1. Ambiente ed ecologia – Parco naturale – Inclusione di aree – Aree limitrofe e connesse alle zone ove sono localizzate particolari specie di flora e fauna – Valutazione di merito
2.    Ambiente ed ecologia – Parco naturale – Inclusione di aree – Valutazione di merito – Discrezionalità  amministrativa e tecnica – Non sindacabile dal giudice amministrativo
3.  Ambiente ed ecologia – Parco naturale – artt. 1 e 2 l. n. 394 del 1991 – Area naturale protetta – Condizioni – Valore naturalistico-ambientale – Salvaguardia di attività  agricole – Estensione del perimetro del parco  – Necessità  – Sussiste

1. L’inclusione nel perimetro di un parco naturale di aree adibite all’agricoltura e di aree più estese e diverse rispetto a quelle in cui sono state localizzate le specie faunistiche protette ovvero le risorse naturalistiche meritevoli di protezione costituisce una valutazione di merito, compiuta nell’ambito della considerazione globale e inscindibile di un ecosistema; pertanto, la tutela di cui alla l. n. 394 del 1991 ben può essere estesa, oltre che alla zona in cui è stata riscontrata la presenza di particolari specie di flora o di fauna, anche ad aree limitrofe connesse.
2. L’inclusione di aree nel perimetro di un parco naturale – cui consegue l’assoggettamento ai vincoli ed ai divieti dettati dalla normativa del parco- costituisce una valutazione di merito rimessa alle Autorità  competenti (statali e regionali) sulla base di un’adeguata istruttoria ed è espressione di un potere istituzionale inevitabilmente caratterizzato da ampi margini di discrezionalità  amministrativa e tecnica; come tale, resta immune da palesi vizi logici e non è sindacabile dal giudice amministrativo.
3. Sulla base del combinato disposto degli artt. 1 e 2 della l. n. 394 del 1991, condizione necessaria e sufficiente affinchè un territorio possa essere legittimamente qualificato alla stregua di area naturale protetta è che lo stesso rivesta oggettivamente, sotto uno qualunque degli aspetti normativamente indicati, un rilevante valore naturalistico-ambientale, ovvero sia inserito in un ecosistema di una certa importanza. Ne consegue che anche la salvaguardia delle attività  agricole in senso stretto può rappresentare, unitamente ad altri fattori, presupposto giustificativo dell’estensione del perimetro del parco.

N. 01553/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02374/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2374 del 2004, proposto da: 
Ceglie Donato, Azienda Agrizootecnica Franchini s.r.l., Ferrulli Sante,, Berloco Lucia, Berloco Sante, Forte Andrea, Caponio Saverio, Calia Luca, Mastrogiacomo Gaetano, Manicone Pasquale, Caputo Margherita, Cucumazzo Michele, Bitetti Antonio, Casiello Giovanni, Loiudice Colonna Maria, Capurso Pasquale, Forte Domenico, Maino Dimenico, Picerno Domenico, Varvara Michele, Manicone Marcantonio, Manicone Giovanni, Panettieri Michele, Tafuni Salvatore, Tafuni Laura, Picerno Nicola, Cifarelli Maria, Forte Giacomo Mario, Raguso Giovanni, Squicciarini Piero, Ventura Michele, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Franco Gagliardi La Gala e Saverio Profeta, con domicilio eletto presso il secondo in Bari, via Cognetti, 25;

contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
Presidenza della Repubblica, non costituita;
Regione Puglia, non costituita; 

