1. Processo amministrativo – Giudizio di condanna restituzione aree – Giudicato penale – Sanzioni amministrative – Confisca – Domanda di restituzione dell’area – Revoca della confisca – Necessità
2. Processo amministrativo – Giudizio di condanna restituzione aree – Giudizio penale pendente – Proposizione di identica domanda – Litispendenza – Sussiste
3. Risarcimento del danno – Domanda risarcitoria – Subordinata – Domanda principale di restituzione del bene pendente dinanzi al giudice penale – Legittimazione e interesse al risarcimento del danno – Non sussiste
4. Risarcimento del danno – Domanda risarcitoria – Danno patrimoniale – Colpa della p.A. – Nesso di causalità – Necessità –
1. Poichè la restituzione dell’area confiscata per lottizzazione abusiva implica la revoca della confisca – rientrante nella competenza del giudice (penale) che l’ha disposta -, in assenza di detta revoca è inammissibile la domanda di restituzione formulata con ricorso al giudice amministrativo.
2. E’ inammissibile la domanda avente lo stesso petitum e la medesima causa petendi di altro ricorso già pendente dinanzi al giudice penale munito di giurisdizione (nella specie, il TAR ha rilevato che la stessa ricorrente aveva affermato di aver instaurato incidente di esecuzione in sede penale per ottenere la revoca della confisca ex art.676 c.p.p., donde l’inammissibilità della censura)
3. La pendenza di giudizio penale avente ad oggetto la revoca della confisca esclude l’esistenza dell’interesse attuale alla domanda di risarcimento per equivalente, condizionata alla perdita definitiva della proprietà dell’area.
4. L’assenza dell’elemento soggettivo della colpa, accertata con sentenza della Cassazione, impedisce il sorgere dell’obbligazione risarcitoria in capo all’amministrazione, non sussistendo il nesso di causalità fra condotta ed evento dannoso.
N. 00581/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01587/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1587 del 2001, proposto da:
Bettin s.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Scipione Scorcia, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Calefati n.95;
contro
Comune di Bari, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Verna, Chiara Lonero Baldassarra e Augusto Farnelli, con domicilio eletto in Bari presso la sede dell’Avvocatura comunale, alla via P.Amedeo n.26;
per la condanna
del Comune di Bari alla restituzione dei terreni edificatori confiscati in danno della Bettin s.r.l. ed in subordine al risarcimento del danno emergente e lucro cessante procurato dal Comune di Bari autore della illegittima autorizzazione della lottizzazione abusiva n. 151/89;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2011 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Scipione Scorcia e avv. C. Lonero Baldassarra;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
1.- La società ricorrente è proprietaria pro-indiviso di una porzione pari a 2/6 di suolo edificatorio sito in agro di Bari nel comprensorio della cd. “Punta Perotti”, riportato in catasto terreni alla partita speciale 1, foglio 23, particelle da 14 a 20.
L’intera area è stata colpita da confisca e conseguente acquisizione gratuita al patrimonio del Comune in virtù di sentenza della Cassazione penale, Sezione III, n.256 del 29.1.2001, disposte quale sanzione amministrativa per l’accertata lottizzazione abusiva e prontamente eseguite dall’Amministrazione comunale; ciò nonostante l’odierna ricorrente non abbia mai edificato nè chiesto permessi di costruire ed anzi sia rimasta estranea all’intera procedura di approvazione del piano lottizzativo in questione.
Asserisce più precisamente parte ricorrente stessa che l’area in parola venne inclusa d’ufficio nella lottizzazione e che proprio l’illegittima approvazione di questa -si ribadisce senza il suo concorso- abbia determinato il danno che oggi subisce per l’applicazione di una sanzione collegata in ultima analisi all’accertamento dell’illegittimità del piano esecutivo.
Con il gravame in epigrafe chiede pertanto la restituzione -pro quota- dell’area di sua proprietà lamentando che la sanzione stessa, produttiva di danno ingiusto per i proprietari completamente estranei alla vicenda penale, apporti beneficio proprio all’autore dell’illecito (cioè all’Amministrazione comunale); in subordine il risarcimento per equivalente, assumendo che il lamentato danno sia imputabile alla condotta colposa dell’Amministrazione comunale, estesa all’intero apparato, per essere stata la lottizzazione abusiva adottata e approvata in violazione delle regole di buona Amministrazione, imparzialità e correttezza alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi.
Con atto depositato in data 12.9.2001 si è costituito in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 30.11.2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- Il ricorso è inammissibile e, in parte, anche infondato.
2.1 Quanto alla domanda principale, in disparte ogni considerazione sull’inconciliabilità della natura reale della confisca (disposta anche nei confronti dei proprietari estranei alla vicenda penale) con taluni principi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo di recente affermata dalla Corte europea proprio con riferimento alla vicenda lottizzativa che ci occupa (cfr. sentenza del 20.1.2009, causa Sudfondi s.r.l. e altre c/ Italia, ricorso n.75909/01) e tralasciando ogni valutazione sulla vincolatività di quei principi per gli Stati aderenti alla convenzione stessa e all’Unione europea, deve osservarsi che la restituzione dell’area ai ricorrenti presuppone necessariamente la revoca della confisca; e che la revoca stessa rientra nella competenza del giudice che l’ha disposta e, pertanto, non può trovare ingresso in questo processo.
La stessa parte ricorrente rappresenta di aver instaurato incidente di esecuzione in sede penale per ottenere la revoca della confisca ex art.676 c.p.p..
La pendenza di un giudizio caratterizzato dallo stesso petitum e dalla medesima causa petendi, peraltro promosso innanzi al giudice munito di giurisdizione, rende la domanda qui formulata in via principale inammissibile.
2.2. Veniamo quindi alla domanda risarcitoria proposta in via subordinata.
Deve in proposito osservarsi che non pare possa configurare un interesse attuale in capo alla società ricorrente, essendo lo stesso evidentemente condizionato alla perdita della proprietà della relativa area che -allo stato- non risulta connotata dalla necessaria definitività proprio in considerazione dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo, azionati -con l’istanza di revoca della confisca- dalla stessa ricorrente innanzi giudice penale.
E comunque, anche a voler prescindere da tali perplessità , la domanda di risarcimento per equivalente non appare fondata alla luce delle conclusioni attinte dalla Corte di cassazione nella richiamata sentenza n.256/2001.
La suprema Corte invero, in riforma della pronunzia della Corte di appello, ha assolto gli imputati con la formula “perchè i fatti non costituiscono reato” in considerazione della scusabilità dell’errore in cui i soggetti stessi sarebbero incorsi nell’interpretazione delle norme violate; errore imputato alla particolare complessità del quadro normativo di riferimento. Su queste basi ha ritenuto non sussistente l’elemento soggettivo dei reati contestati.
Le stesse considerazioni conducono ad escludere la colpevolezza della condotta tenuta dall’Amministrazione nel procedimento di approvazione della lottizzazione in questione anche ai fini della configurabilità dell’obbligazione risarcitoria; il lamentato danno ingiusto non appare cioè in concreto imputabile alla condotta dell’apparato amministrativo sicchè l’assenza dell’elemento soggettivo impedisce il sorgere della relativa obbligazione.
3.- In sintesi il gravame deve in parte essere dichiarato inammissibile e in parte respinto. Considerata tuttavia la particolare complessità della fattispecie il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Giacinta Serlenga, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)