1. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Piano di lottizzazione – Formazione – Valutazione  organi tecnici – Verifica conformità  strumenti pianificatori tipici – Valutazioni opportunità  o convenienza – Impossibilità 
2. Edilizia e urbanistica – Vincoli –  Vincolo strumentale – Contenuto – Edificabilità  area mediante strumento esecutivo – Inedificabilità  surrettizia dell’area – Impossibilità 
3. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Presupposti
4. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Difficoltà  di provarne l’entità  – Valutazione equitativa

1. In sede di esame di una proposta di un piano di lottizzazione gli organi tecnici comunali sono obbligati alla sola verifica della conformità  del piano proposto alla disciplina del territorio stabilita dagli strumenti pianificatori tipici, ove è fissato l’interesse pubblico all’utilizzo ordinato delle aree, non essendo loro consentita alcuna valutazione di opportunità  o di convenienza del merito piano che eluda quella disciplina.
2. Il vincolo strumentale, contemplato dagli strumenti pianificatori tipici, consistente nel consentire l’edificabilità  di un’area mediante uno strumento esecutivo (piano particolareggiato oppure piano di lottizzazione ad iniziativa privata) non può mai determinare la surrettizia inedificabilità  dell’area, perchè, atteggiandosi come vincolo ablatorio del diritto di proprietà , si pone in contrasto con le previsioni degli strumenti pianificatori generali.
3. La tutela risarcitoria  del danno ingiusto da ritardo, per poter essere accordata, richiede il presupposto oggettivo del tardivo esercizio della funzione amministrativa, in uno con l’accertamento della violazione dei termini del procedimento, il presupposto soggettivo della colpa o del dolo dell’amministrazione, oltre che la sussistenza del nesso di causalità  efficiente tra il danno lamentato e il ritardo colposo o doloso dell’amministrazione (nella specie, a seguito di un ingiustificato e colpevole ritardo nell’approvazione di una lottizzazione, il TAR ha ritenuto la sussistenza di un nocumento, passibile di risarcimento,  in capo agli interessati).
4. Se, a seguito dell’accertamento della violazione dei termini del procedimento da parte della p.A. per l’approvazione  di un P. d. L. e dopo aver raggiunto la prova dell’esistenza di danni risarcibili, emerga che l’allegazione della prova del preciso ammontare del danno risulti di particolare difficoltà , il giudice può determinare il risarcimento in via equitativa ai sensi delle norme di cui agli artt. 2056 e 1226 del c.c. (nella specie, il risarcimento è stato determinato in € 3.000,00).
* * * 
Vedi Cons. di Stato, sez. IV, sentenza 9 maggio 2013, n. 2511 – 2013 ordinanza 31 ottobre 2012 n. 4332 – 2012; ric. 7292 – 2012
* * * 


N. 00923/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01053/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1053 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da Michele Palella e Maria Tunzi, rappresentati e difesi dall’avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma, 189; 

contro
Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Nino Matassa, con domicilio eletto in Bari, via Andrea da Bari, 35; 
Regione Puglia; 

per l’annullamento
– della nota prot. n. 10797 del 17.4.2008;
– ove occorra, della nullità  della deliberazione G.R. n. 1358 del 3.8.2007;
sui motivi aggiunti depositati il I luglio 2010
– della nota prot. n. 75414 del 23.3.2010, notificata in data 8.4.2010, della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari, avente ad oggetto: “P.D.L. n. 228”, contenente parere contrario all’intervento;
– nonchè di ogni altro atto connesso presupposto o conseguenziale rispetto a quello impugnato, con particolare riferimento ed ove occorra, alla relazione tecnica istruttoria allegata del I.3.2010,
nonchè per il risarcimento del danno ingiusto da ritardo prodotto dai provvedimenti impugnati ai ricorrenti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avvocati Nicolò De Marco e Nino Matassa;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A. I ricorrenti presentavano in data 21 dicembre 2005 al Comune di Bari un piano di lottizzazione (pratica n. 228/06) relativo alla maglia di espansione C1, nn. 11-12, di P.R.G., nell’agro di Ceglie e Loseto del comune di Bari. L’area ricade parzialmente nella fascia di 150 m. da lame e corsi d’acqua (area annessa secondo il P.U.T.T./P).
Il Comune di Bari esprimeva in un primo momento parere contrario all’intervento rilevandone il contrasto con il PR.I.SV.U.T., ma questa Sezione, con sentenza n. 964/2007, sul ricorso n. 489 del 2006, presentato con altri proprietari, annullava la sospensione soprassessoria dei suddetti piani di lottizzazione.
I ricorrenti presentavano quindi una nuova istanza integrativa in data 7 novembre 2007 al fine di completare l’iter in corso. Il Comune intimato però, con varie note infraprocedimentali, continuava a sospendere la definizione del procedimento.
In particolare, con nota 17 aprile 2008 prot. n. 107.697, il Responsabile del procedimento riteneva necessario attendere le modifiche in corso delle norme tecniche di attuazione e, in specie, il nuovo articolo 59 che avrebbe esteso l’obbligo di formazione dei comparti edificatori.
