1. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Esecuzione giudicato – Elusione violazione giudicato – Nullità  dell’atto – Rilevabilità  d’ufficio – Fattispecie


2. Procedimento amministrativo – Principio di proporzionalità  – Tutela della proprietà  – Applicabilità 


3. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Esecuzione giudicato – Penalità  di mora – Natura sanzionatoria


4. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Esecuzione giudicato – Penalità  di mora -Nomina commissario ad acta – Differenze

1. L’art. 31 quarto comma del D.Lgs. 104/2010 nella parte in cui dispone la rilevabilità  d’ufficio della nullità  dell’atto, non si pone in un rapporto d’incompatibilità  con le regole delineate del Titolo I del Libro IV, cui l’articolo 31 rinvia per l’ipotesi di cui all’articolo 114, comma quarto, lettera b), riguardante la nullità  degli atti per violazione o elusione del giudicato. Nel senso dell’integrabilità  depone sia la disciplina sostanziale di cui all’articolo 21 septies, primo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241 (aggiunto dall’articolo 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15), nonchè la riconduzione della controversia in ordine alla “nullità  del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato” alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex articolo 133, primo comma, lettera a), n. 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.


2. Il principio di proporzionalità  derivante dal Verhà¤ltnismà¤àŸigkeitsprinzip  dell’ordinamento tedesco, – confluito in quello italiano (in forza dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, come riformulato dall’articolo 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241, come modificato dall’articolo 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) attraverso l’elaborazione dei principi generali del diritto dell’Unione europea operata dalla Corte di giustizia-, è richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in riferimento alla tutela della proprietà , laddove ha richiesto che anche per la mera regolazione dell’uso dei beni venga effettuato un giusto bilanciamento tra le esigenze d’interesse generale e la protezione del diritto dei singoli, in modo tale da evitare conseguenze eccessivamente gravose per gli stessi.


3. La misura della penalità  di mora (astreinte) di cui all’art. 114, quarto comma , lettera e) assolve ad una finalità  sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato all’esecuzione della sentenza, ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento.


4. La richiesta di irrogazione della penalità  di mora non è incompatibile con la richiesta di nomina di un commissario ad acta, avanzata dalla parte ricorrente, si tratta infatti di mezzi di tutela diversi perchè la penalità  di mora è un mezzo di coercizione indiretta finalizzato ad esercitare pressioni sull’amministrazione affinchè provveda (modello “compulsorio”), mentre la nomina del commissario ad acta, il quale provvede in luogo dell’amministrazione, è una misura attuativa del giudicato volta a nominare un diverso soggetto, tenuto a provvedere al posto della stessa (secondo un modello di “esecuzione surrogatoria”).

N. 01128/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00269/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 269 del 2012, proposto da Immobiliare Murialdo S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Follieri, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, 14; 

contro
Ministero per i beni e le attività  culturali, 
Regione Puglia, 
Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia; 

per l’ottemperanza
alla sentenza n. 1799/2011 della Sez. III del T.A.R. Puglia.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012 il cons. Giuseppina Adamo e udita l’avv. Debora Poli Bortone, su delega dell’avv. Enrico Follieri;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A. La Immobiliare Murialdo s.r.l. è proprietaria di un immobile sito in Lucera, alla piazza Murialdo; ha già  ottenuto il permesso di costruire n. 579 del 23 ottobre 2008 per la realizzazione di un fabbricato composto da un piano interrato e tre piani fuori terra.
Ha poi presentato una D.I.A. relativa al medesimo progetto e ha infine prodotto, il 12 novembre 2009, una richiesta di variante del permesso di costruire allo scopo di modificare la sagoma del sottotetto, che è stata rigettata con nota del Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Lucera del 26 novembre 2010, prot. n. 48171 sulla base del parere negativo espresso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari, Barletta-Trani-Andria e Foggia del 17 novembre 2010, prot. n. 10894.
