1. Procedimento amministrativo – Conferenza di servizi – Modulo procedimentale – Decisione – Competenza – Amministrazione procedente – Sussiste
2. Procedimento amministrativo – Conferenza di servizi – Decisione  – Autotutela – Principio del contrarius actus – Inapplicabilità 
3. Energie da fonti rinnovabili – Valutazione di incidenza ambientale – Assoggettamento –  Regione Puglia – Criteri e principi generali
4. Energie da fonti rinnovabili – Valutazione di incidenza ambientale – Puglia – Riconducibilità  degli impianti ad unico centro di interesse – Valutazione discrezionale – E’ tale
5. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Esatta identificazione nella domanda introduttiva – Necessità 

1. La Conferenza di servizi rappresenta solo un modulo procedimentale di semplificazione di procedimenti complessi nei quali risultino coinvolte una pluralità  di Amministrazioni, ciascuna competente sotto un distinto profilo e chiamata in causa a tutela di interessi differenti. La stessa, pur presentando un’indubbia utilità  operativa (agevolando la conoscenza delle reciproche posizioni, il raccordo organizzativo e temporale, l’accelerazione delle decisioni), non altera l’ordine delle competenze e non incide sulla competenza primaria della cd. Amministrazione procedente ad assumere, ai sensi dell’art. 14-ter, comma 6-bis, della L. n. 241/1990,  valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. 


2. Poichè la decisione finale in esito alla conferenza di servizi è prerogativa della sola Amministrazione procedente, alla quale soltanto viene imputata la relativa responsabilità , a questa spetta anche l’esercizio unilaterale del potere di autotutela. Non può trovare applicazione il principio del contrarius actus e non vi è, pertanto, l’obbligo di riconvocare la conferenza di servizi per esercitare lo ius poenitendi.


3. Nella Regione Puglia, a seguito della emanazione della deliberazione di G.R. n. 3029 del 30.12.2010, l’assoggettamento a valutazione di incidenza ambientale del progetto relativo ad un impianto di energia da fonte rinnovabile deve avvenire cumulando la potenza nominale di più impianti per la produzione di energia eolica al verificarsi della duplice condizione: a) identità  del punto di connessione alla rete elettrica; b) identità  di proprietario o, comunque, appartenenza del progettato impianto a soggetti nei quali l’uno svolge funzioni di controllante dell’altro, ovvero ancora nel caso in cui le compagini societarie di più proposte siano per parti significative composte da medesimi soggetti o – anche per via indiretta – siano riconducibili ad un unico centro di interessi economici e/o giuridici (il TAR ha precisato che le predette condizioni devono coesistere per potersi produrre l’effetto di assoggettamento dell’impianto a valutazione di incidenza ambientale).


4. L’imputabilità  di più impianti di energia da fonti rinnovabili “ad un unico centro di interessi economici e/o giuridici” è criterio di valutazione dell’identità  soggettiva alquanto elastico, contemplando un’ampia fattispecie di chiusura del sistema onde evitare che artificiosi frazionamenti dell’impianto possano sottrarlo alle verifiche di compatibilità  ambientale. Tale valutazione di carattere discrezionale è rimessa all’Amministrazione e come tale, si sottrae al sindacato di legittimità , salva la manifesta illogicità , irrazionalità , o inadeguatezza.


5. La richiesta di risarcimento del “danno da ritardo” presuppone un’esatta identificazione ed una autonoma configurazione dello stesso e, pertanto, non può trovare accoglimento una domanda risarcitoria in cui il ritardo è configurato solo quale elemento sintomatico della colpevolezza del contegno tenuto dall’Amministrazione, che avrebbe precluso all’interessato di acquisire un bene della vita cui aspirava.
