1. Giurisdizione – Contributo ex lege n. 488/1992 -Autotutela – Mancanza ab origine delle condizioni – Giurisdizione del G.A.
2. Commercio, turismo, industria – Contributo ex lege n. 488/1992 – Autotutela  – Qualificazione – Annullamento d’ufficio
3. Commercio, turismo, industria – Contributo ex lege n. 488/1992- Annullamento d’ufficio – Ragioni – Incompatibilità  della destinazione di zona (agricola) con l’attività  commerciale  oggetto di contribuzione  – Legittimità 
4. Procedimento amministrativo – Autotutela – Contributo ex lege n. 488/1992- Annullamento d’ufficio  – Ragioni – Contrasto con i principi generali dell’ordinamento – Legittimità 

1. Rientra nella giurisdizione del G.A. l’atto con cui la pubblica Amministrazione ha annullato d’ufficio, per inesistenza originaria delle condizioni, il provvedimento di concessione di un contributo in conto capitale ex lege n. 488/1992 (nella specie, l’annullamento d’ufficio riguarda un contributo per l’acquisito di immobili  commerciali risultati  abusivi in quanto collocati in zona agricola). 
2. L’atto con cui il Ministero delle attività  produttive ha provveduto a rimuovere il contributo concesso ai sensi della L. n. 488/1992 per carenza originaria delle condizioni della concessione, successivamente accertata, ancorchè denominato dalla p.A. quale revoca, va correttamente qualificato come annullamento di ufficio; di conseguenza, è inconferente il riferimento all’art. 8 del D.M. n. 527/1995 che attiene alle specifiche previsioni di revoca di tale contributo.
3. E’ legittimo il provvedimento con cui il Ministero delle attività  produttive ha annullato d’ufficio il contributo concesso ai sensi della L. n. 488/1992 per carenza originaria delle condizioni in quanto gli immobili acquistati con il contributo erogato al fine di esercitare l’attività  di impresa possiedono destinazione agricola incompatibile con l’attività  commerciale per lo svolgimento della quale erano state richieste le agevolazioni in parola.
4. I principi fondamentali dell’ordinamento non possono che condurre all’annullamento d’ufficio  del contributo ex lege 488/1992 ottenuto a seguito di dichiarazioni mendaci e per l’espletamento di attività  commerciale in immobili abusivi; tanto è, infatti, imposto dai principi di legalità  e di non contraddizione dell’ordinamento, nonchè dal canone ermeneutico non meramente formalistico delle norme di settore.

N. 00708/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00571/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 571 del 2006, proposto da: 
Zulli Ceramiche Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Fernando Triggiani, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Maselli, in Bari, Largo Nitti Valentini, n.3; 

contro
Ministero delle Attivita’ Produttive, Direz. Generale Coordinamento degli Incentivi alle Imprese, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, via Melo, n. 97; 

per l’annullamento, previa sospensiva,
del decreto della Direzione Generale per il Coordinamento degli incentivi alle Imprese del Ministero delle attività  Produttive prot. n. B4/RC/9 149471, comunicato con racc. del 19.01.2006, di
– revoca del decreto di concessione n. 118965 del 19.07.2002 adottato in favore della NPZ Sud srl, ora Zulli Ceramiche srl (art. 1 del Decreto di Revoca)
– incameramento della cauzione (art. 2) e
– recupero dell’importo di Euro 337.923,00.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Attivita’ Produttive e di Direz. Generale Coordinamento degli Incentivi Alle Imprese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 marzo 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. F. Triggiani e avv. dello Stato I. Sisto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La società  ricorrente ha richiesto ed ottenuto, nel 2002, un contributo in conto capitale, ai sensi della L.488/92, di Euro 675.846,00 da erogarsi in due rate annuali.
Con decreto della Dir. Gen. per il Coord. degli incentivi alle imprese del Ministero delle Attività  Produttive n. BA/RC/9 149471 del del 29.12.2005 (comunicato con nota n. 1064166 del 2006), è stato “revocato” il decreto di concessione del contributo e disposto l’incameramento della cauzione.
Il decreto di revoca traeva origine dagli accertamenti della Guardia di Finanza che verificavano gli immobili oggetto di agevolazione (rectius acquistati con il contributo erogato al fine di esercitare l’attività  di impresa) avere destinazione agricola incompatibile con l’attività  commerciale per lo svolgimento della quale erano state richieste le agevolazioni in parola.
Il decreto di revoca era motivato, altresì, in ragione:
– della destinazione agricola dell’area su cui insistevano gli immobili;
– dell’art. 48 PRG del Comune di Foggia (in cui ricadeva l’area in esame ed i relativi immobili) che disponeva che ” non è possibile modificare la destinazione d’uso di un immobile in contrasto con quella di zona o in difformità  con la gamma di destinazione d’uso prevista nelle presenti NTA”.
Il decreto impugnato si fonda, dunque, sulla natura agricola degli immobili funzionali all’attività  commerciale oggetto di contributo; sulla loro incompatibilità  con l’attività  agevolata; sull’impossibilità  di un legittimo mutamento della destinazione d’uso sulla scorta dello strumento urbanistico in vigore.
La società  ricorrente contesta, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 8 DM 527/1995, sostenendo che la normativa di settore non contemplerebbe l’ipotesi applicata dal Ministero per giustificare la revoca e che la destinazione d’uso sarebbe comunque possibile in ragione dell’assenza di opere.
La censura non è fondata.
Emerge dagli atti processuali (in particolare dal processo verbale di contestazione della GdF del 10.2.2005, foglio 4, allegato al fascicolo di parte resistente) che il contributo è stato richiesto per la realizzazione di un nuovo impianto per il commercio all’ingrosso di materiale idro-termo-sanitario, con dichiarazione che l’impresa opera nel pieno rispetto delle vigenti norme edilizie ed urbanistiche.
Il Ministero, nella propria relazione illustrativa, ha altresì precisato che tale condizione (l’osservanza delle norme edilizie ed urbanistiche ) risultava fondamentale ai fini della concessione del contributo.
L’art. 8 già  cit. – che per comodità  di consultazione si riporta integralmente – dispone :
“Revoca delle agevolazioni.
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma 2, dall’articolo 10, comma 4 e dall’articolo 11, comma 1- bis , le agevolazioni sono revocate in tutto o in parte dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, anche su segnalazione della banca concessionaria (1):
a) qualora per i beni del medesimo programma oggetto della concessione siano state assegnate agevolazioni di qualsiasi natura previste da altre norme statali, regionali o comunitarie o comunque concesse da enti o istituzioni pubbliche, fatto salvo quanto eventualmente previsto dalle direttive di cui all’articolo 1, comma 1 (2);
b) qualora vengano distolte, in qualsiasi forma, anche mediante cessione di attività  ad altro imprenditore, dall’uso previsto le immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione od acquisizione è stata oggetto dell’agevolazione, prima di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto (3);
c) qualora non vengano osservati nei confronti dei lavoratori dipendenti le norme sul lavoro ed i contratti collettivi di lavoro;
c1) qualora l’impresa non abbia maturato, alla data della disponibilità  dell’ultima quota di cui all’articolo 7, comma 1, le condizioni previste per l’erogazione a stato d’avanzamento della prima quota a tal fine, per i programmi i cui beni sono in parte acquistati direttamente dall’impresa ed in parte acquisiti tramite locazione finanziaria, si fa riferimento allo stato d’avanzamento raggiunto dall’intero programma (4);
d) qualora il programma non venga ultimato entro quarantotto mesi dalla data del relativo decreto di concessione provvisoria delle agevolazioni, ovvero, per i programmi di cui all’articolo 7, comma 1, per i quali l’importo dell’agevolazione concessa è reso disponibile in due quote, entro ventiquattro mesi dalla data medesima; detti termini possono essere eccezionalmente prorogati una sola volta, previa preventiva richiesta, per non oltre sei mesi per cause di forza maggiore; per i programmi soggetti alla notifica alla Commissione europea di cui all’articolo 2, comma 3, il detto termine di quarantotto mesi decorre dal provvedimento del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato relativo agli esiti della detta notifica; sono fatti salvi i minori termini eventualmente previsti dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per consentire l’ammissibilità  dei programmi medesimi al cofinanziamento comunitario (3);
e) qualora siano gravemente violate specifiche norme settoriali anche appartenenti all’ordinamento comunitario;
f) qualora, calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all’art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali (5);
g) qualora, nel corso di realizzazione del programma di investimenti, venga modificato l’indirizzo produttivo dell’impianto, con il conseguimento di produzioni finali inquadrabili in una “divisione” della “Classificazione delle attività  economiche ISTAT ’91” diversa da quella relativa alle produzioni indicate nel programma originario già  approvato.
2. Nell’ipotesi sub a) di cui al comma 1, la revoca delle agevolazioni è parziale, in relazione alle spese ammesse alle agevolazioni afferenti i beni oggetto di altre agevolazioni, qualora la rilevazione del mancato rispetto del divieto in argomento derivi dalla segnalazione dell’impresa beneficiaria e qualora quest’ultima intenda mantenere le altre dette agevolazioni; qualora il mancato rispetto venga rilevato nel corso degli accertamenti o delle ispezioni di cui agli articoli 10 e 11 senza che l’impresa ne abbia dato precedente segnalazione, la revoca è totale. Nell’ipotesi sub b) di cui al comma 1, la revoca delle agevolazioni è parziale ed è commisurata alla spesa ammessa alle agevolazioni afferente, direttamente o indirettamente, l’immobilizzazione distratta ed al periodo di mancato utilizzo dell’immobilizzazione medesima con riferimento al prescritto quinquennio. A tal fine, l’impresa comunica tempestivamente alla banca concessionaria l’eventuale distrazione delle immobilizzazioni agevolate prima del suddetto quinquennio. Qualora la detta distrazione dovesse essere rilevata nel corso degli accertamenti o delle ispezioni di cui agli articoli 10 e 11 senza che l’impresa ne abbia dato comunicazione come sopra specificato, la revoca è comunque parziale ma commisurata all’intera spesa ammessa afferente, direttamente o indirettamente, l’immobilizzazione distratta, indipendentemente dal periodo di mancato utilizzo; nel caso in cui la distrazione dall’uso previsto delle immobilizzazioni agevolate prima dei cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto costituisca una variazione sostanziale del programma stesso, determinando, di conseguenza, il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, la revoca è pari all’intero contributo concesso a fronte del programma approvato. Ai fini di cui sopra, la banca concessionaria invia al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato il proprio motivato parere circa la necessità  di ricorrere alla revoca totale o parziale delle agevolazioni indicandone, in quest’ultima ipotesi, anche l’ammontare, e ne dà  contestuale comunicazione motivata anche all’impresa interessata (6).
3. Nell’ipotesi sub c) di cui al comma 1 il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato provvede a fissare un termine non superiore a sessanta giorni per consentire all’impresa di regolarizzare la propria posizione. Trascorso inutilmente tale termine il Ministero medesimo procede alla revoca totale delle agevolazioni. Nei casi più gravi o nel caso di recidiva può essere disposta l’esclusione dell’impresa per un tempo fino a cinque anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni.
4. Nelle ipotesi sub d di cui al comma 1 la richiesta di proroga è inoltrata dall’impresa alla banca concessionaria almeno quattro mesi prima della scadenza dei 24 o dei 48 mesi. La banca concessionaria trasmette immediatamente al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato detta richiesta, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o a mano, accompagnata dal proprio motivato parere al riguardo. La proroga si intende concessa qualora trascorrano sessanta giorni dalla ricezione senza l’espressione di un avviso contrario. Nell’ipotesi di cui al presente comma, la revoca delle agevolazioni è parziale e interessa le agevolazioni afferenti i titoli di spesa datati successivamente ai termini di ultimazione prescritti, comprensivi dell’eventuale proroga, fatta salva ogni ulteriore determinazione conseguente alle verifiche sull’effettivo completamento del programma e sul raggiungimento degli obiettivi prefissati (7).
4- bis . Nelle ipotesi sub c1) , e) , f) e g) la revoca delle agevolazioni è totale (8).
5. In caso di revoca parziale delle agevolazioni, si procede alla riliquidazione delle stesse ed alla rideterminazione delle quote costanti erogabili. Le maggiori agevolazioni eventualmente già  erogate vengono detratte dalla prima erogazione utile o, se occorre, anche dalla successiva, ovvero recuperate.
6. In caso di recupero delle somme erogate ovvero di detrazione di parte delle stesse dalle erogazioni successive a seguito di provvedimenti di revoca di cui al presente articolo o a seguito di altre inadempienze dell’impresa di cui al presente regolamento, le medesime vengono rivalutate sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e maggiorate degli interessi legali; in tutti gli altri casi si applicano solo gli interessi legali.”
Tuttavia, come chiarito dalla relazione ministeriale, la c.d. “revoca” è stata determinata dalla carenza originaria delle condizioni per la concessione, benchè successivamente accertate.
L’atto di rimozione impugnato, per ciò, va correttamente qualificato come annullamento di ufficio del provvedimento ampliativo (il che radica, peraltro, la giurisdizione di questo Giudice), poichè l’amministrazione ha riscontrato l’inesistenza originaria di condizioni di ammissione necessarie e dunque, l’illegittimità  originaria del decreto di ammissione al contributo.
Ne consegue che l’ipotesi normativa invocata (attinente le specifiche previsioni di revoca) risulta, a stretto rigore, inconferente.
In ogni caso, i principi fondamentali dell’ordinamento non potrebbero che condurre alla revoca del contributo ottenuto a seguito di dichiarazioni mendaci e per l’espletamento di attività  commerciale in immobili abusivi.
Tanto è, infatti, imposto dai principi di legalità  e di non contraddizione dell’ordinamento, nonchè dal canone ermeneutico non meramente formalistico delle norme di settore.
Un cenno merita, infine, la corretta individuazione da parte del Ministero, della natura dei manufatti e della loro modificabilità  o meno della destinazione urbanistica.
La disposizione di cui all’art. 48 del PRG già  citata – che esclude la possibilità  di modificare la destinazione d’uso di un immobile in contrasto con quella di zona – e la natura agricola dell’area su cui ricadono gli immobili, non consentono di dare alcun rilievo o attendibilità  alla relazione tecnica di parte prodotta nel procedimento amministrativo di revoca, tesa a sostenere la libera modificabilità  della destinazione d’uso senza opere, indipendentemente dalla destinazione dell’area.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società  ricorrente Zulli ceramiche srl al pagamento, in favore del resistente Ministero delle Attività  Produttive delle spese di lite che liquida in Euro 1000,00 omnicomprensivi di diritti ed onorari, oltre IVA, Cpa e spese generali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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