Tali atti, impugnati con il ricorso n. 2113/2010, sono stati annullati con la sentenza della seconda Sezione 28 aprile 2011 n. 655.
La pronuncia, considerato che il vincolo che legittima l’emissione del parere è costituito dal d.m. 31 ottobre 1966, sul quale il Tribunale amministrativo si era già  espressa con le sentenze n. 214/2008 e n. 1865/2008, ha chiarito alcune questioni controverse.
In primo luogo ha precisato che (punto 2.2) “il vincolo imposto sull’abitato di Lucera con il d.m. del 31 ottobre 1966 ha inteso tutelare il castello angioino in via indiretta, salvaguardando la visuale godibile da esso verso il centro abitato e viceversa; di conseguenza, tenuto conto del fatto che la salvaguardia di tale visuale passa anche attraverso la conservazione dei valori identitari di quella località  così come resi manifesti dalla tipologia delle costruzioni esistenti nell’ambito della zona vincolata, il vincolo paesaggistico di che trattasi impone, nella attività  edilizia, il rispetto delle caratteristiche intrinseche dell’abitato, peraltro senza dimenticare che tale rispetto è strumentale al mantenimento della visuale godibile da e verso il castello angioino, non venendo in considerazione un vincolo di natura storico o culturale”.
In secondo luogo, pur ammettendo che la verifica della compatibilità  paesaggistica possa travalicare “la mera constatazione che l’immobile sia, o meno, visibile dal castello angioino, è però altrettanto vero che eventuali limitazioni alla proprietà  privata in siffatto contesto si giustificano solo in quanto strettamente necessarie a salvaguardare le caratteristiche generali di quell’abitato che costituisce elemento essenziale del panorama tutelato”.
In concreto il Tribunale in quell’occasione ha annullato il parere perchè diretto a tutelare la Chiesa di Cristo Re, protezione che invece non trovava riscontro a livello amministrativo, in alcun provvedimento impositivo di vincolo architettonico e/o storico e/o culturale, concludendo che, in base al d.m. 31 ottobre 1966, spetta “alla Soprintendenza di valutare l’eventuale idoneità  della variante progettuale programmata dalla ricorrente a compromettere le caratteristiche generali dell’abitato, questo ultimo oggetto di salvaguardia in quanto bene godibile dal castello angioino”. Infatti, “il vincolo imposto con il d.m. del 31 ottobre 1966 ha una sua precisa finalizzazione, di guisa che, se è vero che le caratteristiche generali dell’abitato debbono essere conservate, è pur vero che il livello di tale “conservazione” va individuato in relazione alla concreta finalità  del vincolo, che non è quella di preservare i singoli edifici del centro storico, ma è quella di preservare l’amenità  dei luoghi circostanti al castello angioino”.
Di conseguenza, secondo la pronuncia, la Soprintendenza poteva ancora valutare la “eventuale idoneità  di tale sopraelevazione a compromettere i caratteri di cospicua bellezza paesistica della zona sita nel territorio circostante il castello angioino e l’abitato, alterando il quadro naturale godibile sia da valle che da monte, visibile da tutti i punti di vista ed in particolare da quelli presenti sulla strada denominata “Castello””.
La detta Autorità  si pronunciava ancora negativamente con la nota n. 8921 del giorno 11 luglio 2011, annullata con la sentenza della Terza sezione, 25 novembre 2011 n. 1799, sul ricorso n. 1393 del 2011, proposto sempre la società  Immobiliare Murialdo s.r.l. per l’esecuzione della sentenza n. 655/2011 (con eventuale nomina del commissario ad acta) e per l’accertamento della nullità  del sopravvenuto avviso negativo di cui alla menzionata nota.
