1. Energia da fonte rinnovabile  – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Segnalazione certificata di inizio attività  (SCIA) – Natura 


2. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Legittimazione attiva – Presupposti


3. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Legittimazione attiva – Promissario conduttore – Insussistenza


4. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Disponibilità   giuridica, attuale ed effettiva dell’area – Necessità 


5. Energia da fonte rinnovabile –  Denuncia di inizio attività  (DIA) – Disponibilità   giuridica, attuale ed effettiva dell’area – Verifica sussistenza di un titolo idoneo  – Necessità   


6. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – dichiarazioni inesatte o incomplete – Effetti


7. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Dichiarazioni inesatte o incomplete – Principio di autoresponsabilità  del dichiarante – Effetti


8. Energia da fonte rinnovabile – Denuncia di inizio attività  (DIA) – Dichiarazioni inesatte o incomplete – Principio di autoresponsabilità  del dichiarante ed esigenze di concentrazione e  celerità  dei procedimenti ex D.Lgs 387/2003 – Conseguenze 
 

1. A seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011, la dichiarazione di inizio attività  – oggi generalmente sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività  (s.c.i.a.) -, non dà  vita ad una fattispecie provvedimentale a formazione tacita, bensì “riflette un atto del privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività  direttamente ammessa dalla legge”. 


2. Ai fini della legittimazione attiva al rilascio di titoli abilitativi nella materia edilizia, è necessaria la titolarità  del diritto di proprietà , ovvero di altro diritto reale od anche obbligatorio a condizione, in tale ultima ipotesi, del riconoscimento della disponibilità  giuridica e materiale del bene nonchè della relativa potestà  edificatoria. 


3. La posizione di promissario conduttore, in assenza di specifico consenso del proprietario, non è titolo di legittimazione idoneo al rilascio di titoli abilitativi, anche se a regime semplificato, mancando la disponibilità  giuridica dell’area su cui realizzare l’intervento, tanto più ove il proprietario promissario locatore si sia espressamente riservata la disponibilità  ed il godimento del bene fino alla stipula del contratto definitivo. 


4. L’art. 15 D.Lgs. n. 79/1999, nel richiedere tra l’altro “l’acquisizione della disponibilità  delle aree destinate ad ospitare l’impianto” presuppone, analogamente alla materia edilizia, un titolo qualificato comprovante la disponibilità  giuridica attuale ed effettiva dell’area, che non può configurarsi nella posizione del futuro detentore per effetto di una promessa di locazione. 


5. Anche in materia di rilascio di titoli abilitativi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, sebbene il rilascio del titolo avvenga con salvezza dei diritti dei terzi, è necessario per l’Amministrazione verificare la sussistenza di un titolo idoneo atto a comprovare la disponibilità  dell’area su cui deve essere realizzato l’impianto inerente la d.i.a. ovvero l’istanza di autorizzazione unica, quale presupposto di legittimità . 


6. Il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell’intervento rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l’Amministrazione ha la facoltà  ed il potere di inibire l’attività  o di sospendere i lavori anche oltre tale termine.  


7. Allorchè il legislatore ha introdotto la fattispecie di liberalizzazione di attività , ha trovato ingresso anche il principio dell’autoresponsabilità  del dichiarante, in base al quale, la dichiarazione può ritenersi valida ed efficace soltanto se essa rispetti – oltre alle formalità  estrinseche prescritte dall’ordinamento anche il canone dell’autosufficienza contenutistica, nel senso che occorre porre in condizione l’Amministrazione di poter effettivamente esercitare in concreto il potere inibitorio e di controllo previsto dalla legge. 


8. Le esigenze di concentrazione dei procedimenti e di tempestività  e contenimento dei termini, poste alla base del D. Lgs. n. 387/2003 in materia di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non può esonerare il richiedente, secondo il suesposto principio della autoresponsabilità , dalla presentazione della documentazione prescritta dalla legge, al fine di consentire all’Amministrazione di effettuare preventivamente gli opportuni controlli su quanto l’interessato intenda realizzare.

