Energia da fonti rinnovabili – Diniego della denuncia di inizio attività – Carenza documentazione – Esercizio oltre 30 gg. potere inibitorio del Comune – Legittimità
A fronte di dichiarazioni inesatte o incomplete nella denuncia di inizio attività , è legittimo il provvedimento di diniego del Comune una volta trascorso il termine di trenta giorni per l’esercizio del potere inibitorio, il quale si concreta in un potere di “verifica della non formazione della d.i.a.”; in tal caso la dichiarazione di inizio attività non può reputarsi formalmente presentata e, pertanto, non può iniziare a decorrere il termine dilatorio di 30 giorni (alla luce del suddetto principio, il TAR ha rigettato il ricorso in quanto non sussistevano gli elementi per accedere alla “sanatoria” di cui al decreto legge 105/2010 “salva d.i.a.”).
N. 01187/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00342/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 342 del 2009, proposto da:
Keith s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Zonca e Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso Franco Gagliardi La Gala, in Bari, via Abate Gimma, 94;
contro
Comune di Volturino, rappresentato e difeso dall’ avv.to Rosaria Gadaleta, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso, in Bari, via Amendola n. 166/5;
per l’annullamento
– del provvedimento 1/12/2008 prot. n. 4194 del Comune di Volturino di “diniego della denuncia di inizio attività ” e di non dare inizio ai lavori previsti dalla d.i.a. del 9 luglio 2008, notificato il 6 dicembre 2008;
– nonchè di tutti i connessi provvedimenti a quello antecedenti e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Volturino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Paolo Amovilli;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 per le parti i difensori avv.ti Fabrizio Lofoco (per delega dell’avv.to Franco Gagliardi La Gala) e Rosaria Gadaleta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente ha presentato al Comune di Volturino d.i.a. in data 7 luglio 2008, ai sensi della L.R. Puglia 19 febbraio 2008 n. 1, inerente la realizzazione di impianto eolico monopala, di potenza inferiore ad 1 MW.
In data 28 agosto 2008, il suddetto Comune ha richiesto l’integrazione della documentazione ritenuta carente, a cui la ricorrente ha replicato il successivo due settembre, comunicando che avrebbe ugualmente dato corso ai lavori, essendo spirato il termine di trenta giorni codificato dall’art. 23 comma 4 D.P.R. 380/2001 (testo unico edilizia).
Il 1 dicembre 2008 l’Amministrazione comunale ha pronunciato provvedimento (prot. 4194) di “diniego della d.i.a.”, con contestuale ordine inibitorio.
La ricorrente impugna il suesposto provvedimento, deducendo le seguenti censure, così riassumibili:
I. violazione dell’art. 23 D.P.R. 380/2001, violazione e falsa applicazione art. 10-bis legge 241/90: il potere inibitorio del Comune nei confronti della d.i.a. sarebbe decaduto a seguito del decorso del termine perentorio di cui all’art. 23 t.u. edilizia; la comunicazione del 7 agosto 2008 da parte del Comune potrebbe tuttalpiù leggersi quale preavviso di diniego ex art. 10-bis L.241/90, comunque sarebbe inidonea ad interrompere il suddetto termine; ad ogni modo, una volta spirato il termine per l’esercizio del potere inibitorio, l’Amministrazione potrebbe reprimere l’attività asseritamente abusiva soltanto mediante l’esercizio del potere di autotutela, qualora ne ricorrano i presupposti di legge;
II. violazione dell’art. 19 comma 3 L. 241/90: l’Amministrazione resistente non avrebbe consentito la possibile regolarizzazione della documentazione carente;
III. violazione di legge ed eccesso di potere per carenza della motivazione, inesistenza, erroneità , travisamento dei presupposti di fatto e di diritto su cui è fondato il provvedimento impugnato: la richiesta della documentazione sarebbe in parte del tutto ingiustificata e priva di supporto normativo per gli impianti quale quello per cui è causa, così come del tutto illegittima sarebbe la pretesa di assoggettare l’intervento alla procedura di autorizzazione unica;
IV. eccesso di potere per sviamento, violazione di legge con riferimento all’art. 1 legge 241/1990; violazione dell’art. 97 Cost.: il potere inibitorio in questione sarebbe stato utilizzato per impedire la realizzazione dell’impianto eolico, invece consentito secondo la normativa vigente.
