Edilizia e urbanistica – Vincoli paesaggistici – Procedimento per dichiarazione di notevole interesse pubblico di  aree – Possibilità  di applicare misure  di salvaguardia a tempo indeterminato – Non sussiste – Fattispecie

Non può ammettersi l’efficacia di una misura di salvaguardia del territorio a tempo indeterminato, quando il procedimento finalizzato all’apposizione di un vincolo paesaggistico, avviato con la fase preparatoria provinciale di proposta di vincolo, non si sia mai concluso con la necessaria emanazione del provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico delle aree, ai sensi dell’art. 140 del D.L.gs. n. 42/2004 (nella specie, pertanto, è stata dichiarata l’inefficacia dell’elenco predisposto dalla Commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali della città  di Bari in data 17 novembre 1971, che aveva sottoposto a tutela un’ampia area della sua zona centrale, considerato che il mancato esercizio del potere di approvazione della proposta di vincolo da parte della Regione si è protratto per ben oltre l’anno previsto dall’art.141, co.1,  D.Lgs.n. 42/2004, non essendo stato nemmeno chiesto da parte del direttore  regionale l’intervento sostitutivo  del Ministero).

N. 00347/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01669/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1669 del 2011, da Donato Di Marzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Silvio Dodaro e Antonio L. Deramo, con domicilio eletto in Bari, via F. S. Abbrescia, 83/B; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Augusto Farnelli, con domicilio eletto in Bari, presso l’Avvocatura comunale, via Principe Amedeo n. 26; 
Ministero per i Beni e le Attività  culturali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, via Melo, 97; Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio per la Puglia; 

per l’annullamento
a) dell’ordinanza 2011/00643 – 2011/130/0116 del 22.6.2011 (notificata il I.7.2011), con la quale il Dirigente della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia privata del Comune di Bari ha ingiunto al ricorrente di provvedere, entro 30 giorni dalla notifica, alla demolizione delle opere abusive realizzate ed al ripristino del precedente stato dei luoghi nonchè di provvedere, entro il medesimo termine, al pagamento della somma di Euro 516,00 quale sanzione amministrativa, il tutto ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001;
b) dell’ordinanza di sospensione lavori ed apertura di procedimento sanzionatorio prot. 240299 del 12.10.2010;
c) della nota prot. 7057 dell’1.6.2011 a firma del Soprintendente ai Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari, Barletta Andria Trani e Foggia;
d) della nota prot. 149728 del 10.6.2011 a firma del Responsabile P.O.S. Controllo del Territorio e V.E. del Comune di Bari;
e) di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, compreso il verbale di violazione urbanistico – edilizia n. 164/10 redatto da agenti della P.M. in data 30.9.2010 e, occorrendo, la deliberazione della Commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali di Bari adottata nella seduta del 17.11.1971.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari e del Ministero per i Beni e le Attività  culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi gli avv.ti Antonio L. Deramo e Francesco Silvio Dodaro, per la parte ricorrente, l’avv. Augusto Farnelli, per il Comune resistente, e l’avv. dello Stato Francescomassimo Manzari, per il Ministero resistente,;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
L’avvocato Donato Di Marzo, con studio in Bari in via F. S. Abbrescia, 83/B, impugna l’ordinanza 2011/00643 – 2011/130/0116 del 22 giugno 2011 (con la quale il Dirigente della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia privata del Comune gli ha ingiunto di provvedere, entro 30 giorni dalla notifica, alla demolizione delle opere abusive realizzate (consistenti in condizionatori appoggiati al muro esterno dell’edificio) ed al ripristino del precedente stato dei luoghi nonchè di provvedere, entro il medesimo termine, al pagamento della somma di € 516,00, quale sanzione amministrativa, il tutto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 37 del D.P.R. n. 380/2001, e gli atti a questa presupposti, in epigrafe meglio specificati.