In tale decisione, convertita l’azione di nullità  in annullamento (poichè la Soprintendenza conservava una residua discrezionalità  tecnico-amministrativa riconosciuta anche nella sentenza di merito) si specificava che l’intervento non consisteva “nella costruzione di un piano in più, bensì nella sola sopraelevazione di 55 cm, ed essendo l’altezza dell’edificio adiacente sulla piazza Murialdo erroneamente indicata in 11 mt anzichè in 10,25 secondo la documentazione versata in giudizio dal ricorrente” e “che la documentata presenza sulla via Roma di un fabbricato con altezza di mt 14,50 (rispetto all’altezza di 13,75 mt. del realizzando edificio della ricorrente) non denota – secondo una lettura di insieme propria del vincolo de quo di cui al giudicato formatosi sulla sent. n.655/2011 – significative ricadute negative sulla complessiva qualità  paesaggistica”.
Con il ricorso in esame, depositato il 24 febbraio 2012, non avendo l’Amministrazione preposta al vincolo riprovveduto, nonostante l’atto di significazione del 6 dicembre 2011, l’Immobiliare Murialdo ha chiesto l’esecuzione di entrambe le sentenze (come si desume dal complesso dell’atto introduttivo del giudizio), nel frattempo ambedue passate in giudicato. Ha altresì domandato la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento della “somma di denaro dovuta ¦ per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato”, ex articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo.
Con atto integrativo notificato il 18-19 aprile 2012 e depositato il 19 aprile 2012 l’interessata ha domandato la dichiarazione di nullità  della successiva autorizzazione paesaggistica, nella parte in cui impone la seguente prescrizione:
“La sopraelevazione proposta sia arretrata di mt 2 dal filo facciata di entrambi i fronti su Piazza Murialdo e Via Roma, ciò al fine di attenuare l’impatto visivo del terzo livello che si intende realizzare e mantenere in tal modo l’equilibrio prospettico e la simmetria con l’adiacente immobile presente su Piazza Murialdo che si affaccia su Via Roma nonchè la quinta stradale del progetto che si affaccia su Via Roma”.
La ricorrente, rappresentando che tale arretramento precluderebbe la stessa realizzabilità  della sopraelevazione, trattandosi di un vano al quale non si potrebbe più accedere attraverso la scala, chiede la declaratoria di nullità  e, in subordine, l’annullamento dell’atto nella sua parte lesiva, denunciando che il medesimo si pone in aperto contrasto con le sentenze pronunciate dal T.A.R. e con lo stesso d.m. del 31 ottobre 1966 ed è contrassegnata da una serie di vizi logici e di carenze istruttorie.
La causa è stata riservata per la decisione alla camera di consiglio del 3 maggio 2012.
B. àˆ evidente da quanto premesso che il Collegio debba pronunciarsi sull’azione proposta, con specifico riferimento all’atto sopravvenuto, costituito dall’autorizzazione della Soprintendenza 23 marzo 2012 prot. 4129.
àˆ noto che sul punto il codice del processo amministrativo abbia inserito significative innovazioni, esplicitamente prevedendo che “Il giudice, in caso di accoglimento del ricorso: (¦)
b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato” (articolo 114, quarto comma). Il regime dell’atto è poi puntualizzato dall’articolo 31, quarto comma,
che, nella parte in cui ribadisce la rilevabilità  d’ufficio di tali invalidità , non sembra porsi in un rapporto d’incompatibilità  con le regole delineate del Titolo I del Libro IV, cui l’articolo 31 rinvia per l’ipotesi di cui all’articolo 114, comma quarto, lettera b). Nel senso dell’integrabilità  depone anche la disciplina sostanziale di cui all’articolo 21 septies, primo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241 (aggiunto dall’ articolo 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15), nonchè la riconduzione della controversia in ordine alla “nullità  del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato” alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex articolo 133, primo comma, lettera a), n. 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
Tali norme devono essere applicate alla fattispecie che è caratterizzata dall’amplissima discrezionalità  riservata all’autorità  cui compete la tutela del vincolo, stante la natura tecnico-amministrativa delle valutazioni e delle relative scelte.
