1. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Viabilità di accesso alla zona di P.d.L. – Fattispecie
2. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Responsabilità della p.A. – Accertamento – Presupposti
1. La valutazione dei temi della viabilità e quindi della sufficienza dei collegamenti esterni all’area oggetto di lottizzazione non va effettuata in sede di esame del piano di lottizzazione, che ha natura attuativa, ma deve essere fatta in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale o di una sua variante (nel caso di specie, il coordinamento tecnico del Comune aveva espresso parere negativo sull’adozione di un piano di lottizzazione ritenendo che lo stesso risolvesse in modo inadeguato il problema della viabilità di accesso all’area di lottizzazione ).
2. Il riconoscimento della responsabilità della pubblica Amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’amministrazione medesima e che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell’amministrazione (nella specie, a seguito dell’annullamento del diniego di adozione di un piano di lottizzazione, la domanda di risarcimento del danno da ritardo è stata rigettata dal TAR vista la complessità della pratica e il mancato raggiungimento della prova della sussistenza del dolo o della colpa dell’apparato amministrativo).
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Vedi Cons. St., sez. IV, sentenza 9 maggio 2013, n. 2511 – 2013; ric. n. 8278 – 2012
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N. 00897/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01378/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1378 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Rocco Calabrese, Vito Dentamaro, Angela Nitti, Stella Mercante, Lisandro Miliotti, Patrizia Nitti, Anna Paparella, Vitina Clarizio, Maria Di Venere, Nicola Mercante, Addolorata Deflorio, Paolo Falco, Angela Soranno, Rosa Maria Tunzi, Filippo Di Venere, Vita Ferrara, Maria Rosa De Angelis, Rosa Angela Nitti, Antonio Piscopo, Francesca Mariano, Domenico Mariano, Angelo Michele Mariano, Corrado Soranno, Michele Morisco, Giovanni Burdi, Luigi De Robertis, Giuseppe Morisco, Pasqua Attolini, Angela Burdi, Antonia Attolini, Rocco Sabino, Maria Amelia Pantone, Massimo Ursini, Nicola Lioce, Filippo Ladisa, Nicola Caiati, Michele Nitti, Michele Cavone, Domenico Battista, Maria Lisa Colonna, Antonia Colonna, Carmela Falco, Filomena Lorusso, Antonio Soranno, Anna Piscopo, Gaetano Fascina, Angela Armenise, Michele Macina, Giovanni Pacione, Cesaria Giannelli, Francesco Falco, Giovanni Bovio, Marcello Bovio, Elio Bovio, Nicola Raganelli, Pasqua Sebastiano, Carmela Loizzi, Francesco Triggiani, Onofrio Burdi, Angela Pascazio, Madia Colonna, Domenica Di Venere, Antonia Francone, Annamaria Burdi, Angelo Maddalena, Beatrice Di Tanno, Vincenza Conforti, Vito Bratta, Michelangelo Giannelli, Donato Tenerelli, Paolo Caradonna, Oronzo Caradonna, Gregorio Luisi, Rosa Calabrese, Teresa Calabrese, Chiara Annamaria Calabrese, Alberto Ruta, Andrea D’Agosto, Domenica Partipilo, Nicola Latorre, Carolina Mongelli, Angela Sebastiano, Giovanni Caito, Angelo Albergo, Rosa Albergo, Lidia Caito, Elia Caito, rappresentati e difesi dagli avv.ti, Nicolò De Marco e Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso il primo in Bari, via Abate Gimma, 189;
contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv.ti Chiara Lonero Baldassarra e Augusto Farnelli, con domicilio eletto in Bari, presso l’Avvocatura comunale, via Principe Amedeo 26;
per l’annullamento
della nota del Comune di Bari – Ripartizione Urbanistica ed edilizia privata prot. 95946 del 21.4.2011 e pervenuta il giorno 5.5.2011, avente ad oggetto: “Piano di lottizzazione n. 211. Calabrese ed altri maglia di esp. C/1 n. 10 Ceglie del Campo”, con la quale il Coordinamento tecnico interno ha espresso parere contrario all’approvazione del piano di lottizzazione, nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale a quello impugnato, con particolare riferimento alla relazione istruttoria del R U P 22.3.2011, allegata alla nota impugnata,
nonchè per l’accertamento
dell’obbligo del Comune di Bari di adottare le definitive determinazioni sulla proposta di lottizzazione entro i termini, ampiamente decorsi, prescritti dalla legge,
con condanna del Comune di Bari a provvedere, assegnando termine, ad assumere le definitive determinazioni sulla proposta di lottizzazione, con nomina sin d’ora del Commissario ad acta in ipotesi di persistente inadempimento,
nonchè
per il risarcimento del danno ingiusto arrecato ai ricorrenti dai provvedimenti impugnati, anche da ritardo.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avvocati Nicolò De Marco e Augusto Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A. I ricorrenti sono proprietari di terreni ubicati nell’agro di Ceglie e Loseto e tipizzati dal piano regolatore generale vigente come zona di espansione C/1, maglia n. 10, già inserita nel III P.P.A.