Tale atto veniva impugnato con il ricorso in epigrafe, deducendo la completa insussistenza dei commi del proposto articolo 59 cui l’Amministrazione municipale si riferiva.
Successivamente con delibera consiliare 7 luglio 2008 n. 64, l’Ente prendeva atto dell’errore.
La procedura veniva riavviata con nota del 18 luglio 2008 n. 192623 del Settore Strumenti Urbanistici allo scopo di predisporre il verbale di allineamento, peraltro già  richiesto dai ricorrenti nel corso della pratica.
Seguiva un lungo scambio di corrispondenza tra gli Uffici comunali circa l’opportunità  e le modalità  con cui procedere al detto verbale di allineamento, seguita il giorno 11 novembre 2008 da un parere del “Coordinamento tecnico interno” di segno negativo, causa tra l’altro la mancata attuazione dell’assetto viario.
Gli istanti adivano allora questo TAR, ex art 21-bis della legge n. 1034/1971 (ricorso n. 972 del 2009), ma il Comune adottava in prossimità  della camera di consiglio provvedimenti interlocutori.
Con diffida del 2 marzo 2009, i ricorrenti rinnovavano all’Amministrazione municipale l’istanza di definizione del procedimento di approvazione del piano di lottizzazione, unitamente alla redazione del verbale di allineamento. A tale diffida dava riscontro il Comune mediante la nota prot. 67502 del 13 marzo 2009 del Responsabile del procedimento, il quale non faceva altro che dichiarare di voler rimettere il proprio mandato stanti le difficoltà  istruttorie riscontrate.
Questo Tribunale (Sezione seconda) accoglieva il ricorso con sentenza 17 settembre 2009 n. 2100, per le ragioni di seguito riportate.
“¦a fronte della suesposta istanza” [di approvazione di un piano di lottizzazione] “del 21.12.2005 e successive integrazioni, risulta che il Comune non ha tutt’ora provveduto alla definitiva conclusione del procedimento, in aperto contrasto con l’obbligo imposto dall’art 2 l.241/90.
Del tutto infondata appare la difesa civica, dal momento che i diversi atti soprassessori adottati, lungi dal definire il procedimento secondo l’obbligo imposto dall’art 2 l.241/90, hanno solamente indebitamente procrastinato la conclusione dell’istruttoria in danno dei ricorrenti. Anche volendo seguire la tesi comunale della natura lesiva dei predetti atti endoprocedimentali soprassessori, va ribadito che l’impugnazione degli atti che determinano arresto procedimentale costituisce una mera facoltà  per gli interessati, senza naturalmente comportare alcuna decadenza nè per l’esercizio dell’azione di accertamento del silenzio rifiuto ex art 21-bis l.241/90 nè per quella demolitoria dei provvedimenti finali.
Diversamente opinando, vi sarebbe una irragionevole elusione dell’obbligo imposto dal citato art 2 l.241/90 e s.m. di concludere il procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso, in contraddizione con la valorizzazione del suesposto obbligo ad opera della recente legge 18 giugno 2009 n.69, recante al nuovo art 2-bis una fattispecie espressa di responsabilità  risarcitoria per danno da ritardo.
Emerge pertanto l’assoluta e ingiustificata inerzia dell’amministrazione intimata, che a fronte di ripetute istanze, non ha ancora adempiuto al dovere di darvi risposta, fatto idoneo ad integrare oltre la responsabilità  amministrativo-contabile per danno erariale in relazione al pagamento delle spese del presente giudizio, la responsabilità  penale per il reato di cui all’art. 328 c.p. (ex multis Cassazione penale 2 aprile 2009 sent n.14466). Inoltre, quantomeno a partire dall’entrata in vigore della l.18 giugno 2009 n.69, soccorre la eventuale responsabilità  risarcitoria per il danno da ritardo in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, per la quale vi è giurisdizione del G.A. (art 2-bis l.241/90 nel testo introdotto dalla l.18 giugno 2009 n.69)
Va pertanto dichiarato l’obbligo del Dirigente Settore Strumenti Urbanistici del Comune di Bari a provvedere sull’istanza di approvazione del piano di lottizzazione avanzata dall’odierno ricorrente, previa redazione del suesposto verbale di allineamento, entro il complessivo termine di 40 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, nominando sin d’ora per l’ipotesi di inottemperanza un commissario ad acta nella persona dello stesso Dirigente comunale, il quale dovrà  provvedere entro 40 giorni dalla scadenza del termine di cui sopra”.
Avendo finalmente il Comune redatto il cosiddetto verbale di allineamento, il procedimento proseguiva attraverso vari incontri e pareri, nei quali l’Ente esprimeva perplessità  sull’ammissibilità  dell’intervento previsto dal piano, a fronte delle quali i lottizzanti adeguavano più volte gli elaborati progettuali.