* * *
Idem TAR Bari, Sez. I, 18.6.2012, nn. 1194 e 1195
* * *

N. 01193/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00563/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 563 del 2011, proposto da: 
Enne. Pi. Studio s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv.to Francesco Paolo Bello, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Bello, in Bari, via P. Amedeo, 82/A; 

contro
Comune di Conversano, rappresentato e difeso dall’avv. to Giacomo Sgobba, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco, in Bari, via Pasquale Fiore, 14; 

per l’annullamento
previa sospensiva
della nota prot. n. 4906 del 16.2.2011, con cui il Comune di Conversano ha espresso formale diniego alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW, su territorio ubicato in zona agricola, alla C.da Quattrolinari;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Conversano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Paolo Amovilli;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 per le parti i difensori avv.ti Antonio Arzano (per delega dell’avv. Francesco Paolo Bello) e Giacomo Sgobba;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Espone la ricorrente di aver presentato in data 24 febbraio 2009 denuncia di inizio attività  ai sensi dell’art. 3 L.R. Puglia n.31/2008 per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW, ubicato in area ricadente in zona omogenea E1 del Comune di Conversano.
Con nota prot. n. 6594 del 2 aprile 2009, l’Amministrazione ha comunicato alla ricorrente la necessità  di integrare la suddetta d.i.a. per riscontrate carenze nella documentazione allegata.
In data 14 settembre la Enne. Pi. Studio s.r.l ha dunque prodotto ulteriore documentazione, ed in data 20 ottobre 2009 ha conseguito la prescritta autorizzazione paesaggistica.
Il 22 febbraio 2011 è pervenuto alla ricorrente provvedimento di formale diniego alla realizzazione dell’intervento in oggetto, sul presupposto della accertata mancata messa in esercizio degli impianti entro il termine perentorio stabilito dall’art 1-quater del D.L. 105/2010 (c.d. salva – d.i.a.), a seguito della dichiarazione di illegittimità  costituzionale dell’art. 3 della legge regionale 31/2008 (sentenza Corte Cost. 22 febbraio 2010, n.119).
La ricorrente impugna il suesposto provvedimento, deducendo le seguenti censure, così riassumibili:
I. violazione ed erronea applicazione dell’art. 1 – quater del D.L. 105/2010; eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione ed omessa applicazione della circolare 15 dicembre 2010 del Ministero dello Sviluppo economico, eccesso di potere per carenza di istruttoria: l’art. 1-quater citato, non essendo destinato a produrre effetti in ordine ai rapporti esauriti, vale a dire nei confronti di d.i.a. divenute definitive per decorrenza dei termini di impugnativa, non avrebbe nella fattispecie alcun impatto applicativo, essendosi la d.i.a. in questione già  perfezionata il 19 novembre 2009 (prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza della Consulta 119/2010) ovvero trenta giorni dopo il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, intervenuta il 20 ottobre 2009;
II. violazione ed erronea applicazione degli artt. 22 e 23 D.P.R. 380/2011, ulteriore violazione ed omessa applicazione della circolare 15.12.2010 del Ministero dello Sviluppo economico, violazione ed omessa applicazione degli artt. 21- nonies e 3 L. 241/90, eccesso di potere per carenza di istruttoria: richiamandosi all’opzione interpretativa avallata dalla circolare 15 dicembre 2010 del Ministero dello Sviluppo economico, anche qualora dovesse ritenersi applicabile l’art. 1-quater, la d.i.a. non dovrebbe ritenersi automaticamente caducata in caso di mancato rispetto del termine per l’entrata in esercizio degli impianti, non operando la norma sul piano della decadenza, che sarebbe peraltro del tutto irragionevole; scaduto il termine perentorio di trenta giorni prescritto dall’art. 23 D.P.R. 380/2011, l’Amministrazione avrebbe dovuto esercitare il potere sanzionatorio – repressivo mediante provvedimento di secondo grado, previa osservanza delle garanzie procedimentali all’uopo apprestate dall’ordinamento, comparando l’interesse pubblico al ripristino della legalità  violata con il sacrificio dell’affidamento ingenerato alla realizzazione dell’intervento;
III. violazione ed omessa applicazione dell’art. 2 comma 159 legge 244/2007 e dell’art. 15 D.Lgs. 79/2009, eccesso di potere per carenza di istruttoria ed erronea presupposizione dei fatti: per determinare il concetto di mancato avvio dei lavori, come constatato con sopralluogo del 10 febbraio 2011, non sarebbe possibile fare riferimento alla disciplina normativa in materia edilizia, stante il carattere di specialità  delle d.i.a. inerenti la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; infatti la normativa di settore richiederebbe in particolare la sola acquisizione della “disponibilità  delle aree” nonchè l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, requisiti nella fattispecie sussistenti.
