1. Commercio industria e turismo – Procedimento amministrativo – Finanziamenti pubblici – Contributi per iniziative imprenditoriali – Iniziativa avviata prima della domanda – Revoca dei contributi – Legittimità
2. Procedimento amministrativo – Revoca dei finanziamenti – Presupposti per configurare la tutela dell’affidamento – Individuazione
1. E’ legittima la revoca dei finanziamenti concessi ex lege n.488/1992 allorchè il programma oggetto di agevolazione (ampliamento di capannone) sia stato avviato ancor prima del deposito della relativa domanda, in quanto il finanziamento concesso, in tal caso, perderebbe la sua natura di incentivazione pubblica, secondo le finalità perseguite dalla normativa statale in applicazione del Trattato. I contributi statali, infatti, hanno lo scopo di incentivare nuovi investimenti produttivi e non già di compensare ex post scelte imprenditoriali che il beneficiario sarebbe stato comunque in grado di sostenere.
2. Non si ravvisa la necessità di tutelare l’affidamento ingenerato nel destinatario dell’atto di annullamento (“revoca”), ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n.241/1990, quando l’esercizio del potere di autotutela scaturisce dalla necessità di porre in essere un atto dovuto (nel caso di specie era necessario evitare di esporre la Repubblica italiana ad un procedimento di infrazione per aiuti statali non spettanti) e quando il comportamento del destinatario dell’atto è connotato dall’ assenza di buona fede. Non sussiste, in tal caso, infatti, il presupposto del legittimo affidamento fatto oggetto di tutela dalla norma suddetta
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Vedi Cons di Stato, sez. VI, sentenza 24 ottobre 2013, n. 5150 – 2013 ordinanza 12 dicembre 2012 n. 4855 – 2012; ordinanza n. 173 del 18 gennaio 2012; ric. n. 9770 – 2011
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N. 01407/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00843/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 843 del 2011, proposto da:
Latartara Michele & C. S.n.c., rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Antonucci, Ciro Piacquaddio, con domicilio eletto presso Salvatore Basso in Bari, corso Mazzini, 134/B;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;
nei confronti di
Centrobanca S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Anna Baldini, Francescopaolo Ruggiero, con domicilio eletto presso Francescopaolo Ruggiero in Bari, via E. Fieramosca, 82;
per l’annullamento
– del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico N. 160495 del 31.01.2011, notificato in data 22.02.2011, con il quale veniva revocato il decreto Ministeriale n. 16801 del 23.06.2003 di concessione, ai sensi della legge 488/92, di agevolazione finanziarie in favore della ditta ricorrente;
– di tutti gli atti connessi e consequenziali a quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico e di Centrobanca S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2011 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori avv.ti V. Antonucci e F. Ruggiero;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso passato alla notifica il 20 aprile 2011 la società ricorrente, premettendo di essere titolare di una attività per la produzione di articoli di panetteria, pasticceria e prodotti da forno surgelati; di aver chiesto al Ministero delle attività produttive , ai sensi del D.L. n. 445 del 1992, convertito
con L. n. 488 del 2002, la concessione di un contributo economico allo scopo di realizzare un ampliamento con trasferimento della citata attività produttiva; di aver ottenuto in via provvisoria, con d.m. n. 126801 del 23.06.2003, un contributo in conto impianti pari ad E. 343.071,00, da erogarsi in tre quote annuali di pari importo; tanto premesso impugna il provvedimento in epigrafe indicato, a mezzo del quale il Ministero ha revocato il finanziamento già concesso in ragione del fatto che il programma oggetto di finanziamento risultava essere stato avviato prima del deposito della relativa domanda.
A fondamento del ricorso la società Latartara s.n.c. ha dedotto i seguenti motivi:I) violazione e falsa applicazione del D. M. n. 20 ottobre 1995 n. 527, del D. M. Industria , Commercio e Artigianato del 3 luglio 2000 – Eccesso di potere per violazione di norme interne – Eccesso di potere per motivazione erronea e per erronea istruttoria: la circostanza che la realizzazione del capannone facente parte del programma agevolato sia stata avviata prima della
presentazione della domanda di agevolazione non può essere motivo di revoca atteso che nel caso di specie il finanziamento non ha ad oggetto la realizzazione di una nuova attività produttiva ma l’ampliamento di una attività produttiva preesistente, la quale si è trasferita nel capannone assentito con concessione edilizia n. 138 del 23. 12. 1998, proprio al fine di potersi ampliare, e del resto nel decreto di concessione provvisoria veniva riconosciuto alla ditta ricorrente solo ed unicamente il finanziamento per il costo degli impianti realizzati dopo la proposizione della domanda, e non anche il costo delle opere già realizzate;
II) eccesso di potere per travisamento dei fatti: il progetto presentato dalla ricorrente non può essere assolutamente considerato come una continuazione di un programma già avviato, considerato che il suindicato capannone è divenuto agibile in data 20.03. 2009, ossia in data successiva alla domanda di finanziamento avutasi il 21 novembre 2002;
III) violazione e falsa applicazione di legge ed in particolare degli artt. 1- 3 e 21 nonies della L n. 241 del 1990 – Eccesso di potere per violazione del principio dell’ affidamento: il provvedimento impugnato, nonostante sia stato qualificato dall’ amministrazione resistente come revoca, assume a tutti gli effetti la natura di un annullamento di ufficio ai sensi dell’ art. 21 nonies della legge n. 241
del 1990 adottato però in carenza dei necessari requisiti ed in contrasto con il principio dell’ affidamento.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso il Ministero dello sviluppo economico nonchè Centrobanca s.p.a.