In conclusione, la Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata comunicava il proprio definitivo avviso contrario alla lottizzazione con la nota 23 marzo 2010 n. 75414, recependo altresì la relazione tecnica del I marzo 2012.
I ricorrenti gravavano tale parere, attraverso l’atto recante motivi aggiunti depositato il I luglio 2010.
La relativa istanza cautelare veniva accolta con ordinanza 27 ottobre 2010 n. 783 alla stregua delle seguenti ragioni:
“Il Collegio considerato che ad un primo esame proprio della fase cautelare, il parere del C.T.I. 75414 del 23.3.2010 impugnato, comunque lesivo degli interessi azionati, appare abnorme e affetto da evidente sviamento sotto un duplice profilo:
– fuoriesce dai limiti di attribuzione del dirigente, il quale nella materia urbanistica, ha l’obbligo di individuare soluzioni tecniche da offrire al vaglio dell’autorità  collegiale competente, o dando attuazione alle scelte di pianificazione ovvero proponendo ipotesi di variante a quelle scelte senza indulgere in valutazioni di specifico interesse pubblico che appartengono alla sfera esclusiva delle attribuzioni dell’organo politico;
– declina l’obbligo, che incombe in capo al dirigente medesimo, che è quello di assolvere alla sua specifica funzione, che nella specie, consiste nell’approntare un ventaglio di opzioni tecniche riguardanti in particolare la soluzione del sistema infrastrutturale per mettere in grado l’organo decidente di soppesare e valutare il bilanciamento degli interessi coinvolti; ed invero, la ritenuta complessità  del sistema infrastrutturale nelle zone da parte della dirigenza tecnica avrebbe dovuto comportare un approfondimento della questione ed una possibile proposta di soluzione, che costituiscono il contenuto del potere dovere, mentre ha rappresentato, in fatto, un ostacolo insormontabile costituente una preclusione all’iniziativa edilizia;
Che operando in tal modo il dirigente tecnico ha debordato dal suo compito specifico che è proprio quello di superare e rimuovere eventuali punti critici presenti nella gestione del territorio, non invece come ha fatto, registrarli quali problematiche complesse non risolvibili;
Che in definitiva, il predetto comportamento dirigenziale si appalesa nella sostanza quale rifiuto ad individuare possibili soluzioni tecniche;
Ritenuto pertanto, apprezzata anche la sussistenza del periculum in mora, la sussistenza dei presupposti per la concessione dell’invocata tutela cautelare nei limiti di cui in motivazione”.
Di conseguenza, il Tribunale ordinava “ad entrambi i dirigenti tecnici” [del Settore Strumenti urbanistici e del Settore Pianificazione territorio] “il riesame delle proposte progettuali al fine di individuare ogni possibile soluzione, a tradursi in una relazione tecnica da sottoporre al vaglio e alla definitiva decisione del Consiglio comunale – ed il deposito della medesima nella segreteria della Sezione – entro e non oltre gg. 60 dalla data di comunicazione della presente ordinanza”.
Tale misura cautelare è stata riformata dal Consiglio di Stato, Sezione quarta, con ordinanza I marzo 2011 n. 949, “posto che, allo stato, non appare sussistente il periculum in mora, in quanto la proposta di lottizzazione attende l’esame del Consiglio Comunale”.
In seguito e fino all’odierna udienza di discussione della causa, invero, nè è stata predisposta la relazione tecnica ordinata in primo grado, nè si è espresso il Consiglio comunale, come preannunciato nella camera di consiglio della quarta Sezione.
Sulle conclusioni delle parti la causa è stata riservata per la decisione.
B.1. Innanzitutto deve osservarsi che il ricorso originario è divenuto improcedibile: con delibera consiliare 7 luglio 2008 n. 64, il Comune ha preso atto dell’errore (puntualmente denunciato dagli istanti) in cui era incorso nella nota 17 aprile 2008 prot. n. 107.697, in ordine al testo della modifica delle N.T.A. Su tale (errato) presupposto il Responsabile del procedimento aveva sospeso l’iter in attesa di una futura modifica delle norme tecniche di attuazione; sicchè, in concreto, eliminato tale equivoco, è venuta meno la preclusione al prosieguo della procedura e la medesima è stata riavviata a partire dalla nota del 18 luglio 2008 n. 192623 del Settore Strumenti Urbanistici.
B.2. Occorre perciò esaminare le censure dedotte con l’atto depositato il I luglio 2010 e dirette a contestare la nota 23 marzo 2010 n. 75414, con la quale è stato comunicato il proprio definitivo avviso contrario alla lottizzazione.
B.2.a. Il Comune di Bari ha eccepito, in ordine a tale azione demolitoria, prima (memoria 21 luglio 2010, pagine 3-5) l’inammissibilità  e poi (memoria del 17-20 febbraio 2012, pagina 3) l’improcedibilità  dei motivi aggiunti.
I rilievi sono da rigettare.
