1. Edilizia e urbanistica – Programma di riabilitazione urbana ex art. 27 L. n. 122/2002 – Natura e finalità
2. Edilizia e urbanistica – Programma di riabilitazione urbana ex art. 27 L. n. 122/2002 – Applicazione generalizzata delle relative previsioni – Impossibilità
3. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Puglia – Approvazione – Art. 27 della L.R. Puglia n. 56/1980 – Proposta di tutti i proprietari delle aree ricadenti nel piano – Necessità
4. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Puglia – Procedimento di approvazione – Disciplina transitoria sino all’approvazione del DRAG
5. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Aree da destinare a standard – Reperimento al di fuori della perimetrazione del piano – Illegittimità
6. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Assoggettamento a lottizzazione di aree aventi destinazione urbanistica disomogenea – Inammissibilità
1. I programmi di riabilitazione urbana non rappresentano un nuovo ed autonomo tipo di strumento urbanistico attuativo a contenuto speciale. Essi, al contrario, sono uno strumento di programmazione, non privo di riflessi sull’assetto urbanistico e sulle relative scelte di pianificazione, volto essenzialmente a favorire le iniziative degli enti locali per il miglioramento della mobilità urbana e per il recupero di aree degradate (porzioni di centri storici, aree industriali dismesse, quartieri ad alta densità abitativa, etc.), alla cui formazione ed attuazione i Comuni concorrono insieme a tutte le Amministrazioni centrali e periferiche competenti ad esprimersi sulla realizzazione degli specifici interventi.
2. I programmi di riabilitazione urbana non rappresentano un nuovo ed autonomo tipo di strumento urbanistico attuativo a contenuto speciale. La relativa disciplina, pertanto, non può trovare applicazione generalizzata (in particolare, a tutti gli strumenti urbanistici attuativi), ma dev’essere circoscritte all’ambito oggettivo di applicazione dello stesso programma.
3. In Puglia, ai sensi dell’art. 27, primo comma, della L.R. Puglia n. 56/1980, l’approvazione del piano di lottizzazione può avvenire su proposta di tutti i proprietari delle aree comprese nel piano stesso. L’ipotesi derogatoria contemplata dal secondo comma della medesima norma (a mente della quale il piano può essere presentato anche da un solo proprietario) è sottoposta alla ricorrenza del duplice presupposto che le aree siano comprese in un P.P.A. e che il piano non comporti modificazione di aree edificate esistenti appartenenti ad altri proprietari.
4. In virtù della normativa transitoria introdotta dall’art. 20, quinto comma, della L.R. Puglia n. 20/2001, sino all’approvazione del D.R.A.G. (Documento regionale di assetto generale), l’approvazione dei piani attuativi rimane assoggettata alla disciplina dell’art. 27 della L.R. n. 56/1980.
5. Le superfici da destinare a standard devono essere reperite all’interno delle aree facenti parte del piano di lottizzazione (c.d. principio di “autosufficienza” del piano). L’individuazione delle stesse al di fuori del comparto, in zona urbanisticamente non omogenea, è illegittima, configurando violazione degli artt. 1 e 4 del D.M. n. 1444 del 1968 e dei principi generali in materia di zonizzazione del territorio comunale.
6. Nel nostro ordinamento positivo, la pur diffusa tendenza al superamento del rigido sistema di suddivisione del territorio in zone omogenee, nel nome della tecnica comunemente definita di perequazione urbanistica, non può scardinare taluni punti fermi caratterizzanti il PRG, tuttora disciplinato nei suoi tratti essenziali dalla legge urbanistica del 1942 e dal D.M. n. 1444 del 1968. Non è ammissibile, pertanto, che possano essere sottoposti a lottizzazione terreni aventi destinazione urbanistica non omogenea. In questo modo, si giungerebbe, infatti, al concreto svuotamento di significato precettivo della zonizzazione ed al libero trasferimento dei diritti edificatori tra aree edificabili e non, ovvero tra aree omogenee tutte edificabili ma diversamente classificate e soggette a parametri ed indici edilizi differenti, senza la previa (necessaria) variazione dello strumento urbanistico generale.