I medesimi hanno presentato un piano di lottizzazione in data 17 aprile 2003 per un’area estesa metri quadri 623.000, che comprende circa 500 proprietari catastali. Esso, in data 1º ottobre 2003, otteneva parere favorevole dal Coordinamento tecnico interno della Ripartizione urbanistica, che comunque rinviava alcuni approfondimenti in sede di verifica dell’assoggettabilità del progetto alla V.I.A.
Successivamente venivano richieste più volte integrazioni documentali fino alla delibera del 22 dicembre 2005, nella quale il Consiglio comunale di Bari, dato atto dell’intervenuta scadenza del terzo piano pluriennale di attuazione, dell’assenza di normativa regionale attuativa delle previsioni dell’art. 20 della legge 30 aprile 1999, n. 136, della ravvisata esigenza di munirsi di apposito programma per il riequilibrio urbano e lo sviluppo urbanistico del territorio (P.ri.sv.u.t.) di attuazione delle previsioni del P.R.G. secondo obiettivi “di qualità urbana e di sostenibilità ambientale”, della previsione già nell’art. 59 delle N.T.A. della variante generale al P.R.G. di una programmazione temporale dello sviluppo urbanistico, dell’esigenza di introdurre una disciplina di salvaguardia “…nell’attesa della formazione del nuovo PUG e dell’emissione delle norme regionali di regolamentazione della l. 136/99”, nonchè in vista dell’adozione e approvazione della variante generale di adeguamento del P.R.G. alle previsioni del piano regionale urbanistico territoriale tematico con particolare considerazione del paesaggio (P.U.T.T./paesaggio), disponeva l’adozione di varianti alle norme tecniche di attuazione interessanti gli artt. 5, 31, 32, 39, 51, 52 e 59, con introduzione quale norma transitoria dell’art. 59 bis.
La relativa delibera veniva annullata con sentenza di questa Sezione 3 aprile 2007 n. 961, dichiarando tra l’altro illegittima la sospensione “soprassesoria” dell’esame dei piani di lottizzazione.
Il piano attuativo veniva poi adeguato dagli istanti alla disciplina di variante superstite all’annullamento giurisdizionale e ripresentato in data 11 febbraio 2010. Su tale adeguamento il coordinamento tecnico interno ha espresso parere negativo in data 10 giugno 2010 e poi, dopo una serie di adeguamenti chiarimenti e integrazioni, ancora in data 25 marzo 2011, sulla base di ulteriori motivi.
Tale atto è stato impugnato con il ricorso depositato il 19 luglio 2011, con il quale si lamenta in sostanza che il Comune si opponga al piano non perchè lo ritenga non conforme al P.R.G. in vigore, bensì perchè contrastante con il futuro (e non determinato) strumento urbanistico ancora da formarsi ai sensi della legge regionale 27 luglio 2001 n. 21.
L’Amministrazione intimata, costituendosi, ha sostenuto l’improcedibilità del ricorso, visto che il parere gravato sarebbe stato rivisitato, alla luce di ulteriori osservazioni dei privati. I ricorrenti hanno ribattuto che il contestato avviso è definitivo in quanto emesso a seguito di ulteriori osservazioni in risposta ad un preavviso di rigetto del 23 giugno 2010 e che il Comune stia così perseguendo semplicemente un intento dilatorio.
Con atto depositato il 21 gennaio 2012, i proprietari hanno poi impugnato con motivi aggiunti la nota 13 ottobre 2011, prot. 240.691 (con i relativi allegati) che conferma il parere contrario.
La relativa motivazione risiede nella compiegata relazione tecnica dell’agosto 2011.
In tale atto, a firma dell’ingegner Michele De Palo, si premette che il piano all’esame degli uffici comunali non coincide con quello oggetto del procedimento avviato nel 2003 (implicitamente decaduto) ma sarebbe costituito da una nuova e diversa proposta risalente all’aprile 2009 (pagina 11).
Anche alla luce di tale notazione, vengono evidenziate in una serie di criticità che, in estrema sintesi, possono essere così riportate:
a) la sottoscrizione del progetto da parte dei proprietari, in quanto risalente nel tempo, non sarebbe idonea a dimostrare la quota necessaria per la presentazione della lottizzazione (neppure dopo le ulteriori più recenti adesioni, che, secondo il Comune, dimostrerebbero la disponibilità solo del 26% della superficie, mentre per gli istanti porterebbero a raggiungere la percentuale del 63,39%);
b) dev’essere accertato il posizionamento della segnalazione archeologica denominata “contrada Madonna di Butterito” (sigla SAK 16), per la quale è necessario il parere della Soprintendenza archeologica, anche in relazione alla diversa collocazione attribuitale, a seguito dell’accoglimento di un’osservazione formulata nel procedimento di variante di adeguamento dei P.R.G. al P.U.T.T./P, come da delibera consiliare n. 13/2011;
c) dev’essere acquisito un nuovo parere dell’Autorità di bacino (relativo alle zone a rischio idraulico, sulle quali peraltro nel P.d.L. sono previste le aree destinate a verde), nonostante che già sia stato espresso avviso favorevole in data 19 maggio 2006;
d) in applicazione dell’articolo 59 delle vigenti norme tecniche di attuazione, il Funzionario incaricato reputa che nel piano si presenti inadeguato il collegamento “alle idonee reti infrastrutturali pubbliche esistenti” con effetti negativi sul flusso del traffico;
e) mancherebbe una serie di pareri, che dovrebbero essere acquisiti, compresi quelli già espressi in passato, oltre alla valutazione ambientale strategica.
A contestazione di tali rilievi i ricorrenti deducono i seguenti motivi, che si riferiscono ognuna alle lettere di cui sopra:
1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 37 della legge regionale n. 22/2006 e dell’articolo 16 della legge regionale n. 20/2001; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento; sviamento;
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 21, 27 e 35 della legge regionale n. 56/1980; violazione del giusto procedimento; violazione della legge n. 241/1990 e del principio di non aggravamento del procedimento; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento; sviamento;
3) violazione e falsa applicazione degli articoli 21, 27 e 35 della legge regionale n. 56/1980; violazione del giusto procedimento; violazione della legge n. 241/1990 e del principio di non aggravamento del procedimento; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea istruttoria; sviamento;
4) eccesso di potere per illogicità manifesta, perplessità e insufficienza della motivazione, disparità di trattamento; violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 20/2001; violazione all’articolo 59 delle norme tecniche di attuazione; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea istruttoria; sviamento;
5) violazione del giusto procedimento; violazione della legge n. 241/1990 e del principio di non aggravamento del procedimento; violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 152/2006; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea istruttoria; sviamento.
Gli istanti domandano inoltre il risarcimento del danno per l’ingiustificato ritardo nella definizione del procedimento.
In vista dell’udienza del 22 marzo 2012, il Comune ha prodotto memoria in data 7 febbraio 2012, mentre il ricorrente ha depositato ulteriore documentazione (nota del 20 settembre 2011, con cui la Ripartizione urbanistica chiede la sottoscrizione dello schema di convenzione ai lottizzanti; nota interna del Comune del 5 gennaio 2012 con cui si trasmette al Sindaco e alla Ripartizione urbanistica tale schema – allegato – sottoscritto da tutti proprietari aderenti; atti relativi alla trasmissione alla Regione Puglia della documentazione per l’attivazione della verifica di assoggettabilità a V.A.S., tutti risalenti al luglio 2010).
Alla detta udienza la causa è stata riservata della decisione.
B.1. Innanzitutto, deve osservarsi che il ricorso originario depositato il 19 luglio 2011 è divenuto improcedibile: al gravato parere negativo in data 25 marzo 2011 è seguita infatti la nota 13 ottobre 2011, prot. 240.691, che conferma il contrario avviso in linea tecnica della Ripartizione Urbanistica, nel dichiarato intento di rispondere alle osservazioni presentate dai progettisti della lottizzazione in data 14 giugno 2011. Questa nota è stata impugnata con motivi aggiunti depositati il 21 gennaio 2012.
B.2. Occorre perciò esaminare le censure dedotte con tale atto.
Al proposito si può osservare che i deducenti hanno contestato la nota 13 ottobre 2011, prot. 240.691, ritenendola lesiva perchè essa, con l’istruttoria tecnica allegata, comporta un ulteriore arresto procedimentale anche alla luce della prassi del Comune di Bari di non sottoporre il piano di lottizzazione bocciato dagli organi tecnici alla valutazione di quelli politici (del consiglio ovvero della giunta in forza dell’articolo 5, punto 13-b) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall’articolo 10 della legge regionale I agosto 2011, n. 21). Ciò indubbiamente radica l’interesse al relativo annullamento (da ultimo: Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6609).
Per quanto riguarda il motivo sub 1), esso è indubbiamente fondato.
