1. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza sociale” ex art. 18, D.Lgs. n. 286/1998 – Natura e presupposti differenti dal permesso di soggiorno per “motivi di giustizia” ex art. 11, comma 1, lett. c-bis) del d.p.r. 394/1999 (regolamento di esecuzione del D.Lgs. 286/1998)


2. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Rilascio permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” – Anche su domanda dell’interessato  per periodo minimo di sei mesi


3. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Rilascio permesso di soggiorno per “motivi di giustizia” – Solo su richiesta della procura della repubblica che conduce indagini per un periodo non superiore a tre mesi 


4. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Presentazione domanda permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” da parte di soggetto interessato – Non e’ preclusa dalla mancata espressa indicazione del diretto interessato tra i soggetti indicati dall’art. 27 d.p.r. n. 394/1999


5. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Permesso di soggiorno per “motivi di giustizia” – Non preclude l’ottenimento del permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza sociale” 


6. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Rilascio permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” – Richiede preventiva ed articolata istruttoria


7. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Rigetto domanda permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” – Preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 – bis l. 241/1990 – Necessita’ – Sussiste


8. Sicurezza pubblica – Stranieri (in particolare extracomunitari) – Procedimento amministrativo – Silenzio rifiuto – Domanda rilascio permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” – Illegittimità  –  Sussiste

1. Il permesso di soggiorno “per motivi di sicurezza sociale” contemplato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 286/1998 ha natura e presupposti profondamente diversi dal permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” di cui all’art. 11, comma 1, lett. c-bis) del D.P.R. n. 394/1999, atteso che mentre il primo trova la sua giustificazione nel fatto che, in relazione a indagini penali per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p. o dall’art. 3 L. n. 75/1958, un extracomunitario privo del permesso di soggiorno sia esposto a violenze o pressioni alle quali tenti di sottrarsi, venendo a trovarsi, per effetto di ciò, in situazione di pericolo per la sua incolumità , il secondo tipo di permesso di soggiorno è finalizzato a consentire al soggetto di sottrarsi alle pressioni e di partecipare a programmi di assistenza e integrazione sociale, ed è rilasciato “anche” su domanda del Questore.


2. L’art. 18 del D. Lgs. n. 286/1998 non preclude all’interessato di presentare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza”, soprattutto in considerazione del fatto che il permesso di soggiorno di che trattasi è rilasciato nel di lui interesse, per un periodo minimo di sei mesi, o per il maggior periodo necessario a garantire l’incolumità  del soggetto. Il permesso di soggiorno “per motivi di protezione sociale” corrisponde ad un interesse diretto dell’extracomunitario e sarebbe, quindi assurdo escludere la vittima delle violenze e delle pressioni dalla sfera dei soggetti legittimati a chiedere il rilascio del permesso di soggiorno di che trattasi, tanto più che molte volte la vittima è la sola persona ad essere a conoscenza dello stato in cui versa.


3. Il permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” è funzionale a consentire di portare a termine, con l’ausilio della testimonianza del soggetto extracomunitario, una indagine penale relativa a uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p. o dall’art. 3, L. n. 75/1958: trattasi quindi di permesso di soggiorno rilasciato, per un periodo non superiore a tre mesi, su richiesta e nell’interesse della Procura della Repubblica che conduce le indagini.


4. La mancata espressa indicazione nell’art. 27 del D.P.R. n. 394/1999 – che ha dato attuazione all’art. 18 del D.Lgs. n. 286/1998 – del soggetto extracomunitario oggetto delle violenze o delle pressioni tra i soggetti abilitati a presentare la domanda di permesso di soggiorno di che trattasi, non preclude al diretto interessato la possibilità  di presentare tale domanda, atteso che, così facendo, il D.P.R. n. 394/1999 ha semplicemente inteso allargare la sfera dei legittimati a presentare tale domanda, e ciò per l’evidente ragione che le pressioni e le violenze sono spesso finalizzate a evitare che il soggetto regolarizzi il proprio titolo di soggiorno affinchè rimanga in stato di minorata difesa morale e materiale; in vista di una tale situazione è evidentemente opportuno che il rilascio del permesso di soggiorno di che trattasi non dipenda solo da una manifestazione di volontà  del diretto interessato: l’art. 27 D.P.R. n. 394/1999 va pertanto interpretato nel senso che esso, conformemente alle indicazioni emergenti dall’art. 18 del D.Lgs. n. 286/1998, consenta anche al diretto interessato di presentare la domanda per il rilascio di permesso di soggiorno “per motivi di sicurezza sociale”.