Domanda inoltre la ricorrente la condanna del Comune al risarcimento del danno patito per effetto dei provvedimenti illegittimi impugnati.
Si costitutiva il Comune di Volturino, eccependo preliminarmente l’improcedibilità ed inammissibilità del ricorso, non essendo più oggi legittimata la ricorrente alla integrazione della d.i.a., attesa:
– l’inidoneità della documentazione presentata a comprovare la conformità urbanistica, paesaggistica ed idrogeologica, oltre che la stessa disponibilità dell’area su cui effettuare l’intervento;
– la completa perdita di efficacia della d.i.a. di che trattasi, poichè presentata sulla base della legge regionale n. 1/2007 dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza Corte Costituzionale 22 dicembre 2010, n. 366), e non sanata per effetto dell’entrata in vigore del D.L. 8 luglio 2010 n. 105 (c.d. salva d.i.a.) per mancato avveramento della condizione ivi prevista della messa in esercizio dell’impianto entro il termine del 16 gennaio 2011;
– l’area su cui insiste l’intervento sarebbe interessata da vincoli ambientali e paesaggistici, in relazione ai quali la ricorrente non si sarebbe mai attivata per il rilascio dei prescritti pareri.
Quanto al merito, il Comune rilevava l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte, poichè la d.i.a., secondo giurisprudenza consolidata, non potrebbe mai ritenersi perfezionata in ipotesi di riscontrata incompletezza della documentazione prescritta dalla normativa di settore, non consentendo all’Amministrazione l’esercizio del potere di controllo e vigilanza sull’attività pur liberalizzata.
Con memoria depositata il 17 marzo 2012, il Comune ha depositato certificato di destinazione urbanistica della particella interessata, nonchè relazione tecnico illustrativa allegata al progetto proposto.
Con memoria di replica del 28 marzo 2012, la ricorrente ha rilevato l’irricevibilità della suddetta documentazione poichè tardiva rispetto ai termini perentori fissati dall’art. 73 c. 1 cod. proc. amm. ed ha rinunciato alla domanda di condanna al risarcimento danni.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 18 aprile 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
2. Preliminarmente, ai sensi dell’art. 73 comma 1, cod. proc. amm. “le parti possono produrre documenti nel termine perentorio di quaranta giorni liberi prima dell’udienza”; stante l’univoco significato letterale, trattasi di termine pacificamente perentorio (ex multis Consiglio di Stato sez. V 31 maggio 2011, n. 3252). Ne consegue la tardività della produzione documentale dell’Amministrazione resistente, da ritenersi pertanto inutilizzabile nel presente giudizio.
3. Il ricorso è infondato e va respinto, potendosi pertanto prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dall’Amministrazione resistente.
3.1. Questione dirimente per la decisione della presente controversia è se la situazione alla quale ha dato luogo la dichiarazione di inizio attività presentata dalla ricorrente al Comune il 7 luglio 2008 possa ritenersi ormai consolidata ed intangibile da parte dell’Amministrazione, una volta trascorso il termine di 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio prescritto dall’art. 23 c. 6 D.P.R. 380/2001.
Ritiene la difesa della ricorrente che il suddetto termine dovrebbe in ogni caso decorrere dal giorno di deposito della d.i.a., indipendentemente dalla completezza o meno della documentazione necessaria e richiesta, avendo il legislatore assegnato all’Amministrazione il compito di verificarne la conformità a legge entro e non oltre il predetto lasso temporale, trascorso il quale si consoliderebbe comunque l’affidamento dell’interessato riguardo alla legittima realizzazione dell’attività liberalizzata ex lege.
Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto.
Giova evidenziare come la denuncia di inizio attività in esame, secondo la documentazione depositata in atti, risulta carente sotto diversi profili, tra cui, tra l’altro, la mancata allegazione dei prescritti pareri dell’ASL e dell’Aviazione militare e civile, dell’autorizzazione alla connessione alla rete elettrica nazionale, nonchè del titolo giuridico idoneo comprovante la disponibilità dell’area, non essendo all’uopo sufficiente un mero contratto preliminare di locazione, come quello prodotto dalla ricorrente, senza (quantomeno) la contestuale dimostrazione della concreta disponibilità del bene.