*
Vedi Cons. St., sez. IV, ric. n. 7658 – 2013; sentenza 28 aprile 2016, 1624 – 2016

N. 00809/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01342/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1342 del 2012, proposto da: 
Energie per il futuro 2 s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Tangari, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Piccinni n. 150; 

contro
Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maria Liberti, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Bari, al lungomare Nazario Sauro nn. 31-33; Comune di Alberona; 

per l’annullamento
– delle note prot.n. 5709 del 12.06.2012 e 7324 del 26.07.2012 con cui il Dirigente del Servizio energia, reti e infrastrutture materiali per lo sviluppo della Regione Puglia ha disposto l’obbligo di procedere alla valutazione di impatto ambientale del progetto dell’impianto di produzione di energia da fonte eolica della potenza elettrica di 0,9 mw nel Comune di Alberona (FG) in località  “Masseria Sorda”, per la realizzazione e l’esercizio del quale la ricorrente aveva chiesto il rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, D.lgs. n. 387/2003;
-di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali in asse richiamati, ivi compresa la nota prot. n.1541 del 16.05.2012 del Comune di Alberona e, ove occorra, le note prot. n. 682 del 23.01.2012 e 1702 del 23.02.2012 della Regione Puglia;
nonchè per il risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente per effetto dei provvedimenti impugnati;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Carlo Tangari e Maria Liberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe, la società  Energie per il futuro 2 a r.l. ha impugnato la nota prot. n. 5709 del 12.6.2012, recante la determinazione assunta dal dirigente del Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo della Regione Puglia di assoggettare alla verifica di compatibilità  ambientale il progetto dell’impianto di produzione di energia da fonte eolica, della potenza elettrica di 0,9 mw, da realizzarsi nel Comune di Alberona (FG), in località  “Masseria Sorda”, rispetto al quale la società  stessa aveva chiesto il rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003; nonchè la nota confermativa prot. n. 7324 del 26.7.2012.
La determinazione gravata si fonda sul presupposto dell’unitarietà  dell’iniziativa imprenditoriale per cui è causa (Alberona 3), oggetto dell’istanza originariamente presentata dalla società  “Energie per il Futuro s.r.l.” in data 19.2.2009, rispetto ad altri due impianti (Alberona 1 e Alberona 2) già  realizzati dall’appena menzionata società , su aree finitime.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione regionale chiedendo la reiezione del gravame.
All’udienza del 23 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- Il gravame è articolato in due motivi.
Il primo contiene censure rilevanti sul piano meramente procedimentale; il secondo affronta la questione nel merito.
2.1.- Sul piano procedurale parte ricorrente muove due rilievi: a) illegittimità  del parere espresso dal Comune di Alberona al di fuori della conferenza di servizi (tenutasi il 20.1.2011), in dispregio degli artt.14 e ss. della legge n. 241/90; b) illegittimità , per violazione dei principi in materia di autotutela, della revisione unilaterale da parte della Regione della determinazione già  assunta all’esito della conferenza stessa.
Prima di affrontare le sollevate questioni in diritto deve rimarcarsi, in punto di fatto, che il predetto Comune non aveva partecipato alla conferenza di servizi sebbene convocato. Soltanto in data 17 maggio 2012, dopo la conclusione positiva del procedimento relativo al rilascio dell’autorizzazione unica e, addirittura, a convenzione stipulata, ha inviato alla Regione Puglia una nota, nella quale ha evidenziato – per quel che qui rileva – la presenza nella zona contermini di altri due impianti, facenti capo allo stesso centro di imputazione di interessi (Alberona 1 e Alberona 2).
Sulla scorta di tale indicazione la Regione stessa ha riconsiderato le proprie determinazioni, assunte – si ribadisce – all’esito della conferenza di servizi, deliberando l’assoggettabilità  del progettato impianto alla “valutazione di impatto ambientale”.
Orbene, la lettura che degli eventi sopravvenuti suggerisce parte ricorrente non può in verità  essere condivisa. La lamentata violazione degli artt.14 e ss. della citata legge n.241 è soltanto apparente.