5. Data la differenza esistente tra il permesso di soggiorno per “motivi di giustizia” e per “motivi di sicurezza” è evidente che l’avvenuto rilascio di un permesso di soggiorno ex art. 11, comma 1, lett. c-bis) del D.P.R. n. 394/1999 non può dirsi automaticamente satisfattivo della pretesa afferente il rilascio di un permesso di soggiorno ex art. 18, D.Lgs. n. 286/1998.


6. Il rilascio del permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” richiede una preventiva e articolata istruttoria, che comprende tra l’altro una serie di pareri nonchè la disponibilità  del soggetto ad aderire a un programma di assistenza e di integrazione sociale.


7. In ossequio ai principi generali in materia di procedimento amministrativo, il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” deve essere preceduto da preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/90 onde consentire all’interessato di instaurare un corretto contraddittorio sulle risultanze della istruttoria.


8. E’ illegittimo il silenzio-rifiuto serbato dalla Questura sull’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per “motivi di sicurezza” ai sensi dell’art. 18, D.Lgs. n. 286/1998 e va pertanto dichiarato l’obbligo di evadere l’istanza inoltrata dall’interessato con provvedimento espresso.

 
N.  01831/2011 REG.PROV.COLL.
N.  01432/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1432 del 2011, proposto da: 
Malick Ndiaye, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, via Calefati, 269; 