I deducenti hanno impugnato la nota 23 marzo 2010 n. 75414, ritenendola lesiva perchè essa, con l’istruttoria tecnica allegata, comportava un ulteriore arresto procedimentale alla luce della prassi (mai adeguatamente smentita dall’Amministrazione resistente) del Comune di Bari di non sottoporre alla valutazione degli organi politici il piano di lottizzazione bocciato da quelli tecnici; vulnusdefinitivamente attestato dalla circostanza che sino alla data dell’odierna udienza documentalmente non risulta che la pratica sia stata sottoposta all’esame del consiglio ovvero della giunta (in forza dell’articolo 5, punto 13-b) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall’articolo 10 della legge regionale I agosto 2011, n. 21). Ciò indubbiamente radica l’interesse al relativo annullamento (da ultimo: Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6609).
Secondo l’Ente locale inoltre il sopravvenire della proposta di deliberazione della Ripartizione urbanistica ed edilizia, datata 19 aprile 2011 e depositata in giudizio (fuori termine) il 16 febbraio 2012, comporterebbe l’improcedibilità  del ricorso.
A prescindere da una certa contraddittorietà  logica tra le due sollevate eccezioni, già  dalla stessa memoria difensiva del Comune del 17-20 febbraio 2012 si deduce che tale atto rappresenta solamente la formalizzazione del parere riportato nella gravata nota 23 marzo 2010 n. 75414 di cui ripercorre i passaggi motivazionali; di conseguenza, esso non esplica alcun effetto lesivo ulteriore rispetto ai numerosi, precedenti episodi che hanno visto la procedura protrarsi per sette anni e l’instaurarsi di un contenzioso in cui il Comune finora è risultato più volte soccombente.
B.3. Chiariti tali aspetti preliminari, il Collegio deve occuparsi nel merito dei motivi aggiunti.
Conviene riportare, almeno in sintesi, i punti salienti del ragionamento sviluppato dalla Ripartizione Urbanistica ed edilizia privata.
Nell’atto del 23 marzo 2010 viene premesso che “la problematica è riconducibile principalmente all’evidenza che l’intervento progettuale in argomento, così come di ribadito in diverse occasioni, è inserito in un ambito territoriale scarsamente urbanizzato e di rilevante valore paesaggistico”, puntualizzando che “in tale contesto il sistema infrastrutturale viario previsto dal P.R.G. non ha ancora trovato attuazione e non è previsto da parte dell’A.C. la realizzazione o il potenziamento – in tale ambito territoriale – di alcuna opera infrastrutturale come possibile riscontrare nella programmazione triennale presente (anni 2009-2011) o proposta nel prossimo bilancio (2010-2012)”.
Per quanto riguarda, in particolare, la viabilità  di collegamento i lottizzanti hanno avanzato due distinte proposte:
a) di un collegamento alla strada provinciale 183 a mezzo della prosecuzione dell’asse stradale di P.R.G. Nord-Sud con tratto interrato in corrispondenza degli innesti al grande anello stradale di P.R.G. a contorno dell’area tipizzata ad attrezzature tecnologiche;
b) di un collegamento alla strada provinciale 183 attraverso una rotatoria.
Circa la prima soluzione è incontestato che essa corrisponda alle previsioni del P.R.G.
Le difficoltà  di realizzazione evidenziate dal Comune si ricollegano in effetti alla mancata attuazione del piano regolatore. Nel medesimo parere inoltre viene contestata la soluzione d’innesto alla strada provinciale con incrocio regolato da semaforo, in quanto le tecniche più aggiornate portano a privilegiare innesti senza punti di conflitto, come le rotatorie.
In effetti, la seconda soluzione (con una rotatoria) risponde appunto a tale esigenza di modernizzazione già  emersa nel corso del procedimento e aveva ottenuto in data 3 febbraio 2009 il parere di assentibilità  (con attestazione della conformità  al piano regolatore vigente – pagina 1 alla fine del quarto periodo) dallo stesso Direttore della Ripartizione edilizia pubblica e lavori pubblici, che, come risulta dalla nota 23 marzo 2010, l’ha successivamente contestata.
In verità , il Dirigente sostiene che il progetto sia diverso, mentre i ricorrenti producono atti grafici, che, attraverso la sovrapposizione del lucido, attesterebbero l’identità  delle due soluzioni.
In definitiva il parere boccia le alternative viarie ipotizzate dai lottizzanti, perchè esse risponderebbero solo ad un interesse privato. Ciò “condizionerebbe le scelte future dell’A.C. per l’attuazione delle previsioni di P.R.G. Infatti, in assenza di una previsione progettuale complessiva ed organica da parte dell’A.C. dell’intero sistema infrastrutturale a servizio di una zona ben più ampia di quella oggetto di intervento, la scelta di interramento (ancorchè parziale e priva di dettagli esecutivi) del tratto stradale in direzione nord-sud potrebbe risultare in futuro non adeguata rispetto alla configurazione del nodo nel suo complesso”.