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Vedi Cons. di Stato, sez. IV, sentenza 21 gennaio 2013 n. 323 – 2013; ric. n.1607 – 2012
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N. 01845/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00327/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 327 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da Luigi Maffione, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Paparella e Lucrezia Prisciantelli, con domicilio eletto presso il primo in Bari, via Venezia, 14;
contro
Comune di Bisceglie, rappresentato e difeso dall’avv. Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Nicolai, 29;
nei confronti di
Edil Rossi s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Ingravalle, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, piazza Garibaldi, 63;
Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Ingravalle, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, piazza Garibaldi, 63;;
per l’annullamento
– della nota del Comune di Bisceglie del 14 dicembre 2007, avente ad oggetto “Attuazione comparto 4 del Piano di lottizzazione delle maglie nn. 157 – 162 di PRG. Attivazione procedura ex lege 166/2002 art. 27, comma 5”;
– della nota ricevuta il 20 maggio 2008, inviata dal Consorzio intimato, avente ad oggetto “Progetto di lottizzazione della maglia n. 157 – 162 di PRG. Immobili in tenimento del Comune di Bisceglie. Comunicazione approvazione definitiva Piano di Lottizzazione” e della convenzione stipulata in attuazione del predetto piano di lottizzazione, registrata il 9 aprile 2008;
– del provvedimento del 15 dicembre 2008 del Comune di Bisceglie, avente ad oggetto la determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione, e della lettera notificata nella stessa data dal Consorzio intimato;
– del provvedimento del 18 febbraio 2009 del Comune di Bisceglie, avente ad oggetto il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti dell’indennità di espropriazione, e della lettera notificata nella stessa data dal Consorzio intimato;
– del decreto del 25 marzo 2009, notificato in data 8 aprile 2009, con il quale il Comune di Bisceglie ha disposto l’espropriazione degli immobili necessari per l’attuazione del progetto di lottizzazione delle maglie n. 157 – 162 di PRG, e dell’avviso di esecuzione di tale decreto mediante immissione in possesso per la data del 20 aprile 2009;
– della deliberazione n. 14 del 15 marzo 2010, con cui il Consiglio comunale di Bisceglie ha adottato la variante al piano di lottizzazione (comparto 4) delle maglie n. 157 – 162 di PRG, e di tutti gli atti ad essa allegati;
– della deliberazione n. 94 del 27 settembre 2010, con cui il Consiglio comunale di Bisceglie ha definitivamente approvato la variante al piano di lottizzazione (comparto 4) delle maglie n. 157 – 162 di PRG, e di tutti gli atti ad essa allegati;
– della nota del Comune di Bisceglie del 3 novembre 2010, avente ad oggetto “Attuazione comparto 4 del Piano di lottizzazione delle maglie nn. 157 – 162 di PRG. Attivazione procedura ex lege 166/2002 art. 27, comma 5”;
– del decreto del 28 giugno 2011, notificato in data 29 giugno 2011, con il quale il Comune di Bisceglie ha disposto l’espropriazione degli immobili necessari per l’attuazione del progetto di lottizzazione delle maglie n. 157 – 162 di PRG, e dell’avviso di esecuzione di tale decreto mediante immissione in possesso per la data del 22 luglio 2011;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie, della Edil Rossi s.r.l. e del Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2011 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori avv.ti Francesco Paparella, Lucrezia Prisciantelli, Michelangelo Pinto (per delega di Aldo Loiodice), Massimo Ingravalle;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Brevemente i fatti, come emergono dalla concorde ricostruzione delle parti.
Con deliberazione consiliare n. 51 del 19 aprile 1994, il Comune di Bisceglie approvò, ai sensi dell’art. 27 della legge regionale n. 56 del 1980, il piano di lottizzazione delle maglie di PRG n. 157 – 162, in zona C di espansione, suddiviso in quattro comparti, per la realizzazione di nuovi immobili ad uso residenziale.
Di questi, negli anni successivi sono stati edificati ed ultimati soltanto i primi tre.
L’odierna controinteressata Edil Rossi s.r.l., con atto di permuta del 16 novembre 2007, ha acquistato dai coeredi Maria La Notte, Antonio Maffione e Leonardo Maffione la quota pari al 50% delle aree e dei fabbricati compresi nel comparto n. 4, l’unico rimasto inattuato. Della restante metà del comparto è proprietario Luigi Maffione, odierno ricorrente.
La Edil Rossi s.r.l. ha costituito, con atto notarile del 20 novembre 2007, il Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162 (potendo vantare, a tale scopo, la proprietà sul 50,82% dell’imponibile catastale e sul 68,52% della superficie catastale del comparto). Al Consorzio non ha aderito il ricorrente.
Il Comune di Bisceglie, accogliendo l’istanza del Consorzio, ha quindi dato avvio alla procedura di attuazione coattiva delle previsioni edificatorie relative al comparto n. 4, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002, inviando a Luigi Maffione la formale diffida in data 14 dicembre 2007 (il primo degli atti qui impugnati).
Dopo aver comunicato e depositato l’indennità provvisoria, il Comune ha concluso la procedura emanando il decreto di esproprio del 25 marzo 2009, notificato in data 8 aprile 2009, decreto che il ricorrente ha impugnato, unitamente agli altri atti elencati in epigrafe, mediante motivi aggiunti corredati di istanza cautelare.
Con ordinanza n. 257 del 6 maggio 2009, questa Sezione ha sospeso l’efficacia del decreto di esproprio, ravvisando, quanto al fumus boni iuris, la fondatezza della censura relativa all’affermata decadenza della dichiarazione di pubblica utilità (scaturita dalla delibera comunale del 1994, di approvazione del piano di lottizzazione), per decorso dei dieci anni previsti dalla legge.
Il Comune di Bisceglie e la Edil Rossi s.r.l. non hanno appellato l’ordinanza di sospensiva.
Con le deliberazioni n. 14 del 15 marzo 2010 e n. 94 del 27 settembre 2010, il Consiglio comunale di Bisceglie ha esplicitamente riconosciuto l’avvenuta decadenza del vincolo espropriativo discendente dal piano di lottizzazione del 1994 ed ha, rispettivamente, adottato ed approvato la variante allo stesso piano di lottizzazione delle maglie n. 157 – 162 di PRG (per il comparto n. 4), su proposta del Consorzio controinteressato.
Frattanto, nel Consorzio avevano fatto ingresso i sig.ri Vincenzo Valente e Maurizio Valente, proprietari di un terreno esterno al comparto edificatorio e rientrante nella maglia di PRG n. 95, contiguo alle maglie n. 157 – 162, classificato in zona F e destinato ad attività sportive. La loro adesione al Consorzio è stata giustificata con l’esigenza di reperire le aree da destinare a standards.