Si costituisce il Comune di Conversano, eccependo preliminarmente l’inammissibilità  del gravame per omessa impugnazione della nota prot. 6594 del 2 settembre 2009, con cui veniva sospesa la d.i.a. presentata dalla ricorrente per carenze documentali, di contenuto direttamente ed immediatamente lesivo.
Nel merito, evidenzia in sintesi:
– il mancato perfezionamento del titolo abilitativo semplificato per carenze nella prescritta documentazione, requisito indispensabile per procedere alla realizzazione dell’impianto, solo parzialmente integrata dalla ricorrente;
– in particolare, la mancata produzione del contratto di locazione definitivo nonchè dell’assenso del proprietario dell’area all’esecuzione delle opere, non essendo all’uopo assolutamente sufficiente un mero contratto preliminare di locazione, ove il proprietario per altro si riservi l’uso ed il godimento dei beni sino alla stipula del contratto definitivo;
– la consequenziale piena applicabilità  alla fattispecie dell’art. 1-quater del D.L. 105/2010, stante il mancato perfezionamento del titolo abilitativo;
Con successive memorie, la ricorrente replica, in sintesi:
– l’eccessiva onerosità  della pretesa di un rapporto sinallagmatico definitivo, in assenza di garanzie in ordine all’ottenimento del titolo abilitativo, richiamandosi alla tesi invalsa presso la giurisprudenza in materia edilizia circa la legittimazione attiva del promissario acquirente al rilascio di tiolo abilitativi;
– l’irrituale integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato da parte della difesa comunale, rispetto all’unico motivo espresso consistente nell’omesso avvio degli impianti entro il termine previsto dal D.L. 105/2010;
– la piena legittimazione in capo al promissario conduttore dell’area a presentare la d.i.a., peraltro sottoscritta anche dal proprietario del terreno promissario locatore.
In data 8 marzo 2012, la ricorrente ha depositato altresì contratto di locazione definitivo.
Con ordinanza n. 368 all’esito della camera di consiglio del 20 aprile 2011, veniva respinta l’istanza cautelare, rinviandosi ad un approfondimento nel merito quanto alle obiezioni avanzate dal Comune sul difetto del titolo di disponibilità  del suolo e sulla non definitività  del nulla osta ministeriale.
La IV sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 3132/2011, respingeva l’appello cautelare.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 18 aprile 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
2. Preliminarmente, può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità  per mancata impugnazione della nota infraprocedimentale prot. 6594 del 2 settembre 2009, peraltro comunque determinante un arresto procedimentale (Consiglio Stato  sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6420), in considerazione della infondatezza del ricorso nel merito.
3. Il ricorso è infondato e va respinto.
3.1. Questione dirimente per la decisione della presente controversia è se la situazione alla quale ha dato luogo la dichiarazione di inizio attività  presentata dalla ricorrente al Comune il 24 febbraio 2009 con autorizzazione paesaggistica ottenuta il 20 ottobre 2009, possa ritenersi ormai consolidata ed intangibile da parte dell’Amministrazione, una volta trascorso il termine di 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio prescritto dall’art. 23 c. 6 D.P.R. 380/2001.
Ritiene la difesa della ricorrente che il suddetto termine dovrebbe in ogni caso decorrere dal giorno di deposito della d.i.a. (rectius dal conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica) indipendentemente dalla completezza o meno della documentazione necessaria e richiesta, avendo il legislatore assegnato all’Amministrazione il compito di verificarne la conformità  a legge entro e non oltre il predetto lasso temporale, trascorso il quale si consoliderebbe comunque l’affidamento dell’interessato alla realizzazione dell’attività  liberalizzata ex lege.
Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto.
Giova evidenziare come la denuncia di inizio attività  in esame, secondo la documentazione depositata in atti, risulta carente sotto diversi profili, tra cui, tra l’altro, l’allegazione del nulla osta del Ministero dello Sviluppo Economico nonchè di un titolo giuridico idoneo comprovante la disponibilità  dell’area, non essendo all’uopo sufficiente un mero contratto preliminare di locazione, senza (quantomeno) la contestuale dimostrazione della concreta disponibilità  del bene, come si approfondirà  in prosieguo.