Al contempo, l’ubicazione dell’intervento in area vincolata dal P.U.T.T. (ambito territoriale distinto) rendeva quanto mai necessaria la preventiva valutazione ambientale-paesaggistica, atteso che ai sensi degli artt. 19 comma 1 legge 241/90 e 23 commi 3 e 4 D.P.R. 380/2001 la sussistenza di vincoli sull’area ove deve essere realizzato l’intervento impedisce, parimenti, la formazione della fattispecie di semplificazione, privando completamente di effetti la d.i.a. (ex plurimis T.A.R. Campania Napoli sez. VI, 3 dicembre 2010, n. 26787). Sul punto, la stessa asseverazione allegata alla d.i.a. non dà erroneamente conto della sussistenza di tali vincoli, risultanti per tabulas. Lo stesso art. 12 D. Lgs. 387/2003 ammette il ricorso alla procedura semplificata di d.i.a. solo ove non vi siano ulteriori autorizzazioni, pareri e nulla osta da conseguire in via preliminare.
Va premesso che, come noto, quantomeno a seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (29 luglio 2011, n. 15), la dichiarazione di inizio attività – oggi sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) per effetto dell’entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 – non dà vita ad una fattispecie provvedimentale di assenso tacito, bensì “riflette un atto del privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge”. Tale controversa qualificazione della d.i.a./s.c.i.a. è stata poi avallata dallo stesso legislatore con l’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n. 138, quantomeno per le d.i.a./s.c.i.a. presentate dopo la relativa entrata in vigore, pur potendosi invero ipotizzarne l’efficacia retroattiva propria delle norme di interpretazione autentica.
3.2. Con riferimento sia alle d.i.a. di cui alla normativa di settore (con particolare riferimento all’edilizia) sia al modello generale di cui all’art. 19 legge 241/90, la giurisprudenza ritiene che presupposti indefettibili perchè una d.i.a. possa essere produttiva di effetti siano la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell’autocertificazione (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008 n. 5737; T.A.R. Emilia – Romagna Bologna sez. II 17 luglio 2006 n. 142; Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010, n. 3263; T.A.R. Lazio-Roma sez. I 2 dicembre 2010, n. 35023). Infatti, il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell’intervento, rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l’Amministrazione ha la facoltà ed il potere di inibire l’attività o di sospendere i lavori.
Così opinando, tale potere non è equiparabile ad un potere di autotutela, poichè non vi è alcun provvedimento su cui intervenire, ma ad un potere di “verifica della non formazione della d.i.a.”, con conseguente ordine di interruzione dei lavori, così come d’altronde normativamente previsto per l’ipotesi di mendacio (vedi comma 3 art. 19 L.241/90); per tale motivo, l’esercizio di tale potere non è sottoposto al termine perentorio di trenta giorni, che presuppone invece che la d.i.a. sia completa nei suoi elementi essenziali (ex multis T.A.R. Lombardia Milano II 9 dicembre 2008, n.5737).
3.3. Tali coordinate interpretative, invero, risultano già fatte proprie da questa Sezione con specifico riferimento ai procedimenti per l’autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, laddove (sentenza 2 ottobre 2009, n. 2226) si è precisato che le attestazioni che devono accompagnare la denuncia di inizio attività prevista dall’art. 5 del D.lgs 29 dicembre 2003 n. 387 non possono che ricalcare in linea di massima la documentazione da produrre con l’istanza per l’ottenimento dell’autorizzazione, di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387; pertanto, in assenza della documentazione, se pertinente ed essenziale, la dichiarazione d’inizio attività “non può reputarsi formalmente presentata” e quindi, dalla data del suo deposito, non può iniziare a decorrere il termine dilatorio di 30 giorni.