per l’annullamento
1) del decreto del Presidente della Repubblica del 10 marzo 2004, pubblicato sulla G.U. n. 152 del 1 luglio 2004, recante l’istituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, nella parte in cui ha approvato la relativa perimetrazione includendo anche i suoli di proprietà  dei ricorrenti nonchè, per quanto di interesse, in relazione alle attività  ivi svolte dai ricorrenti, nella parte in cui ha classificato le medesime aree come zona 1 e zona 2;
2) di tutti gli atti connessi e presupposti, tra cui la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 5 marzo 2004, la proposta del Ministro dell’Ambiente e la deliberazione della Giunta regionale n. 290 del 25 marzo 2003, recante il parere favorevole all’intesa sullo schema di decreto per l’istituzione del Parco;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Ambiente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2011 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori avv.ti Carmine Rucireta (per delega di Saverio Profeta) ed Ines Sisto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
I ricorrenti espongono di essere proprietari di terreni ed aziende agricole ricadenti nel perimetro del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 10 marzo 2004.
Impugnano gli atti in epigrafe, con i quali è stata approvata l’istituzione del Parco ai sensi della legge n. 394 del 1991, contestando l’inclusione delle aree di loro proprietà  ed il conseguente assoggettamento ai vincoli ed ai divieti dettati dalla normativa del Parco per le zone 1 e per le zone 2.
Si affidano ad unica ed articolata censura, con la quale deducono violazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 394 del 1991 ed eccesso di potere per travisamento dei presupposti, istruttoria insufficiente, illogicità , irrazionalità  manifesta e sviamento.
Affermano, in sintesi, che la definizione del perimetro del Parco sarebbe frutto di istruttoria superficiale ed inadeguata e che l’Amministrazione avrebbe illegittimamente incluso, nelle aree soggette a vincolo, vasti terreni agricoli destinati a seminativo, caratterizzati da un notevole grado di antropizzazione e privi di pregio ambientale e naturalistico. Secondo i ricorrenti, nelle aree in questione non vi sarebbe traccia delle connotazioni geologiche, morfologiche e biologiche di rilevante valore ambientale, che sole giustificherebbero la loro qualificazione come patrimonio naturale, ai sensi della legge n. 394 del 1991. Inoltre, l’imposizione dei vincoli limitativi della proprietà  impedirebbe qualunque iniziativa di sviluppo ed ampliamento delle aziende agricole già  esistenti e finanche la creazione di attività  agrituristiche, con gravi conseguenze economiche per tutti i proprietari.
Si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Ambiente, depositando documentazione ed una memoria difensiva, con la quale hanno chiesto l’integrale rigetto del ricorso, siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 5 ottobre 2011 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve darsi atto che sono venute meno le esigenze istruttorie rappresentate dalla difesa dei ricorrenti, a seguito della produzione documentale dell’Avvocatura dello Stato del 21 luglio 2011 (comprensiva delle relazioni tecniche – doc. 5 e 6).
2. Nel merito, il ricorso è infondato.
Gli atti della procedura contengono una sufficiente ed esaustiva descrizione delle caratteristiche naturali del territorio dell’Alta Murgia, che ne giustificano la particolare protezione mediante istituzione del Parco Nazionale.
In via di principio, l’inclusione nel perimetro del Parco di aree adibite all’agricoltura e di aree più estese e diverse, rispetto a quelle in cui sono state localizzate le specie faunistiche protette ovvero le risorse naturalistiche meritevoli di protezione (per l’Alta Murgia: aree steppiche, endemismi floristici, avifauna, rocce calcaree ed architetture rurali, testimonianze preistoriche) costituisce una valutazione di merito, nell’ambito della considerazione globale e inscindibile dell’area, costituente un ecosistema in cui la tutela ben può essere estesa, oltre che alla zona in cui è stata riscontrata la presenza di particolari specie di flora o di fauna, anche ad aree limitrofe connesse (così Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2003 n. 114).
Tale valutazione di merito, compiuta dall’Amministrazione sulla base di un’istruttoria adeguata, resta immune da palesi vizi logici e come tale non è sindacabile in questa sede, non senza considerare che la stessa giurisprudenza ha avuto modo di affermare, con riguardo a fattispecie analoghe, che l’inclusione di terreni rurali coltivati in una riserva naturale non è impeditiva del pieno sfruttamento della destinazione agricola dei fondi.
Sulla base del combinato disposto degli artt. 1 e 2 della legge n. 394 del 1991, le aree naturali protette vengono sottoposte ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, tra le altre, le finalità  di conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità  geologiche, di biotipi, di processi naturali, di equilibri ecologici, nonchè di applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici, architettonici e delle attività  agro-silvo-pastorali e tradizionali.
Dunque, condizione necessaria e sufficiente affinchè un territorio possa essere legittimamente qualificato alla stregua di area naturale protetta è che lo stesso rivesta oggettivamente, sotto uno qualunque degli aspetti normativamente indicati, un rilevante valore naturalistico-ambientale, ovvero sia inserito in un ecosistema di una certa importanza.
Ne consegue che gli apprezzamenti espressi in proposito dalle Autorità  competenti (statali e regionali) rappresentano valutazioni di merito, espressione di un potere istituzionale inevitabilmente caratterizzato da ampi margini di discrezionalità  amministrativa e tecnica. E che, con specifico riguardo alla vicenda controversa, anche la salvaguardia delle attività  agricole in senso stretto può rappresentare, unitamente ad altri fattori, presupposto giustificativo dell’estensione del perimetro del Parco.
Nella fattispecie, pertanto, la perimetrazione del Parco non appare inficiata nè dalla dedotta violazione delle riferite norme di legge, nè dalla presenza di alcuna delle prospettate figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere (cfr., per analoga decisione proprio in ordine all’istituzione del Parco dell’Alta Murgia: TAR Puglia, Bari, sez. I, 19 luglio 2006 n. 2894).
Quanto alla lamentata sproporzione dei vincoli e dei divieti imposti, va rilevato che nella parte finale della premessa al decreto presidenziale si legge, al contrario, che “¦ I divieti sono stabiliti per le zone 1 e per le zone 2 in considerazione del differente grado di tutela necessario alla salvaguardia. Il maggiore grado di antropizzazione presente nelle zone 2, comportante quindi un maggiore interesse alle attività  economiche, ha fatti ritenere necessaria la previsione, in ogni caso condizionata, della possibilità  eseguire opere e interventi la cui realizzazione fosse comunque già  prevista in qualsiasi modo prima dell’istituzione del parco”.
D’altra parte, non può escludersi che i ricorrenti avrebbero potuto dimostrare l’incongruità  dell’assoggettamento alla disciplina vincolistica per talune aree degradate, prive di qualsivoglia legame con gli elementi naturalistici meritevoli di protezione e di tutela.
Tuttavia, la preannunciata perizia tecnica giurata (cfr. pag. 8, penultimo capoverso, del ricorso) non è mai stata prodotta in giudizio, nè è stato messo a disposizione del Collegio alcun elemento probatorio equivalente (fotografie o semplici relazioni descrittive dello stato dei luoghi), tale da consentire di apprezzare in concreto, e non sulla base di apodittiche affermazioni di parte, la fondatezza delle censure svolte avverso il provvedimento di istituzione del Parco e l’inclusione nello stesso delle aree di proprietà  dei ricorrenti.
Anche dal rilevato difetto di prova (cui non può supplire il giudice con l’acquisizione d’ufficio di consulenza tecnica), oltrechè dall’applicazione dei quieti principi giurisprudenziali dapprima richiamati, discende l’infondatezza del ricorso.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di giudizio in favore delle Amministrazioni costituite, nella misura complessiva di euro 10.000 (diecimila) oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Savio Picone, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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