Tale ambito però, in concreto, è delimitato dal d.m. 31 ottobre 1966 e dalle precise statuizioni delle sentenze di questo Tribunale (seconda Sezione) 28 aprile 2011 n. 655 e (Terza sezione) 25 novembre 2011 n. 1799 (di ottemperanza alla prima), nonchè, in precedenza, delle sentenze n. 214/2008 e n. 1865/2008.
Da tali elementi emerge conclusivamente che l’atto che si pronuncia sulla richiesta autorizzativa della Immobiliare Murialdo deve innanzitutto fondarsi su un’apposita istruttoria riguardante lo studio prospettico dei punti di vista e di osservazione della bellezza paesistica costituita dalla zona circostante il Castello angioino e l’abitato di Lucera sia da valle sia da monte, in particolare lungo il tracciato della strada comunale “Castello”. Sulla base di tali dati, debitamente estrinsecati nel provvedimento, dev’essere poi verificato se e in quale misura la sopraelevazione comporti un’alterazione di tale quadro naturale per valutare infine se essa comprometta o meno la bellezza panoramica tutelata. All’esito, dev’essere espresso perciò un giudizio positivo o negativo sulla compatibilità  di tale realizzazione ovvero devono essere imposte delle misure di mitigazione.
Di tutto l’iter logico, basato sulla doverosa istruttoria, necessario per autorizzare o non autorizzare la sopraelevazione nella zona vincolata non vi è però traccia nel provvedimento. Esso perciò si pone in diretto contrasto con tutte le affermazioni contenute nelle richiamate sentenze, che hanno riempito di contenuti e precisamente delimitato la potestà  amministrativa della Soprintendenza, come concretamente esercitabile.
D’altra parte, non è inutile ricordare che il d.m. 31 ottobre 1966 è stato emesso ai sensi dell’articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, che, con formulazione sostanzialmente identica a quella degli atti legislativi successivi (articolo 139, lett. d), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; articolo 136, lett. d), del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42) prevede che sono soggette a specifica tutela “a causa del loro notevole interesse pubblico:
(¦)
4° le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”.
Il vincolo anzidetto, nonostante la legislazione intervenuta, è rimasto salvo in forza del disposto dell’articolo 157 (“Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente”), primo comma, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), facente parte delle “Disposizioni di prima applicazione e transitorie” del medesimo decreto legislativo menzionato.
La relativa disciplina però è stata notevolmente innovata, in radice, nella stessa impostazione dell’apposizione del vincolo.
Quest’ultimo, invero, al contrario del passato, non può più essere solo genericamente definito: la proposta, di cui all’articolo 138, infatti, è diretta “a stabilire una specifica disciplina di tutela e valorizzazione, che sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico”.
Di conseguenza, in tale situazione ed evoluzione assumono un fondamentale rilievo, come canoni dell’azione amministrativa i principi di logicità  e di proporzionalità .
In particolare tale criterio, derivante dal Verhà¤ltnismà¤àŸigkeitsprinzip presente nell’ordinamento tedesco, è confluito in quello italiano (in forza dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, come riformulato dall’articolo 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241, come modificato dall’articolo 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) attraverso l’elaborazione dei principi generali del diritto dell’Unione europea operata dalla Corte di giustizia (Regno Unito contro Consiglio, C-84/94, 12 novembre 1996; Buitoni, C-122/78, 20 febbraio 1979; Mc Nicholl, C-296/86, 8 marzo 1988; Werner Faust, C-24/90, 16 ottobre 1991). Esso è d’altronde richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo proprio in riferimento alla tutela della proprietà , laddove si richiede che anche per la mera regolazione dell’uso dei beni sia stato effettuato un giusto bilanciamento tra le esigenze d’interesse generale e la protezione del diritto dei singoli, sì da evitare conseguenze eccessivamente gravose per il titolare (Sporrong e Là¶nnroth, 23 settembre 1982; Ayangil, 6 dicembre 2011; Gladysheva, 6 dicembre 2011).