La Regione non ha invero autorizzato l’espletamento di un’ulteriore fase sub-procedimentale ma ha avviato un procedimento di revoca delle sue precedenti determinazioni, sulla scorta di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, suggerita da una segnalazione proveniente dall’amministrazione comunale il cui territorio è interessato dal progetto in parola.
Non può dubitarsi che la Conferenza di servizi rappresenti solo un modulo procedimentale di semplificazione di procedimenti complessi, nei quali risultino coinvolte una pluralità  di Amministrazioni, ciascuna competente sotto un distinto profilo e chiamata in causa a tutela di interessi differenti. Presenta un’indubbia utilità  operativa agevolando la conoscenza delle reciproche posizioni, il raccordo organizzativo e temporale, l’accelerazione delle decisioni; tuttavia non altera l’ordine delle competenze e – per quel che qui rileva – non incide sulla competenza primaria della cd. Amministrazione procedente. Nel caso dell’autorizzazione unica, la Regione.
Non appare superfluo richiamare in particolare la disposizione contenuta nel comma 6-bis dell’art. 14-ter che, nel suo complesso, disciplina proprio i lavori della Conferenza. E’ ivi previsto che, all’esito di tali lavori, l’amministrazione procedente – testualmente – “..valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza”.
La decisione finale appare, quindi, prerogativa della sola Amministrazione procedente, alla quale soltanto viene imputata la relativa responsabilità , sebbene la decisione stessa si collochi all’esito della conferenza e debba tener conto dell’apporto di tutte le Amministrazioni coinvolte.
Di ciò in effetti nessuno dubita dopo le modifiche apportate alla disciplina della conferenza di servizi dalla legge n. 15/2005 che, temperando il principio di maggioranza, ha potenziato il ruolo e la responsabilità  dell’Amministrazione procedente (si veda in tal senso Tar Toscana, Sez. II, 19.5.2010, n. 1523; Tar Liguria, sez. II, 11.7.2007, n.1376; C.d.S., 3.3.2006, n.1023).
Particolarmente illuminante da ultimo, sul punto, la sesta Sezione del Consiglio di Stato. Dopo aver rapidamente tracciato il quadro che si è delineato a seguito dell’introduzione del citato comma 6-bis, nel quale spicca l’autonomia del potere procedimentale dell’autorità  procedente e la correlativa responsabilità  non condivisa dagli altri partecipanti alla Conferenza, ha chiarito con inequivocabile lucidità  che “..a questa imputazione autonoma non può non corrispondereun’autonomia di valutazione, pur dovendosi tener conto delle risultanze della conferenza e delle posizioni ivi prevalenti..”; la decisione amministrativa che segue la valutazione collegiale, pertanto, non presenta “¦un nesso di consequenzialità  automatica con le determinazioni della conferenza stessa¦” (cfr. sentenza n. 2378 del 18 aprile 2011).
Applicando tali principi alla fattispecie che ci occupa, ne possiamo desumere che nessun impedimento poteva frapporsi all’esercizio unilaterale del potere di autotutela da parte della Regione, oggetto della censura in esame, poichè unilaterale è la decisione che viene adottata all’esito della conferenza, sia pure valutandone le risultanze. Si ritiene infatti che l’Amministrazione procedente possa discostarsene osservando uno specifico obbligo di motivazione (cfr. la citata sentenza n. 1523/2010 del Tar Toscana).
Non si ravvisa, dunque, nella specie la dedotta violazione del principio del contrarius actus, per non aver la Regione riconvocato la conferenza di servizi. La conferenza aveva, invero, ormai esaurito la propria funzione, riferendosi l’autotutela alla sola valutazione finale, per quanto detto di competenza esclusiva dell’Amministrazione procedente.