Riapprovato lo strumento attuativo per il comparto n. 4, il Comune ha di nuovo attivato la procedura coattiva di realizzazione, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002, inviando a Luigi Maffione la comunicazione formale del 3 novembre 2010. E’ seguito il decreto del 28 giugno 2011, notificato al ricorrente in data 29 giugno 2011, con il quale il Comune ha disposto, in favore del Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162, l’espropriazione degli immobili necessari per l’attuazione della lottizzazione, fissando l’immissione in possesso per la data del 22 luglio 2011.
Più precisamente, il provvedimento dispone l’acquisizione a beneficio del Consorzio dei seguenti beni, per il 50% di proprietà del ricorrente Luigi Maffione:
– terreni per complessivi 1.121 mq, identificati catastalmente al foglio 12 – particelle 3348 e 3356, attualmente adibiti ad uliveto e vigneto;
– fabbricato di 12 vani, identificato catastalmente al foglio 12 – particella 288, categoria A/3.
Avverso il decreto di espropriazione il ricorrente ha proposto ulteriori motivi aggiunti, chiedendone contestualmente la sospensione.
Il Comune di Bisceglie, la Edil Rossi s.r.l. ed il Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162 (anch’esso costituitosi in giudizio) ne hanno chiesto il rigetto.
Alla camera di consiglio del 27 luglio 2011, l’istanza cautelare è stata abbinata al merito.
Le parti hanno svolto le difese conclusive in vista della pubblica udienza del 19 ottobre 2011, nella quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa della Edil Rossi s.r.l. e del Consorzio con la memoria conclusiva depositata il 3 ottobre 2011. Si afferma che il ricorrente non avrebbe interesse ad ottenere l’annullamento delle delibere n. 14 del 15 marzo 2010 e n. 94 del 27 settembre 2010, con cui è stato adottato e poi approvato il piano di lottizzazione per il comparto edificatorio n. 4, in quanto la demolizione del fabbricato esistente (per il 50% nella proprietà di Luigi Maffione ed oggetto di espropriazione a favore del Consorzio, per effetto degli atti qui impugnati) era già prevista dal piano di lottizzazione approvato dal Comune nel 1994, dal quale peraltro lo stesso Maffione avrebbe tratto vantaggio con il conseguimento dei permessi di costruire per l’edificazione di ben cinque palazzine, nell’ambito degli altri tre comparti.
L’eccezione non ha pregio.
Il ricorrente ha infatti interesse ad ottenere l’annullamento delle delibere consiliari recanti la (ri)approvazione del piano di lottizzazione del comparto n. 4, in quanto atti presupposti del procedimento ablatorio instaurato dal Comune e sfociato nel decreto di esproprio del 28 giugno 2011. Quanto a quest’ultimo provvedimento, poi, l’interesse all’impugnativa è in re ipsa e non richiede ulteriore dimostrazione, essendo sufficiente il rilievo che il ricorrente non soltanto si vede spogliato della proprietà sul 50% dei terreni e del fabbricato esistente, ma vede anche frustrata la possibilità di partecipare alla realizzazione delle nuove volumetrie comprese nel comparto n. 4, che il Comune ha interamente assegnato al Consorzio costituito allo scopo dalla Edil Rossi s.r.l. e dai fratelli Valente.
2. Sempre in rito, deve rilevarsi l’improcedibilità per sopravvenuto difetto d’interesse:
– del ricorso introduttivo, depositato il 27 febbraio 2008;
– dei primi motivi aggiunti, depositati il 27 giugno 2008;
– dei secondi motivi aggiunti, depositati il 31 gennaio 2009;
– dei terzi e quarti motivi aggiunti, depositati congiuntamente il 16 aprile 2009.
Gli effetti lesivi dei primi provvedimenti impugnati sono stati sospesi con la richiamata ordinanza cautelare di questa Sezione n. 257 del 6 maggio 2009 e sono, poi, definitivamente venuti meno a seguito della riapprovazione, da parte del Comune di Bisceglie, del piano di lottizzazione per il comparto n. 4, cui è seguita la reiterazione del decreto di esproprio all’esito del procedimento di attuazione coattiva del piano, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002.
Ai fini della decisione, pertanto, l’esame nel merito deve essere circoscritto ai quinti, sesti e settimi motivi aggiunti, depositati rispettivamente in data 1 giugno 2010, 9 dicembre 2010 e 14 luglio 2011, mediante i quali il ricorrente impugna le deliberazioni del Consiglio comunale di Bisceglie n. 14 del 15 marzo 2010 e n. 94 del 27 settembre 2010, la nota di diffida del 3 novembre 2010 ed il decreto di espropriazione del 28 giugno 2011.