Il ricorso è stato chiamato alle camere di consiglio del 19 maggio e del 23 giugno, allorchè, sussistendone i presupposti e sentiti i difensori, è stato trattenuto a decisione.
Esso non merita di essere accolto.
Risulta dalla documentazione prodotta dalle parti che la ricorrente in data 21 novembre 2002 presentava una domanda per ottenere, ai sensi della L. 488/92, un contributo per realizzare una ampliamento della propria attività produttiva, mediante trasferimento della stessa in altro loco: nella lista dei costi da finanziare la ricorrente ha chiaramente indicato anche quelli afferenti alla costruzione del nuovo capannone. In particolare, alla facciata IV della domanda la ricorrente ha indicato 45.000 euro di costi relativi a studi e progettazione, 260.000 euro di costi afferenti a “opere murarie ed assimilabili”, 641.000 euro per “macchinari, impianti ed attrezzature”, per un totale di euro 946.000. Alla facciata XI della domanda si trova ulteriormente specificato che della indicata somma di 260.000 euro, 221.000 afferiscono a “opere murarie per la realizzazione di capannone industriale, palazzina uffici ed alloggio custode”, ed ulteriori 41.000 afferiscono invece agli impianti idrico, elettrico, di riscaldamento e telefonico di tali costruzioni. Risulta infine dalla motivazione del d.m. 23 giugno 2003, che ha ammesso la ricorrente al contributo, che quest’ultimo è stato calcolato conteggiando anche gli anzidetti costi per la costruzione del nuovo capannone e delle relative pertinenze.
Non è quindi revocabile in dubbio che il progetto di investimento presentato dalla ricorrente comprendesse anche la realizzazione del nuovo, e più ampio, capannone nel quale l’attività doveva essere trasferita. Di tanto la stessa ricorrente dava atto, del resto, anche nel business plan allegato alla domanda di agevolazione.
Orbene, è pacifico agli atti, in quanto non contestato dalla ricorrente, che detto capannone è stato realizzato sulla base della concessione edilizia, rilasciata dal Comune di Torremaggiore, n. 138 del 23 dicembre 1998 nonchè di D.I.A. prot. 1537 del 27 gennaio 2004, che però contemplava solo alcune opere di completamento. Di tanto tenuto conto, è evidente che il progetto, nel suo complesso, non poteva essere ammesso a finanziamento.
Così come ricordato nella memoria di costituzione di Centrobanca, gli aiuti di stato, per essere compatibili con le norme del Trattato, devono svolgere la funzione di incentivare una nuova produttività e, quindi, di sollecitare nuovi investimenti: essi pertanto possono essere concessi solo alle imprese che non abbiano già posto in essere, in maniera autonoma ed indipendente, gli investimenti per i quali viene chiesta l’incentivazione pubblica. E’ in conseguenza di ciò che la Commissione, autorizzando il regime di aiuti di cui alla L. 488/92, ha impartito l’indicazione precisa che l’intero investimento risulti avviato in epoca posteriore alla domanda di aiuto, non potendo tali contributi essere utilizzati per compensare ex post scelte di investimento che l’imprenditore avrebbe comunque effettuato, perchè in grado di sostenerne il relativo onere interamente con mezzi propri.
Orbene, dal momento che la concessione edilizia relativa al capannone ed agli edifici ad esso pertinenziali è stata rilasciata quattro anni prima che la società ricorrente presentasse la domanda di aiuti ex L. 488/92, è evidente che le relative voci di spesa giammai avrebbero potuto essere considerate nel finanziamento stesso.
D’altro canto la ricorrente non ha fornito la minima prova in ordine al fatto che tale nuovo capannone fosse in origine destinato a scopi diversi da quello di trasferirvi la attività produttiva già in essere, di allocarvi un maggior numero di macchinari e dipendenti e, quindi, di realizzare un aumento della produttività . E’ quindi corretto presumere che la realizzazione del nuovo capannone sia stata dalla ricorrente finalizzata, sin dall’origine, a porre in essere un ampliamento della attività produttiva. Di conseguenza, ove pure la domanda di contributo si fosse limitata ad indicare i costi relativi all’acquisto di nuovi macchinari aziendali, non ancora ordinati alla data della presentazione della domanda, quest’ultima non avrebbe potuto trovare un seguito favorevole.
Per le ragioni il Collegio ritiene che correttamente Centrobanca abbia concluso la propria istruttoria ritenendo che il progetto presentato dalla società ricorrente fosse stato avviato prima della proposizione della domanda del 21 novembre 2002.
Quanto al fatto che il provvedimento impugnato integrerebbe un atto di annullamento in autotutela privo dei requisiti di legge, il Collegio osserva che: a) la revoca del finanziamento costituiva un atto dovuto, che ove non adottato avrebbe esposto la Repubblica Italiana ad un procedimento di infrazione per erogazione di aiuti di stato non ammissibili. Da tale considerazione discende la pubblica utilità del provvedimento impugnato; b) il provvedimento di ammissione a finanziamento del 23 giugno 2003 è stato adottato, in sostanza, sulla base di una capziosa esposizione dei fatti, la quale ha indotto Centrobanca, e dipoi il Ministero, a credere che la realizzazione del nuovo capannone sarebbe stata successiva alla presentazione della domanda. Di tanto la ricorrente non poteva non avere contezza. Pertanto l’affidamento che essa può aver riposto nella intangibilità del decreto di ammissione a finanziamento non era ssistito da quella buona fede che, sola, giustifica – in talune circostanze – il mantenimento di un atto illegittimo.
Quanto sopra dà ragione della infondatezza di tutti i motivi ricorso, che va conseguentemente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che si liquidano in E. 2.500,00 (euro duemilacinquecento), oltre IVA e CAP come per legge, a favore di ciascuna delle parti resistenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Referendario
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)