Questa ha riconsiderato gli esiti della conferenza alla luce di un mero elemento di fatto desunto dalla contestata nota comunale (preesistenza di altri due impianti contermini a quello progettato, verosimilmente realizzati dallo stesso soggetto); nota alla quale non va assegnata la portata di un parere tardivo che abbia consentito la riapertura del procedimento, bensì la funzione di mero imput, alla riconsiderazione della vicenda e dell’interesse pubblico sotteso. Ciò che appare chiaro dal tenore della nota regionale gravata (la n. 5709) nella quale, in effetti, si stigmatizza il comportamento inadempiente dell’Amministrazione comunale.
Che la Regione abbia trovato lo spunto aliunde, al di fuori cioè della Conferenza di servizi, non pare poter incidere sulla legittimità  dell’esercizio dell’autotutela sotto il profilo del procedimento seguito.
Il primo motivo, per tutte le considerazioni svolte, non può pertanto essere accolto.2.2.- Nel merito, la prima questione da affrontare è quella dell’applicabilità  alla fattispecie che ci occupa della delibera di G.R. n. 3029/2010 che, all’art. 5, ha disciplinato i criteri di cumulabilità  della potenza nominale di più impianti per la produzione di energia eolica, ai fini – che qui rilevano – della valutazione di assoggettabilità  dei progetti alla verifica di compatibilità  ambientale.
I dubbi sorgono in dipendenza della circostanza che l’istanza di autorizzazione dell’impianto per cui è causa è stata presentata nel febbraio 2009, prima dell’entrata in vigore della regolamentazione regionale in questione (26 gennaio 2011).
Il nodo interpretativo non può che essere sciolto alla luce della disciplina transitoria dettata all’art. 7 dalla stessa delibera regionale; a nulla rilevando eventuali opzioni ermeneutiche suggerite dalla Regione (cfr. doc. 7 della produzione documentale di parte ricorrente del 17.10.2012) e poi dalla stessa – di fatto – disattese.
Il menzionato art. 7 sancisce in linea generale l’applicabilità  della nuova disciplina -testualmente- “..ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore¦” (cfr. comma 1); specificando, al comma successivo, che si debbano considerare conclusi – e quindi non in corso – ai sensi della previgente normativa (DGR n. 35 del 23.1.2007) i procedimenti – testualmente – “..riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 2.2, lettera m), e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti” (cfr. comma 2).
In particolare, il richiamato punto 2.2. (lettera m) fa riferimento al “preventivo per la connessione redatto dal gestore della rete elettrica nazionale o della rete di distribuzione secondo le disposizioni di cui agli artt. 6 e 19 della Delibera AEEG ARG/elt 99/08, esplicitamente accettato dal proponente¦”.
Orbene, concentrando l’attenzione su tale ultimo requisito, non vi è prova agli atti che, alla data di entrata in vigore della regolamentazione regionale in esame (si ribadisce, il 26 gennaio 2011), il progetto de quo fosse completo della soluzione di connessione di cui si è appena detto; ed anzi, dal tenore della nota ENEL dell’11.11.2012, prodotta in giudizio (cfr. doc. 1 deposito ricorrente del 13.12.2012), si ricavano invece argomenti di segno contrario.
Soltanto in quella data, infatti, veniva comunicato alla società  odierna ricorrente il codice identificativo e, secondo le previsioni delle norme tecniche predisposte dall’E.N.E.L (cfr. punto B.3), è proprio unitamente al codice predetto che viene di regola trasmesso il preventivo di connessione; dalla data di invio, poi, il richiedente dispone di 45 giorni lavorativi per l’accettazione (cfr. punto B.4.2).
Questa è l’ordinaria procedura. La società  ricorrente non dimostra che, nella specie, l’iter procedimentale abbia seguito un percorso diverso.
Deve pertanto ritenersi che, alla data di entrata in vigore della regolamentazione regionale in questione, il procedimento di autorizzazione per cui è causa fosse ancora “in corso”, ai sensi e per gli effetti della relativa disciplina transitoria. La regolamentazione contenuta nella delibera di G.R. n. 3029 del 30.12.2010 deve, dunque, trovare applicazione alla fattispecie in esame.