Nell’ipotesi concreta – in cui dal vincolo generico, nonostante la necessità  oggi di “specifica disciplina di tutela e valorizzazione”, su una bellezza d’insieme si è dedotta l’immodificabilità  della sagoma del singolo edificio, in un contesto peraltro non di particolare pregio architettonico – il detto principio acquista una specifica valenza nel momento in cui, attraverso l’imposizione di misure di mitigazione (consistenti nell’arretramento del vano in sopraelevazione), si viene a precludere la realizzabilità  di quanto progettato. Ciò a fronte delle (e in contrasto con le) ripetute affermazioni del T.A.R. in ordine alla stretta funzionalizzazione del vincolo rispetto al valore tutelato.
In conclusione, in accoglimento del ricorso proposto dalla società  istante, come integrato, dev’essere dichiarato nullo l’atto autorizzativo della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia (province di Bari, Barletta-Trani-Andria e Foggia) 23 marzo 2012 prot. 4129 e dev’essere ordinata alla medesima Soprintendenza (tuttora inadempiente, stante la predetta invalidità ) l’ottemperanza alla sentenza della Terza sezione 25 novembre 2011 n. 1799 e ancor prima a quella della seconda Sezione 28 aprile 2011 n. 655. L’Autorità  dovrà  pertanto pronunciarsi sull’istanza della Immobiliare Murialdo attenendosi alle modalità  sopra prescritte entro il termine di 30 giorni.
In caso d’inadempimento, il Collegio ritiene di nominare fin d’ora commissario ad acta l’arch. Francesco Ciccarelli, Dirigente dello I.A.C.P. di Foggia in quiescenza, che s’insedierà  nell’ulteriore termine di 30 giorni dalla scadenza di quello fissato per l’ottemperanza dell’ordinanza a cura della Soprintendenza, ove il complessivo lasso di tempo di 60 giorni sia trascorso inutilmente, senza il perfezionamento del procedimento, con le modalità  sopraprescritte. Assegna al nominato commissario ad acta il termine di 45 giorni per pronunciarsi sull’istanza della Immobiliare Murialdo.
L’eventuale compenso dell’attività  commissariale, a carico dell’Amministrazione intimata, sarà  determinato con separato atto all’esito dell’incarico.
La ricorrente peraltro ha espressamente domandato che, ai sensi dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, il Tribunale stabilisca “la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato”.
Ai fini che qui rilevano, in giurisprudenza si è osservato che detta misura assolve ad una finalità  sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato all’esecuzione della sentenza, ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 dicembre 2011 n. 6688; 3 marzo 2012, n. 2547; T.A.R. Puglia, Bari, 26 gennaio 2012 n. 259).
D’altra parte è stato chiarito che non vi è incompatibilità  tra irrogazione di astreintes e richiesta di nomina di un commissario ad acta, pure avanzata dalla parte ricorrente (T.A.R. Lazio, Roma, 29 dicembre 2011 n. 1035; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 15 aprile 2011 n. 2162; Sez. VIII, 23 febbraio 2012, n. 959). Si tratta infatti di mezzi di tutela diversi perchè l’astreinte è un mezzo di coercizione indiretta (modello “compulsorio”), mentre la nomina del commissario ad acta, il quale provvede in luogo dell’amministrazione, comporta una misura attuativa del giudicato ispirata ad una logica del tutto differente, siccome volta non già  ad esercitare pressioni sull’amministrazione affinchè provveda, ma a nominare un diverso soggetto, tenuto a provvedere al posto della stessa (secondo un modello di “esecuzione surrogatoria”).
àˆ evidente che l’opzione per l’uno o per l’altro modello rientra nella disponibilità  della parte e, in mancanza di specifiche preclusioni normative, deve ritenersi ammissibile la richiesta al giudice amministrativo, tanto della nomina del commissario ad acta quanto dell’applicazione dell’astreinte, trattandosi di strumenti di tutela cumulabili e non incompatibili tra loro.