3. Le censure ivi svolte possono essere così riassunte:
a) violazione degli artt. 23-ss. della legge n. 1150 del 1942, violazione dell’art. 15 della legge regionale n. 6 del 1979, violazione degli artt. 27-ss. della legge regionale n. 56 del 1980, violazione degli artt. 15-ss. della legge regionale n. 20 del 2001, violazione dell’art. 37 della legge regionale n. 22 del 2006, violazione degli artt. 9-ss. del D.P.R. n. 327 del 2001, violazione dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002, violazione degli artt. 1100-ss. cod. civ., violazione dell’art. 42 della Costituzione ed eccesso di potere sotto molteplici profili: il Comune non avrebbe potuto approvare, senza il consenso di tutti i comproprietari interessati, il piano di lottizzazione riguardante un’area parzialmente edificata; il Comune avrebbe così violato anche la disciplina civilistica sullo scioglimento della comunione immobiliare; inoltre, il Consorzio in cui favore è stata disposta l’espropriazione non sarebbe legittimato ad attuare la lottizzazione, vista la presenza al suo interno di soggetti (i fratelli Valente) titolari di diritti reali su terreni esterni al perimetro del comparto edificatorio, che sarebbero stati arbitrariamente computati ai fini del soddisfacimento degli standardspubblici e del raggiungimento delle superfici utili minime previste dalla legge; in ogni caso, il Comune non avrebbe potuto riapprovare il piano di lottizzazione già decaduto, sotto forma di variante, in assenza del programma pluriennale di attuazione;
b) violazione degli artt. 23-ss. della legge n. 1150 del 1942, violazione del D.M. n. 1444 del 1968, violazione dell’art. 15 della legge regionale n. 6 del 1979, violazione degli artt. 27-ss. della legge regionale n. 56 del 1980, violazione degli artt. 15-ss. della legge regionale n. 20 del 2001, violazione dell’art. 37 della legge regionale n. 22 del 2006, violazione degli artt. 9-ss. del D.P.R. n. 327 del 2001, violazione dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002, violazione dell’art. 42 della Costituzione, violazione del piano regolatore generale del Comune di Bisceglie ed eccesso di potere sotto molteplici profili: la variante approvata nel 2010 reperirebbe in modo illegittimo l’area destinata a standards per le urbanizzazioni secondarie nella maglia di PRG n. 95, di proprietà dei fratelli Valente (e pari a circa 1.718 mq), non ricompresa nel perimetro del comparto edificatorio n. 4 e classificata urbanisticamente zona F – attrezzature sportive, di fatto trasferendo una parte della nuova volumetria residenziale in capo ai proprietari di terreni esterni alla zona C, entrati a far parte del consorzio attuatore dell’intervento; il Comune avrebbe così violato i principi che regolano la zonizzazione urbanistica, omettendo di approvare una preventiva variante al piano regolatore generale;
c) sotto altro profilo, violazione degli artt. 23-ss. della legge n. 1150 del 1942, violazione dell’art. 15 della legge regionale n. 6 del 1979, violazione degli artt. 27-ss. della legge regionale n. 56 del 1980, violazione degli artt. 15-ss. della legge regionale n. 20 del 2001, violazione dell’art. 37 della legge regionale n. 22 del 2006 ed eccesso di potere sotto molteplici profili: il Comune, nel riapprovare il piano di lottizzazione e le relative cubature, non avrebbe tenuto conto del fatto che alcune particelle del comparto n. 4, destinate a verde privato, sarebbero state già utilizzate nell’ambito della realizzazione del comparto n. 3; inoltre, la misurazione dei suoli edificabili sarebbe erronea (nella particella 3541 sarebbero computati 228 mq, in luogo dei 65 mq effettivamente acquistati dalla Edil Rossi s.r.l.); anche la misurazione della superficie complessiva del comparto sarebbe erronea (si computerebbe una superficie di maglia pari a 2.206 mq, in luogo dei 2.160 mq effettivi) e non sarebbero rispettate le distanze minime dal fabbricato esistente e dal confine;
d) violazione degli artt. 32 e 122 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed eccesso di potere sotto molteplici profili: non sarebbe previsto l’affidamento dei lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione mediante procedura di evidenza pubblica; i suoli per gli allargamenti stradali, di proprietà del ricorrente (particella 3350) non risulterebbero già interamente ceduti in occasione della realizzazione del comparto n. 2, come viceversa attestato dal Comune;
e) violazione dei principi di cui alla legge n. 1150 del 1942, alla legge regionale n. 6 del 1979, alla legge regionale n. 56 del 1980, alla legge regionale n. 20 del 2001 ed al D.P.R. n. 327 del 2001, eccesso di potere sotto molteplici profili ed incompetenza: il Comune di Bisceglie non avrebbe motivato in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico all’attuazione in via coattiva del piano di lottizzazione, con compressione dei diritti e delle aspettative di uno dei proprietari, al quale peraltro non sarebbe stata inviata la comunicazione di avvio del procedimento teso all’imposizione del vincolo espropriativo; inoltre, il Comune avrebbe dovuto acquisire al proprio patrimonio le aree espropriate e destinarle ad usi pubblici, anzichè trasferirle al Consorzio controinteressato; l’atto di trasferimento in favore del Consorzio dei beni espropriati sarebbe di competenza del Consiglio comunale e non del dirigente dell’ufficio tecnico.
4. Il ricorso è fondato.
4.1. Con riguardo alle censure richiamate alla lettera a), deve in primo luogo rilevarsi che il Comune di Bisceglie ha illegittimamente utilizzato la previsione dell’art. 27, quinto comma, della legge n. 166 del 2002, al di fuori del suo ambito oggettivo di applicazione.
L’articolo, rubricato “Programmi di riabilitazione urbana”, stabilisce che con decreto ministeriale vengano definiti i criteri e le modalità di predisposizione e di realizzazione di “programmi volti alla riabilitazione di immobili ed attrezzature di livello locale e al miglioramento della accessibilità e mobilità urbana, denominati programmi di riabilitazione urbana, nonchè di programmi volti al riordino delle reti di trasporto e di infrastrutture di servizio per la mobilità attraverso una rete nazionale di autostazioni per le grandi aree urbane”, rimessi all’iniziativa degli enti locali e cofinanziabili mediante investimenti di soggetti privati interessati.
Le opere ricomprese nei programmi di riabilitazione urbana possono riguardare anche la demolizione e ricostruzione di edifici ed attrezzature esistenti, al fine di riqualificare zone caratterizzate da degrado fisico, economico e sociale.
Il quinto comma dell’art. 27 così dispone: “Il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili in base all’imponibile catastale, ricompresi nel piano attuativo, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione al comune delle proposte di realizzazione dell’intervento e del relativo schema di convenzione. Successivamente il sindaco, assegnando un termine di novanta giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto piano attuativo sottoscrivendo la convenzione presentata. Decorso infruttuosamente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità degli immobili ed è abilitato a promuovere l’avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. L’indennità espropriativa, posta a carico del consorzio, in deroga all’articolo 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, deve corrispondere al valore venale dei beni espropriati diminuito degli oneri di urbanizzazione stabiliti in convenzione. L’indennità può essere corrisposta anche mediante permute di altre proprietà immobiliari site nel comune”.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di una previsione speciale riferibile esclusivamente ai programmi di riabilitazione urbana, la cui concreta messa in opera nella maggior parte dei casi non potrà che avvenire, da parte degli enti locali, attraverso la previa approvazione di strumenti urbanistici di secondo grado, siano essi di iniziativa privata o pubblica: ciò che spiega la presenza della locuzione, apparentemente generica, di “piano attuativo” nel primo periodo del quinto comma dell’art. 27.
I programmi di riabilitazione urbana, infatti, non rappresentano un nuovo ed autonomo tipo di strumento urbanistico attuativo a contenuto speciale. Essi, al contrario, sono uno strumento di programmazione, non privo di riflessi sull’assetto urbanistico e sulle relative scelte di pianificazione, volto essenzialmente a favorire le iniziative degli enti locali per il miglioramento della mobilità urbana e per il recupero di aree degradate (porzioni di centri storici, aree industriali dismesse, quartieri ad alta densità abitativa, etc.), alla cui formazione ed attuazione i Comuni concorrono insieme a tutte le Amministrazioni centrali e periferiche competenti ad esprimersi sulla realizzazione degli specifici interventi: significativamente, nella terminologia adoperata dal legislatore, gli enti locali sono meri “promotori” di detti programmi, ai quali devono normalmente partecipare altri soggetti pubblici o privati (con gli istituti, ormai da tempo noti all’ordinamento, della conferenza di servizi e dell’accordo di programma).
Il piano urbanistico attuativo costituisce, perciò, soltanto uno dei normali mezzi di realizzazione del programma di riabilitazione, specialmente per il caso in cui la demolizione e ricostruzione di immobili degradati e la correlata risistemazione di infrastrutture ed aree del territorio cittadino richiedano la predisposizione di una disciplina di dettaglio, attraverso uno strumento urbanistico di secondo livello cui segua, alfine, il rilascio dei relativi titoli edilizi per nuove costruzioni o per trasformazione di immobili esistenti.
Per l’ipotesi dei programmi di riabilitazione urbana ad iniziativa privata, la norma sancisce la possibilità di attuare in via coattiva il relativo piano attuativo, su istanza dei proprietari della maggioranza del valore catastale degli immobili (aree ed edifici), attraverso la formazione del consorzio e l’avvio della procedura espropriativa.
La collocazione sistematica della norma ed il suo tenore letterale inducono a negare che il legislatore abbia inteso dettare una disciplina di carattere generale, valida per tutti i tipi di strumenti urbanistici attuativi conosciuti dal nostro ordinamento, come viceversa ha mostrato di ritenere il Comune di Bisceglie, peraltro a ciò indotto anche dall’erronea interpretazione fornita dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la circolare n. 3955 del 6 dicembre 2002 (prodotta in giudizio dalla difesa della società controinteressata).
Nessun valore assumono i precedenti della Terza Sezione di questo Tribunale (sentenze n. 1371 e n. 1372 del 2007), invocati sempre dalla difesa dei controinteressati a sostegno della ridetta interpretazione estensiva dell’art. 27, quinto comma, della legge n. 166 del 2002. Entrambe le decisioni si fondano, infatti, esclusivamente su questioni di rito e non affrontano nel merito la questione giuridica dell’ambito oggettivo di applicazione della norma.
Per quanto detto, vista l’impossibilità di applicare, nella fattispecie, l’art. 27, quinto comma, della legge n. 166 del 2002, la legittimità dei provvedimenti impugnati deve essere vagliata alla luce delle norme urbanistiche statali e regionali vigenti in materia di piani di lottizzazione ad iniziativa privata.