contro
Questura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
– del silenzio-rifiuto serbato dalla Questura di Bari sull’istanza di rilascio del permesso di soggiorno inoltrata il 20.05.2011;
– nonchè di ogni altro atto comunque connesso e/o collegato con il silenzio-rifiuto di cui innanzi;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Bari e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori avv. U. Gazidede e avv. dello Stato G. Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe indicato il ricorrente Ndiaye Malick impugna il silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda, presentata alla Questura di Bari il 20 maggio 2011, finalizzata al rilascio di un permesso di soggiorno “per motivi di protezione sociale”, ai sensi dell’art. 18 D. L.vo 286/98.
Riferisce il ricorrente di essere entrato in Italia illegalmente; di aver cercato di ottenere un permesso di soggiorno con l’aiuto di alcune persone disponibili, dietro pagamento, a dichiarare di avere in corso un rapporto di lavoro in realtà  fittizio; di aver in seguito denunciato alla magistratura le suddette persone; e di essersi visto rilasciare, il 14 luglio 2011, un permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” ai sensi dell’art. 11 comma 1 lett. c-bis) del D.P.R. 394/99 (regolamento di esecuzione del D. L.vo 286/98).
Tuttavia, permanendo l’inerzia della Amministrazione sulla istanza del 20 maggio 2011 avente ad oggetto il permesso di soggiorno ex art. 18 D. L.vo 186/98, il ricorrente ha notificato il ricorso in epigrafe indicato.
Si è costituita in giudizio la Questura di Bari insistendo per il rigetto del ricorso, rilevando che il ricorrente è già  stato beneficiato dal permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” della durata di tre mesi, rilasciato il 14 luglio 2011 su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, e che il permesso ex art. 18 D. L.vo 286/98 può essere rilasciato solo sussistendo determinate condizioni, nella specie non ricorrenti e comunque su iniziativa del Questore o degli altri soggetti indicati dall’art. 27 D.P.R. 394/98.
Alla camera di consiglio del 26 ottobre 2011 il ricorso è stato introitato a decisione.
Esso è fondato limitatamente all’obbligo, per la Questura di Bari, di evadere con provvedimento espresso la domanda presentata dal ricorrente il 20 maggio 2011, finalizzata al rilascio di un permesso di soggiorno “per motivi di sicurezza sociale”.
Rileva anzitutto il Collegio che il permesso di soggiorno “per motivi di sicurezza sociale”contemplato dall’art. 18 del D. L.vo 286/98 ha natura e presupposti profondamente diversi dal permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” di cui all’art. 11 comma 1 lett. c-bis) del D.P.R. 394/99.
Il primo trova la sua giustificazione nel fatto che, in relazione ad indagini penali per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p. o dall’art. 3 L. 75/58, un extracomunitario privo del permesso di soggiorno sia esposto a violenze o pressioni alle quali tenti di sottrarsi, venendo a trovarsi, per effetto di ciò, in situazione di pericolo per la sua incolumità ; il permesso di soggiorno di che trattasi è finalizzato a consentire al soggetto di sottrarsi alle pressioni e di partecipare a programmi di assistenza ed integrazione sociale, ed è rilasciato “anche” su domanda del Questore. L’art. 18 del D. L.vo 286/98 non preclude quindi all’interessato di presentare la relativa domanda, soprattutto in considerazione del fatto che il permesso di soggiorno di che trattasi è rilasciato nel di lui interesse , per un periodo minimo di sei mesi, o per il maggior periodo necessario a garantire l’incolumità  del soggetto.
Il permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” è invece funzionale a consentire di portare a termine, con l’ausilio della testimonianza del soggetto extracomunitario, una indagine penale relativa ad uno dei reati sopra menzionati: trattasi quindi di permesso di soggiorno rilasciato, per un periodo non superiore a tre mesi, su richiesta e nell’interesse della Procura della Repubblica che conduce le indagini,
Data la differenza esistente tra i due titoli di soggiorno in esame è evidente che l’avvenuto rilascio al ricorrente di un permesso di soggiorno ex art. 11 comma 1 lett. c-bis) del D.P.R. 394/99 non può dirsi automaticamente satisfattivo della pretesa di cui alla domanda del 20 maggio 2011, afferente il rilascio di un permesso di soggiorno ex art. 18 D. L.vo 286/98.
D’altro canto la Questura di Bari non può esimersi dall’obbligo di evadere con provvedimento espresso tale istanza allegando che la relativa domanda può essere presentata solo dai soggetti indicati all’art. 27 D.P.R. 394/99: ed invero, dal momento che il permesso di soggiorno “per motivi di protezione sociale” corrisponde ad un interesse diretto dell’extracomunitario sarebbe assurdo escludere la vittima delle violenze e delle pressioni dalla sfera dei soggetti legittimati a chiedere il rilascio del permesso di soggiorno di che trattasi, tanto più che molte volte la vittima è la sola persona ad essere a conoscenza dello stato in cui versa.
E’ pur vero che l’art. 27 del D.P.R. 394/99, nel dare attuazione all’art. 18 del D. L.vo 286/98, non ha indicato espressamente il soggetto extracomunitario oggetto delle violenze o delle pressioni quale soggetto legittimato a presentare la domanda di permesso di soggiorno di che trattasi; tuttavia è opinione del Collegio che così facendo il D.P.R. 394/99 abbia semplicemente inteso allargare la sfera dei legittimati a presentare tale domanda, e ciò per l’evidente ragione che le pressioni e le violenze sono spesso finalizzate evitare che il soggetto regolarizzi il proprio titolo soggiorno affinchè rimanga in stato di minorata difesa morale e materiale: in vista di una tale situazione è evidentemente opportuno che il rilascio del permesso di soggiorno di che trattasi non dipenda solo da una manifestazione di volontà  del diretto interessato.
L’art. 27 D.P.R. 394/99 va pertanto interpretato nel senso che esso, conformemente alle indicazioni emergenti dall’art. 18 del D. L.vo 286/98, consenta anche al diretto interessato di presentare la domanda per il rilascio di permesso di soggiorno “per motivi di sicurezza sociale”.
Tanto, peraltro, non significa affatto riconoscere al richiedente il diritto al rilascio dell’anzidetto titolo di soggiorno, il quale richiede una preventiva ed articolata istruttoria, che comprende tra l’altro una serie di pareri nonchè la disponibilità  del soggetto ad aderire ad un programma di assistenza e di integrazione sociale.
Tornando al caso di specie, il Collegio rileva ancora che all’istanza presentata dal ricorrente il 20 maggio 2011 probabilmente non è mai seguita l’istruttoria del caso, e ciò proprio a causa dell’erroneo assunto secondo il quale il ricorrente non disponeva del potere di proporre il rilascio di tale permesso. In siffatta situazione non si può dare credito alla affermazione, che si legge nel provvedimento impugnato, secondo la quale “Dagli elementi forniti, poi, risultava del tutto assente la situazione di violenza o di grave sfruttamento, oltre che il concreto pericolo per l’incolumità  dell’interessato quale effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamento di una organizzazione criminale”.
In ogni caso, in ossequio ai principi generali in materia di procedimento amministrativo, la Questura avrebbe quantomeno dovuto comunicare al ricorrente un preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/90 onde consentirgli di instaurare un corretto contraddittorio sulle risultanze della istruttoria.
Per le sovra esposte ragioni i motivi allegati dalla Questura per giustificare l’omessa evasione della istanza presentata dal ricorrente il 20 maggio 2011 non sono sufficienti a determinare la infondatezza del ricorso, che va accolto in relazione all’obbligo della Questura di evadere con provvedimento espresso la domanda di cui in epigrafe.
La novità  della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina alla Questura di Bari di evadere con provvedimento espresso, entro e non oltre 30 giorni dalla notifica della presente sentenza, l’istanza inoltrata dal ricorrente in data 20 maggio 2011, finalizzata al rilascio di un permesso di soggiorno ex art. 18 D. L.vo 286/98.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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