1. Processo amministrativo – Notificazione – Nullità per assenza del timbro di vidimazione postale – Costituzione in giudizio – Sanatoria ex art. 156 c.p.c.- Sussiste
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Permesso di costruire – Altezza delle costruzioni – Eccedente i limiti delle n.t.a. – Illegittimità
1. La nullità derivante dall’assenza del timbro di vidimazione postale di cui all’art. 3 L. 53/94 sulla copia notificata è sanata dalla regolare costituzione in giudizio del destinatario dell’atto, in applicazione del principio generale del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c. (fattispecie in tema di notificazione da parte dell’avvocato mediante servizio postale).
2. Nell’interpretazione delle norme tecniche di attuazione prevale l’opzione ermeneutica che attribuisca valenza effettiva a tutti i parametri ivi indicati; è illegittimo, pertanto, il permesso di costruire che, pur rispettando il parametro dell’altezza massima assoluta, non rispetti anche il limite di altezza massima proporzionato alla larghezza effettiva della strada e alla distanza fra gli edifici.
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Vedi Cons. di Stato, sez. IV, sentenza 5 giugno 2013 n. 3101 – 2013; ordinanza interlocutoria 21 dicembre 2012 n. 6653 – 2012; ricc. nn. 6618 – 2012; 6589 – 2012
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N. 01213/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00725/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 725 del 2011, proposto da:
Angela Doronzo, Anna Lisa Bonacaro, rappresentati e difesi dall’avv. S. Massimo Ferrini, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari;
contro
Comune di Barletta in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Isabella Palmiotti, Domenico Cuocci Martorano, con domicilio eletto presso l’avv. Raffaele De Robertis in Bari, via Davanzati, 33;
nei confronti di
Costruzioni Crescente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Carpagnano, con domicilio eletto presso l’avv. Lucia Cappabianca in Bari, via Napoli, 241;
per l’annullamento
del permesso di costruire n. 37/2011, rilasciato alla società Costruzioni Crescente s.r.l. dal Comune di Barletta ” Settore edilizia pubblica e privata e servizi catastali in data 27/1/2011, notificato alle ricorrenti in data 1/2/2011 a mezzo del sottoscritto procuratore;
nonchè per l’annullamento di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto dalle ricorrenti, ed in particolare della nota del Settore edilizia pubblica e privata e servizi catastali del Comune di Barletta, prot. n. 13516 del 6/3/2011, notificata in data 7/3/2011 allo scrivente procuratore, con la quale il comune resistente dava riscontro a precedenti istanze presentate dallo scrivente nell’interesse delle ricorrenti, tra cui la richiesta di sospensione del permesso di costruire n. 37/2011 e la diffida a non iniziare i lavori.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e di Costruzioni Crescente S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 la dott. Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori avv.ti S. Massimo Ferrini e Domenico Cuocci Martorano, nessuno comparso per la società controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe Angela Doronzo e Anna Lisa Bonacaro hanno impugnato il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Barletta alla Crescente Costruzioni s.r.l. per un edificio destinato ad abitazioni e box auto da realizzarsi, previa demolizione dell’immobile esistente, su suolo confinante con la proprietà delle ricorrenti.
Queste ultime avevano già richiesto al Comune l’annullamento in autotutela del permesso di impugnato, con esito negativo avendo l’ente confermato la conformità dell’atto alla normativa urbanistica-edilizia vigente.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
1. violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 d.p.r. 380/2001, violazione dell’art. 2.19 N.T.A. del Comune di Barletta, violazione dell’art. 8 d.m. 1444/68.
L’edificio da costruire ricade in zona “B1” (zona edificata a nord della ferrovia), sottozona “B1.4”, ai sensi dell’art. 2.19 delle N.T.A. del vigente P.R.G., norma secondo la quale, per le nuove costruzioni, devono essere rispettati i seguenti parametri: distanza dall’asse della strada maggiore di m. 9, altezza inferiore a m. 27, altezza inferiore a 2/3 della larghezza della strada, parametro quest’ultimo non rispettato nel caso di specie trattandosi di edificio alto m. 24 a fronte di una larghezza della strada esistente di m. 10,80 (pari a m. 9,00 di distanza dell’edificio dall’asse stradale + m. 1,80 di distanza dall’asse all’edificio frontistante), che consentirebbe secondo la norma citata un’altezza massima di m. 16,20; inoltre tutti gli edifici circostanti presentano altezza inferiore a m. 16,20, con conseguente illegittimità del permesso anche rispetto al limite posto dall’art. 8 d.m. 1444/68.
2. violazione e falsa applicazione dell’art. 11 ultimo comma d.p.r. 380/2001, violazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.
L’edificazione dell’altezza prevista priverebbe le ricorrenti dell’irradiamento solare per tutte le ore del giorno, con declassamento e riduzione di valore dell’edificio di loro proprietà .
Si sono costituiti il Comune di Barletta e la società Costruzioni Crescente s.r.l., contestando la irricevibilità del ricorso per tardività e chiedendone il rigetto nel merito.
All’esito della camera di consiglio del 28.4.2011 è stata respinta l’istanza cautelare proposta dalle ricorrenti.
Alla pubblica udienza del 7.6.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di nullità della notifica del ricorso, sollevata dalla società controinteressata, che deve essere disattesa in quanto infondata.
La Costruzioni Crescente ha contestato l’assenza del timbro di vidimazione richiesto dall’art. 3 L. 53/94 sulla copia del ricorso ad essa consegnata, omissione che sarebbe sanzionata da nullità rilevabile d’ufficio dall’art. 11 della stessa legge.
Tuttavia in proposito deve rilevarsi che il requisito mancante è evidentemente preposto a garantire l’identità tra l’originale dell’atto da notificare e la copia notificata (il timbro deve infatti essere apposto dall’ufficio postale sui due atti), mentre nel caso di specie nessuna contestazione è stata sollevata dalla controinteressata con riferimento al contenuto del ricorso notificatole; di conseguenza deve ritenersi che, secondo il principio generale posto dall’art. 156 c.p.c., per il principio del raggiungimento dello scopo la nullità sia sanata dalla regolare costituzione della contro interessata (T.A.R. Sardegna, sez. I, 26 marzo 2009, n. 363, Cassazione civile sez. trib., 5 agosto 2004, n. 15081, Cassazione civile sez. III, 22 giugno 2001, n. 8592).
Del pari va respinta l’eccezione di tardività del ricorso.
La stessa si fonda infatti sulla missiva inviata dalle ricorrenti al Comune e recante la data del 31.1.2011, nella quale queste, per tramite del loro legale, comunicavano di aver avuto “finalmente conoscenza del progetto della richiesta di permesso di costruire di cui in oggetto”; il permesso di costruire è stato emesso il 27.1.2011 e il ricorso spedito per la notifica il 2.4.2011, mentre il termine, ancorata la conoscenza dell’atto alla data del 31.1.2011, sarebbe spirato il I aprile 2011.
Tuttavia deve rilevarsi che la nota in questione si riferisce unicamente alla conoscenza del “progetto” di cui alla richiesta del permesso di costruire, conoscenza che, pertanto, non può equipararsi alla conoscenza dell’atto impugnato, ben potendo il permesso essere rilasciato a seguito di modifiche o con prescrizioni; nessun altra prova vi è in atti della conoscenza in data anteriore del permesso di costruire.
La data certa in cui le ricorrenti hanno avuto conoscenza del permesso di costruire rilasciato è pertanto quella del I febbraio 2011, data in cui è stata ottenuta dal difensore la copia del titolo edilizio, con conseguente tempestività del ricorso inviato alla notifica il 2.4.2011.
Passando all’esame del merito, il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
In particolare, con riferimento al primo motivo, va evidenziato che secondo l’art. 2.19 delle N.T.A. del Comune di Barletta l’altezza massima dei nuovi edifici deve corrispondere a 3/2 della larghezza della strada.
L’interpretazione della norma data dal Comune fa coincidere la nozione di larghezza della strada utilizzata dalla norma citata con la larghezza delle strade prevista per la zona in questione dal PRG, pari a m. 18, di modo che ogni proprietario debba rispettare la distanza di m. 9 dall’asse della strada (DAS) e l’altezza massima di m. 27 (3/2 di m. 18).
Secondo le ricorrenti, invece, la larghezza della strada da prendere come parametro è la larghezza della strada esistente, ed un indizio in tal senso sarebbe costituito dal comma 4 dell’art. 1.21 delle N.T.A. dove, ai fini della determinazione della distanza dall’asse della strada (DAS), si precisa che la stessa “è rappresentata dalla minima distanza tra l’asse della strada (esistente, o così come prevista dallo strumento urbanistico) e le chiusure del fabbricato”, con ciò esplicitando un criterio di prevalenza tra la dimensione stradale attualmente esistente e quella prevista, o comunque la prevalenza della minore tra le due misure.
Tale interpretazione deve ritenersi preferibile, per le ragioni che seguono.
In primo luogo deve evidenziarsi che l’opzione ermeneutica sostenuta dal Comune condurrebbe alla sostanziale inutilità del terzo parametro posto dall’art. 2.19 N.T.A., ovvero il secondo limite di altezza dell’edificio.
La norma infatti prevede che debbano essere rispettati tre parametri: la distanza dall’asse della strada, DAS, di m. 9; l’altezza inferiore a 27 m.; l’altezza inferiore a 3/2 della larghezza della strada (LS). Se quest’ultima coincidesse con la larghezza prevista dal PRG (m. 18), tutti gli edifici della zona considerata potrebbero avere altezza massima di m. 27, coincidente con il secondo parametro, e sarebbe superfluo specificare anche il terzo.
Quest’ultimo assume quindi ragion d’essere solo ritenendo che la larghezza della strada da prendere come riferimento sia quella esistente, di tal che, oltre al parametro dell’altezza massima di m. 27, vi sia anche un limite di altezza massima proporzionato alla larghezza effettiva della strada e, quindi, alla distanza tra gli edifici, giustificato evidentemente dall’esigenza di non creare zone meno illuminate ed umide.
àˆ poi fallace il calcolo sviluppato dal Comune per confutare le argomentazioni delle ricorrenti secondo cui, di fronte alla larghezza della strada esistente di m. 10,80 (quale sommatoria tra m. 9 di distanza tra l’asse della strada e l’erigendo edificio e m. 1,80 di distanza tra l’asse della strada e le costruzioni esistenti) si avrebbe un’altezza consentita di m. 32,40, poichè di contro, secondo l’interpretazione che fa riferimento alla larghezza della strada esistente, la proporzione dell’altezza di 3/2 conduce ad un’altezza massima di m. 16,20, pari a 3/2 di m. 10,80.
Tale criterio è poi recepito dalla stesse N.T.A. all’art. 1.21 comma 4 sopra riportato, citato dalle ricorrenti, di tal che deve ritenersi, secondo una interpretazione sistematica delle norme tecniche, che nell’individuazione del parametro per l’applicazione delle misure massime consentite debba darsi prevalenza, come in tale caso espressamente disposto, alla misura della strada esistente, o comunque a quella inferiore tra l’esistente e il previsto, che in questo caso ancora una volta corrisponde all’esistente.
Il ricorso risulta quindi fondato con riferimento alla contestata violazione delle norme tecniche in relazione all’altezza massima dell’edificio autorizzato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato nei sensi di cui in motivazione;
condanna l’amministrazione intimata e la società controinteressata, in solido tra loro, alla rifusione in favore delle ricorrenti delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.500 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)