Va premesso che, come noto, quantomeno a seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (29 luglio 2011, n. 15) la dichiarazione di inizio attività  – oggi generalmente sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività  (s.c.i.a.) per effetto dell’entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 – non dà  vita ad una fattispecie provvedimentale a formazione tacita, bensì “riflette un atto del privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività  direttamente ammessa dalla legge”. Tale controversa qualificazione della d.i.a./s.c.i.a. è stata poi avallata dallo stesso legislatore con l’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n.138, quantomeno per le d.i.a./s.c.i.a. presentate dopo la relativa entrata in vigore, pur potendosi invero ipotizzarne l’efficacia retroattiva propria delle norme di interpretazione autentica.
3.2. Ai fini della legittimazione attiva al rilascio di titoli abilitativi nella materia edilizia, la giurisprudenza ritiene necessaria, sulla base degli artt. 11 e 23 del D.P.R. 380/2011, la titolarità  del diritto di proprietà , ovvero di altro diritto reale od anche obbligatorio a condizione, in tale ultima ipotesi, del riconoscimento della disponibilità  giuridica e materiale del bene nonchè della relativa potestà  edificatoria (Consiglio di Stato sez. V 28 maggio 2001 n. 2881; id. sez. IV 25 novembre 2008, n. 5811; T.A.R. Emilia Romagna Bologna 21 febbraio 2007, n. 53; T.A.R. Lombardia Milano sez II 31 marzo 2010, n. 842).
Quanto al promissario acquirente, la tesi che ne riconosce la legittimazione non è affatto pacifica in giurisprudenza, richiedendosi, anche in ipotesi di preliminare ad effetti anticipati, la specifica autorizzazione del proprietario promissario venditore all’esercizio dello ius aedificandi (Consiglio Stato, sez. IV, 18 gennaio 2010, n. 144; Cassazione civile sez III 15 marzo 2007, n. 6005; T.A.R. Lazio-Latina 26 luglio 2005, n. 636). Tale opzione esegetica risulta ancor più corretta qualificando la relazione del promissario acquirente con l’immobile, anche in caso di preliminare ad effetti anticipati, quale “detenzione qualificata” e non già  come possesso, secondo la più recente ricostruzione pretoria (ex multis Cassazione Sez. Unite 27 marzo 2008, n.7930; id. sez. I 1 marzo 2010, n. 4863).
Ciò premesso, la posizione di promissario conduttore, in assenza di specifico consenso del proprietario, non è titolo di legittimazione idoneo al rilascio di titoli abilitativi, anche se a regime semplificato, mancando la disponibilità  giuridica dell’area su cui realizzare l’intervento. E ciò è tanto più vero, nella fattispecie, laddove il proprietario promissario locatore si è espressamente riservata la disponibilità  ed il godimento del bene fino alla stipula del contratto definitivo (punto 9.2 del contratto sottoscritto il 19 gennaio 2009).
Non ritiene il Collegio che l’indiscutibile specialità  della d.i.a. nell’ambito dei procedimenti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, in rapporto sia alla generale disciplina di cui all’art. 19 legge 241/90 che agli artt. 22-23 t.u. edilizia, possa condurre ad una tale “dequotazione” della posizione legittimante.
Infatti lo stesso art. 15 D.Lgs. 16 marzo 1999 n. 79, richiamato dall’art. 2 legge 244/2007, nel richiedere tra l’altro “l’acquisizione della disponibilità  delle aree destinate ad ospitare l’impianto” presuppone, analogamente alla materia edilizia, un titolo qualificato comprovante la disponibilità  giuridica attuale ed effettiva dell’area, che non può ricomprendere anche la posizione del futuro detentore per effetto di una promessa di locazione.
Nè sul punto può dirsi sufficiente la sottoscrizione congiunta della d.i.a. (o dell’istanza di autorizzazione unica) da parte del promissario locatore, che non sia anche il soggetto che deve svolgere l’attività  oggetto della dichiarazione.
Parimenti priva di pregio è l’obiezione della ricorrente circa l’asserito aggravio procedimentale o l’eccessiva onerosità  della richiesta comunale, posto che al fine di evitare il rischio di assumere un bene in locazione prima dell’ottenimento del titolo, ben avrebbero potuto le parti inserire nel contratto preliminare clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c. o clausola condizionale ex art. 1353 c.c., accompagnata dall’espressa autorizzazione del proprietario alla realizzazione delle opere sul proprio fondo.
Va pertanto affermato che anche in materia di rilascio di titoli abilitativi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, sebbene il rilascio del titolo avvenga con salvezza dei diritti dei terzi, è necessario per l’Amministrazione verificare la sussistenza di un titolo idoneo atto a comprovare la disponibilità  dell’area su cui deve essere realizzato l’impianto inerente la d.i.a. ovvero l’istanza di autorizzazione unica, quale presupposto di legittimità .
3.3. Tanto premesso, con riferimento sia alle d.i.a. di cui alla normativa di settore (con particolare riferimento all’edilizia) sia al modello generale di cui all’art. 19 legge 241/90, la giurisprudenza ritiene che presupposti indefettibili perchè una d.i.a. possa essere produttiva di effetti siano la completezza e la veridicità  delle dichiarazioni contenute nell’autocertificazione (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008 n. 5737; T.A.R. Emilia – Romagna Bologna sez. II 17 luglio 2006 n. 142; Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010, n. 3263; T.A.R. Lazio-Roma sez. I 2 dicembre 2010, n.35023). Infatti, il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell’intervento, rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l’Amministrazione ha la facoltà  ed il potere di inibire l’attività  o di sospendere i lavori. Così opinando, tale potere non è equiparabile ad un potere di autotutela, poichè non vi è alcun provvedimento su cui intervenire, ma ad un “potere di verifica della non formazione della d.i.a.”, con conseguente ordine di interruzione dei lavori, così come d’altronde normativamente previsto per l’ipotesi di mendacio (vedi comma 3 art. 19 L.241/90); per tale motivo, l’esercizio di tale potere non è sottoposto al termine perentorio di trenta giorni, che presuppone invece che la d.i.a. sia completa nei suoi elementi essenziali (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008, n. 5737).
3.4. Tali coordinate interpretative, invero, risultano già  fatte proprie da questa Sezione con specifico riferimento ai procedimenti per l’autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – caratterizzati come detto dal connotato della specialità  – laddove si è precisato che le attestazioni che devono accompagnare la denuncia di inizio attività  prevista dall’art. 5 del D.lgs 29 dicembre 2003 n. 387 non possono che ricalcare in linea di massima la documentazione da produrre con l’istanza per l’ottenimento dell’autorizzazione, di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387; pertanto in assenza della documentazione, se pertinente ed essenziale, la dichiarazione d’inizio attività  “non può reputarsi formalmente presentata” e quindi, dalla data del suo deposito, non può iniziare a decorrere il termine dilatorio di 30 giorni (sentenza 2 ottobre 2009, n. 2226).
3.5. A diverse conclusioni non può giungersi in relazione all’intervenuta qualificazione normativa (per effetto dell’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n. 138) della d.i.a. (e della s.c.i.a.) quale titolo abilitativo ex lege e non già  di fattispecie provvedimentale a formazione tacita, come anticipato in via pretoria dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 29 luglio 2011, n. 15).
Infatti, allorchè il legislatore introduca fattispecie di liberalizzazione di attività , vale il principio dell’autoresponsabilità  del dichiarante, in base al quale, la dichiarazione può ritenersi valida ed efficace soltanto se essa rispetti – oltre alle formalità  estrinseche prescritte dall’ordinamento (essenzialmente dirette a rendere incontrovertibile la paternità  di una determinata dichiarazione) – anche il canone dell’autosufficienza contenutistica, nel senso che occorre porre in condizione l’Amministrazione di poter effettivamente esercitare in concreto il potere inibitorio e di controllo previsto dalla legge. E ciò, si badi bene, non solo nell’interesse pubblico alla repressione delle attività  abusive, ma nello stesso interesse del dichiarante a non esporsi inutilmente all’eventuale potere inibitorio e/o sanzionatorio una volta già  realizzate le opere ed effettuati i correlati investimenti.
Le esigenze di concentrazione dei procedimenti e di tempestività  e contenimento dei termini, poste alla base del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 in materia di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sia in riferimento alle fattispecie di autorizzazione unica che di d.i.a., non può allora esonerare il richiedente, secondo il suesposto principio della autoresponsabilità , dalla presentazione della documentazione prescritta dalla legge, al fine di consentire all’Amministrazione di effettuare preventivamente gli opportuni controlli su quanto l’interessato intenda realizzare (in questi termini, in riferimento all’art. 23 t.u..edilizia e all’art 19 legge 241/90, Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010 n. 3263; in riferimento alla d.i.a. per la realizzazione di impianti di telefonia mobile T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 17 luglio 2006, n. 1462.)
Conclusivamente, anche in riferimento alle d.i.a. prescritte dalla normativa in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – per le quali in considerazione della specialità  non pare ipotizzabile la sostituzione con la s.c.i.a. di cui all’art. 19 L.241/90 – deve rimanere fermo il principio per cui le fattispecie di semplificazione astrattamente previste dal legislatore (statale o regionale) possono ritenersi “formate ed esistenti” soltanto quando esse risultino idonee, da sole, a soddisfare le esigenze informative indispensabili per l’esercizio del potere inibitorio -repressivo.
3.6. In considerazione di tutto ciò, è corretto l’assunto della difesa civica in merito all’inapplicabilità  alla presente fattispecie del decreto legge 105/2010 (c.d. salva d.i.a.), dal momento che la d.i.a. presentata dalla ricorrente il 24 febbraio 2009, non poteva dirsi “perfezionata” alla data di entrata in vigore del citato D.L. bensì soltanto “avviata”, e pertanto soggetta alla decadenza per mancato esercizio dell’impianto entro il termine ivi prescritto.
Orbene, la d.i.a. presentata dalla ricorrente risulta allo stato completamente improduttiva di effetti, ai sensi del citato art. 1-quater del D.L. n. 105/2010 : la giurisprudenza di questa Sezione (vedi sentenze 6 aprile 2012, n. 689; 7 dicembre 2011, n. 1868 ) – diversamente da quanto opinato dalla difesa della ricorrente – ha statuito che l’art. 1-quater ha inteso ritenere automaticamente inefficaci i rapporti giuridici sorti sulla base delle d.i.a. non ancora perfezionate alla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa dell’incostituzionalità  (Corte Cost. n. 119/2010) e senza la messa in esercizio dell’impianto entro il 16 gennaio 2011, in deroga al generale principio secondo cui la dichiarazione di incostituzionalità  della legge attributiva di un potere amministrativo non rende di per sè nulli o inefficaci i provvedimenti che ne fanno applicazione.
La norma speciale di sanatoria in questione opera cioè sul piano degli effetti e non della legittimità  (T.A.R. Puglia – Bari sez I, sentenza 6 aprile 2012, n. 689).
3.7. Nella fattispecie per cui è causa, ritiene il Collegio che la d.i.a. in esame non possa dirsi perfezionata, ostandovi appunto la carenza della documentazione richiesta e comunque i presupposti di operatività  della d.i.a. stessa.
3.8. Priva di pregio è infine l’eccepita irrituale integrazione “postuma” della motivazione.
Detto che pur nella logica del giudizio sul rapporto che oramai permea anche il giudizio di annullamento (art. 29 cod. proc. amm.), la possibilità  di integrazione “postuma” non può scaturire da mere argomentazioni difensive (ex multis Consiglio di Stato sez VI, 19 agosto 2009, n.4993) trattandosi, in sostanza, di un rinnovato esercizio del potere, le riscontrate carenze documentali ostative al perfezionamento della d.i.a. (tra cui la carenza del contratto definitivo di locazione) costituiscono il logico sviluppo di quanto già  rilevato nella nota 6594/2009, per tanto agevolmente intuibili al momento della emanazione del provvedimento impugnato. Sul punto, le argomentazioni difensive comunali trovano specifico logico presupposto nel suddetto atto endoprocedimentale, e non concretano alcuna integrazione “postuma” della motivazione, non comportando alcuna lesione del diritto di difesa.
Piuttosto, coglie nel segno l’Amministrazione nel ritenere irrilevante, nel presente giudizio, l’invero “postuma” produzione agli atti del contratto di locazione definitivo registrato il 6 maggio 2011, inidonea a sanare il difetto di documentazione rilevato dalla citata nota prot. 6594, rimasto pro tempore completamente privo di riscontro nella competente sede procedimentale. Considerazioni del tutto analoghe valgono per il tardivo deposito in giudizio, parimenti in data 8 marzo 2012, del nulla osta ministeriale già  oggetto di richiesta di integrazione documentale rimasta insoddisfatta.
Alla luce delle suesposte considerazioni, tutte le censure dedotte risultano prive di pregio, avendo peraltro l’Amministrazione reso pienamente edotta la ricorrente della sospensione del procedimento per le carenze riscontrate nella documentazione allegata alla d.i.a. e non sussistendo la lesione di alcun affidamento meritevole di tutela, risultando la ricorrente pienamente consapevole delle ragioni ostative alla realizzazione dell’intervento.
4. Per le suesposte ragioni, il ricorso è infondato e va respinto.
Sussistono giusti motivi ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione integrale delle spese di lite, attesa la complessità  delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria