1. Giustizia e Processo – Impugnazione criteri per l’erogazione prestazioni sociali agevolate – Svolta dai parenti dei fruitori del servizio quali soggetti compartecipi della spesa ai sensi dell’art. 433. c.c. – Legittimazione attiva – Sussiste
2. Sanità e farmacie – Prestazioni sociali agevolate – Erogazione – Regola generale – Valutazione mediante indicatore ISEE della condizione economica del nucleo familiare dell’assistito ai sensi del D.Lgs. n. 109/1998 – Deroga – In favore del principio situazione economica del solo assistito – Possibilità – Condizioni
1. Sussiste la legittimazione attiva in capo a quei soggetti che pur non essendo i rappresentanti legali dei fruitori del servizio, hanno interesse all’impugnazione, quali soggetti tenuti alla compartecipazione alla spesa, mediante il rinvio operato dall’Amministrazione all’art. 433. c.c. (persone obbligate a prestare gli alimenti).
2. La regola generale secondo la quale la situazione economica delle persone che richiedono prestazioni sociali agevolate, è valutata mediante l’utilizzo dell’indicatore di reddito ISEE introdotto dal D.Lgs. n. 109/1998,- che definisce la condizione economica del richiedente in relazione ad elementi reddituali e patrimoniali del nucleo familiare cui egli appartiene-, incontra una deroga per le prestazioni erogate a domicilio o in ambiente residenziale di tipo diurno oppure continuativo in favore di persone con handicap permanente grave, di soggetti ultra sessantacinquenni non autosufficienti; in tali casi, infatti, si applica l’art. 3 comma 2 dello stesso D.Lgs. n. 109/98 che, pur necessitando di attuazione successiva con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, introduce un principio immediatamente applicabile, costituito dalla evidenziazione della situazione economica del solo assistito.
N. 00169/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00610/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 610 del 2011, proposto da:
Gaetano De Gennaro, Carmela Volpe, Maria Bruna Dibattista Marcantonio, Stella Triggiano, Carmela De Santis, Cataldo Lopez, Francesca Fiore, Carolina De Nicolò, Luigia Catalano, Raffaella Tedeschi, Lucianna Putignano, Franco Grisorio, Carmine Trotta, Maria Valletta, Giovanna Maria Delvecchio, Sindacato S.F.I.D.A., rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Galantino, Giuseppe Violante, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Violante in Bari, piazza Umberto, 62;
contro
Comune di Bari in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Renato Verna, Alessandra Baldi, con domicilio eletto con l’avv. Renato Verna in Bari, presso l’Avvocatura Comunale in via P. Amedeo 26;
Regione Puglia in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Lucrezia Girone, con domicilio eletto presso l’avv. Lucrezia Girone in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;
nei confronti di
Segesta Mediterranea S.r.l.;
per l’annullamento
in parte qua e per quanto di ragione, della deliberazione n. 1047 assunta dalla Giunta del Comune di Bari nella seduta del 29 dicembre 2010 avente ad oggetto “Condivisione politica ed approvazione schema di regolamento per l’accesso al sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali ed autorizzazione all’avvio dell’iter procedimentale per la sua adozione. Modifìca dei provvedimenti in tema compartecipazione delle persone con disabilità , in coerenza con l’approvanda disciplina regolamentare”;
della determinazione di cui alla nota prot. n.32371 assunta in data 9 febbraio 2011 dal Direttore della ripartizione solidarietà sociale del Comune di Bari avente ad oggetto “Linee guida per l’accesso ai centri diurni socio-assistenziali per disabili”;
di ogni altro atto o provvedimento antecedente e/o successivo, comunque presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuti tra cui, segnatamente, in parte qua e per quanto di ragione, della deliberazione 537 assunta dalla Giunta del Comune di Bari nella seduta del 27 luglio 2010; in parte qua e per quanto di ragione, del regolamento regionale 18 gennaio 2007 n.4, successivamente modificato dal regolamento regionale 7 agosto 2008 n. 19 attuativo della legge regionale della Puglia 10 luglio 2006 n.19 di cui si chiede, in ogni caso, la disapplicazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 la dott. Francesca Petrucciani e uditi l’avv. Giuseppe Violante, per la parte ricorrente; l’avv. Alessandra Baldi, per il Comune resistente; l’avv. Lucrezia Girone, per la Regione Puglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato la delibera della Giunta comunale di Bari recante l’approvazione dello “schema di regolamento per l’accesso al sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali” e la determinazione assunta in data 9 febbraio 2011 dal Direttore della ripartizione solidarietà sociale del Comune di Bari avente ad oggetto “Linee guida per l’accesso ai centri diurni socio-assistenziali per disabili”.
I ricorrenti hanno esposto di essere in parte soggetti portatori di disabilità , in parte genitori e familiari conviventi con gli stessi, che frequentano i centri diurni accreditati per lo svolgimento di prestazioni socio-sanitarie integrate; si tratta pertanto di soggetti che compongono il nucleo familiare ai fini dell’indicatore della situazione economica (ISE) e della situazione economica equivalente (ISEE) e che sono chiamati a partecipare al costo del servizio in proprio o quali soggetti tenuti all’obbligo alimentare. Il sindacato S.F.I.D.A. invece persegue statutariamente la tutela delle persone svantaggiate in situazione di disabilità intellettiva o relazionale.
Con la determinazione di cui alla nota prot. n.32371 assunta in data 9 febbraio 2011 il Direttore della ripartizione solidarietà sociale del Comune di Bari ha reso noto ai ricorrenti che il Comune aveva con la delibera 1047/2010 approvato le nuove linee guida per l’accesso ai centri diurni e per la compartecipazione del Comune alla spesa sociale: in particolare il Comune, pur evidenziando che tenuto al pagamento della quota sociale è in primis l’utente, aveva disposto, per l’insufficienza delle risorse finanziarie, che l’intervento pubblico sarebbe stato limitato ai casi più gravi anche sotto il profilo socio-economico; il Comune avrebbe quindi provveduto al pagamento dell’intera quota nel caso in cui il valore ISEE del nucleo familiare del disabile e i redditi personali non superassero i 7.500 euro; da tale importo a 30.000 euro erano state previste quattro fasce di compartecipazione tra utente ed ente pubblico; sopra i 30.000 euro gli utenti avrebbero dovuto corrispondere per intero la quota.
I criteri in questione erano stati adottati sulla base del regolamento regionale n. 4/2007, modificato dal regolamento 19/2008, che disponeva che sarebbe stata rilevante la situazione economica del solo soggetto destinatario della prestazione solo qualora più elevata di quella dell’intero nucleo familiare, considerando a tal fine i redditi comunque percepiti.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure:
1. violazione della L. 328/2000, artt. 1, 18, 22, 25; del d.lgs. 109/98 artt. 1, 2, 3; degli artt. 2, 3, 38 e 117 Cost.; dell’art. 433 c.c.; della L. 18/2009 di ratifica della Convenzione di New York; dell’art. 5 DPCM 14.2.2001; dell’art. 6 comma 2 e 6 del regolamento 18 gennaio 2007, eccesso di potere.
Le prestazioni sociali, infatti, costituiscono interventi per favorire la permanenza a domicilio o l’inserimento in strutture di tipo familiare dei disabili, nonchè la socializzazione in strutture residenziali di coloro che non siano assistibili a domicilio (art. 22 L. 328/2000); rientrano tra i livelli essenziali di assistenza la prestazioni sociali consistenti in attività di assistenza territoriale a favore di anziani e disabili sia diagnostiche, che terapeutiche, che socio-riabilitative (art. 33 DPCM 23 aprile 2008); in Puglia il sistema integrato dei servizi sociali è stato disciplinato dalla L.R. 19/2006 che ha previsto dei centri assistenziali diurni.
Tali prestazioni, e i relativi criteri di accesso, rientrano poi nella materia dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali che l’art. 117 Cost. tutela ugualmente su tutto il territorio nazionale.
A tal fine è stato emanato il d.lgs. 109/98 che pone criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate: secondo l’art. 3, comma 2 ter, di tale decreto “Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’à mbito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell’articolo 4 della stessa legge, nonchè a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità . Il suddetto decreto è adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 3-septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”.
Secondo i ricorrenti la norma indica che l’ISEE non ha valore assoluto, ma che nei casi di disabilità più gravi deve essere derogato per tenere conto della situazione economica del solo assistito al fine di tutelarne la permanenza nel nucleo familiare ospitante; nè a tal fine è necessario attendere l’emanazione del DPCM previsto dal decreto legislativo, in quanto quest’ultimo pone un principio di uguaglianza sostanziale teso a rimuovere gli ostacoli del soggetto disabile in ossequio alla Costituzione e a quanto disposto dalla Convenzione di New York ratificata con L. 18/2009.
2. violazione degli artt. 1, 2 commi 2 e 6 d.lgs. 109/98, dell’art. 16 L. 328/2000, del DPCM 14.1.92 e dell’art. 117 comma 2 Cost., eccesso di potere.
Anche qualora, infatti, il principio della evidenziazione del reddito del solo assistito non venga considerato in termini assoluti, ma quale indirizzo tendenziale da seguire per le amministrazioni statali, tenendo conto del reddito del nucleo familiare solo ove superiore ad una certa soglia, nel caso di specie era ravvisabile comunque una ripartizione illogica e squilibrata della spesa sociale, essendo la soglia di rilevanza del nucleo familiare fissata in soli euro 7.500 annui; inoltre l’obbligo di contribuzione era esteso, in violazione dell’art. 2 comma 6 d.lgs. 109/98, a tutti i soggetti tenuti all’obbligo alimentare ex art. 433 c.c., e fra i redditi del disabile venivano compresi quelli ad ogni titolo percepiti, comprese le prestazioni assistenziali e sociali, che invece erano escluse dagli indicatori di capacità economica ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 109/98.
3. violazione degli artt. 1, 2 e 3 d.lgs. 109/98, art. 5 comma 2 del regolamento 4/2007 come modificato dal regolamento 19/2008, art. 54 l.r. 19/2006, eccesso di potere, avendo l’amministrazione assegnato ai ricorrenti un termine di dieci giorni per la produzione della documentazione inerente i redditi personali e il modello ISEE.
Si sono costituiti il Comune di Bari, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e ne ha chiesto il rigetto, e la Regione Puglia, che ha aderito a tali difese sviluppando le proprie argomentazioni.
Alla camera di consiglio del 13 aprile 2011 i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda cautelare.
Alla pubblica udienza dell’1.12.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente va esaminata l’eccezione sollevata dal Comune di Bari di difetto di interesse concreto ed attuale all’impugnazione, eccezione che deve essere disattesa in quanto infondata.
Il Comune, infatti, ha sostenuto che la mancata impugnazione del sopravvenuto Piano sociale di zona per il triennio 2010/2012 comporterebbe il difetto di interesse all’impugnazione delle precedenti delibere oggetto di gravame, quali atti meramente prodromici il cui annullamento, vigente il piano di zona, non potrebbe spiegare alcun effetto favorevole per i ricorrenti.
Tuttavia deve rilevarsi che i ricorrenti lamentano l’illegittimità dei criteri di ripartizione della spesa sociale tra utenti ed ente pubblico e che tali criteri sono stati stabiliti con le delibere oggetto del ricorso in attuazione del regolamento regionale n. 4/2007; il piano di zona, invece, approva lo stanziamento della spesa per i centri assistenziali diurni ma non contiene alcuna ulteriore disposizione con riferimento alla compartecipazione degli utenti ai costi del servizio.
Va respinta anche l’eccezione di difetto di legittimazione attiva, in quanto i ricorrenti, quand’anche non rappresentanti legali dei fruitori del servizio, hanno comunque interesse all’impugnazione quali soggetti tenuti alla compartecipazione alla spesa mediante il rinvio operato dall’amministrazione all’art. 433 c.c..
Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Sulla questione dedotta in giudizio, infatti, attinente alla ripartizione tra il Comune e gli utenti dei costi dei servizi assistenziali ai disabili, la giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado è pervenuta, in specie con le pronunce più recenti, ad un orientamento consolidato, secondo il quale, nel rispetto dei principi della Convenzione di New York sui diritti del disabile e alla luce della normativa vigente nel nostro ordinamento, deve ritenersi che, in linea generale, possa farsi riferimento all’indicatore di reddito ISEE introdotto dal d.lgs. 109/98 quale criterio generale di valutazione della situazione economica delle persone che richiedono prestazioni sociali agevolate, e che l’applicazione di tale parametro comporti che la condizione economica del richiedente sia definita in relazione ad elementi reddituali e patrimoniali del nucleo familiare cui egli appartiene; tuttavia, rispetto a particolari situazioni, lo stesso d. lgs. n. 109/98 prevede l’utilizzo di un diverso parametro, basato sulla situazione del solo interessato (da ultimo Cons. Stato, sent. 5185/2011, citata anche dalle parti).
In particolare, l’art. 3, comma 2 – ter, stabilisce che “limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell’articolo 4 della stessa legge, nonchè a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità . Il suddetto decreto è adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 3-septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”.
La deroga rispetto alla valutazione dell’intero nucleo familiare è limitata, sotto il profilo soggettivo, alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultra sessantacinquenni non autosufficienti (con specifico accertamento in entrambi i casi) e, con riguardo all’ambito oggettivo, alle prestazioni inserite in percorsi integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale, di tipo diurno oppure continuativo; a fronte di tali presupposti, deve essere presa in considerazione la situazione economica del solo assistito (Cons. Stato sez. V, 16 marzo 2011, n.1607 ).
àˆ stata invece disattesa dalla giurisprudenza maggioritaria la tesi che esclude l’immediata applicabilità della norma, in virtù dell’attuazione demandata ad un apposito d.p.c.m. (Cons. Stato sez. V, sent. n. 551/2011, 1607/2011).
Deve ritenersi, quindi, che il citato art 3, comma 2 – ter, pur demandando in parte la sua attuazione al successivo decreto, abbia introdotto un principio, immediatamente applicabile, costituito dalla evidenziazione della situazione economica del solo assistito, rispetto alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali.
Ciò in coerenza con i principi posti dalla Convenzione di New York, tesa alla valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza della persona disabile, e con la finalità dichiarata dalla norma di introdurre misure per favorire, nei casi di disabilità più grave, la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza: è proprio il legislatore, infatti, a chiarire espressamente che il decreto è adottato al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, di tal che il decreto, pur potendo individuare i parametri applicativi della norma, non potrebbe derogare a tale principio.
Di conseguenza la norma deve ritenersi già pienamente vigente ed applicabile anche nelle more dell’approvazione di tale decreto.
A fronte di tali considerazioni, deve invece rilevarsi che gli atti impugnati non hanno tenuto conto di tale principio, in quanto con la delibera 1047/2010 il Comune non ha previsto casi di rilevanza della situazione economica del solo assistito, omettendo così di operare una valutazione euna distribuzione delle risorse diversa per i casi di disabilità più grave.
Del pari, l’art. 6 del regolamento regionale n. 4/2007, così come modificato dal regolamento 19/2008, recita “Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate, nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992, accertato ai sensi dell’art. 4 della stessa legge, nonchè ai soggetti ultrasessantacinquenni in condizione di accertata non autosufficienza fisica o psichica, la situazione economica è riferita al solo soggetto destinatario della prestazione e tenuto alla partecipazione ai costi della prestazione, qualora più favorevole, cioè più elevata rispetto a quella del nucleo familiare (7). A tal fine si considerano quali redditi del destinatario della prestazione o dell’intervento i redditi a ogni titolo percepito, ivi inclusi i redditi non fiscalmente rilevanti, quali l’indennità di accompagnamento dell’INPS, le pensioni di invalidità , le rendite INAIL”.
La rilevanza della situazione economica del disabile, per i casi più gravi, è quindi limitata ai casi in cui questa sia più favorevole di quella del nucleo familiare, con conseguente sostanziale svuotamento del principio immediatamente applicabile posto dal d.lgs. 109/98.
Ne consegue la fondatezza del primo motivo di ricorso, con assorbimento delle successive censure, e l’annullamento in parte qua degli atti impugnati.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione;
condanna il Comune di Bari e la Regione Puglia, in solido tra loro, alla rifusione in favore dei ricorrenti delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)