I motivi aggiunti dedotti dagli interessati possono essere così compendiati:
1) gli organi tecnici sono incompetenti ad esprimere la valutazione d’interesse pubblico (riservata invece al consiglio comunale) che risulta dalla nota e dai sottostanti pareri; l’articolo 21, primo comma, della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56 (richiamato dall’articolo 27, quarto comma) prevede invece che tale avviso (“dell’Ufficio tecnico comunale”) trovi puntuale espressione nella scheda di controllo di cui al successivo articolo 35, la quale deve contenere “gli elementi per il riscontro della conformità  dei Piani medesimi alle prescrizioni: di leggi e regolamenti; degli strumenti urbanistici generali; dei programmi pluriennali di attuazione con particolare riferimento ai contenuti di cui all’art. 5 della legge regionale 12 febbraio 1979, n. 6; dei vincoli eventualmente gravanti sulle aree interessate, nonchè alle disposizioni relative alla cessione di aree e assunzione di oneri”;
2) il parere, laddove sottolinea che “l’intervento progettuale in argomento¦ è inserito in un ambito territoriale scarsamente urbanizzato e di rilevante valore paesaggistico” non fa altro che, da un lato, mettere in evidenza una normale caratteristica dei territori soggetti a lottizzazione e, dall’altro, introdurre degli apprezzamenti nuovi e diversi rispetto al piano regolatore e al P.U.T.T./P;
3-4) le critiche avanzate alle proposte di collegamento viario sono contraddittorie e basate su falsi presupposti;
5) gli altri rilievi sollevati dal coordinamento tecnico interno su aspetti marginali (omissioni o “punti di criticità “) sono frutto di una superficiale considerazione delle circostanze di fatto e di una altrettanto superficiale lettura delle norme (soprattutto in riferimento ai tempi e ai modi di attivazione della V.A.S.);
6) il comportamento dell’Amministrazione municipale è illegittimamente dilatorio, sostanziandosi in una serie di richieste mai avanzate in occasione di altre lottizzazioni e in un atteggiamento non riscontrabile in varie occasioni in cui sono state approvate lottizzazioni in zone agricole (con correlate varianti al piano regolatore generale), richieste e atteggiamento non giustificabili in relazione al progetto proposto dai ricorrenti, conforme alle previsioni di P.R.G.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che i dati emergenti dalla dialettica processuale e dalla relativa documentazione conducano all’accoglimento dei motivi aggiunti, nella loro parte demolitoria.
àˆ evidente infatti che gli organi tecnici del Comune sono tenuti alla verifica della conformità  dell’intervento alla disciplina attuale del territorio, stabilita dagli strumenti pianificatori tipici, in cui si è cristallizzato l’interesse pubblico ad un ordinato utilizzo delle aree. Agli uffici non è affidata alcuna valutazione di merito sull’opportunità  o convenienza dell’intervento che si sovrapponga e annulli quella predeterminata dagli atti pianificatori.
Non si può trascurare inoltre che la lottizzazione, anche d’iniziativa privata, rappresenta uno strumento per attuare le previsioni della pianificazione generale, ovvero per trasformare in realtà  gli obiettivi perseguiti nell’interesse pubblico attraverso il disegno dello strumento urbanistico, teso ad un ordinato e funzionale uso del territorio. In particolare, il P.d.L. è destinato a realizzare un’espansione residenziale in zone non ancora urbanizzate alle quali siano così garantite le necessarie dotazioni e infrastrutture collettive, attraverso l’apporto anche finanziario di privati, che sono in tal modo posti in condizione di sfruttare le potenzialità  edificatorie dei terreni di loro proprietà .
Di conseguenza, come rilevato in fase cautelare, il parere “- fuoriesce dai limiti di attribuzione del dirigente, il quale nella materia urbanistica, ha l’obbligo di individuare soluzioni tecniche da offrire al vaglio dell’autorità  collegiale competente, o dando attuazione alle scelte di pianificazione ovvero proponendo ipotesi di variante a quelle scelte senza indulgere in valutazioni di specifico interesse pubblico che appartengono alla sfera esclusiva delle attribuzioni dell’organo politico;
– declina l’obbligo, che incombe in capo al dirigente medesimo, che è quello di assolvere alla sua specifica funzione, che nella specie, consiste nell’approntare un ventaglio di opzioni tecniche riguardanti in particolare la soluzione del sistema infrastrutturale per mettere in grado l’organo decidente di soppesare e valutare il bilanciamento degli interessi coinvolti; ed invero, la ritenuta complessità  del sistema infrastrutturale nelle zone da parte della dirigenza tecnica avrebbe dovuto comportare un approfondimento della questione ed una possibile proposta di soluzione, che costituiscono il contenuto del potere dovere, mentre ha rappresentato, in fatto, un ostacolo insormontabile costituente una preclusione all’iniziativa edilizia…”. Tale preclusione – si deve ribadire – in sè si pone in contrasto con l’interesse pubblico perchè impedisce l’attuazione del piano regolatore.
Al riguardo, nel decidere sulla fattispecie concreta, concernente l’operato degli uffici tecnici del Comune, nell’ambito della propria competenza, non si può trascurare quanto, in una prospettiva più generale, ha chiarito in materia il Consiglio di Stato, Sezione quarta, in relazione ad una lottizzazione che presentava aspetti analoghi a quelli della procedura in esame.
“Ritiene la Sezione che la propria precedente decisione n. 4368 del 16 settembre 2008 abbia già  sufficientemente individuato i limiti decisionali che regolamentano l’approvazione dei piani di lottizzazione, quando ha affermato che “la giunta ed il consiglio comunale non possono effettuare valutazioni che contrastino con quelle già  formalizzate con il piano regolatore. Infatti, se un’area è stata da questo destinata all’edificazione, nel corso del procedimento di approvazione del piano attuativo non è giuridicamente possibile che la medesima area non vada considerata in concreto edificabile ˜per ragioni ambientali e paesaggistiche’, e cioè sulla base di valutazioni diametralmente opposte a quelle già  poste a base dello strumento primario che ha previsto l’edificabilità  sul piano urbanistico. Ove emergano le relative ragioni, può essere attivato il procedimento per la modifica del piano regolatore, ma – sul piano urbanistico – non può essere respinto il progetto di lottizzazione conforme allo strumento primario”.
Nel rispetto delle diverse finalità  della pianificazione urbanistica, la valutazione della congruità  del piano di lottizzazione deve quindi porsi in collegamento attuativo e nel rispetto funzionale delle previsioni dello strumento urbanistico di valenza generale. Tali ragioni hanno quindi spinto la Sezione ad affermare che il compito spettante alla giunta ed al consiglio comunale siano limitati all’accertamento della conformità  del progetto alle previsioni dello strumento urbanistico primario, imponendo peraltro, giusta il canone ordinario di correttezza dell’azione amministrativa, che le relative determinazioni in merito all’eventuale non conformità  del progetto al piano regolatore si fondino su una puntuale motivazione, tale da permettere l’emersione di interessi pubblici effettivamente sussistenti e la conseguente tutela dell’interessato in sede di giustizia amministrativa.
Se queste affermazioni, in merito al metro di giudizio, non paiono contestabili, nè sono state aggredite dalle parti contendenti, una diversa valutazione va fatta in relazione alla base del giudizio, ossia agli elementi che possono essere correttamente valutati al fine della declaratoria di non conformità  rispetto allo strumento pianificatorio generale ed in particolare in relazione alla supposta insufficienza della viabilità .
In questo senso, nessun aiuto può provenire dalla decisione n. 4368 del 2008, evocata a vario titolo da tutte le parti, atteso che nella detta sentenza non sono stati valutati gli aspetti della viabilità , in quanto introdotti successivamente al provvedimento allora gravato e quindi integranti una motivazione postuma dello stesso. Le affermazioni ivi contenute hanno quindi natura di obiter dictum, sebbene incidentalmente, non si possa non notare come la Sezione abbia suffragato “la sussistenza del potere del consiglio comunale di valutare la sufficienza della viabilità  nell’area oggetto del progetto, in rapporto all’area più vasta in cui la sua realizzazione si va ad inserire”, ossia limitando il sindacato alla viabilità  interna al piano da realizzare.
In senso più generale, non si può non osservare come il tema della pianificazione viaria sia tradizionalmente oggetto di previsioni a livello di piano regolatore generale. L’art. 7 della legge urbanistica (legge 17 agosto 1942, n. 1150, indicando i contenuti del piano generale, espressamente prevede, al punto 1 del comma 1, che questo indichi “la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti”. E previsioni di tal fatta si riscontrano, peraltro con terminologia normativa più corrente, in tutte le discipline regionali che trattano il tema dell’assetto e del governo del territorio (ad esempio, nell’ambito della regione Veneto, la L.R. n. 11 del 2004, separando gli aspetti strutturali del piano regolatore da quelli operativi, prevede che siano fissati “gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità  degli interventi e delle trasformazioni ammissibili”, individuando “le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza” – art. 13 comma 1, lett. j).
Emerge quindi uno stretto collegamento tra la pianificazione generale comunale e l’individuazione della rete viaria necessaria all’attuazione delle scelte di piano. E tale collegamento opera in senso discendente, in modo che la predisposizione infrastrutturale si pone a monte delle previsioni operative attuative.
Così ricostruito il quadro dei rapporti tra i contenuti di piano, appare evidente come la valutazione dei temi della viabilità , e quindi della sufficienza dei collegamenti esterni all’area oggetto di lottizzazione, non sia un elemento da sviluppare in occasione dell’approvazione del piano di lottizzazione, che ha natura attuativa, ma debba essere contenuto, a monte, nello strumento urbanistico generale il quale, sulla base di una previsione complessiva dei temi della gestione del territorio, è il mezzo giuridico funzionalmente idoneo a dare ingresso alle tematiche della circolazione nell’ambito del territorio comunale.
Trasportando il detto schema nella questione qui in scrutinio, emerge con chiarezza come la questione dell’idoneità  della viabilità  d’accesso all’area di lottizzazione è certamente di pertinenza degli organi comunali, ma deve aver luogo unicamente nell’ambito della redazione dello strumento pianificatorio generale, o di altri strumenti a questo equiparati, ma non può certamente trovar spazio in altri provvedimenti che, stante il loro carattere attuativo, non possono sovrapporsi alle valutazioni generali già  operate” (sentenza 20 luglio 2011 n. 4395).
I principi enunciati dal Consiglio di Stato, che si attagliano perfettamente al caso concreto, sono da condividere e inducono a ritenere fondate le censure dedotte, in primis quelle di cui ai precedenti nn. 1, 2 e 6.
D’altra parte, a ben considerare il ragionamento sotteso al parere, si dovrebbe ammettere che il Comune finisce per trasformare il vincolo strumentale (cioè quello che subordina l’edificabilità  di un’area all’inserimento della stessa in uno strumento esecutivo, piano particolareggiato o, in alternativa, piano di lottizzazione ad iniziativa privata) in un vincolo di tipo ablatorio del diritto di proprietà , in quanto, comportando di fatto l’inedificabilità  della zona (nella fattispecie concreta anche in contrasto con le previsioni del piano regolatore), si presenterebbe tanto intenso d’annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 marzo 2009, n. 1765; Sez. V, 3 aprile 2000, n. 1908; 30 giugno 1995, n. 945; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 15 dicembre 2010, n. 2835).
A tali conclusioni si può solo aggiungere che le eventuali inadeguatezze del piano regolatore Quaroni emerse nel tempo, anche in riferimento al calcolo del fabbisogno abitativo, non possono che trovare soluzione in una strumentazione urbanistica più moderna quale quella oggi espressamente prevista in Puglia dalla legge regionale 27 luglio 2001 n. 21, a cui a distanza di quasi 11 anni dall’entrata in vigore non è stata data attuazione, non essendo stato il piano urbanistico generale del Comune di Bari neppure adottato.
B.3. La domanda risarcitoria del danno ingiusto da ritardo prodotto dai provvedimenti impugnati è anch’essa fondata.
Anche prima dell’espressa previsione normativa, la fattispecie di danno da ritardo era comunque riconosciuta meritevole di tutela risarcitoria dalla giurisprudenza, sebbene entro i limiti di cui alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 15 settembre 2005, che aveva ammesso il ristoro subordinatamente all’accertamento dell’illegittimità  dell’esercizio della funzione amministrativa in senso favorevole all’interessato o, quanto meno, attraverso la sua esplicazione virtuale mediante un giudizio prognostico, così escludendo la risarcibilità  del danno da ritardo “puro”, disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza dell’interesse pretensivo fatto valere.
L’articolo 2-bis, primo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241, introdotto dall’articolo 7, comma primo, lettera c), della legge 18 giugno 2009 n. 69, ha in seguito esplicitamente previsto il ristoro, stabilendo: “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.
Tale intervento normativo non recepisce il modello prefigurato dall’articolo 17, comma primo, lettera f), della legge 15 marzo 1997 n. 59, modificato dall’articolo 7 della legge 15 maggio 1997 n. 127, di un indennizzo automatico e forfetario a fronte dell’inerzia dell’amministrazione (modello che ha poi visto in effetti modesti sviluppi: articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 286 e legge regionale Toscana 23 luglio 2009 n. 40 – articolo 16, primo comma); neppure, però, l’articolo 2-bis s’ispira espressamente ai principi enunciati dall’Adunanza plenaria n. 7/2005.
La tutela contro l’inerzia è stata infine completata attraverso le previsioni del codice del processo amministrativo (articoli 30, 117 e 133, primo comma, lett. a), n. 1).
Per quanto premesso è rimasta aperta la questione del rapporto tra tale risarcimento e l’accertamento della spettanza, in capo al richiedente, del c.d. “bene della vita” per l’ottenimento del quale è avviato il procedimento amministrativo nella disciplina vigente, sulla quale si registrano in giurisprudenza orientamenti contrastanti (per tutte, da un lato, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011 n. 6609; dall’altro, Consiglio di Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. giust. amm. reg. sic., 4 novembre 2010 n. 1368).
àˆ incontroverso invece che le citate disposizioni riconducano le conseguenze della mancata conclusione del procedimento al modello del risarcimento del danno; perciò, il richiedente, ex articolo 2697 del codice civile, è tenuto a provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, ossia il danno, l’elemento soggettivo del dolo o della colpa ed il nesso di causalità .
La tutela risarcitoria in ogni caso non può essere quindi accordata in relazione alla sola, mera “perdita di tempo” in sè considerata – non riconoscendosi nel fattore “tempo” un bene della vita meritevole di autonoma dignità  e tutela (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 582); deve invece ritenersi (in senso rispondente al dato letterale della novella legislativa di cui alla legge 19 giungo 2009 n. 69) che essa presupponga la lesione di un “diverso” – rispetto al tempo – bene giuridicamente protetto, ponendosi il fattore temporale quale nesso causale tra fatto e lesione.
In definitiva, il riconoscimento della responsabilità  della pubblica amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’amministrazione medesima e che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell’amministrazione.
