1. Qualora il provvedimento amministrativo (nella specie revoca di porto d’armi) si fondi su due distinti presupposti esplicitati in motivazione, la riconosciuta sussistenza anche di uno solo di questi, preclude l’annullamento per via giurisdizionale dello stesso.
2. In materia di licenza di polizia per il porto e detenzione di armi, l’Amministrazione dispone di poteri ampiamente discrezionali nella valutazione di fatti e circostanze idonee a determinare anche il mero sospetto di non affidabilità alla detenzione e all’uso dell’arma, non rilevando in proposito – attesa la prevalenza dell’interesse pubblico e la natura precauzionale delle valutazioni riservate all’Amministrazione – che le pendenze penali si siano o meno tradotte in provvedimenti di condanna, posto che anche la mera pendenza del procedimento penale costituisce elemento idoneo a supportare una negativa valutazione in ordine all’affidabilità del soggetto.
N. 01204/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00064/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 64 del 2014, proposto da:
G.V., rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Spinelli, Mariaromana Tardi, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
contro
Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; Questura di Bari;
per l’annullamento
del decreto di revoca di licenza di porto di fucile per tiro a volo,
nonchè “per la reintegrazione in forma specifica della facoltà di detenzione implicitamente revocata illegittimamente”,
nonchè per il risarcimento danno per equivalente per il nocumento illegittimo da lesione del diritto soggettivo alla detenzione dell’arma;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’U.T.G. – Prefettura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori avv. Mariaromana Tardi e avv. dello Stato Donatella Testini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame V.G. impugna il decreto di revoca di porto di fucile per tiro a volo, rilasciatogli in data 16/2/2011, chiedendone l’annullamento e deducendo i seguenti motivi di censura:
Violazione falsa applicazione artt. 11, 39 e 40 TULPS;
Violazione di legge ed eccesso di potere in relazione alla ritenuta erronea valutazione di presupposti di fatto.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 74/2014 del 30/1/2014 è stata respinta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All’udienza del 26 giugno 2014 la causa è stata introita per la decisione.
Rileva il Collegio che il ricorso è infondato.
L’impugnato provvedimento si supporta sul piano motivazionale a due distinte circostanze, ognuna delle quali di per sè idonea a giustificarlo.
Con il primo motivo di censura, il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento in quanto risulterebbe erroneamente valutato l’episodio di cui al verbale 1 marzo 2013 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari; con detta nota 0247821/1, i Carabinieri hanno riferito che, in esito al controllo dell’autovettura condotta dal ricorrente accompagnato da D.P.B., quest’ultima – in relazione alla contestata violazione dell’art. 163 cs – avrebbe inveito contro i militari assumendo di non poter sostenere la spesa relativa alla polizza assicurativa RCA, minacciando di ricorrere ad atti di autolesionismo non appena fosse rientrata a casa, facendo espresso riferimento all’uso di arma da fuoco, della quale il ricorrente, presumibilmente compagno della D. P., era effettivamente in possesso.
Assume il ricorrente che l’episodio sarebbe stato sopravalutato trattandosi di una comprensibile espressione di sfogo momentaneo, non accompagnata da alcun serio intendimento di mettere in atto i dichiarati intenti suicidari, assumendo, altresì, che l’episodio risulterebbe riferibile a persona diversa dal titolare della licenza, peraltro neanche legata allo stesso da rapporto di coniugio.
Rileva in proposito il Collegio che pur apprezzandosi l’intento precauzionale del Questore di Bari, volto a tutelare l’incolumità della predetta D.P., può effettivamente convenirsi con il ricorrente in ordine alla sua certa estraneità rispetto alle affermazioni della D.P., nonchè in ordine alla natura delle predette affermazioni, non necessariamente caratterizzate da serietà di intenti.
Quanto sopra evidenziato non risulta tuttavia rilevante ai fini dell’accoglimento del ricorso, in relazione all’ulteriore profilo motivazionale, il quale – come già sopra evidenziato – è da solo idoneo e sufficiente a supportare la legittimità del provvedimento.
Ed invero, in occasione dell’accertamento di cui sopra è emerso che a carico del ricorrente risultano una denuncia-querela (2012) per inosservanza di provvedimento del Giudice (388 c.p.) e per violazione degli obblighi di assistenza familiare (570 c.p.), nonchè un procedimento penale (15548/09/U RGNR Procura delle Repubblica di Bari con richiesta del PM del 26/11/2012 al GIP di emissione di decreto penale di condanna per truffa aggravata.
Rileva in proposito il Collegio, che risulta infondato il secondo motivo di censura, con cui il ricorrente deduce l’illegittimità di tale secondo profilo motivazionale.
Ed invero, com’è noto, l’Amministrazione, in materia di licenza di polizia per il porto e detenzione di armi, dispone di poteri ampiamente discrezionali nella valutazione di fatti e circostanze idonee a determinare anche il mero sospetto di non affidabilità alla detenzione e all’uso dell’arma, non rilevando in proposito – attesa la prevalenza dell’interesse pubblico e la natura precauzionale delle valutazioni riservate all’Amministrazione – che le pendenze penali si siano o meno tradotte in provvedimenti di condanna, atteso che anche la mera pendenza del procedimento penale costituisce elemento idoneo a supportare una negativa valutazione in ordine all’affidabilità del soggetto.
Il ricorso va dunque respinto.
Ricorrono ragioni equitative per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente, Estensore
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)