1. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Tetti di spesa – Criteri di ripartizione
2. Sanità e farmacie – Servizio sanitario -Accreditamento istituzionale- Presupposti
3. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Tetti di spesa – Programmazione regionale – Presupposti
4. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Tetti di spesa – Criteri – D.Lgs. n. 229 del 1999 – Obbligatorietà previsioni del volume prestazioni in sede di programmazione annuale- Eccezioni
1. Ai sensi delle norme contenute nella delibera della Giunta della Regione Puglia del 26.10.2010, n. 2252, i volumi di prestazioni e di tetti di spesa liquidati annualmente alle strutture accreditate corrispondono a quelli assegnati, a monte, in sede di programmazione regionale, sulla base del rispetto del criterio del cosiddetto pro-die, per il quale il numero massimo dei pazienti da ricoverare deve corrispondere alle quote giornaliere dei posti letto accreditati e dei volumi di prestazioni assegnate alla struttura medesima (nella specie il TAR, dando applicazione al nuovo regolamento regionale, ha rigettato il gravame in quanto poggiante sull’assunto erroneo per il quale la verifica del tasso di occupazione dei posti letto della struttura accreditata dovesse essere riferita al numero dei posti letto che la struttura è in grado di garantire teoricamente nel corso dell’anno).
2. In materia di sanità pubblica regionale la procedura di accreditamento è finalizzata non soltanto alla verifica delle qualità e funzionalità delle strutture sanitarie private e delle relative prestazioni erogate, ma anche loro idoneità a rispettare gli indirizzi di programmazione regionale e nazionale, con riferimento al volume delle prestazioni individuato in sede di programmazione, secondo quanto espresso dai commi 7 e 8 dell’art. 8 quater del D.Lgs. n. 502/92.
3. L’attività di programmazione regionale in materia sanitaria esprime in sè la definizione del fabbisogno di assistenza tradotto nella determinazione del volume e della tipologia di prestazioni necessarie ad assicurare nel territorio regionale i livelli di assistenza definiti dal piano sanitario nazionale e regionale. Ciò presupponendo un’attività continuativa di rilevazione e studio della spesa sanitaria al fine di giungere, con indagini statistiche ed epidemiologiche, alla realizzazione di una proiezione delle prestazioni in futuro richieste dal s.s.n.r. partendo da un ambito spazio- temporale circoscritto.
4. In sede di programmazione dell’attività sanitaria annuale, la previsione obbligatoria sancita dal D.Lgs. n. 229 del 1999 relativa all’individuazione di un volume delle prestazioni necessarie e dei tetti di spesa sanitaria vincolanti per gli enti erogatori pubblici e privati, trova una cosiddetta ” valvola di sfogo” nella previsione legislativa secondo la quale per le sole strutture ospedaliere pubbliche è prevista la possibilità di erogare prestazioni a carico del s.s.n. anche oltre i volumi ad essi assegnati, ricorrendo determinate condizioni. Tale possibilità comunque non intacca l’assunto secondo cui la previsione di fabbisogno effettuata in sede di programmazione annuale è tendenzialmente satisfattiva.
N. 00624/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00120/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 120 del 2011, proposto da:
Anthea Hospital Srl, Casa Bianca Spa, Medicol Srl, Casa di Cura D’Amore Hospital Srl, Casa di Cura San Camillo Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Adriano Garofalo, Giulio V. Petruzzi, Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Giuseppe Chiaia Noya in Bari, via Manzoni 15;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv. Lucrezia Girone, Maria Grimaldi, con domicilio eletto presso Lucrezia Girone in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;
Azienda Sanitaria Locale Bari;
Azienda Sanitaria Locale Taranto, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso Giovanna Corrente in Bari, via M. Celentano, 27;
per l’annullamento
– della Deliberazione di G.A. 26.10.2010 n. 2252 (BURP del 5.11.2010 n. 168), nella parte in cui ha sostituito il punto E. 5 della delibera n. 1491/2010, illegittimamente apponendo, in luogo della precedente corretta previsione in tema di tasso di occupazione percentuale dei posti letto, la seguente: “Nelle unità operative di degenza, in particolare se non associate a funzioni di urgenza, il tasso di occupazione dei posti letto non può essere superiore al 100% del numero dei posti letto per disciplina accreditata e dei relativi volumi di attività contrattualizzati in ragione del numero dei posti letto accreditati”;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ancorchè non conosciuti dalle ricorrenti;
nonchè per l’accertamento
– del diritto (ovvero per la perdurante applicazione del medesimo)
a) -a vedere applicate negli accordi contrattuali ex art. 8-quinquies del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. le regolamentazioni fissate dalla Programmazione Regionale con la DGR 1087/02 e con le conseguenti intese raggiunte giusta DGR 813/06, tra le strutture dell’ospedalità privata pugliese e la Regione Puglia, rispetto a cui armonizzare l’applicazione concreta delle linee guida di cui alla successiva delibera di GR 1494/09 e s.m.i. (atto che risulta modificato per effetto della impugnata DGR 2532/10);
b) -a vedere determinato il tasso di occupazione dei posti letto su base annua (divisore 365) conformemente alla vigente regolamentazione nazionale ai sensi e per gli effetti, ex multis, del D.M. 22.7.1983, del D.M. 12.12.2001 e dell’art. 8-sexies del D.Lgs. 502/92;
c) -ad operare, ai fini di un razionale utilizzo delle risorse, conformemente al modello aggregativo dipartimentale di cui al D.M. 22.7.1983 ed all’art. 17.bis del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. (anche ai fini della copertura del fabbisogno giusta art. 21, comma 4-ter, della L.R. 8/04), nei limiti di spesa annui da attribuirsi a ciascun presidio ospedaliero privato nella sua unitarietà , ai sensi e per gli effetti degli artt. 8-quinquies e sexies del D.Lgs. 502/92 e s.m.i., nel rispetto delle norme di legge in materia di utilizzo dei potenziali erogativi delle stesse, così come determinati dalla programmazione regionale rispetto al fabbisogno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Azienda Sanitaria Locale Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2011 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori avv. A. Garofalo, G. V. Petruzzi e E. Sticchi Damiani, per la ricorrente, avv. L. Girone e M. Grimaldi, per la Regione e avv. G. Corrente, per la controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe indicato si impugna la delibera di Giunta Regionale n. 2252 del 26 ottobre 2010 nella parte in cui la stessa ha disposto che nelle unità operative di degenza il tasso di occupazione dei posti letto non deve essere superiore al 100% pro die del numero dei posti letto per disciplina accreditata e dei relativi volumi contrattualizzati in ragione del numero dei posti letto accreditati.
Con unico ed articolato motivo le ricorrenti deducono carenza di istruttoria e motivazionale, perplessità e contraddittorietà della azione amministrativa, illogicità manifesta, violazione delle norme in materia di tasso di occupazione su base annua dei posti letto e organizzazione dipartimentale, in particolare violazione delle disposizioni di cui all’art. 9 L.R. 51/85, art. 5 del DM 22.7.83, violazione dei DD.MM. 12.12.2001 3 30.6.75, violazione dell’art. 1 L. 662/96, dell’art. 2 comma 5 L: 549/95, eccesso di potere per violazione delle DD.GG.RR. 1492/10, 813/2006 e 1087/2002, violazione degli artt. 8 quinquies e sexies D. L.vo 502/92 e del D.L. 27/88, incompetenza, violazione degli artt. 12 e 13 della L.R. 32/01, violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/90, violazione del principio di buon andamento della azione amministrativa e del principio di affidamento, violazione della par condicio tra strutture pubbliche e private.
Si sono costituite in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione Puglia e la ASL Taranto.
Alla camera di consiglio del 2 febbraio 2011 il Collegio accoglieva la domanda cautelare, con ordinanza n. 134/2011, che veniva riformata dal Consiglio di Stato.
Il ricorso è stato infine introitato a decisione alla pubblica udienza del 16 novembre 2011.
DIRITTO
1. Secondo l’assunto di parte ricorrente il quadro normativo vigente imporrebbe di verificare il rispetto del tasso di occupazione dei posti letto di una struttura ospedaliera accreditata riferendo lo stesso al numero di posti letto che teoricamente la struttura può occupare nell’arco temporale di un anno. Il criterio introdotto con la DGR impugnata, invece, nella sostanza impone di verificare il rispetto del tasso di occupazione dei posti letto su base giornaliera e per singola disciplina accreditata. In conseguenza di ciò, allorchè una struttura ospedaliera occupi, nell’arco di una giornata, tutti i posti letto per i quali è stata accreditata in una certa disciplina essa dovrà rifiutare di ricoverare, nella medesima giornata, altri pazienti che necessitino di cure afferenti la stessa disciplina da erogarsi a carico del Servizio sanitario nazionale.
Dal punto di vista pratico l’adozione del criterio oggetto di gravame provocherebbe – secondo l’assunto difensivo – un allungamento delle liste di attesa ; impedirebbe alle ricorrenti di ottimizzare i costi di mantenimento delle strutture ospedaliere, perchè le obbligherebbe a mantenere i reparti più o meno inoccupati per periodi di tempo anche prolungati; impedirebbe altresì il raggiungimento dei tetti di spesa, cagionando in tal modo un irreparabile squilibrio economico-finanziario.
Al fine di una migliore comprensione della vicenda va peraltro anche chiarito che la direttiva oggetto di gravame va ad incidere su un corpo di regole di comportamento che la Regione Puglia ha adottato al fine del controllo sulla appropriatezza dei ricoveri, le c.d. “Linee guida e di indirizzo sulla metodologia dei controlli sull’appropriatezza dei ricoveri (UVAR)” : si tratta, quindi, di un criterio che è stato concepito per una specifica finalità , e cioè allo scopo di determinare se le prestazioni di ricovero erogate dalle strutture private siano, in ogni momento, qualitativamente idonee ed affidabili, ed al tempo stesso effettivamente necessarie, e come tali remunerabili dal Servizio sanitario nazionale.
In quest’ottica la disposizione oggetto di gravame non fa altro che esprimere l’esigenza che per ogni disciplina accreditata le strutture ospedaliere ricoverino giornalmente un numero massimo di pazienti che corrisponda alla quota giornaliera dei posti letto accreditati nonchè alla quota giornaliera dei volumi di prestazioni assegnati alla struttura stessa. Ogni ricovero che risulti, nell’arco della giornata, in eccedenza rispetto alle quote giornaliere di cui sopra deve quindi ritenersi “a rischio di inappropriatezza”, e cioè presumibilmente effettuato senza reale necessità o, peggio, in condizioni di inadeguatezza della struttura.
Deve inoltre essere ben chiaro che la disposizione oggetto di gravame è destinata ad influenzare solo la remunerazione delle prestazioni a carico de Servizio sanitario nazionale, e che perciò essa non impedisce affatto alle strutture ospedaliere accreditate di accettare, a pagamento, ricoveri in eccedenza rispetto alle soglie di cui sopra.
Tanto va chiarito in punto di fatto, si passa all’esame delle doglianze.
2. Sostengono le ricorrenti, in primo luogo, che la disposizione oggetto di gravame sarebbe illegittima per contrasto con la DGR 1494/2009, la quale ha approvato i criteri che debbono seguire le ASL nella stipula degli accordi contrattuali.
A prescindere dalla considerazione che la Giunta Regionale non è in perpetuo vincolata da sue precedenti determinazioni, dalle quali può anche decidere di discostarsi qualora ne ravvisi la necessità , va detto che il rilievo è in conferente per la ragione che mentre la D.G.R. 1494/09 detta i criteri cui le aziende sanitarie locali debbono attenersi nella elaborazione degli accordi contrattuali, il criterio impugnato allo stato risulta adottato soltanto quale criterio di controllo della qualità e della opportunità delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie, non risultando che la Regione abbia dato disposizioni nel senso di utilizzare tale criterio anche al fine della stipula degli accordi contrattuali.
Va soggiunto, peraltro, che il criterio di cui i discute non implica certo una violazione dei criteri indicati che la DGR 1494/2009 indica per la stipula degli accordi contrattuali, che esso, invece, contribuisce a far rispettare.
Ed infatti il rischio che i volumi di prestazioni e dei tetti di spesa assegnati annualmente alle strutture accreditate non siano rispettati aumenta esponenzialmente ove si ammetta che le strutture stesse possano, nell’arco di una giornata, erogare prestazioni superiori, per quantità e per valore, a quelle corrispondenti alla quota giornaliera loro assegnata in sede di programmazione regionale: ciò per la ragione che non è detto che nel corso dell’anno le prestazioni erogate in eccesso rispetto i tetti “giornalieri” siano totalmente compensate dalle prestazioni erogate in difetto rispetto ai tetti medesimi. Se poi si considera che la mancata “compensazione” delle prestazioni erogate fuori dalla quota giornaliera può potenzialmente interessare tutte le strutture private si capisce che ciò che le società ricorrenti pretendono di fare costituisce una pratica assolutamente pericolosa, concretamente idonea a produrre un significativo volume di prestazioni eccedenti i limiti individuati in sede di programmazione regionale.
Ponendosi questa ultima, ormai, come uno dei pilastri sui quali si fonda il Servizio sanitario nazionale, non si può assolutamente accettare che essa sia messa a repentaglio dall’intento di diminuire i tempi delle liste di attesa, intento che deve essere perseguito mediante una corretta programmazione e comunque attraverso il coordinamento, da parte delle AA.UU.SS.LL. della capacità produttiva delle varie strutture.
E’ comunque evidente che il rispetto delle “quote giornaliere” (definite dalla Regione “pro die”) dei volumi di prestazioni e dei tetti di spesa annualmente assegnati alle varie strutture private, non può che portare ad un più efficace controllo della spesa sanitaria e, quindi, al rispetto degli obiettivi individuati in sede di programmazione regionale, per la salvaguardia dei quali la Regione ha approvato i criteri di cui alla D.G.R. 1494/09. Non v’è pertanto alcuna contraddittorietà tra essa e la disposizione oggetto dell’odierno giudizio.
3. Per le stesse ragioni non è dirimente il riferimento che le ricorrenti effettuano al DM 12.12.2001.
All’art. 1 il decreto in questione statuisce: “E’ stabilito un insieme minimo di indicatori e di parametri di riferimento finalizzato al monitoraggio del rispetto, in ciascuna Regione, dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza nonchè dei vincoli di bilancio delle Regioni a statuto ordinario”.All’art. 2 il decreto ministeriale in esame precisa poi che “Gli indicatori e i dati di cui al presente decreto sono utilizzati a livello nazionale e regionale per le finalità di cui all’art. 1. Le informazioni , fornite dagli indicatori richiedono una lettura congiunta e complessa dell’intero sistema degli indicatori, alla luce anche degli elementi sullo stato di salute e sul contesto socio-ambientale, ed un utilizzo appropriato dei risultati.”.
Emerge dalle norme sopra ricordate che gli indicatori elencati negli allegati al decreto ministeriale – tra i quali vi è anche il “tasso di utilizzo” sul quale si sofferma parte ricorrente in narrativa di ricorso – costituiscono anzitutto un insieme “minimo”, che pertanto non pretende di essere esaustivo e può certamente essere integrato da altri indicatori al fine di pervenire ad un monitoraggio più accurato. Emerge inoltre che si tratta di un sistema di indicatori finalizzato al controllo sia dei livelli di assistenza sia dei vincoli di bilancio delle regioni: pertanto ogni indicatore che non sia compreso nell’allegato al decreto ministeriale 12.12.2001 e che però contribuisca a migliorare tale controllo deve ritenersi certamente ammissibile in quanto conforme alla ratio del decreto.
Orbene, poichè, per le ragioni già evidenziate, il rispetto delle “quote giornaliere” dei volumi di prestazione e dei tetti di spesa assegnati annualmente agli ospedali privati non può che contribuire al rispetto di detti volumi e tetti, la disposizione oggetto di gravame deve ritenersi certamente conforme alla ratio del decreto ministeriale 12.12.2001 e come tale legittimamente adottata dalla Regione Puglia.
4. Ove si rifletta, poi, alla funzione dell’accreditamento, si comprende come sia del tutto privo di fondamento l’assunto delle società ricorrenti secondo il quale esso accreditamento avrebbe ad oggetto l’intera struttura.
Invero la procedura di accreditamento è finalizzata non soltanto ad una verifica di qualità delle strutture e delle prestazioni, ma anche della idoneità dell’ente a rispettare gli indirizzi di programmazione regionale, che costituisce un aspetto molto importante della procedura di accreditamento. Di tanto si trova conferma nel comma 7, dell’art. 8 quaterdel D. L.vo 502/92, a mente del quale l’accreditamento di nuove attività e/o strutture può essere concesso in via provvisoria “per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati”; nonchè nel successivo comma 8, laddove si prevede che nel caso in cui il volume di prestazioni posto a carico del Servizio sanitario nazionale superi quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale, “si procede ¦.alla revoca della capacità produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture non lucrative e dalle strutture private lucrative”.
E’ dunque palpabile l’attenzione che il legislatore attribuisce al rispetto del volume di prestazioni individuato in sede di programmazione nazionale; ed è proprio per tale ragione che la verifica della funzionalità dell’ente a rispettare gli indirizzi di programmazione regionale costituisce una fase cruciale della procedura di accreditamento, la quale deve evidentemente passare – al fine di renderla effettivamente utile allo scopo – anche attraverso un controllo della organizzazione interna degli enti erogatori e dei criteri che assistono alla accettazione dei pazienti ed alla individuazione delle prestazioni da erogare. Non si può invece credere che la “verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale” possa ridursi ad una mero raffronto tra la capacità produttiva del singolo ente, con quella degli altri enti erogatori considerati complessivamente e con il fabbisogno di assistenza determinato dalle regioni in sede di programmazione.
Non è un caso che all’accreditamento siano assoggettate tutte le strutture, non solo private ma anche pubbliche, già in esercizio o di nuova costituzione. Tale previsione si spiega solo tenendo conto di quanto sopra ricordato: infatti una struttura operante da tempo, e per di più pubblica, non dovrebbe aver bisogno di una verifica della qualità ed adeguatezza delle sue prestazioni. La ragione per cui il legislatore ha onerato tutte le strutture della procedura di accreditamento non può che rintracciarsi, allora, nella esigenza di verificare a tappeto la funzionalità di tutte le strutture al rispetto della programmazione regionale.
Va poi rilevato, con specifico riferimento a quest’ultima, che tra i contenuti della attività programmatoria delle regioni vi è la definizione del fabbisogno di assistenza, che altro non è se non la determinazione del volume e della tipologia di prestazioni necessarie ad assicurare, nell’ambito del territorio regionale, i livelli di assistenza definiti dal piano sanitario nazionale e dal piano sanitario regionale .
Una tale attività presuppone, evidentemente, una continuativa attività di rilevazione e studio della spesa sanitaria al fine di pervenire, mediante indagini statistiche ed epidemiologiche, ad effettuare una proiezione delle prestazioni che saranno richieste al Servizio sanitario regionale in un certo arco di tempo ed in una certa zona, distinguendo le stesse anche per tipologia: simili studi, condotti con la collaborazione di altri soggetti qualificati del Servizio sanitario nazionale e regionale (ad esempio l’Agenzia per i servizi sanitari regionali), costituiscono la base per una corretta programmazione e valorizzazione della attività sanitaria, per la ripartizione della stessa tra le varie strutture e, di conseguenza, per la determinazione dei tetti di spesa.
Che l’attività di programmazione nazionale e regionale debba contenere, tra l’altro, una previsione dei volumi delle prestazioni emerge anche dal successivo comma 8 dell’art. 8 quater, secondo cui “¦..le regioni e le unità sanitarie locali, attraverso gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8 quinquies, sono tenute a porre a carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale¦.”.
Il D.L.vo 229/99, dunque, rende obbligatoria, in sede di programmazione della attività sanitaria, la previsione del volume delle prestazioni necessarie, per il rispetto della quale il legislatore ha introdotto gli istituti dell’accreditamento e degli accordi contrattuali, i quali si fondano sul presupposto che il volume delle prestazioni indicato in sede di programmazione annuale è sufficiente a coprire il fabbisogno e quindi che non v’è alcuna ragione logica per assegnare agli enti erogatori – pubblici e privati – dei volumi di prestazioni e dei tetti di spesa “elastici” o in qualche maniera non vincolanti. Non essendovi una certezza assoluta della correttezza delle previsioni di fabbisogno, il legislatore ha tuttavia previsto una sorta di “valvola di sfogo”, riconoscendo ai soli enti pubblici, a condizione che ricorrano determinate condizioni, la possibilità di erogare prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale anche oltre ai volumi ad essi assegnati. Tale possibilità vale comunque solo per gli enti pubblici e non intacca l’assunto, per cui la previsione di fabbisogno effettuata in sede di programmazione annuale è tendenzialmente satisfattiva.
Tale essendo la funzione della programmazione regionale annuale è evidente che la procedura di accreditamento non può ridursi ad una mera indagine sulla qualità e adeguatezza della struttura, ma deve costituire anche uno degli strumenti perchè il fabbisogno rilevato in sede di programmazione regionale, nelle sue varie componenti, venga distribuito tra le varie strutture ospedaliere in modo da assicurare la corretta distribuzione delle prestazioni sul territorio regionale , tenendo conto in particolare del fabbisogno specifico rilevato nella zona servita da ciascuna di esse. Per essere funzionale alla programmazione regionale l’accreditamento relativo ai ricoveri per acuti deve allora, necessariamente, indicare lo specifico numero di posti letto per i quali ogni singola struttura viene accreditata in relazione ad ogni tipologìa di prestazioni.
Ciò chiarito è evidente che la tesi delle ricorrenti, secondo la quale le norme vigenti garantirebbero il “pieno utilizzo” delle strutture o, quantomeno, dei raggruppamenti medico-chirurgici a prescindere dai posti letto accreditati per le singole discipline, è priva di fondamento giacchè il sistema vigente si basa, chiaramente, sul rispetto dei limiti imposti dalla programmazione nazionale e dai provvedimenti di accreditamento, i quali ultimi non hanno ad oggetto l’intera struttura.
5. Irrilevante ed infondato è altresì il rilievo per cui la disposizione oggetto di gravame implicherebbe l’impossibilità per le strutture private di raggiungere i tetti di remunerazione:
infatti la domanda di prestazioni sanitarie in eccesso rispetto a quella assorbita dai pro die finisce per essere distribuita sulle giornate e le settimane successive, garantendo così continuità nella attività di tutte le strutture ospedaliere anche relativamente alle giornate in deficit di domanda.
6. In realtà la vera ragione che ha mosso le ricorrenti ad impugnare la disposizione di che trattasi risiede nel fatto che essa, in sostanza, impedisce loro di riempire i reparti e di ottimizzare così i costi di mantenimento delle strutture. Le ricorrenti hanno quindi articolato difese tendenti a dimostrare coma la legislazione vigente miri, in vari modi, a tutelare l’equilibrio economico-finanziario delle strutture ospedaliere private.
Il Collegio, tuttavia, ritiene che tali argomenti, per quanto suggestivi, non possano portare a sovvertire i fondamenti del Servizio sanitario nazionale che dianzi sono stati ricordati, dai quali si evince la priorità delle esigenze di finanza pubblica, rispetto alle quali le esigenze delle strutture ospedaliere non pubbliche sono assolutamente recessive. Pertanto, se è certamente auspicabile che le strutture private vengano utilizzate e remunerate al meglio, tuttavia non si deve perdere di vista il fatto che al postutto non sono lo Stato e le regioni a doversi far carico del mantenimento delle strutture di che trattasi.
7. Le dianzi esposte considerazioni danno ragione della infondatezza del ricorso, che va conclusivamente respinto in ogni sua parte.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in E. 3.000,00 (euro tremila), oltre accessori di legge a favore di ciascuna delle Amministrazioni resistenti costituite in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)