3.4. A diverse conclusioni non può giungersi in relazione all’intervenuta qualificazione normativa (per effetto dell’art. 6 comma 1 lett. c) D.L. 13 agosto 2011, n. 138) della d.i.a. (e della s.c.i.a.) quale titolo abilitativo ex lege e non già di fattispecie provvedimentale a formazione tacita, come anticipato in via pretoria dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 29 luglio 2011, n. 15).
Infatti, allorchè il legislatore introduca fattispecie di liberalizzazione di attività , vale il principio dell’autoresponsabilità del dichiarante, in base al quale, la dichiarazione può ritenersi valida ed efficace soltanto se essa rispetti – oltre alle formalità estrinseche prescritte dall’ordinamento (essenzialmente dirette a rendere incontrovertibile la paternità di una determinata dichiarazione) – anche il canone dell’autosufficienza contenutistica, nel senso che occorre porre in condizione l’Amministrazione di poter effettivamente esercitare in concreto il potere inibitorio e di controllo previsto dalla legge. E ciò, va sottolineato, non solo nell’interesse pubblico alla repressione delle attività abusive, ma nello stesso interesse del dichiarante a non esporsi inutilmente all’eventuale potere inibitorio e/o sanzionatorio una volta già realizzate le opere ed effettuati i correlati investimenti.
Le esigenze di concentrazione dei procedimenti e di tempestività e contenimento dei termini, poste alla base del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 in materia di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sia in riferimento alle fattispecie di autorizzazione unica che di d.i.a., non può allora esonerare il richiedente, secondo il suesposto principio della autoresponsabilità , dalla presentazione della documentazione prescritta dalla normativa vigente, al fine di consentire all’Amministrazione di effettuare preventivamente gli opportuni controlli su quanto l’interessato intenda realizzare (in termini, in riferimento all’art. 23 t.u. edilizia e all’art 19 legge 241/90, Consiglio di Stato sez. IV 24 maggio 2010 n. 3263; in riferimento alla d.i.a. per la realizzazione di impianti di telefonia mobile, T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 17 luglio 2006, n. 1462).
Conclusivamente, anche in riferimento alle d.i.a. prescritte dalla normativa in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, deve rimanere fermo il principio per cui le fattispecie di semplificazione astrattamente previste dal legislatore (statale o regionale) possono ritenersi “formate ed esistenti” soltanto quando esse risultino idonee, da sole, a soddisfare le esigenze informative indispensabili per l’esercizio del potere inibitorio – repressivo.
3.5. Tanto premesso, è corretto anche l’assunto della difesa civica in merito all’inapplicabilità alla presente fattispecie del decreto legge 105/2010 (c.d. salva d.i.a.), dal momento che la d.i.a. presentata dalla ricorrente il 7 luglio 2008, non poteva dirsi “perfezionata” alla data di entrata in vigore del citato D.L. bensì soltanto “avviata”, e pertanto soggetta alla decadenza per mancato esercizio dell’impianto entro il termine ivi prescritto (cfr. in proposito T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 6 aprile 2012 n. 689; 7 dicembre 2011, n. 1868).
3.6. Nella fattispecie per cui è causa, ritiene il Collegio che la d.i.a. in esame non possa dirsi “perfezionata”, ostandovi appunto la carenza della documentazione richiesta e, comunque, dei presupposti di operatività della d.i.a. stessa, con conseguente mantenimento in capo al Comune del potere inibitorio di cui agli artt. 23 D.P.R. 380/2001 e 19 L. 241/90 al fine del ripristino della legalità violata. Con la precisazione doverosa che più di potere inibitorio in senso tecnico, si è al cospetto di un potere di “verifica della non formazione della d.i.a.”, con conseguente ordine di ripristino dello stato dei luoghi, ove in qualche misura alterato.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il provvedimento impugnato si rivela legittimo ed ogni altra censura dedotta è inammissibile per difetto d’interesse, avendo peraltro l’Amministrazione invitato la ricorrente (nota prot. 2822 del 7 agosto 2008) all’integrazione della documentazione carente.
4. Alla domanda risarcitoria la ricorrente ha rinunciato espressamente e di tanto non può che prendersi atto.
Sussistono giusti motivi ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione integrale delle spese di lite, attesa la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, prendendo atto della rinuncia alla domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)