L’unico limite espressamente contemplato dall’art. 114 del codice processo amministrativo è rappresentato dal fatto che l’uso dell’astreinte non risulti “manifestamente iniquo, ovvero sussistano altre ragioni ostative”.
Nel caso in esame, a fronte dell’eventuale, ulteriore inerzia serbata dall’Amministrazione resistente successivamente alla scadenza del termine assegnato per l’ottemperanza, la pluralità  di strumenti di tutela richiesti dalla parte ricorrente consente di graduare le misure concretamente esperibili con l’applicazione congiunta sia del modello compulsorio sia dell’esecuzione surrogatoria.
In dettaglio, si presta a positivo apprezzamento la richiesta di astreintes, sussistendo l’imprescindibile presupposto della richiesta di parte ricorrente, non ravvisandosi ragioni ostative e neppure profili di manifesta iniquità . L’attività  che dovrà  essere posta in essere in ottemperanza alle sentenze consiste infatti in una procedura del tutto usuale per gli uffici a partire dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497. In concreto, poi, l’Amministrazione non si è attenuta nel provvedere alle due successive sentenze di questo Tribunale (di cui la seconda in sede di ottemperanza).
In ogni caso non si ritiene di dover applicare le astreintes al periodo di tempo di 30 giorni fissato con la presente decisione per l’adempimento.
Tuttavia, in caso di perdurante inadempimento dell’Amministrazione, tali astreintes prenderanno a decorrere dallo spirare del termine dei 30 giorni fissato per l’ottemperanza e, quindi, dal trentunesimo giorno dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza e per un periodo massimo di ulteriori 30 giorni.
Venendo al quantum, in applicazione dei parametri di cui all’art. 614 bis del codice di procedura civile, si deve reputare congrua, in ragione della gravità  dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità  del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, la misura pari ad € 50,00 (cinquanta/00) in favore della ricorrente, da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza.
Alla scadenza di tale ulteriore periodo di 30 giorni cesseranno le astreintes e, in caso di perdurante inerzia della Soprintendenza, s’insedierà  il commissario ad acta.
Alla soccombenza segue la condanna alle spese di giudizio, nella misura equitativa indicata in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
– ordina alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia (province di Bari, Barletta-Trani-Andria e Foggia) di provvedere, in ottemperanza alla suddetta sentenza della Terza sezione 25 novembre 2011 n. 1799 e ancor prima a quella della seconda Sezione 28 aprile 2011 n. 655, sull’istanza autorizzatoria con le modalità  prescritte in motivazione, assegnando per l’adempimento il termine di 30 (trenta) giorni a decorrere dalla notificazione o dalla comunicazione della presente sentenza;
– condanna la Soprintendenza stessa, ai sensi dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma fissata in € 50,00 (cinquanta/00) da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza, a decorrere dallo spirare del termine dei 30 giorni fissato per l’ottemperanza e, quindi, dal trentunesimo giorno dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza e per un periodo massimo di ulteriori 30 giorni;
– per il caso di perdurante inerzia dell’Amministrazione anche allo scadere di tale ulteriore termine, per il complessivo lasso di tempo di 60 giorni, senza l’emissione dell’atto secondo i criteri stabiliti nelle pronunce giurisdizionali, nomina commissario ad acta l’arch. Francesco Ciccarelli, Dirigente dello I.A.C.P. di Foggia in quiescenza, che s’insedierà  per provvedere in sostituzione della Soprintendenza;
– assegna al nominato commissario ad acta il termine di 45 giorni per l’espletamento della relativa attività , con eventuali spese per il compenso, da liquidare separatamente, a carico della Soprintendenza.
Condanna il Ministero per i beni e le attività  culturali al pagamento in favore della Immobiliare Murialdo S.r.l. delle spese di lite, nella misura di € 2.000,00, oltre CU, CPI e IVA, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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