1. Giustizia e Processo – Azione avverso il silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. – Ammissibile solo in materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A. – Controversie in materia di diritti soggettivi non rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A. – Inammissibilità dell’azione
2. Giustizia e Processo – Giurisdizione amministrativa – Agevolazioni concesse ex lege n. 488/1992 – Decreto concessione provvisoria dell’agevolazione – diritto soggettivo perfetto in capo al beneficiario – insussistenza della giurisdizione amministrativa
1. Il silenzio-rifiuto non rappresenta una materia in ordine alla quale sia stata devoluta al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva, ma solo un tipo di processo. Conseguentemente anche in sede di procedimento ex artt. 31 e 117 c.p.a., il giudice amministrativo non può conoscere delle vicende nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi in materie che non sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
2. Il decreto di concessione “in via provvisoria” contemplato dall’art. 9 comma 1 del regolamento di cui al D.M. 1° febbraio 2006 costituisce il titolo per la stipula del contratto di finanziamento tra la parte e l’istituto bancario concessionario, e genera a favore del beneficiario il diritto alla erogazione del finanziamento, pertanto, le domande formulate con il ricorso introduttivo del giudizio, in quanto tendenti alla tutela di una posizione di diritto soggettivo perfetto rientrano nella giurisdizione del G.O..
N. 00222/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01800/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1800 del 2011, proposto da:
De Grecis Cos.E.Ma. Verde Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Corrado Mastropierro, Ida Maria Dentamaro, con domicilio eletto presso Ida Maria Dentamaro in Bari, via De Rossi, 16;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;
nei confronti di
Ge Capital Interbanca, rappresentato e difeso dall’avv. Antonella Roselli, con domicilio eletto presso Antonella Roselli in Bari, via Dante, 25;
per:
a) l’accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dello Sviluppo economico in ordine alla proposta di revoca delle agevolazioni concesse alla ricorrente ex lege n. 488/1992, formulata da GE Capital Interbanca in data 10.12.2010, in ordine all’atto di diffida e messa in mora del 24.02.2011, con cui la ricorrente ha diffidato l’Amministrazione a respingere la predetta proposta di revoca delle agevolazioni nonchè in ordine all’atto di diffida del 24.05.2011, con cui la ricorrente ha diffidato l’Amministrazione a concludere il procedimento di revoca delle agevolazioni ex lege n. 488/1992 avviato da GE Capital Interbanca con la predetta proposta;
b) nonchè per l’accertamento e la declaratoria:
dell’infondatezza della proposta di revoca delle agevolazioni ex lege n. 488/1992 formulata da GE Capital Interbanca in data 10.12.2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico e di Ge Capital Interbanca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori avv. M. I. Dentamaro, avv. C. Mastropierro, avv. dello Stato G. Cassano e avv. A. Roselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe indicato la De Grecis Cos.E.Ma Verde s.r.l., premettendo di aver presentato domanda di agevolazioni ai sensi della L. 488/92 in relazione ad un progetto di ristrutturazione di una villa storica al fine di adibirla a centro congressi, riferisce che la pratica veniva istruita con esito positivo dalla banca concessionaria, Ge Capital Interbanca, e che di seguito a ciò il Ministero, con decreto n. 155596 del 19 marzo 2007 concedeva ad essa ricorrente, “in via provvisoria”, un finanziamento di E. 328.552,00 quale contributo in conto capitale, oltre ad E. 564.223,00 a titolo di finanziamento agevolato. Al decreto di concessione “provvisoria” del contributo seguiva, tra Ge Capital Interbanca e la ricorrente, la stipulazione del contratto di finanziamento.
L’erogazione avrebbe dovuto avvenire in due quote annuali da liquidarsi a stati di avanzamento lavori, ma su domanda della ricorrente il Ministero, con decreto n. 159544 del 20 luglio 2009, acconsentiva alla erogazione del contributo in tre quote annuali e ad una proroga sia del termine relativo al raggiungimento del primo SAL sia di quello di ultimazione del programma.
Espone ancora la ricorrente di aver inviato a Ge Capital Interbanca, il 12 aprile 2010, la documentazione relativa al primo SAL, del valore di E. 559.939,91, dimostrando così di aver ultimato entro i termini previsti nel contratto di finanziamento il 33,3% del programma.
Tardando la liquidazione del relativo importo, la ricorrente ne sollecitava il pagamento a Ge Capital Interbanca, la quale, con nota del 12 ottobre 2010, chiedeva una integrazione della documentazione.
In data 8 novembre 2010 la ricorrente presentava la documentazione relativa al secondo SAL, del valore di E. 645.016,15, chiedendo la erogazione della seconda quota del finanziamento: anche tale richiesta rimaneva inevasa.
Con nota del 10 dicembre 2010, indirizzata al Ministero dello sviluppo economico e per conoscenza alla ricorrente, Ge Capital Interbanca proponeva la revoca del beneficio sostenendo, in buona sostanza, che l’intervento non avrebbe mai potuto essere ammesso a finanziamento. Ge Capital Interbanca faceva rilevare, in particolare, che la documentazione prodotta unitamente alla richiesta di liquidazione delle prime due quote di finanziamento dimostrava che il fabbricato oggetto del programma di ristrutturazione aveva subìto un cambio di destinazione d’uso, da villa residenziale a centro congressi, e tale circostanza, a dire dell’istituto bancario istruttore, rendeva il programma non ammissibile a finanziamento per la ragione che, secondo quanto previsto dal regolamento di cui al decreto ministeriale n. 21572 del 1° febbraio 2006, all’art. 1 comma 3, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di agevolazione l’immobile oggetto del programma avrebbe dovuto “essere già rispondente, in relazione alla attività da svolgere, ai vigenti specifici vincoli edilizi, urbanistici e di destinazione d’uso..”.
Seguiva, il 14 dicembre 2010, una prima contestazione a firma della ricorrente. Quindi, con missiva del 24 febbraio 2011, il legale di questa ultima formalmente diffidava il Ministero a respingere la proposta di revoca ed a disporre l’erogazione del finanziamento per il tramite dell’istituto bancario.
Nel frattempo la ricorrente inoltrava una richiesta di proroga del termine di ultimazione dei lavori a Ge Capital, la quale, con lettera del 10 marzo 2011 rispondeva nei seguenti termini: “Facendo seguito alla Vostra del 22/02/2011 con la quale si richiedeva la concessione di una proroga di 6 mesi per l’ultimazione del programma d’investimenti di cui all’oggetto, ricordiamo che la scrivente Banca concessionaria, in data 10/12/2010, ha inoltrato al Ministero dello Sviluppo Economico (M.S.E.) ed alla Vostra società per conoscenza, nota motivata con la quale si proponeva la revoca delle agevolazioni spettanti a fronte del programma d’investimenti richiamato in oggetto. Ai sensi della normativa vigente, per la scrivente Banca concessionaria, l’iter agevolativo è da intendersi sospeso fino a comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico in merito alle azioni da adottare relativamente alla nostra proposta di revoca richiamata in precedenza.”.
Il 24 maggio 2011 il legale della ricorrente inoltrava al Ministero una nuova diffida finalizzata sia alla conclusione del procedimento avviato con la nota di Ge Capital Interbanca del 10 dicembre 2010 sia alla immediata erogazione del finanziamento.
Nel perdurante silenzio del Ministero la ricorrente adiva questo Tribunale per sentir accertare l’illegittimità del silenzio mantenuto dal Ministero, sia sulla proposta di revoca 10 dicembre 2010 proveniente dall’istituto bancario, sia sulle diffide del 24 febbraio e 24 maggio 2011 inviate dal legale della ricorrente. Chiedeva inoltre che il Tribunale, entrando nel merito della pretesa, accertasse l’illegittimità della proposta di revoca formulata da Ge Capital Interbanca nonchè, e di converso, il diritto di essa ricorrente a percepire il finanziamento.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso sia il Ministero dello sviluppo economico che Ge Capital Interbanca.
Il ricorso è stato trattenuto a decisione alla camera di consiglio del 14 dicembre 2011.
E’ opinione del Collegio che il Giudice Amministrativo difetti di giurisdizione in ordine alle domande formulate con il ricorso introduttivo del giudizio e ciò per la ragione che la ricorrente agisce a tutela di una posizione di diritto soggettivo perfetto, mai degradata ad interesse legittimo.
Tale posizione di diritto soggettivo si è costituita per effetto della concessione del finanziamento accordata con il decreto ministeriale del 19 marzo 2007 e della successiva stipula del contratto di finanziamento nei termini previsti dal regolamento: a nulla vale argomentare, a favore della contraria opzione, che il decreto di che trattasi, avendo concesso il finanziamento in via “provvisoria”, avrebbe creato solo una mera aspettativa.
Vero è, infatti, che il decreto di concessione “in via provvisoria” contemplato dall’art. 9 comma 1 del regolamento (D.M. 1° febbraio 2006) costituisce il titolo per la stipula del contratto di finanziamento tra la parte e l’istituto bancario concessionario, il quale interviene all’atto in tale qualità e comunque di erogatore non di danari propri ma di danari del Ministero: è tanto vero questo che l’art. 10 comma 5 del regolamento chiaramente specifica che le quote di finanziamento vengono erogate dal Ministero su richiesta dell’istituto bancario concessionario, che invece, nell’ambito di questa procedura, non ha alcun potere dispositivo o provvedimentale, essendo ad esso riservati solo compiti di natura istruttoria, di vigilanza.
Vero è, inoltre, che ai sensi dell’art. 11 comma 1, lett. l) ed m) il decreto medesimo viene “revocato”, evidentemente con effetti ex nunc, ove il contratto di finanziamento non sia stipulato entro i termini previsti dall’art. 9 comma 2 ovvero quando il beneficiario si renda inadempiente agli obblighi previsti nello stesso: è quindi evidente che la stipula del contratto di finanziamento è necessaria non tanto al fine di determinare l’insorgenza, a carico del Ministero, dell’obbligo di erogare il finanziamento, quanto piuttosto al fine di vincolare definitivamente il beneficiario alla osservanza di determinati obblighi.
Si può quindi affermare che il decreto di concessione “provvisoria” adottato ai sensi dell’art. 9 comma 1 del regolamento generi a favore del beneficiario il diritto alla erogazione del finanziamento, con la precisazione che tale diritto è sottoposto alla condizione risolutiva che nei termini indicati sia stipulato il contratto di finanziamento (quest’ultimo non può rappresentare, di contro, una condizione sospensiva, in quanto in tal caso non avrebbe senso configurare la mancata stipula del contratto di finanziamento quale causa di revoca del decreto).
Di contro il decreto di concessione “definitiva” del finanziamento, disciplinata all’art. 13 del regolamento, chiaramente ha solo la funzione di determinare le somme dovute a conguaglio dal Ministero al beneficiario o viceversa, tenuto conto della eventuale trattenuta del 10% sull’ultima quota effettuata a norma dell’art. 10 comma 5 nonchè delle opere comprese nel programma che risultano effettivamente realizzate. E che si tratti di un provvedimento di conguaglio risulta incontestabile alla luce del chiaro disposto dell’art. 13 comma 4, il quale dispone che “A seguito della concessione definitiva, le banche concessionarie provvedono a richiedere al Ministero delle attività produttive quanto eventualmente ancora dovuto alle imprese beneficiarie relativamente al contributo in c/capitale, ovvero a richiedere alle impresa medesime le somme da queste dovute, maggiorate nella misura stabilita all’art. 11 comma 9.”.
Nel caso di specie, essendo pacifico ed incontestato che al decreto di concessione “provvisoria” del 19 marzo 2007 è seguita, nei termini, la stipula del contratto di finanziamento, è evidente che il diritto soggettivo della ricorrente ad ottenere l’erogazione del finanziamento è nato e si è definitivamente consolidato.
Successivamente non è intervenuto alcun atto idoneo a determinare non che l’estinzione di tale diritto neppure la sua sospensione. La dichiarazione di Ge Capital Interbanca di cui alla missiva del 10 marzo 2011 non esplica, in tal senso, alcuna efficacia, trattandosi di una mera dichiarazione proveniente da un soggetto che non dispone di alcun potere dispositivo in materia. Al riguardo si rammenta che le banche concessionarie intervengono alla stipula del contratto di finanziamento in sostanza quali mandatarie del Ministero, e che il mandato a stipulare un contratto non implica, di per sè, anche il mandato ad adottare atti di esecuzione del contratto stesso o di sospensione di esso: occorre a tal fine che tale potere del mandatario sia chiaramente specificato, nel contratto o in un mandato separato.
Orbene, l’esame del regolamento evidenzia che tutte le decisioni in ordine alle varie problematiche che possono insorgere nel corso della esecuzione del contratto di finanziamento spettano al Ministero, all’occorrenza su segnalazione delle banche concessionarie che, come già precisato, sono chiamate a svolgere essenzialmente compiti di natura istruttoria e di vigilanza. Nel regolamento non v’è traccia, invece, del potere degli istituti bancari di adottare autonomi atti di esecuzione o sospensione del contratto di finanziamento.
Men che meno, per le sovra esposte ragioni, gli istituti bancari possono ritenersi dotati del potere di adottare atti autoritativi in grado di incidere sulla efficacia del decreto di concessione del finanziamento.
Allo stato, dunque, non è dato comprendere a quale “normativa vigente” abbia fatto riferimento Ge Capital Interbenca nella missiva del 10 marzo 2011 al fine di fondare la decisione di sospendere l’erogazione del finanziamento.
La sospensione dichiarata da Ge Capital Interbanca nella nota del 10 marzo 2011 integra dunque null’altro se non un comportamento.
Il Ministero dello sviluppo economico, dal canto suo, non ha mai assunto alcun provvedimento, di revoca del finanziamento o di annullamento dell’originario decreto di concessione “provvisoria”, neppure dopo la duplice diffida ad esso trasmessa a cura del difensore della ricorrente.
Consegue da quanto sopra esposto che il diritto soggettivo della ricorrente a vedersi erogare il finanziamento di cui al decreto ministeriale n. 155596 del 19 marzo 2007, confermato con modifiche dal decreto ministeriale n. n. 159544 del 20 luglio 2009, non è mai venuto meno e non è mai stato sospeso.
Tanto sopra premesso va ancora rilevato che il silenzio-rifiuto non rappresenta una materia in ordine alla quale sia stata devoluta al Giudice Amministrativo la giurisdizione esclusiva, ma solo un tipo di processo. Conseguentemente anche in sede di procedimento ex artt. 31 e 117 c.p.a., il Giudice Amministrativo non può conoscere delle vicende nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi in materie che non sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.
Le domande formulate con il ricorso introduttivo del giudizio, in quanto tendenti alla tutela di una posizione di diritto soggettivo perfetto devono quindi essere riassunte innanzi alla competente Autorità Giudiziaria Ordinaria, fermo restando che, evidentemente, innanzi alla stessa la ricorrente potrà radicare ogni altra azione utile ad ottenere l’immediata erogazione del finanziamento, che allo stato risulta dovuto.
La particolarità della vicenda sottoposta alla attenzione del Collegio giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
– visto l’art. 9 c.p.a. dichiara il proprio difetto di giurisdizione in ordine a tutte le domande formulate con il ricorso introduttivo del giudizio;
– visto l’art. 11 comma 1 c.p.a. manda alle parti di riassumere il presente giudizio entro il termine perentorio di mesi tre dal passaggio in giudicato della presente sentenza innanzi alla Autorità Giudiziaria Ordinaria competente per territorio.
Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)