4.2. L’art. 27, secondo comma, della legge regionale n. 56 del 1980, consente l’approvazione e l’esecuzione del piano di lottizzazione, avente ad oggetto aree inserite in un programma pluriennale di attuazione, anche contro la volontà di alcuni dei proprietari interessati ed implica, tra l’altro, la possibilità di espropriare i fondi di costoro nella fase di attuazione dello strumento urbanistico, su iniziativa di un solo proprietario, “¦ sempre che il piano di lottizzazione stesso non comporti modificazioni delle aree edificate esistenti di proprietà degli altri”.
Per quanto qui interessa, due sono i presupposti individuati dal legislatore regionale per l’attuazione coattiva: l’inclusione della lottizzazione nel programma pluriennale di attuazione e l’assenza di edifici nel comparto.
In primo luogo, è fondata l’affermazione di parte ricorrente, secondo cui il Comune non avrebbe potuto dare corso all’attuazione del comparto su istanza della maggioranza dei proprietari, in assenza del programma pluriennale di attuazione approvato ai sensi degli artt. 2-ss. della legge regionale n. 6 del 1979. Non risulta, infatti, dai documenti versati in giudizio che il piano di lottizzazione delle maglie di PRG n. 157 – 162 (approvato nel 1994) e la variante impugnata (approvata nel 2010) rientrino in un programma pluriennale di attuazione.
Soltanto l’esigenza di dare tempestiva esecuzione al programma pluriennale giustifica, secondo l’inequivoco disposto della norma di legge regionale, il sacrificio della posizione dei proprietari dissenzienti che non abbiano aderito alla proposta di lottizzazione.
Inoltre, secondo l’interpretazione che il Collegio condivide, la norma deve essere intesa nel senso che la presenza di un’area edificata preclude la facoltà di imporre coattivamente il piano ai proprietari dissenzienti, in quanto il legislatore regionale, nel prevedere la ripartizione percentuale di utili ed oneri tra i proprietari, presuppone che il piano di lottizzazione intervenga su beni effettivamente fungibili, in caso contrario potendo ravvisarsi addirittura un contrasto con l’art. 42 Cost. (così Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2001 n. 1442).
Nella fattispecie, sul comparto n. 4 insiste un fabbricato di 12 vani, identificato catastalmente al foglio 12 – particella 288, categoria A/3, per il 50% di proprietà del ricorrente Luigi Maffione, del quale il Comune ha disposto l’espropriazione in vista della successiva demolizione.
Sulla base della documentazione fotografica versata in giudizio, deve senz’altro escludersi che il manufatto sia un rudere abbandonato. Esso, al contrario, si presenta del tutto integro nella sua consistenza planivolumetrica, nella copertura e nei muri perimetrali, e costituisce a tutti gli effetti un volume esistente ed urbanisticamente rilevante.
Sul piano giuridico, le conclusioni non mutano ove si considerino le norme posteriori alla legge regionale n. 56 del 1980.
Com’è noto, l’art. 20, quinto comma, della legge regionale n. 20 del 2001 ha stabilito in via transitoria che tutti i piani urbanistici esecutivi (P.U.E.), nelle more della definizione del documento regionale di assetto generale (D.R.A.G.) di cui all’art. 4 della stessa legge, sono formati secondo le procedure di cui alla legge regionale n. 56 del 1980. Tale disposizione, che sancisce l’ultrattività dell’intero corpo normativo della legge regionale n. 56 del 1980 (e, per quanto qui interessa, dell’art. 27 della stessa), si ricollega con ogni evidenza allo specifico contenuto del D.R.A.G. a cui è rimessa, ai sensi dell’art. 4, terzo comma, della legge regionale n. 20 del 2001, la definizione dei criteri per la formazione e la localizzazione dei P.U.E. comunali.
In difetto della definitiva approvazione del D.R.A.G. (e ciò quantomeno al momento del’adozione ed approvazione della variante al piano di lottizzazione da parte del Comune di Bisceglie: i criteri per la redazione dei P.U.E. comunali risultano infatti definitivamente approvati con delibera della Giunta della Regione Puglia n. 2753 del 14 dicembre 2010, pubblicata sul B.U.R.P. n. 7 del 14 gennaio 2011), l’art. 20, quinto comma, della legge regionale n. 20 del 2001 preclude l’immediata operatività della disciplina introdotta dall’art. 16, primo comma – lett. b), della stessa legge, che ammette la presentazione di P.U.E. di iniziativa privata su impulso dei “… proprietari che rappresentino, in base alla superficie catastale, almeno il 51 per cento degli immobili compresi entro il perimetro dell’area interessata…”, così abilitati a costituire l’apposito consorzio.
Ne consegue, ad oggi, l’inderogabilità nella sua interezza dell’art. 27 della legge regionale n. 56 del 1980, per il quale il piano attuativo d’iniziativa privata è presentato, di regola, “…su proposta di tutti i proprietari degli immobili interessati, compresi in una o più unità minime di intervento”, quando non ricorra l’ipotesi derogatoria di cui al secondo comma, che ammette, come si è detto, la proposta anche da parte di un solo proprietario, per le aree inserite in un piano pluriennale di attuazione, sempre che il piano di lottizzazione non riguardi aree edificate esistenti di proprietà degli altri.
