1. Procedimento amministrativo – Preavviso di rigetto ex art 10-bis della L. n. 241/1990 – Mancata impugnazione – Inammissibilità del ricorso – Esclusione
2. Edilizia ed urbanistica – Ampliamento di fabbricato ai sensi della L.R. Puglia n. 14/2009 (piano casa) – Disciplina eccezionale – Interpretazione rigorosa – Necessità
3. Edilizia ed urbanistica – Ampliamento di fabbricato ai sensi della L.R. Puglia n. 14/2009 (piano casa) – Presupposti e limiti
4. Edilizia ed urbanistica – Piano attuativo – Decadenza – Ultrattività delle disposizioni disciplinanti l’edificazione – Sussiste
1. La comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 non costituisce l’atto finale del procedimento ma si inserisce nello svolgimento dello stesso onde consentire il dispiegamento del contraddittorio tra l’Amministrazione e l’istante che, una volta apprese le possibili ragioni di diniego, può formulare le sue osservazioni. Di conseguenza l’impugnazione è correttamente radicata avverso il provvedimento finale che l’Amministrazione ha emesso dopo il preavviso di rigetto e la mancata impugnazione di quest’ultimo non è causa di inammissibilità del ricorso.
2. L’art.1 della L.R. Puglia n. 14/2009 (piano casa) prevede una disciplina straordinaria e temporanea e, pertanto, i limiti posti dalla stessa debbono essere interpretati in maniera rigorosa.
3. L’ampliamento sino al 35% dell’immobile preesistente in ipotesi di demolizione e ricostruzione, previsto dalla L.R. Puglia n. 14/2009, è precluso qualora si tratti fabbricato ricadente in zone per le quali lo strumento urbanistico generale consenta soltanto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o subordini gli interventi di ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo.
4. La scadenza dei termini di efficacia del piano attuativo non comporta la decadenza di ogni disciplina urbanistica dell’area, in quanto, ai sensi dell’art. 17 della L. n. 1150/1942 (che prevede la sola decadenza dei vincoli e degli speciali poteri che la legge urbanistica attribuisce alla p.A. per consentire la realizzazione del programma urbanistico), è consentita, comunque, l’ultrattività delle disposizioni del piano scaduto disciplinanti l’edificazione, ed in particolare delle prescrizioni di zona e di quelle relative agli allineamenti, stante l’esigenza di evitare che, a fronte di un programma urbanistico in parte già realizzato, i nuovi interventi edilizi non si coordinino con il disegno urbanistico sino ad allora seguito, così alterandolo.
N. 00263/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01792/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1792 del 2010, proposto da:
Christian Settanni, rappresentato e difeso dagli avv. Alberto Florio, Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso l’avv. Bice Annalisa Pasqualone in Bari, via Dalmazia, 161;
contro
Comune di Triggiano in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Volpe, con domicilio eletto presso l’avv. Gianfranco Caradonna in Bari, via De Rossi,16;
per l’annullamento
del provvedimento prot. 20803 del 26.7.2010 con cui il Comune di Triggiano ha espresso il diniego sull’istanza di permesso di costruire;
di ogni altro atto a questo comunque connesso, presupposto o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Triggiano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2012 la dott. Francesca Petrucciani e uditi l’avv. Bice Annalisa Pasqualone, per la parte ricorrente, e l’avv. Francesco Volpe, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe Christian Settanni ha impugnato il diniego di permesso di costruire in relazione alle opere da eseguire sul fabbricato di sua proprietà destinato ad abitazione; in particolare il progetto riguardava la demolizione e ricostruzione dell’edificio con incremento volumetrico del 35% ai sensi dell’art. 4 della L.R. 14/2009.
Il ricorrente ha esposto che il Comune gli aveva precedentemente inviato il preavviso di diniego, con riferimento al quale egli aveva presentato rituali osservazioni.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
1. violazione dell’art. 10 bis L. 241/90, dell’art. 3 stessa legge, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di presupposto, errata considerazione dei presupposti considerati, travisamento, sviamento, in quanto il Comune non aveva motivato in relazione al mancato accoglimento delle osservazioni formulate dal ricorrente;
2. violazione degli artt. 1, 4, 6 e 7 della L.R. 14/2009, violazione degli artt. 163 e 164 del Regolamento edilizio, violazione degli artt. 111, 114 e 116 delle N.T.E., violazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di presupposto, errata considerazione dei presupposti considerati, travisamento, sviamento, in quanto la citata legge regionale aveva disciplinato l’esecuzione di interventi di ampliamento dell’esistente anche in deroga alla pianificazione urbanistica locale; l’intervento progettato dal ricorrente rispettava le distanze e le altezze degli strumenti urbanistici e non rientrava in alcuno dei casi di esclusione previsti dall’art. 6 della legge, che comunque prevede l’ampliamento anche in deroga alla disciplina urbanistica;
3. violazione degli artt. 163 e 164 del Regolamento edilizio, degli artt. 12, 104, 111, 114 e 116 delle N.T.E., eccesso di potere per difetto di presupposto ed erroneo apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, sviamento, non essendo preclusa dalla vigente strumentazione urbanistica della zona in cui è ubicato l’edificio la possibilità di realizzare nuovi interventi e risultando già regolarizzato dalla sanatoria l’edificio preesistente;
4. violazione dell’art. 20 d.p.r. 380/2001, dei principi del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, non potendo la carenza documentale essere posta alla base del diniego, poichè in tal caso l’amministrazione deve richiedere l’integrazione dei documenti mancanti.
Si è costituito il Comune di Triggiano eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 13.1.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa impugnazione della comunicazione ex art. 10 bis, sollevata dal Comune di Triggiano.
Tale eccezione deve essere disattesa in quanto infondata.
Il provvedimento ex art. 10 bis, infatti, non costituisce l’atto finale del procedimento ma si inserisce nello svolgimento dello stesso onde consentire il dispiegamento del contraddittorio tra l’amministrazione e l’istante che, una volta apprese le possibili ragioni di diniego, può formulare le sue osservazioni; proprio tale possibilità conferma che il preavviso di diniego non può porsi come momento finale della serie procedimentale ma va necessariamente seguito da un provvedimento definitivo.
Di conseguenza l’impugnazione è correttamente radicata avverso il provvedimento finale che l’amministrazione ha emesso dopo il preavviso di rigetto.
Nel merito il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.
Quanto al primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 10 bis l. 241/90, va evidenziato che il Comune, con il provvedimento definitivo di diniego, ha ribadito le motivazioni già comunicate con il preavviso, motivazioni che, per quanto si dirà in seguito, risultano corrette ed immuni dai vizi denunciati; ne consegue l’infondatezza della doglianza.
L’intervento progettato, infatti, consiste nella demolizione e ricostruzione del fabbricato con l’ampliamento del 35% consentito dalla legge regionale 14/2009.
Trattasi, per espressa dichiarazione contenuta nell’art. 1 della legge, di disciplina “straordinaria e temporanea” per “l’esecuzione di interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, anche in deroga alla pianificazione urbanistica locale, secondo le modalità e nei limiti previsti dalle norme seguenti”.
In particolare, per quanto qui interessa, i limiti sono previsti dall’art. 6, secondo cui “non è ammessa la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 3 e 4:
a) all’interno delle zone territoriali omogenee A) di cui all’articolo 2 del d.m. lavori pubblici 1444/1968 o a esse assimilabili, così come definite dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio comunali, salvo che questi strumenti o atti consentano interventi edilizi di tale natura;
b) nelle zone nelle quali lo strumento urbanistico generale consenta soltanto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o subordini gli interventi di ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo”.
La norma richiama quindi la destinazione urbanistica della zona interessata dall’intervento e tali limiti devono essere interpretati rigorosamente tenuto conto della dichiarata straordinarietà della disciplina in questione.
Nel caso di specie, il Comune ha evidenziato, già nel preavviso di diniego, che l’intervento in questione risulta in contrasto con gli artt. 163 e 164 del Regolamento Comunale che disciplinano gli interventi ammissibili sugli edifici oggetto di condono edilizio rispetto alla zona omogenea di ubicazione dell’edificio e con gli artt. 111, 114 e 116 N.T.E. che disciplinano gli interventi ammissibili in caso di demolizione di edifici aventi destinazione diversa da quella prevista dal PRG; con il citato art. 6 L.R. 14/2009.
Con le osservazioni presentate a seguito di tale comunicazione il ricorrente ha rappresentato che la vigente strumentazione urbanistica consente nella zona in questione nuovi interventi per civili abitazioni, che l’edificio era stato già condonato e che l’art. 116 delle N.T.E. disciplina le nuove costruzioni in zone inserite in comparti a verde e servizi di quartiere, una volta decaduto il regime compartuale, seppure con ridotto indice volumetrico; l’intervento sarebbe quindi consentito anche perchè non si tratterebbe di nuova costruzione ma di ristrutturazione edilizia.
Deve tuttavia rilevarsi, in merito, che, come evidenziato dal Comune, il suolo in questione ricade in zona omogenea destinata a verde e servizi di quartiere (comparto n. 29) e la possibilità di edificazione risulta, in tal caso, subordinata all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo: l’art. 103 delle N.T.E. dispone infatti che le aree a verde e servizi di quartiere di proprietà privata sono soggette a comparto; inoltre, per il caso di demolizione dell’edificio (come nella specie), alla stregua dell’art. 111 delle norme tecniche la ricostruzione deve realizzarsi nel rispetto delle nuove destinazioni.
Il suolo in questione ricade, pertanto, nella limitazione prevista dalla lettera b) dell’art. 6 L.R. 14/2009, che esclude la possibilità di ampliamento laddove lo strumento urbanistico generale consenta soltanto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o subordini gli interventi di ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo.
Nè può essere accolta la tesi del ricorrente secondo cui l’area sarebbe stralciata dal comparto in quanto compromessa, poichè tale tesi è rimasta sfornita di qualsiasi supporto probatorio.
Quanto poi all’asserita decadenza del regime compartuale, va evidenziato che l’eventuale scadenza dei termini di efficacia del piano attuativo non comporta la decadenza di ogni disciplina urbanistica dell’area, in quanto, ai sensi dell’art. 17, l. 17 agosto 1942 n. 1150, che prevede la sola decadenza dei vincoli e degli speciali poteri che la legge urbanistica attribuisce all’amministrazione per consentire la realizzazione del programma urbanistico, è consentita comunque la ultrattività delle disposizioni del piano scaduto disciplinanti l’edificazione, ed in particolare delle prescrizioni di zona e di quelle relative agli allineamenti, stante l’esigenza di evitare che, a fronte di un programma urbanistico in parte già realizzato, i nuovi interventi edilizi non si coordinino con il disegno urbanistico sino ad allora seguito, così alterandolo (in tal senso T.A.R. Lazio Latina, 10 giugno 2006, n. 367, T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 1 luglio 2010 n. 2810).
Di conseguenza l’eventuale scadenza del termine del piano attuativo non fa venire meno la disciplina urbanistica della zona e la conseguente limitazione posta dall’art. 6 L.R. 14/2009 all’edificazione privata.
Ne consegue l’infondatezza del secondo e terzo motivo.
In merito invece alla carenza documentale, poichè la correttezza dei motivi principali posti alla base del diniego è idonea di per sè sola a sorreggere il provvedimento impugnato, il relativo motivo deve essere respinto non potendo comunque condurre all’accoglimento del ricorso.
Il ricorso va quindi respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;
condanna il ricorrente alla rifusione in favore del Comune di Triggiano delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)