Nella procedura in esame, avviata nel lontano 2005 e costellata di provvedimenti giurisdizionali sfavorevoli all’Amministrazione municipale, è invero indubbia la sussistenza del “ritardo” (ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 11, in ultimo integrato dall’articolo 1 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5), stante altresì il chiaro disposto dell’articolo 27, terzo comma, della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56 il quale impone, in relazione alle lottizzazioni, che “La delibera del Consiglio Comunale, di approvazione o di diniego, deve essere presa entro 90 giorni dal ricevimento della proposta”.
Anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo del danno ingiusto, il fascicolo processuale offre sufficienti e significativi elementi.
Tali aspetti d’altronde sono già  stati accertati dalla seconda Sezione nella sentenza 17 settembre 2009 n. 2100, passata in giudicato. Rispetto a tale pronuncia le vicende successive esaminate in questa sede rappresentano invero una pervicace reiterazione (con aggravamento delle relative conseguenze) di comportamenti e atti, sui quali il Tribunale si è già  espresso.
In definitiva, è stato giudizialmente accertato che “Emerge pertanto l’assoluta e ingiustificata inerzia dell’amministrazione intimata, che a fronte di ripetute istanze, non ha ancora adempiuto al dovere di darvi risposta, fatto idoneo ad integrare oltre la responsabilità  amministrativo-contabile per danno erariale in relazione al pagamento delle spese del presente giudizio, la responsabilità  penale per il reato di cui all’art. 328 c.p. (ex multis Cassazione penale 2 aprile 2009 sent n.14466). Inoltre, quantomeno a partire dall’entrata in vigore della l.18 giugno 2009 n.69, soccorre la eventuale responsabilità  risarcitoria per il danno da ritardo in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, per la quale vi è giurisdizione del G.A. (art 2-bis l.241/90 nel testo introdotto dalla l.18 giugno 2009 n.69)”.
In conclusione risulta chiaramente che i ricorrenti sono proprietari di suoli a destinazione residenziale secondo il vigente piano regolatore, che l’esercizio del loro ius aedificandi è subordinato alla presentazione di un piano di lottizzazione, che tale piano è stato presentato 2005 e che, d’allora, esso non è stato adottato e approvato a causa di atti e di comportamenti tutti ritenuti dal Tribunale illegittimi e ingiustificatamente soprassessori o dilatori. Di conseguenza, gli istanti non hanno potuto in questi anni sfruttare le potenzialità  edificatorie dei loro terreni, nocumento del quale gli interessati affidano la quantificazione all’equità  del Giudice.
Provata l’esistenza di danni risarcibili, deve reputarsi altresì obiettivamente di particolare difficoltà , per la parte interessata, la prova del nocumento nel suo preciso ammontare, considerata l’indeterminatezza derivante dal fattore tempo, per la quale la situazione manifesta ulteriori e ineliminabili margini d’incertezza.
Ricorrono dunque i presupposti per l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, ex articoli 2056 e 1226 del codice civile (da ultimo: Cassazione civile, Sez. VI, 19 dicembre 2011 n. 27447, Sez. III, 29 novembre 2011 n. 25222) che si determina in € 3000,00.
C. In conclusione il ricorso originario è improcedibile; i motivi aggiunti depositati il I luglio 2010 sono d’accogliere e, per l’effetto, vanno annullati la nota prot. n. 75414 del 23 marzo 2010 della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari e gli atti sottostanti (in particolare, la relazione tecnica istruttoria allegata del I marzo 2010) e l’Amministrazione municipale è da condannare al risarcimento del danno per ritardo nella misura di € 3000,00.
L’annullamento degli atti impugnati (accomunati, come i precedenti sottoposti al vaglio di questo Tribunale, dalla loro valenza di ostacolo ingiustificatamente frapposto alla conclusione del procedimento), coniugato con il principio dell’effettività  della tutela cui il processo è preordinato a favore della parte vittoriosa, non può non comportare l’obbligo dell’Ente locale di porre in essere nell’immediato ogni misura adeguata al risultato urbanistico-edilizio richiesto dalla parte perchè conforme al piano regolatore generale in vigore e applicativo dello stesso.
Dall’intera dinamica della vicenda si evince una condotta gravemente colposa dell’apparato tecnico in quanto illegittimamente e reiteratamente preclusiva della definizione della questione; si ravvisa pertanto l’esigenza di trasmettere la presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti per quanto di competenza.
Le spese di lite seguono la soccombenza per essere liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile; accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla la nota prot. n. 75414 del 23 marzo 2010 della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari con gli atti sottostanti (in particolare, la relazione tecnica istruttoria allegata del I marzo 2010) e condanna l’Amministrazione municipale al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di € 3.000,00, quale risarcimento del danno per ritardo.
Condanna il Comune di Bari al pagamento di € 6.000,00, oltre CU, CPI e IVA, come per legge, in favore dei ricorrenti, a titolo di spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Manda alla Segreteria di trasmettere la presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria