1. Procedimento amministrativo – Annullamento in autotutela – Presupposti
2. Procedimento amministrativo – Edilizia e urbanistica – Annullamento in autotutela di concessione edilizia – Obbligo di comunicare l’avvio del procedimento – Sussiste
3. Edilizia e urbanistica – Ordine di demolizione – Pendenza istanza sanatoria – Conseguenze
1. Ai fini dell’esercizio del potere di autotutela disciplinato dall’art. 21 – nonies della L. n. 241/1990, nonchè in coerenza con noti principi di derivazione giurisprudenziale, è necessario che ricorrano, oltre alla illegittimità dell’atto (che costituisce mero presupposto), anche l’interesse pubblico attuale e concreto all’eliminazione dell’atto e che l’autotutela medesima venga esercitata entro un termine ragionevole, tenendo altresì conto – attraverso una valutazione comparativa con l’interesse pubblico antagonista – delle situazioni medio tempore consolidatesi per effetto di un ragionevole affidamento sulla legittimità dell’atto
2. Il provvedimento di annullamento in autotutela di una concessione edilizia non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, prevista a garanzia del diritto di partecipazione del privato (art. 7 e ss. L. n. 241/1990), è da ritenersi illegittimo.
3. E’ illegittimo l’ordine di demolizione emesso dalla p.a. prima di definire il procedimento su un’istanza di sanatoria delle opere abusivamente realizzate.
N. 00447/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00871/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 871 del 2009, proposto da:
Tropiano Vito, Tropiano Isabella e Tropiano Giovanna, eredi di Tropiano Vito, rappresentati e difesi dagli avv. Nicolò De Marco e Cesare Bellantuono, con domicilio eletto presso Nicolò De Marco in Bari, via Abate Gimma, 189;
contro
Comune di Monopoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Semeraro in Bari, via Dante, 51;
nei confronti di
Maria Barletta, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Gaetano Scoca e Giuseppina Nucci, con domicilio eletto presso Aldo Regina in Bari, via Melo 185;
per l’annullamento
– dell’ordinanza di demolizione n. 55 prot. n. 12990 dell’11.03.2009, notificata il 12.03.2009, avente ad oggetto chiusura di preesistente porticato e recinzione area scoperta;
– del parere prot. 6904 del 10.02.2009, con il quale è stata annullata la concessione edilizia rilasciata al ricorrente in data 20.09.1984 prot. 13539 e contestualmente rigettata istanza di sanatoria;
– nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, rispetto quelli impugnati, ancorchè non noti;
e per il risarcimento
del danno ingiusto arrecato al ricorrente dai provvedimenti impugnati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli e di Maria Barletta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti gli avv.ti C. Bellantuono e N. De Marco, per il ricorrente, l’avv. Anna Maria Mitolo, su delega dell’avv. L. Di Bello e avv. G. Nucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, proprietario di un suolo sito nel territorio del Comune di Monopoli di mq. 342 (catastalmente identificato al fg 10 p.lla n.151 sub bb), nonchè di altro suolo acquistato nel 1980 dal Demanio dello Stato a seguito di provvedimento formale di sdemanializzazione del 9.4.1971 (catastalmente identificato alla partita 141921728 fg. n.10a p.lla 426, proveniente da particella 237), di mq 247, impugna i provvedimenti di cui in epigrafe e ne chiede l’annullamento.
Con c.e. prot. 13539 del 20.09.1984 il ricorrente – dopo aver recintato nel 1973 l’area di proprietà , ottemperando in tal modo all’ordinanza del Comune di Monopoli del 25 settembre 1973 – ha ottenuto l’approvazione del progetto finalizzato alla realizzazione di un porticato da destinare a parcheggio privato, porticato che il ricorrente ha chiuso con tompagnature laterali, ponendo in essere in tal modo opere edilizie in difformità al progetto proposto.
A seguito di un esposto dell’odierna controinteressata, acquirente di altra parte dell’area demaniale, l’U.T.C., dopo aver avviato una verifica delle costruzioni presenti sul suolo del ricorrente, ha contestato allo stesso la realizzazione abusiva della chiusura del porticato in tal modo divenuto locale destinato a garage e deposito, nonchè rilevato l’abusività della recinzione di un’area scoperta di mq. 23, con modifica della sagoma dell’immobile (porticato + area scoperta recintata) rispetto quella assentita con la concessione edilizia del 1984, giusta ordinanza n. 61 del 27 marzo 2006, con cui ha disposto la sospensione dei lavori.
Con istanza del 5.6.2007 il ricorrente ha chiesto il rilascio di permesso di costruire in sanatoria.
Nel corso del procedimento, l’U.T.C. del Comune di Monopoli ha rilevato che il ricorrente avrebbe occupato dal 1984, parte (circa 5 metri quadrati) di area di proprietà altrui.
Il ricorrente ha quindi proposto una nuova istanza di sanatoria (27.10.2007), con demolizione delle tompagnature e sottrazione di 5 mq dal porticato.
Con nota prot. n. 44231 del 13.11.2007 il Comune di Monopoli ha manifestato la favorevole valutazione della nuova istanza, subordinandola alla regolarizzazione degli adempimenti catastali a carico del ricorrente.
Con nota depositata in data 12 marzo 2009 il ricorrente, ritenendo si aver comunque conseguito per usucapione la proprietà del suolo (di 5 mq), per possesso pacifico ultraventennale, ha presentato al Comune di Monopoli una rettifica della sanatoria già richiesta, prevedendo solo l’eliminazione delle murature di tompagno e non più la riduzione del porticato di 5 mq.
Nel medesimo giorno è stata notificata al ricorrente l’impugnata ordinanza di demolizione (n. 55 prot. 12990 dell’11 marzo 2009), con cui il Comune di Monopoli ha disposto la demolizione di tutte le opere (porticato e recinzione) in quanto realizzate in base a concessione edilizia n. 13539 del 20.09.1984, successivamente annullata con parere prot. 6904 del 10 febbraio 2009, recante altresì diniego della sanatoria richiesta.
Il ricorrente deduce i seguenti motivi di censura:
1. con riferimento all’annullamento della concessione edilizia prot. 13539 del 20 settembre 1984; violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies della L. n. 24190; violazione del giusto procedimento; violazione e falsa applicazione art. 7 e 10 bis L. n. 24190. Eccesso di potere per difetto di presupposti di fatto e di diritto.
2. violazione del giusto procedimento; violazione art. 7 e 10 bis L. n. 24190; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta;
3. con riferimento al diniego di sanatoria; violazione e falsa applicazione del T.U. espropri art.36; eccesso di potere per insufficiente motivazione, illogicità e contraddittorietà manifesta;
4. con riferimento all’ordine di demolizione; illegittimità derivata. eccesso di potere per insufficiente motivazione, difetto assoluto di istruttoria, contraddittorietà manifesta con precedenti provvedimenti della stessa amministrazione.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Monopoli e la controinteressata, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 371 dell’11.6.09 è stata accolta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All’udienza del 2.12.10 il Collegio, preso atto nel corso che il ricorrente è deceduto in data 29.12.2009, con ordinanza n. 283 del 30.12.2010 ha dichiarato l’interruzione del processo ai sensi dell’art. 79 comma 2 C.P.A.
Si sono quindi costituite in giudizio, con ricorso in riassunzione depositato in data 20.1.11, le eredi Tropiano Isabella e Tropiano Giovanna.
All’Udienza del 14 dicembre 2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
àˆ anzitutto fondato il primo motivo di censura con cui parte ricorrente deduce violazione della L. 241/90 sotto vari profili nonchè eccesso di potere e violazione dei principi in tema di autotutela.
Ed invero ai fini dell’esercizio del potere di autotutela disciplinato dall’art. 21 – nonies della Legge citata, nonchè in coerenza con noti principi di derivazione giurisprudenziale, è necessario che ricorrano, oltre alla illegittimità dell’atto (che costituisce mero presupposto), anche l’interesse pubblico attuale e concreto all’eliminazione dell’atto e che l’autotutela medesima venga esercitata entro un termine ragionevole, tenendo altresì conto – attraverso una valutazione comparativa con l’interesse pubblico antagonista – delle situazioni medio tempore consolidatesi per effetto di un ragionevole affidamento sulla legittimità dell’atto.
Nel caso di specie, quanto all’illegittimità della concessione edilizia rilasciata nel 1984 relativa al presunto difetto della proprietà dell’area per 5 mq, anche a voler prescindere dalle risultanze catastali (dapprima richieste dal Comune a corredo dell’istanza e successivamente ritenute non significative), non può non rilevarsi il difetto di prova in ordine alla circostanza di che trattasi, atteso che lo stesso Comune prospetta il dissidio sulla proprietà come questione problematica e non in termini di certezza.
Contraddittoriamente, tuttavia, il Comune esercita l’autotutela, con conseguente annullamento d’ufficio del titolo edilizio, ritenendo – con evidente vizio logico di petitio principi – conseguita la prova della illegittimità del provvedimento.
Il difetto di tale presupposto per l’esercizio del potere di autoannullamento dell’atto risulta viceversa evidente anche alla stregua di una mera superficiale lettura della motivazione di supporto.
Tale vizio potrebbe di per sè ritenersi decisivo ed assorbente ai fini dell’accoglimento del ricorso con riferimento all’impugnazione del provvedimento di autotutela.
Anche a prescindere dall’eventuale accertamento, nella sede competente, dell’acquisto o meno del bene per usucapione da parte del ricorrente, per mero dovere di completezza, deve tuttavia evidenziarsi anche l’assenza nel provvedimento di autotutela sia di una qualsivoglia valutazione dell’interesse pubblico attuale e concreto alla eliminazione dell’atto, sia della valutazione delle posizioni medio tempore acquisite e consolidatesi in capo al ricorrente per effetto del ragionevole affidamento sulla legittimità di atti posti in essere dalla stessa Amministrazione.
La circostanza infine che l’annullamento d’ufficio sia intervenuto a distanza di ben 25 anni dalla data di adozione del provvedimento si commenta da sè e costituisce ulteriore elemento di prova della illegittimità dell’atto di autotutela.
Nè a diverse conclusioni – con riferimento alla legittimità o meno della concessione edilizia dell’84 – può pervenirsi sulla considerazione che la sdemanializzazione dell’area sarebbe intervenuta solo nel 1996, con conseguente difetto del termine ventennale necessario per l’usucapione, sia perchè tale questione è oggetto di giudizio innanzi al G.O.; sia perchè la sdemanializzazione del 96 potrebbe integrare l’eliminazione di una condizione sospensiva con conseguente valutabilità del periodo di possesso pregresso; sia perchè con D.I. 502/71 l’area in questione sembrerebbe passata dal regime di bene demaniale a quello di bene patrimoniale; sia perchè dette considerazioni, introdotte in giudizio dalla controinteressata, risultano del tutto estranee alla motivazione dell’impugnato provvedimento; sia infine perchè comunque il mero dubbio in ordine alla proprietà manifestato nel provvedimento impugnato non costituisce presupposto sufficiente per l’esercizio dell’autotutela.
La circostanza che la predetta porzione di area sia stata per errore oggetto di due atti di vendita, dapprima in favore del ricorrente e successivamente in favore della controinteressata, se può costituire oggetto di controversia tra gli stessi innanzi al Giudice Ordinario, non costituisce viceversa presupposto idoneo per l’esercizio dell’autotutela, in difetto di prova della illegittimità della concessione dell’84.
àˆ altresì fondato il secondo motivo di censura, atteso che il provvedimento di autoannullamento non è stato preceduto dalle previste garanzie partecipative.
Il ricorso risulta fondato anche con riferimento alla impugnazione dell’ordinanza di demolizione del 11.3.2009, sia perchè adottata nonostante la presentazione da parte del ricorrente di una seconda istanza di sanatoria volta semplicemente a conseguire il pieno ripristino dello stato di edificazione così come previsto nella concessione dell’84, attraverso la rimozione delle tompagnature abusivamente realizzate; sia perchè adottato prima di definire il procedimento su tale seconda istanza di sanatoria, sia soprattutto per effetto della illegittimità in via derivata dalla illegittimità dell’atto di autotutela, per tutto quanto sopra già evidenziato, atteso che l’autoannullamento, espressamente richiamato nell’ordinanza di autodemolizione, ne ha costituito l’unico presupposto giuridico fattuale.
Il ricorso va dunque accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti di cui in epigrafe.
La complessità della vicenda all’origine del contenzioso giustificano ad avviso del Collegio l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Giacinta Serlenga, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)