Costituitisi il Comune di Bari e il Ministero per i Beni e le Attività  culturali, il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, con ordinanza 20 ottobre 2011 n. 847, per i seguenti motivi:
“Il Collegio ritenuta ad un sommario esame la fondatezza del ricorso, atteso:
– che il posizionamento dei condizionatori climatici all’esterno dell’edificio, pur potendo comportare, in ipotesi, alterazione della sagoma e dell’aspetto esteriore (art 10 comma 1 lett c) t.u. edilizia e art 146 d.lgs n.42/2004) può dirsi opera del tutto minore e sostanzialmente libera (Consiglio di Stato parere 16 marzo 2005 n.2602/2003) non idonea a ledere in modo apprezzabile nè l’interesse paesaggistico nè tantomeno quello urbanistico, in disparte ogni questione sulla perdurante efficacia o meno del vincolo “provvisorio” apposto ai sensi dell’art 2 l.1939 n.1497;
– che nel bilanciamento dei contrapposti interessi appare pertanto prevalente quello privato, in considerazione dello scarso impatto dell’intervento sul corretto assetto del territorio, con conseguente sussistenza dei presupposti per la concessione dell’invocata tutela cautelare”.
Sulle conclusioni delle parti, all’udienza del 13 gennaio 2012 la causa è stata riservata per la decisione.
Occorre premettere che l’ordinanza municipale gravata è stata emessa in applicazione dell’articolo 37, secondo comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in base al quale “Quando le opere realizzate in assenza di denuncia di inizio attività  consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell’articolo 3, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonchè dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità  competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro”.
In estrema sintesi, l’interessato contesta gli atti, ritenuti lesivi e illegittimi, deducendo che
– I. non sussiste il presupposto indispensabile per emettere il provvedimento sanzionatorio, poichè il vincolo provvisorio nascente dalla deliberazione della Commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali di Bari, adottata nella seduta del 17 novembre 1971, sarebbe venuto meno, non essendosi perfezionato il relativo procedimento (con il necessario decreto ministeriale ovvero del Presidente della Regione); d’altra parte, non può ammettersi una misura di salvaguardia a tempo indeterminato;
– II. il tipo d’intervento, costituito dal posizionamento all’esterno di condizionatori, non consente l’ingiunzione della demolizione delle opere (ma solo l’irrogazione della sanzione pecuniaria).
Nella memoria difensiva del 14 ottobre 2011, l’avvocato Di Marzo inoltre ha eccepito l’incostituzionalità  dell’articolo 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (stante la durata indeterminata del vincolo provvisorio) anche con riferimento all’articolo 1 del protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Le censure dedotte sub I. sono fondate.
Per chiarezza espositiva, dev’essere chiarito il quadro normativo nel quale si inseriscono gli atti impugnati.
A partire dall’articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, con disposizioni sostanzialmente identiche (articolo 139, lett. d), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; articolo 136, lett. d), del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42) sono soggette a specifica tutela “a causa del loro notevole interesse pubblico:
(¦)
4° le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”.
Per l’applicazione del relativo regime era previsto uno specifico procedimento che, seppur via via arricchitosi di garanzie nell’istruttoria, è rimasto nella sua essenzialità  identico: esso prevede una fase preparatoria in cui un’apposita commissione (prima a livello provinciale ed oggi regionale) individua i beni di “notevole interesse pubblico” e formula la relativa proposta di vincolo per giungere infine al provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili.
Nel caso in esame la Commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali di Bari, nella seduta del 17 novembre 1971, aveva inserito nei propri elenchi, ai fini propositivi, un’ampia area del centro di Bari, denominata “Zona costiera Lungomare Nazario Sauro – “Borgo Nuovo” e “Corso Cavour”” anche in relazione alla minacciata demolizione del palazzo della Camera di Commercio.
Il procedimento da quel momento non ha più avuto seguito.
Il Comune di Bari e il Ministero per i beni e le attività  culturali richiamano, a sostegno della persistente efficacia del vincolo e quindi della legittimità  dell’azione amministrativa, il consolidato orientamento in materia secondo il quale il principio d’immediata effettività  dei provvedimenti di tutela dei valori paesaggistici ed ambientali si esplica con particolare riferimento ai vincoli inerenti alle c.d. bellezze d’insieme, che si perfeziona dal momento in cui, ai sensi dell’articolo 2, ultimo comma, della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (poi articolo 140, T.U. 29 ottobre 1999, n. 490), l’elenco delle località  predisposto dall’apposita commissione provinciale e nel quale è compresa la detta bellezza viene pubblicato nell’albo dei comuni interessati; da tale data decorre l’obbligo di non distruggere o modificare, che l’articolo 7 della legge 1497/1939, pone a carico dei proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo degli immobili costituenti bellezze naturali (Consiglio Stato, Adunanza plenaria, 6 maggio 1976, n. 3; Sez. IV, 19 dicembre 1986, n. 913; 12 marzo 1987, n. 714; 19 dicembre 1986, n. 913; 25 gennaio 1990, n. 139; Sez. VI, 21 marzo 2005, n. 1121; Sez. V, 11 ottobre 2005, n. 5484; T.A.R. Lazio, Sez. II, 21 febbraio 2005 n. 1427).
Tale interpretazione è stata poi avvalorata dalla Corte costituzionale, che, con sentenza n. 262/1997, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità  costituzionale degli articoli 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), e sarebbe infine normativamente confermata, secondo la tesi delle Amministrazioni, dal disposto dell’articolo 157 (“Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente”) del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), soprattutto in relazione all’ultimo comma, in base al quale, il vincolo, ancorchè provvisorio, esplicherebbe tutti gli effetti di costituzione di obblighi a carico dei soggetti proprietari, possessori o detentori degli immobili compresi nei elenchi provinciali già  pubblicati.
Secondo tale articolo, facente parte delle “Disposizioni di prima applicazione e transitorie” del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, “1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 143, comma 6, dell’articolo 144, comma 2 e dell’articolo 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti:
a) le notifiche di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, eseguite in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778;
b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;
c) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;
(¦)
2. Le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico”.
Secondo il Comune di Bari e il Ministero per i beni e le attività  culturali quindi gli elementi soprariportati (e soprattutto l’articolo 157, ultimo comma, del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42) depongono nel senso che il vincolo, ancorchè provvisorio, esplicherebbe tutti gli effetti di costituzione di obblighi a carico dei soggetti proprietari, possessori o detentori degli immobili compresi nei elenchi provinciali già  pubblicati.
Anche il Collegio ritiene che tali premesse (sulle quali si fondano le difese delle parti resistenti) rappresentino il quadro normativo in materia. Tuttavia ritiene che tali presupposti non conducano a confermare la legittimità  dell’azione amministrativa, se si rammenta che anche la giurisprudenza che si occupa dell’articolo 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ha sottolineato la provvisorietà  del vincolo, pur non in un sistema privo di precisi termini procedimentali (Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 novembre 1996 n. 1666), e se si considera con attenzione la vigente normativa.
In primo luogo, deve precisarsi che all’articolo 157 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 deve attribuirsi il significato che univocamente discende dalla sua formulazione, intesa con l’utilizzo di canoni logici e nel rispetto della finalità  della norma. Alla luce di questi criteri deve sì ritenersi che conservino efficacia a tutti gli effetti le proposte delle commissioni provinciali avanzate nel vigore delle precedenti discipline, ma che tuttavia esse rimangano delle proposte il cui iter deve perfezionarsi e concludersi (come d’altronde succede alle nuove proposte, ex articolo 138) con il provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico delle aree, ai sensi dell’articolo 140 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42.
In secondo luogo, non possono sfuggire le novità  apportate dalla più recente disciplina.
Da un lato, infatti, al contrario del passato, il vincolo non può più essere solo genericamente definito: la proposta, di cui all’articolo 138, infatti, è diretta “a stabilire una specifica disciplina di tutela e valorizzazione, che sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico”.
Dall’altro, la cadenza degli atti è specificamente regolata, sì d’adeguarsi ai principi e alle norme di portata generale in materia di procedimento.
In concreto, tutte le proposte (quelle nuove e quelle formulate sotto i precedenti regimi e fatte salve) devono seguire il loro iter perfezionativo, secondo la normativa vigente, e quindi, in particolare, sono soggette anche all’articolo 141, primo comma, in base al quale “Qualora la commissione non proceda alle proprie valutazioni entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta formulata ai sensi dell’articolo 138, ovvero laddove il provvedimento regionale di dichiarazione di notevole interesse pubblico non venga comunque emanato entro il termine di un anno dalla predetta richiesta, il direttore regionale può chiedere al Ministero di provvedere in via sostitutiva”.
Nella fattispecie in esame è indubbio che il predetto termine sia scaduto, essendo trascorsi otto anni dall’introduzione del codice dei beni culturali e del paesaggio, così come è indiscutibile che la Regione sia rimasta inerte, sebbene potesse esercitare le relative funzioni sin dal 1977, in forza della delega, di cui all’articolo 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e che neppure l’Amministrazione statale si sia attivata in via sostitutiva, nonostante fosse ben consapevole dei ritardi nella procedura, come evidenziato dalla nota della Sovrintendenza per i beni ambientali della Puglia del settembre 2002 prot. 23.695 diretta alla Regione Puglia.
Di fronte a risultanze così evidenti, deve concludersi che, alla luce delle sopravvenienze legislative, il vincolo, rimasto per quattro decenni allo stato embrionale di proposta, non possa in definitiva più ritenersi efficace perchè, nonostante il termine annuale imposto alla Regione, non si è giunti alla definitiva dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area che concreti “una specifica disciplina di tutela e valorizzazione, che sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico”, come imposto dal decreto legislativo n. 42/2004.
Una diversa interpretazione d’altronde, oltre a comportare una forzatura sul piano letterale, si porrebbe anche in evidente dispregio dell’articolo 42 della Costituzione e dell’articolo 1 del protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, per il quale anche le misure che non sopprimono ma solo interferiscono con il diritto di proprietà  devono essere adottate “nelle condizioni previste dalla legge” (Scollo, 28 settembre 1995; Iatridis, 25 marzo 1999).
Nè si può ignorare che seguendo il ragionamento delle parti resistenti si giungerebbe a conclusioni non rispondenti ai principi logicità  e di proporzionalità .
A tale proposito si deve ricordare che il concetto di proporzionalità , derivante dalVerhà¤ltnismà¤àŸigkeitsprinzip presente nell’ordinamento tedesco, è confluito in quello italiano (in forza dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, come riformulato dall’articolo 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241, come modificato dall’articolo 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) attraverso l’elaborazione dei principi generali del diritto dell’Unione europea operata dalla Corte di giustizia (Regno Unito contro Consiglio, C-84 / 94, 12 novembre 1996; Buitoni, C-122 / 78, 20 febbraio 1979; Mc Nicholl, C-296/86, 8 marzo 1988; Werner Faust, C-24/90, 16 ottobre 1991). Esso è d’altronde richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo proprio in riferimento alla tutela della proprietà , laddove si richiede che anche per la mera regolazione dell’uso dei beni sia stato effettuato giusto bilanciamento tra le esigenze di interesse generale e la protezione del diritto dei singoli, sì da evitare conseguenze eccessivamente gravose per il titolare (Sporrong e Là¶nnroth, 23 settembre 1982; Ayangil, 6 dicembre 2011; Gladysheva, 6 dicembre 2011).
Nell’ipotesi concreta – in cui dal vincolo provvisorio (e generico, nonostante la necessità  oggi di “specifica disciplina di tutela e valorizzazione”) su una bellezza d’insieme si è dedotta l’immodificabilità  della facciata del singolo edificio, che si assume non rispettata per la presenza di alcuni condizionatori – il detto principio acquista in effetti, proprio per le particolarità  della vicenda, un significato ed una valenza specifici.
I risultati raggiunti in via ermeneutica, con un esito di conformità  del testo normativo ai parametri invocati dal ricorrente nei motivi aggiunti, anche quali parametri interposti, rende la questione di legittimità  costituzionale sollevata non rilevante e quindi insuscettibile di rinvio alla Corte costituzionale.
Il ricorso dunque è da accogliere e, per l’effetto, vanno annullati l’ordinanza prot. 2011/00643 – 2011/130/0116 del 22 giugno 2011 e gli atti presupposti per quanto lesivi.
La novità  e la complessità  delle questioni dedotte e affrontate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciandosi, accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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