Secondo quanto chiarito ancora di recente dalla giurisprudenza, l’ipotesi principale di proposta di piano di lottizzazione resta quella proveniente da tutti i proprietari degli immobili interessati. Ad essa si aggiunge l’ipotesi subordinata e derogatoria della proposta da parte di uno solo dei proprietari, che il legislatore regionale, però, subordina alla precisa condizione che il piano non comporti modificazioni delle aree edificate esistenti di proprietà degli altri: solo in tal caso vale, per l’adozione ed approvazione del piano, il richiamo alla disciplina sui comparti dell’art. 15 della legge regionale n. 6 del 1979, che sortisce gli effetti, da un lato, di far conseguire all’approvazione la dichiarazione di pubblica utilità , urgenza ed indifferibilità di tutte le opere comprese nel piano e, dall’altro, di consentire l’eventuale esecuzione d’ufficio del piano nei confronti dei proprietari dissenzienti (così Cons. Stato, sez. IV, 31 ottobre 2006 n. 6469; TAR Puglia, Bari, sez. III, 17 maggio 2007 n. 1257).
D’altronde, la perdurante vigenza delle limitazioni di cui all’art. 27, secondo comma, della legge regionale n. 56 del 1980 neppure è scalfita, come viceversa prospettato dalla difesa dei controinteressati, dall’art. 37 della legge regionale n. 22 del 2006, che così recita: “La previsione di cui all’articolo 16, comma 1, lettera b), della L.R. n. 20/2001 si applica anche per la formazione e attuazione degli strumenti esecutivi di cui alla legislazione nazionale e regionale in materia e per l’attuazione dei comparti edificatori”.
Tale disposizione, infatti, ha il limitato effetto di chiarire che il principio maggioritario (ed il connesso strumento giuridico del consorzio tra proprietari) vale per tutti i piani attuativi, siano essi regolati da legge statale o regionale, e vale altresì per strumenti di terzo livello quali i comparti, già disciplinati, sotto tale aspetto, dall’art. 23 della legge n. 1150 del 1942. Ma ciò non comporta l’abrogazione, neanche per implicito, della previsione transitoria di carattere speciale discendente dal combinato disposto dell’art. 27, secondo comma, della legge regionale n. 56 del 1980 e dell’art. 20, quinto comma, della legge regionale n. 20 del 2001: la conseguenza è che, in presenza di un lotto parzialmente edificato, quale quello di cui è comproprietario l’odierno ricorrente, occorre che la proposta di lottizzazione venga sottoscritta da tutti i proprietari.
Discende da quanto detto l’illegittimità della procedura attuata dal Comune di Bisceglie, culminata nel decreto di esproprio emanato nei confronti del ricorrente, per violazione dell’art. 27 della legge regionale n. 56 del 1980 e dell’art. 27 della legge n. 166 del 2002.
4.3. Il ricorso è altresì fondato con riguardo alle censure richiamate alla lettera b).
Afferma parte ricorrente che la variante al piano di lottizzazione per il comparto n. 4, approvata nel 2010 con le delibere qui impugnate, reperirebbe in modo illegittimo i suoli destinati a standards per le urbanizzazioni secondarie nella maglia di PRG n. 95, di proprietà dei fratelli Valente (per un’estensione di circa 1.718 mq): si tratterrebbe, dunque, di suoli non ricompresi nel perimetro del comparto edificatorio, classificati urbanisticamente in zona F – attrezzature sportive. Così facendo, e cioè omettendo di approvare la necessaria variante al piano regolatore generale e lasciando immutato il perimetro del piano di lottizzazione, il Comune avrebbe nei fatti consentito lo sfruttamento di parte della nuova volumetria residenziale ai proprietari di terreni esterni alla zona C, consentendo loro di partecipare al consorzio attuatore dell’intervento (e destinatario dei terreni espropriati a Luigi Maffione).
La circostanza, in fatto, risulta confermata dalla relazione del 15 settembre 2010 a firma del responsabile del procedimento, ing. Giovanni Misino, contenente le controdeduzioni all’opposizione presentata dello stesso Maffione dopo l’adozione della variante (cfr. doc. 2, depositato dalla difesa del ricorrente il 18 luglio 2011).
Ivi si afferma che le aree destinate alle urbanizzazioniper il comparto n. 4 saranno reperite nelle maglie di piano regolatore destinate a standards (zona F – verde attrezzato per lo sport), esternamente alle maglie edificabili che costituiscono esclusivamente le superfici fondiarie del comparto, ossia nello specifico all’interno della maglia n. 95, facente parte dello stesso comprensorio.
In proposito, la difesa dei controinteressati chiarisce che, in occasione dell’attuazione dei primi tre comparti, il Comune di Bisceglie consentì ai lottizzanti di “monetizzare” le aree per urbanizzazioni secondarie, in luogo della loro effettiva cessione, versando cioè all’ente una somma corrispondente al valore delle aree da cedere. Dal 2004 in poi, decaduti i vincoli espropriativi contenuti nei piani particolareggiati, il Comune ha abbandonato tale prassi ed ha preteso dai proprietari delle aree di piano l’effettiva cessione dei terreni da destinare ad attrezzature collettive. Per quel che concerne il comparto edificatorio n. 4, le maglie n. 157 – 162 sarebbero interamente destinate a superficie fondiaria per volume residenziale, cosicchè le aree a standards, non potendo essere ricavate dai primi tre comparti della lottizzazione ormai saturi (e per i quali si era fatto ricorso alla cosiddetta “monetizzazione”), dovrebbero necessariamente essere reperite altrove (vale a dire nella maglia n. 95 – zona F, esterna al comparto ma facente parte del medesimo comprensorio denominato San Francesco).
Orbene, l’individuazione al di fuori del comparto di lottizzazione delle superfici destinate a standards, in zona urbanisticamente non omogenea, configura violazione degli artt. 1 e 4 del D.M. n. 1444 del 1968 e dei principi in materia di zonizzazione.
Nella formazione dei piani attuativi (inclusi i piani di lottizzazione), le quantità minime di spazi destinati ad attrezzature pubbliche e servizi alla collettività devono essere reperite unicamente all’interno dell’area di piano. L’art. 4 del decreto consente la deroga, soltanto nelle zone omogenee A e B, per le quali il Comune può localizzare le aree a standards nelle immediate adiacenze ovvero indicare modalità alternative per soddisfare i relativi fabbisogni, purchè sia dimostrata in concreto l’impossibilità di raggiungere le quantità minime di aree a servizi all’interno del piano attuativo.
Tali presupposti non ricorrono nella fattispecie. La variante impugnata riguarda, infatti, il piano di lottizzazione del comparto n. 4 in zona C di espansione.
Nè può consentirsi che il principio di autosufficienza del comparto, desumibile dalla legge n. 1150 del 1942 e dal D.M. n. 1444 del 1968, venga sostanzialmente eluso con la formazione del consorzio tra proprietari, e segnatamente con l’ingresso nel consorzio dei proprietari di terreni ricadenti in altra zona omogenea di piano regolatore, che in questo modo conseguono la disponibilità di una certa percentuale della volumetria realizzabile, in cambio mettendo a disposizione i terreni necessari alle urbanizzazioni. In questo modo, si giungerebbe al concreto svuotamento di significato precettivo della zonizzazione ed al libero trasferimento dei diritti edificatori tra aree edificabili e non, ovvero tra aree omogenee tutte edificabili ma diversamente classificate e soggette a parametri ed indici edilizi differenti, senza la previa (necessaria) variazione dello strumento urbanistico generale.
Nel nostro ordinamento positivo, la pur diffusa tendenza al superamento del rigido sistema di suddivisione del territorio in zone omogenee, nel nome della tecnica comunemente definita di perequazione urbanistica, non può scardinare taluni punti fermi caratterizzanti il piano regolatore generale, tuttora disciplinato nei suoi tratti essenziali dalla legge urbanistica del 1942 e dal D.M. n. 1444 del 1968:
– il Comune individua, in sede di formazione del piano regolatore, le zone F destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale, nel rispetto delle quantità minime previste dal D.M. n. 1444 del 1968, onde soddisfare il fabbisogno dell’intero territorio cittadino;
– il Comune è poi tenuto, in sede di formazione dei piani attuativi, a rispettare il rapporto minimo di proporzione tra abitanti da insediare e spazi pubblici, all’interno di ciascuna zona omogenea nella misura prescritta dal D.M. n. 1444 del 1968.
La partecipazione alla lottizzazione convenzionata in zona C, da parte dei proprietari di terreni classificati in zona F adiacente, seppure in astratto rispondente ad esigenze di perequazione tra i suoli e di equa distribuzione della rendita fondiaria, postula la preventiva (ovvero contestuale) approvazione di una variante allo strumento urbanistico generale e non può essere legittimata dalla semplice adesione dei detti proprietari al consorzio maggioritario, in danno dei proprietari dissenzienti di una porzione minoritaria del lotto edificabile, nè può trovare giustificazione nella volontà del Comune di reperire le aree per i servizi e le urbanizzazioni al di fuori del comparto interessato dalla lottizzazione o dal piano attuativo.
E ciò vale anche nel caso in esame, ove le parti concordemente ammettono che il Comune di Bisceglie tollerò la mancata cessione di aree a standards, all’epoca dell’attuazione dei primi tre comparti, percependo in luogo di esse una somma di denaro da parte dei privati lottizzanti: l’antefatto, la cui legittimità non costituisce oggetto del presente giudizio, non può comunque giustificare che il Comune, anche per il quarto ed ultimo comparto, rinunci a localizzare le urbanizzazioni all’interno del perimetro del piano attuativo, in violazione degli obblighi discendenti dall’art. 4 del D.M. n. 1444 del 1968.
Per quanto detto, sono illegittime e vanno annullate per vizio proprio le deliberazioni n. 14 del 15 marzo 2010 e n. 94 del 27 settembre 2010, con cui il Consiglio comunale di Bisceglie ha rispettivamente adottato ed approvato la variante al piano di lottizzazione delle maglie n. 157 – 162 di PRG, per il comparto n. 4. A tanto consegue l’illegittimità e l’annullamento degli atti espropriativi che le presuppongono.
5. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di gravame, dal cui eventuale accoglimento il ricorrente non trarrebbe maggiore utilità
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla le deliberazioni del Consiglio comunale di Bisceglie n. 14 del 15 marzo 2010 e n. 94 del 27 settembre 2010, la nota di diffida del 3 novembre 2010 ed il decreto di espropriazione del 28 giugno 2011.
Condanna il Comune di Bisceglie al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, nella misura di euro 10.000 (oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge).
Condanna la Edil Rossi s.r.l. ed il Consorzio Urbanistico Comparto 4 Maglia 157 – 162 al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, ciascuno nella misura di euro 5.000 (oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Savio Picone, Referendario, Estensore
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