richiamo dell’art. 530 cpv, cpp) dell’uso di reagenti scaduti.
La memoria mira a escludere la correttezza degli accertamenti effettuati in sede istruttoria e a contestare la gravità  delle violazioni riscontrate. Gli argomenti con essa svolti assumono, pertanto, un ruolo rilevante nella decisione della controversia.
In merito alla portata della sua utilizzabilità , osserva il Collegio che essa può introdurre ulteriori argomenti difensivi solo nei limiti in cui integri i motivi di ricorso già  proposti (che si ribadisce afferiscono vizi partecipativi, nonchè difetto di motivazione ed istruttoria), ma non nella parte in cui dovesse introdurre nuovi motivi di doglianza, in quanto trattasi di memoria non notificata alla controparte con la quale, pertanto, non possono essere dedotti motivi aggiunti (di cui andrebbe, peraltro, valutata la tempestività ).
Fatta tale precisazione, ritiene tuttavia il Collegio, che, nella misura in cui essa è tesa a contestare la gravità  delle violazioni riscontrate, possa essere qualificata come approfondimento e precisazione del secondo motivo di ricorso già  dedotto, in particolare relativamente al vizio di difetto di istruttoria.
Con questo il Collegio giunge all’esame della questione cruciale della presente controversia, vero punto nodale della stessa, ovverosia la ricaduta del giudicato penale sulla correttezza delle determinazioni dell’amministrazione.
Deve precisarsi che la sentenza del GUP di Trani n. 508/2011 (passata in giudicato, per come allegato da parte ricorrente e non contestato da controparte) ha escluso che fosse stata raggiunta la prova sufficiente dell’uso nelle macchine di analisi di reagenti scaduti, ma ha confermato la detenzione promiscua di reagenti scaduti e in corso di validità , nell’ambito di locali unici del laboratorio.
Pertanto, sotto tale profilo, l’accertamento degli operatori della ASL non è stato affatto smentito, ma anzi confermato dal giudicato penale.
Tale accertamento in fatto risulta, peraltro, espressamente compendiato nella comunicazione notizia di reato redatta dal gruppo di lavoro ASL in data 14.10.2008, all’esito del primo sopralluogo nella struttura che ha evidenziato le violazioni riscontrate (uso e detenzione di reagenti non in corso di validità ) (v. notizia di reato del 14.10.2008 nella quale si legge “Nel corso dell’ispezione, indipendentemente dalle risultanze di carattere amministrativo, è stato accertato che nel laboratorio venivano detenuti, in frigoriferi e su scaffali diverse confezioni di reagenti scaduti di validità , detenuti in promiscuità  con altri ancora in corso di validità ¦.”).
Tale atto è stato posto senz’altro a fondamento della nota impugnata, rappresentando il compendio dell’attività  di accertamento.
Ciò posto, può senz’altro sgomberarsi il campo dalla fondatezza del denunciato vizio di insufficienza motivazionale, in quanto la nota in esame, adottata l’11.2.2009, nel rimandare alle gravi inadempienze ed irregolarità  riscontrate, data :
– la stretta vicinanza temporale agli accertamenti del 14 e 21.10.2008;
– l’assenza di precedenti ed ulteriori atti di ispezione o accertamento;
rinvia implicitamente, ma in modo evidente, all’esito di tali accessi, con ciò rendendo la parte chiaramente edotta delle ragioni che hanno condotto all’adozione dell’atto.
Resta da chiarire se le conclusioni degli accertamenti svolti, in parte smentite dall’esito del processo penale (in particolare quanto all’utilizzo dei reagenti scaduti), risultino comunque sufficienti, dal punto di vista istruttorio, a supportare la legittimità  della nota in questione.
Il Collegio ritiene di dare risposta positiva al quesito posto.
Infatti, la detenzione promiscua di reagenti scaduti e non, nella sala analisi di un laboratorio, di cui, peraltro, alcuni addirittura nei frigoriferi del laboratorio, evidenza una deviazione significativa dai corretti protocolli operativi di un laboratorio di analisi che ne impongono la netta separazione, anche al fine di evitare un distratto o imperito uso dei reagenti non validi.
La custodia in luoghi separati mira, in sostanza, ad evitare anche il solo pericolo di un uso improprio.
Posto che tale accorgimento è funzionale a garantire il bene primario e fondamentale della salute, deve ritenersi che anche il solo pericolo (cioè la possibilità  di danno) derivante dalla custodia promiscua sia motivo sufficiente a giustificare una pronta reazione delle strutture amministrative deputate a tutelare la salute pubblica.
D’altro canto, resta da chiedersi per quale motivo i reagenti scaduti fossero detenuti in frigorifero se davvero destinati allo smaltimento, posto che tale modalità  di detenzione induce a ritenere, in via presuntiva, una conservazione funzionale all’uso piuttosto che allo smaltimento (non è infatti comprensibile, secondo un criterio di ragionevolezza, perchè un reagente da smaltire sia custodito con modalità  più costose del necessario e funzionali alla conservazione).
Per le ragioni esposte la censura non può trovare accoglimento, in quanto il giudizio relativo alle gravi inadempienze, pur se fondato in parte su dati superati dalle deduzioni ed allegazioni di parte ricorrente, non risulta, nel suo complesso, caratterizzato da irragionevolezza o inadeguatezza dell’istruttoria.
Analoga sorte merita la censura di violazione delle garanzie partecipative (nella forma della mancata comunicazione di avvio del procedimento).
Infatti, tutte le osservazioni che il destinatario dell’atto avrebbe potuto svolgere prima dell’emanazione della nota impugnata sono compiutamente compendiate nei motivi di ricorso e nella memoria difensiva depositata per l’udienza del 27.4.2012 che, alla luce di quanto appena esposto non avrebbero potuto portare all’emanazione di un atto di contenuto diverso,
sicchè, in applicazione del principio desumibile dall’art.21 octies l. 241/90, l’annullamento giurisdizionale non potrebbe essere pronunciato.
Atteso il superato vaglio di correttezza dell’operato dell’amministrazione, la domanda risarcitoria non può trovare accoglimento.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione delle spese di lite, attesa la particolarità  della vicenda esaminata e gli effetti del giudicato penale, parzialmente contrari agli accertamenti istruttori svolti dall’amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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