2.2.- Risolta la questione della disciplina applicabile, se ne deve esaminare il contenuto in relazione alla problematica che ci occupa.
L’art. 5 della richiamata delibera regionale subordina la cumulabilità  della potenza nominale di più impianti alla verifica di una duplice condizione:
a) identità  del punto di connessione alla rete elettrica;
b) identità  di proprietario o, comunque, appartenenza del progettato impianto – testualmente – “..a soggetti nei quali l’uno svolge funzioni di controllante dell’altro, ovvero ancora nel caso in cui le compagini societarie di più proposte siano per parti significative composte da medesimi soggetti o – anche per via indiretta – siano riconducibili ad un unico centro di interessi economici e/o giuridici”.
2.2.1.- In via preliminare, deve disattendersi l’interpretazione suggerita da parte ricorrente circa la possibilità  di applicare siffatte previsioni in via esclusiva ad impianti che si trovino tutti in fase progettuale, valorizzando il dato testuale (il riferimento è a “due o più proposte” di impianti).
Una simile opzione ermeneutica mortificherebbe la ratio della disposizione, tesa ad impedire che un artificioso frazionamento degli impianti ne consenta la sottrazione alla verifica di compatibilità  ambientale. La norma è plausibilmente preordinata ad impedire che iniziative di dimensioni apparentemente limitate possano in realtà  dar vita a progetti che impattino in modo significativo sull’assetto urbanistico del territorio.
Un’ulteriore preventiva precisazione, questa volta in adesione alle prospettazioni di parte ricorrente: ai fini della cumulabilità  della potenza degli impianti di cui si discorre, le condizioni di cui al richiamato art. 5 devono coesistere.
2.2.2.- Partendo dalla prima condizione, deve precisarsi che lo stesso art. 5, all’ultimo periodo, chiarisce in quali circostanze si possa ritenere sussistente l’identità  del punto di connessione: quando gli impianti considerati abbiano – testualmente – “..lo stesso nodo di raccolta dell’energia prodotta per il passaggio dalla media all’alta tensione (tipicamente stessa Cabina primaria di raccolta 150/20 KV)”.
Nel caso di specie, parte ricorrente si affanna a dimostrare come i tre impianti (Alberona 1, Alberona 2 e Alberona 3) siano contraddistinti da un diverso codice POD. Tale sigla, tuttavia, indica il numero che identifica il progetto, che l’ente gestore della rete elettrica comunica unitamente al preventivo e che il proponente è tenuto ad indicare in ogni successiva comunicazione (cfr. il già  richiamato punto B.3 delle norme tecniche dell’Enel); ma non sembra presentare alcuna relazione con il “nodo di raccolta dell’energia prodotta per il passaggio dalla media all’alta tensione”. Non consente cioè di identificare la cabina primaria di raccolta; o, per lo meno, non si riscontrano agli elementi che consentano di collegare a tale cabina primaria il codice POD.
Nella specie, non può peraltro dubitarsi che la cabina primaria cui farebbe riferimento il progettato impianto coincida con quella dei due impianti preesistenti. Lo si ricava, invero, dalla stessa premessa della relazione tecnica al progetto “Alberona 3” ove si trova affermato – testualmente – quanto segue: “La soluzione tecnica¦prevede che tale impianto si colleghi alla rete pubblica mediante la costruzione di una cabina di consegna e di una linea elettrica da connettersi in derivazione sulla linea in media tensione “Tertiveri”, alimentata dalla CP Lucera”; dove “CP” sta per cabina primaria.
L’identità  della cabina primaria di riferimento per il passaggio dalla media all’alta tensione trova – indiretta – conferma nella nota prot. 050975 datata 8.11.2010, con la quale il Comando in capo del Dipartimento militare marittimo dello Ionio e del Canale d’Otranto di Taranto, per quanto di competenza, esclude con riferimento al progetto che ci occupa la sussistenza di “..motivi ostativi alla realizzazione di una linea interrata ¦utile per il collegamento tra la cabina di consegna dell’impianto eolico indicato in argomento ed il tratto di una linea elettrica interrata già  esistente, a servizio di altri due impianti eolici¦”; vale a dire la linea elettrica interrata a servizio degli altri due impianti, che confluisce nella cabina primaria di Lucera.
2.2.3.- Ciò chiarito, occorre adesso verificare la contestuale sussistenza della seconda delle condizioni indicate dal richiamato art. 5 della delibera di G.R. n. 3029/2010; ossia l’identità  soggettiva del proponente.
Deve in proposito osservarsi che la disposizione in esame indica un criterio di valutazione dell’identità  soggettiva alquanto elastico, contemplando un’ampia fattispecie di chiusura del sistema (imputabilità  – anche indiretta – ad un unico centro di interessi economici e/o giuridici), sul modello dell’art. 38, lett. m-quater) del codice dei contratti pubblici. Quest’ultimo, invero, ai fini dell’individuazione dell’influenza di un soggetto sulle scelte decisionali di un altro soggetto, dà  rilievo ad “..una qualsiasi situazione, anche di fatto” che consenta la riferibilità  delle offerte ad “un unico centro decisionale”. In entrambi i casi la verifica dei collegamenti viene emancipata dai più rigorosi criteri individuati dall’art. 2359 cod. civ..
Nelle gare l’obiettivo perseguito da una disciplina che lascia ampi margine di valutazione all’Amministrazione è di scongiurare la turbativa d’asta; nella materia che ci occupa, è quello di evitare l’elusione della verifica di compatibilità  ambientale attraverso un artificioso frazionamento dell’iniziativa imprenditoriale.
Ciò chiarito in punto di diritto, deve osservarsi – in punto di fatto – che, nella fattispecie, l’imputabilità  dei tre impianti ad unico centro di interessi economici, alla data di adozione del provvedimento gravato (12 giugno 2012), non è revocabile in dubbio. Per stessa ammissione di parte ricorrente, infatti, soltanto in un momento successivo – ossia in data 12.6.2012 – sono stati modificati gli assetti proprietari della società  proponente il progetto “Alberona 3”, con mutamento di sede e amministratore rispetto alla società  che ha realizzato i due precedenti impianti; modifica certamente rilevante sul piano formale ma che non appare decisiva a fugare ogni sospetto di identità  “sostanziale” di interessi. La trasformazione è invero decisamente tardiva rispetto alla scansione dell’intero iter procedimentale e, verosimilmente, indotta proprio dai rilievi dell’Amministrazione regionale allo scopo di aggirarli. A tacere degli altri indici sintomatici dell’imputabilità  sostanziale dei tre impianti al medesimo centro di interessi, rimasti immutati anche dopo la conclusione del procedimento, quali la vicinanza fisica degli impianti stessi e la confluenza in una stessa rete.
2.2.4.- Peraltro, il Consiglio di Stato – con la recente sentenza della quinta Sezione n. 4780 del 10.9.2012 – ha chiarito, proprio con riferimento all’art. 5 della delibera di G.R. pugliese in esame, che la verifica dei presupposti ivi indicati comporta esercizio di potere discrezionale da parte della pubblica Amministrazione che come tale si sottrae “¦al sindacato di legittimità , salva la..manifesta illogicità , irrazionalità , o inadeguatezza”; con la precisazione che i suddetti presupposti “..hanno l’evidente finalità ¦di contemperare i contrapposti interessi, pubblici e privati, in gioco (quello alla tutela ed all’impulso dell’iniziativa economica privata, alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, alla tutela degli interessi urbanistici in generale, oltre che in particolare a quelli paesaggistici ed ambientali), sforzandosi di evitare che iniziative, di dimensioni apparentemente limitate, possano in realtà  dar vita a progetti significativamente impattanti sul corretto assetto urbanistico ( e sui relativi interessi, paesaggistico, ambientale, storico, etc.)¦” (cfr. pagg.11-12).
Orbene, nella fattispecie in esame, considerata la ratio della norma in esame come esplicitata dal giudice di appello, non appare illogico, sproporzionato nè inadeguato il giudizio espresso dall’Amministrazione circa la cumulabilità  degli impianti per cui è causa. Non appare, invero, di per sè dirimente la circostanza che siano differenziati tra di loro, che non siano mai stati concepiti come un’unicum e che siano stati interessati da separate domande, apparendo invece decisivo il fatto dell’appartenenza – formalmente dismessa solo all’esito del procedimento – ad un unico soggetto (o, più precisamente, ad un unico centro di interessi), la vicinanza fisica e l’unicità  del punto di connessione alla rete.
Ragionevolmente, cioè, l’Amministrazione regionale ha ritenuto sussistere i profili -soggettivo ed oggettivo- cui la disposizione regionale connette la cumulabilità  della potenza degli impianti per la produzione di energia eolica. Di qui la legittimità  della determinazione di sottoposizione del progetto Alberona 3 a verifica di compatibilità  ambientale.
3.- Dalla legittimità  delle determinazioni impugnate discende l’inconfigurabilità  di un danno ingiusto ai fini dell’ammissibilità  del risarcimento, richiesto congiuntamente all’annullamento degli atti gravati.
Si riporta in proposito un passaggio di una recente decisione della quinta Sezione del Consiglio di Stato, la n. 176 dello scorso 15 gennaio 2013, da cui si evince una condivisibile impostazione: “l’illegittimità  del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto”; sicchè l’infondatezza nel merito del ricorso comporta di regola il rigetto della domanda di risarcimento del danno”.
Nel caso di specie, parte ricorrente ha formulato nel ricorso introduttivo istanza di risarcimento in relazione ai danni – testualmente – “derivanti dal mancato ottenimento dell’autorizzazione unica richiesta per l’intervento in questione”, valorizzando “il palese ritardo nella definizione del procedimento in questione” solo quale elemento sintomatico della colpevolezza del contegno tenuto dall’Amministrazione, che avrebbe precluso all’interessata di aderire al sistema degli incentivi destinati agli impianti in esercizio alla data del 31.12.2012.
In buona sostanza, l’azione risarcitoria proposta nel ricorso introduttivo si atteggiava quale rimedio funzionale al ristoro dell’interesse legittimo – pretensivo – all’ottenimento dell’autorizzazione unica, che si assumeva illegittimamente leso dalla sospensione del procedimento per cui è causa; in questa formulazione non può quindi trovare accoglimento, poichè – per tutte le considerazioni che precedono – non può tacciarsi di illegittimità  la scelta di sospendere il procedimento di autorizzazione unica per sottoporre il progetto de quo a verifica di compatibilità  ambientale.
Soltanto nelle ultime memorie, prodotte in giudizio in data 22.12.2012 e 2.1.2013 ma non notificate, all’azione risarcitoria formulata nei descritti termini è stata affiancata una richiesta di danni da mero ritardo, con esplicito riferimento alla “denegatissima ed inconcessa ipotesi in cui si ritenga legittimo l’operato delle predette Amministrazioni”.
In disparte ogni altro rilievo, è evidente che un’azione che amplia il thema decidendum, introdottain giudizio attraverso un atto non notificato, non superi l’esame di ammissibilità .
4.- In conclusione, per tutto quanto precede, il gravame deve essere respinto e dichiarata inammissibile l’azione di risarcimento dei danni da ritardo nella conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica. Considerata, tuttavia, la complessità  delle questioni trattate il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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