àˆ privo di ogni base normativa il parere negativo che si collega ad un presunto (e non dimostrato) venir meno nel tempo delle adesioni alla presentazione del piano di lottizzazione, non potendosi ritenere che le relative sottoscrizioni siano soggette a scadenza.
A prescindere dalla circostanza che i ritardi nell’iter procedurale non possono che essere imputati in prima battuta all’Amministrazione, che non ha esercitato i propri doverosi poteri nei tempi previsti dalla legge, rimane il fatto che in data 5 maggio 2004 è stato anche trasmesso l’atto d’obbligo dei proponenti sottoscritto con autentiche notarili.
Ciò anche a non voler sottolineare che, a seguito della richiesta contenuta nella nota del 20 settembre 2011 della Ripartizione urbanistica, sono state raccolte nuovamente le firme in calce allo schema di convenzione (v. nota interna del Comune del 5 gennaio 2012), senza che siano mai effettivamente emerse le deficienze paventate nel parere.
Le censure sub 2) devono essere affrontate insieme con quelle sub 3) e sub 5).
L’Amministrazione ritiene che non possa esprimersi alcuna valutazione positiva se e fin quando la Soprintendenza archeologica non si pronunci sull’effettiva collocazione sul territorio della segnalazione archeologica denominata “contrada Madonna di Butterito” (sigla SAK 16). Per tale segnalazione in effetti è stato individuato un diverso sito (rispetto alla cartografia del P.U.T.T./P) con la delibera n. 13/2011, sito che la porrebbe al di fuori dell’area interessata dalla lottizzazione. Il Consiglio comunale, con tale atto collegiale, ha infatti proceduto alla variante di adeguamento del P.R.G. al detto piano territoriale, in particolare accogliendo un’osservazione proposta proprio per segnalare l’errore topografico (in conformità dell’articolo 5.05, in specie capoverso 5, delle norme tecniche di attuazione del P.U.T.T./P).
Tale correzione deve considerarsi un evento del tutto ordinario, non solo per le modalità di approvazione di questo piano (quanto ai tempi e all’accuratezza della cartografia del P.U.T.T./P), ma anche nello specifico per il disposto dell’articolo 3.15.2. (“INDIVIDUAZIONI”) delle norme tecniche di attuazione del P.U.T.T./P, per il quale “Le zone archeologiche sono individuate dal Piano con elencazioni e rappresentazioni cartografiche. Considerata la scala di elaborazione del Piano, la rappresentazione cartografica indica schematicamente la perimetrazione della zona oppure la sua semplice localizzazione.
Il controllo, e la eventuale modificazione di dette elencazioni e perimetrazioni, è prescritta in sede di formazione dei sottopiani e degli strumenti urbanistici generali”.
In definitiva risulta assolutamente contraddittorio che il Comune in sede di adeguamento del piano regolatore, attraverso una delibera consiliare, abbia ritenuto erronea la localizzazione di tali beni segnalati e che poi in sede istruttoria si rifiuti di considerare il contenuto e gli effetti di tale deliberazione. Così come non ha fondamento normativo la pretesa che tutti i pareri siano già acquisiti prima della conclusione dell’istruttoria linea tecnica.
A norma dell’articolo 21, quinto comma, della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56 (applicabile alle lottizzazioni in forza del rinvio di cui all’articolo 27), “Qualora nel Piano” [attuativo] “ricadono immobili con vincoli idrogeologici, boschivi, artistici, paesistici e di ogni altro tipo apposti da leggi e strumenti di pianificazione statali e regionali, il Comune invia il Piano, entro 15 giorni dalla sua adozione, agli Enti ed Uffici competenti per il rilascio del parere se prescritto dalle predette leggi e strumenti”.
Tale schema di percorso, per il quale i pareri debbono essere richiesti successivamente all’adozione del piano, è poi confermata dall’articolo 2.11. del P.U.T.T./P (in base al quale “1. Gli strumenti urbanistici esecutivi (PP, PL, PR) di aree comprese negli ambiti sottoposti a tutela diretta dal Piano (art. 2.01, punto 2) non possono essere approvati prima del rilascio del parere paesaggistico (art. 5.03)”) e dall’articolo 16, quinto comma, della legge regionale 27 luglio 2001 n. 20, in riferimento a quei piani che tale legge denomina “piani urbanistici esecutivi”.
Le disposizioni normative, che depongono tutte nel medesimo senso logico prima che giuridico, consentono di ritenere ingiustificate tutte le pretese di acquisire (immediatamente e senza attendere l’adozione) i pareri esterni, contenute nelle parti di motivazione individuate con le lettere b), c) ed e).
A ciò si deve solo aggiungere,
– in relazione al parere dell’Autorità di bacino (relativo alle zone a rischio idraulico, sulle quali peraltro sono previste le aree destinate a verde), che era stato già espresso avviso favorevole in data 19 maggio 2006 (analogalmente a quanto successo per l’Acquedotto pugliese) e che nessun rilievo specifico è stato sollevato nella relazione istruttoria, anche in rapporto agli atti ivi espressamente richiamati e, in specie, al P.A.I.;
– in relazione alla valutazione ambientale strategica (o meglio alla verifica di assoggettabilità ad essa, ex articolo 12 e, in particolare, ex articolo 6, terzo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, come modificato dall’articolo 2, comma terzo, lettera a), del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128), che la relativa attivazione spetta all’amministrazione e non ai privati proponenti.
Il Funzionario incaricato reputa infine che il piano risolva in modo inadeguato il problema del collegamento “alle idonee reti infrastrutturali pubbliche esistenti” e ciò comporterebbe effetti negativi sul flusso del traffico.
Rispetto a tale profilo, occorre osservare che i lottizzanti hanno sottoposto all’Amministrazione vari progetti in sostanza impegnandosi a realizzare non solo la viabilità interna e quella di collegamento, ma anche una parte delle strade previste dal piano regolatore e non attuate.
In definitiva, il Comune che pure o non ha esaminato tali soluzioni da un punto di vista strettamente tecnico o le ha valutate sotto questo aspetto positivamente, finisce per rifiutarle perchè, come già affermato nel precedente parere del 25 marzo 2011, “i due innesti stradali in progetto¦ appaiono allo stato solo teorici, in quanto subordinati alla concreta realizzazione della predetta viabilità di P.R.G¦Per lo stesso motivo, la “Verifica funzionale della rete stradale in base al flusso generato”¦, in quanto ripartisce i flussi di traffico ai tre innesti sulla viabilità di P.R.G è da ritenere del tutto teorica: il soddisfacimento potrà essere garantito solo in esito all’effettiva realizzazione del predetto tratto stradale primario: in tale eventualità potrà essere valutata positivamente la possibile soluzione a regime proposta (con la realizzazione della rotatoria e della dismissione del tratto della via Giulio Petroni interno alla rotatoria)”.
Innanzi tutto deve rilevarsi che, come osservato da questa Sezione per un’analoga vicenda coinvolgente il Comune di Bari, l’apparato tecnico comunale, in materia urbanistica, ha l’obbligo d’individuare soluzioni tecniche da offrire al vaglio dell’autorità collegiale competente, o dando attuazione alle scelte di pianificazione ovvero proponendo ipotesi di variante a quelle scelte senza indulgere in valutazioni di specifico interesse pubblico che appartengono alla sfera esclusiva delle attribuzioni dell’organo politico (ordinanza 27 ottobre 2010 n. 783).
àˆ evidente infatti che gli organi tecnici del Comune sono tenuti alla verifica della conformità dell’intervento alla disciplina attuale del territorio, stabilita dagli strumenti pianificatori tipici, in cui si è cristallizzato l’interesse pubblico ad un ordinato utilizzo delle aree. Agli uffici non è affidata alcuna valutazione di merito sull’opportunità o convenienza dell’intervento che si sovrapponga e annulli quella predeterminata dagli atti pianificatori.
Nè il Comune può invocare l’articolo 59 delle norme tecniche di attuazione per dimostrare che il parere si ponga in un rapporto di mera e stretta attuazione di quanto deciso in sede politico-amministrativa (e quindi di competenza degli uffici). Tale qualificazione del rapporto sarebbe sostenibile se risultassero in qualche modo esternate le “scelte prioritarie” dell’Amministrazione comunale (mentre l’ultima opzione debitamente formalizzata è stata quella di comprendere la zona nel III P.P.A.) e se fosse chiaro (in considerazione anche di altre consimili procedure, su cui si soffermano le osservazioni degli istanti, prima in sede procedimentale e poi in quella processuale-motivi aggiunti, pagine 22-23) quale sia la tipologia e la consistenza del difetto di urbanizzazione primaria ritenuto preclusivo per la lottizzazione Ciò soprattutto in un’ipotesi in cui, da un lato, l’Amministrazione non ha mostrato di rinunciare alle opere viarie fondamentali previste dal piano regolatore nella zona e, in primis, all’asse Nord-Sud e, dall’altro, i privati hanno proposto la realizzazione dei lavori che interesserebbero altresì terreni già in proprietà dell’Ente locale, perchè ceduti a seguito di un analogo, precedente piano.
In questa situazione, il parere negativo non può trovare giustificazione nel più volte richiamato articolo 59, anche tenendo conto di un diverso profilo: questo Tribunale (nella sentenza n. 961/2007) ha infatti escluso l’illegittimità di tale norma, dando alla disposizione un senso ben preciso e circoscritto, ovvero osservando: “Del pari, all’interno dell’art. 59 la previsione dell’obbligo di realizzare le opere urbanizzative sino al collegamento delle reti infrastrutturali pubbliche esistenti non contrasta affatto con la disciplina normativa legislativa (si rammenti che l’art. 28 comma 5 n. 2) della legge 17 agosto 1942, n. 1150, stabilisce come contenuto obbligatorio delle convenzioni di lottizzazione “l’assunzione a carico del proprietario…(anche)…di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi…”) nè appare priva di intrinseca logicità e razionalità “.
Non si può trascurare inoltre che, in generale, la lottizzazione, anche d’iniziativa privata, rappresenta uno strumento per attuare le previsioni della pianificazione generale, ovvero per trasformare in realtà gli obiettivi perseguiti nell’interesse pubblico attraverso il disegno dello strumento urbanistico, teso ad un ordinato e funzionale uso del territorio. In particolare, il P.d.L. è destinato a realizzare un’espansione residenziale in zone non ancora urbanizzate alle quali siano così garantite le necessarie dotazioni e infrastrutture collettive, attraverso l’apporto anche finanziario di privati, che sono in tal modo posti in condizione di sfruttare le potenzialità edificatorie dei terreni di loro proprietà .
Al riguardo, nel decidere sulla fattispecie concreta, concernente l’operato degli uffici tecnici del Comune, nell’ambito della propria competenza, non si può trascurare quanto, in una prospettiva più generale, ha chiarito in materia il Consiglio di Stato, Sezione quarta, in relazione ad una lottizzazione che presentava aspetti analoghi a quelli della procedura in esame.
“Ritiene la Sezione che la propria precedente decisione n. 4368 del 16 settembre 2008 abbia già sufficientemente individuato i limiti decisionali che regolamentano l’approvazione dei piani di lottizzazione, quando ha affermato che “la giunta ed il consiglio comunale non possono effettuare valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate con il piano regolatore. Infatti, se un’area è stata da questo destinata all’edificazione, nel corso del procedimento di approvazione del piano attuativo non è giuridicamente possibile che la medesima area non vada considerata in concreto edificabile ˜per ragioni ambientali e paesaggistiche’, e cioè sulla base di valutazioni diametralmente opposte a quelle già poste a base dello strumento primario che ha previsto l’edificabilità sul piano urbanistico. Ove emergano le relative ragioni, può essere attivato il procedimento per la modifica del piano regolatore, ma – sul piano urbanistico – non può essere respinto il progetto di lottizzazione conforme allo strumento primario”.
Nel rispetto delle diverse finalità della pianificazione urbanistica, la valutazione della congruità del piano di lottizzazione deve quindi porsi in collegamento attuativo e nel rispetto funzionale delle previsioni dello strumento urbanistico di valenza generale. Tali ragioni hanno quindi spinto la Sezione ad affermare che il compito spettante alla giunta ed al consiglio comunale siano limitati all’accertamento della conformità del progetto alle previsioni dello strumento urbanistico primario, imponendo peraltro, giusta il canone ordinario di correttezza dell’azione amministrativa, che le relative determinazioni in merito all’eventuale non conformità del progetto al piano regolatore si fondino su una puntuale motivazione, tale da permettere l’emersione di interessi pubblici effettivamente sussistenti e la conseguente tutela dell’interessato in sede di giustizia amministrativa.
Se queste affermazioni, in merito al metro di giudizio, non paiono contestabili, nè sono state aggredite dalle parti contendenti, una diversa valutazione va fatta in relazione alla base del giudizio, ossia agli elementi che possono essere correttamente valutati al fine della declaratoria di non conformità rispetto allo strumento pianificatorio generale ed in particolare in relazione alla supposta insufficienza della viabilità .
In questo senso, nessun aiuto può provenire dalla decisione n. 4368 del 2008, evocata a vario titolo da tutte le parti, atteso che nella detta sentenza non sono stati valutati gli aspetti della viabilità , in quanto introdotti successivamente al provvedimento allora gravato e quindi integranti una motivazione postuma dello stesso. Le affermazioni ivi contenute hanno quindi natura di obiter dictum, sebbene incidentalmente, non si possa non notare come la Sezione abbia suffragato “la sussistenza del potere del consiglio comunale di valutare la sufficienza della viabilità nell’area oggetto del progetto, in rapporto all’area più vasta in cui la sua realizzazione si va ad inserire”, ossia limitando il sindacato alla viabilità interna al piano da realizzare.
In senso più generale, non si può non osservare come il tema della pianificazione viaria sia tradizionalmente oggetto di previsioni a livello di piano regolatore generale. L’art. 7 della legge urbanistica (legge 17 agosto 1942, n. 1150, indicando i contenuti del piano generale, espressamente prevede, al punto 1 del comma 1, che questo indichi “la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti”. E previsioni di tal fatta si riscontrano, peraltro con terminologia normativa più corrente, in tutte le discipline regionali che trattano il tema dell’assetto e del governo del territorio (ad esempio, nell’ambito della regione Veneto, la L.R. n. 11 del 2004, separando gli aspetti strutturali del piano regolatore da quelli operativi, prevede che siano fissati “gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili”, individuando “le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza” – art. 13 comma 1, lett. j).
Emerge quindi uno stretto collegamento tra la pianificazione generale comunale e l’individuazione della rete viaria necessaria all’attuazione delle scelte di piano. E tale collegamento opera in senso discendente, in modo che la predisposizione infrastrutturale si pone a monte delle previsioni operative attuative.
Così ricostruito il quadro dei rapporti tra i contenuti di piano, appare evidente come la valutazione dei temi della viabilità , e quindi della sufficienza dei collegamenti esterni all’area oggetto di lottizzazione, non sia un elemento da sviluppare in occasione dell’approvazione del piano di lottizzazione, che ha natura attuativa, ma debba essere contenuto, a monte, nello strumento urbanistico generale il quale, sulla base di una previsione complessiva dei temi della gestione del territorio, è il mezzo giuridico funzionalmente idoneo a dare ingresso alle tematiche della circolazione nell’ambito del territorio comunale.
Trasportando il detto schema nella questione qui in scrutinio, emerge con chiarezza come la questione dell’idoneità della viabilità d’accesso all’area di lottizzazione è certamente di pertinenza degli organi comunali, ma deve aver luogo unicamente nell’ambito della redazione dello strumento pianificatorio generale, o di altri strumenti a questo equiparati, ma non può certamente trovar spazio in altri provvedimenti che, stante il loro carattere attuativo, non possono sovrapporsi alle valutazioni generali già operate” (sentenza 20 luglio 2011 n. 4395).
I principi enunciati dal Consiglio di Stato, che si attagliano perfettamente al caso concreto, sono da condividere e inducono a ritenere fondate anche le censure dedotte sub 4).
D’altra parte, a ben considerare il ragionamento sotteso al parere, si dovrebbe ammettere che il Comune finisce per trasformare il vincolo strumentale (cioè quello che subordina l’edificabilità di un’area all’inserimento della stessa in uno strumento esecutivo, piano particolareggiato o, in alternativa, piano di lottizzazione ad iniziativa privata) in un vincolo di tipo ablatorio del diritto di proprietà , in quanto, comportando di fatto l’inedificabilità della zona (nella fattispecie concreta anche in contrasto con le previsioni del piano regolatore), si presenterebbe tanto intenso d’annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 marzo 2009, n. 1765; Sez. V, 3 aprile 2000, n. 1908; 30 giugno 1995, n. 945; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 15 dicembre 2010, n. 2835).
A tali conclusioni si può solo aggiungere che le eventuali inadeguatezze del piano regolatore Quaroni emerse nel tempo, anche in riferimento al calcolo del fabbisogno abitativo, non possono che trovare soluzione in una strumentazione urbanistica più moderna quale quella oggi espressamente prevista in Puglia dalla legge regionale 27 luglio 2001 n. 21, a cui a distanza di quasi 11 anni dall’entrata in vigore non è stata data attuazione, non essendo stato il piano urbanistico generale del Comune di Bari neppure adottato.
B.3. La domanda risarcitoria del danno ingiusto da ritardo prodotto dai provvedimenti impugnati è invece infondata.
Al riguardo si deve ricordare che, anche prima dell’espressa previsione normativa, la fattispecie di danno da ritardo era comunque riconosciuta meritevole di tutela risarcitoria dalla giurisprudenza, sebbene entro i limiti di cui alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 15 settembre 2005, che aveva ammesso il ristoro subordinatamente all’accertamento dell’illegittimità dell’esercizio della funzione amministrativa in senso favorevole all’interessato o, quanto meno, attraverso la sua esplicazione virtuale mediante un giudizio prognostico, così escludendo la risarcibilità del danno da ritardo “puro”, disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza dell’interesse pretensivo fatto valere.
L’articolo 2-bis, primo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241, introdotto dall’articolo 7, comma primo, lettera c), della legge 18 giugno 2009 n. 69, ha in seguito esplicitamente previsto il ristoro, stabilendo: “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.
Tale intervento normativo non recepisce il modello prefigurato dall’articolo 17, comma primo, lettera f), della legge 15 marzo 1997 n. 59, modificato dall’articolo 7 della legge 15 maggio 1997 n. 127, di un indennizzo automatico e forfetario a fronte dell’inerzia dell’amministrazione (modello che ha poi visto in effetti modesti sviluppi: articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 286 e legge regionale Toscana 23 luglio 2009 n. 40 – articolo 16, primo comma); neppure, però, l’articolo 2-bis s’ispira espressamente ai principi enunciati dall’Adunanza plenaria n. 7/2005.
La tutela contro l’inerzia è stata infine completata attraverso le previsioni del codice del processo amministrativo (articoli 30, 117 e 133, primo comma, lett. a), n. 1).
Per quanto premesso è rimasta aperta la questione del rapporto tra tale risarcimento e l’accertamento della spettanza, in capo al richiedente, del c.d. “bene della vita” per l’ottenimento del quale è avviato il procedimento amministrativo nella disciplina vigente, sulla quale si registrano in giurisprudenza orientamenti contrastanti (per tutte, da un lato, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011 n. 6609; dall’altro, Consiglio di Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. giust. amm. reg. sic., 4 novembre 2010 n. 1368).
àˆ incontroverso invece che le citate disposizioni riconducano le conseguenze della mancata conclusione del procedimento al modello del risarcimento del danno; perciò, il richiedente, ex articolo 2697 del codice civile, è tenuto a provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, ossia il danno, l’elemento soggettivo del dolo o della colpa ed il nesso di causalità .
La tutela risarcitoria in ogni caso non può essere quindi accordata in relazione alla sola, mera “perdita di tempo” in sè considerata – non riconoscendosi nel fattore “tempo” un bene della vita meritevole di autonoma dignità e tutela (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 582); deve invece ritenersi (in senso rispondente al dato letterale della novella legislativa di cui alla legge 19 giungo 2009 n. 69) che essa presupponga la lesione di un “diverso” – rispetto al tempo – bene giuridicamente protetto, ponendosi il fattore temporale quale nesso causale tra fatto e lesione.
In definitiva, il riconoscimento della responsabilità della pubblica amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’amministrazione medesima e che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell’amministrazione.
Nell’accidentata procedura in esame, avviata nel lontano 2003, è invero indubbia la sussistenza del “ritardo” (ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 11, in ultimo integrato dall’articolo 1 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5), stante altresì il chiaro disposto dell’articolo 27, terzo comma, della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56 il quale impone, in relazione alle lottizzazioni, che “La delibera del Consiglio Comunale, di approvazione o di diniego, deve essere presa entro 90 giorni dal ricevimento della proposta”.
àˆ altrettanto indubbio che il procedimento sul quale si controverte, coinvolgente un’area di 623.000 metri quadri, con una previsione d’insediamento di oltre 10.000 abitanti (come risulta dalla relazione istruttoria, pagina 19), presenti aspetti di rilevante complessità e, al contempo, alcuni iatus temporali nel suo svolgersi non del tutto chiariti (come il riavvio dell’iter dopo la sentenza n. 961/2007). Tali dati non consentono, in mancanza di precise e specifiche deduzioni sul punto, di trarre dal fascicolo processuale elementi sufficienti e univoci che attestino (se non il dolo almeno) la colpa dell’apparato amministrativo.
C. In conclusione il ricorso originario è improcedibile; i motivi aggiunti depositati il 21 gennaio 2012 sono d’accogliere nella loro parte demolitoria e, per l’effetto, vanno annullati la nota del 13 ottobre 2011 della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari e gli atti sottostanti (in particolare, la relazione tecnica istruttoria allegata dell’agosto 2011).
L’annullamento degli atti impugnati (accomunati, come i precedenti sottoposti al vaglio di questo Tribunale, dalla loro valenza di ostacolo ingiustificatamente frapposto alla conclusione del procedimento), coniugato con il principio dell’effettività della tutela cui il processo è preordinato a favore della parte vittoriosa, non può non comportare l’obbligo dell’Ente locale di porre in essere nell’immediato ogni misura adeguata al risultato urbanistico-edilizio richiesto dalla parte perchè conforme al piano regolatore generale in vigore e applicativo dello stesso.
Dato il complessivo esito del ricorso, per il quale è stata accordata la tutela primaria dell’annullamento, ravvisata l’illegittimità dell’azione amministrativa, ma non quella integrativa costituita dal ristoro dei danni subiti per il ritardo, risulta giustificata la compensazione parziale delle spese di lite, che per il resto sono a carico del Comune di Bari per essere liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile; accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla la nota del 13 ottobre 2011 della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari e gli atti sottostanti (in particolare, la relazione tecnica istruttoria allegata dell’agosto 2011).
Condanna il Comune di Bari al pagamento di € 4.000,00, oltre CU, CPI e IVA, come per legge, in favore dei ricorrenti, a titolo di spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)