1. L’assegnazione di un alloggio pubblico non può essere negato sol perchè l’immobile già in proprietà dell’aspirante abbia una superficie astrattamente idonea alla consistenza del nucleo familiare (secondo i parametri stabiliti dalla L.R. Puglia n. 54/1984), qualora si verifichi in concreto che lo stesso non abbia le caratteristiche oggettive atte a soddisfare le esigenze abitative degli occupanti, di guisa che, benchè idonea per lo spazio che offre, non lo sia dal punto di vista dello standard abitativo che è in grado di assicurare.
2. La finalità della legge sull’edilizia pubblica a canone agevolato è quella di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona favorendo l’accesso ad un’abitazione conforme agli standard normativi di igiene e sicurezza e tale non può ritenersi un immobile scarsamente aerato e illuminato e dotato di impianti non rispettosi delle prescrizioni di sicurezza della L. 46/90, pur se lo stesso abbia i requisiti dimensionali adeguati alla consistenza del nucleo familiare.
N. 00753/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00568/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 568 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. -OMISSIS-, con domicilio eletto presso Carmen Viola in Bari, via Putignani n. 12/A;
contro
Comune di Casalvecchio di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Rosaria Gadaleta, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, via Amendola n.166/5;
per l’annullamento
del provvedimento n. 729 di revoca dell’assegnazione provvisoria di un alloggio di edilizia residenziale pubblica adottato dal Comune di Casalvecchio di Puglia (FG) l’11/02/2014 e dell’avvio del procedimento di revoca n. 422 adottato dal Comune di Casalvecchio di Puglia (FG) il 29/01/2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Casalvecchio di Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1, 2 e 5;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori Rosaria Gadaleta;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente impugna la revoca dell’assegnazione provvisoria di un alloggio di edilizia residenziale pubblica adottata dal Comune di Casalvecchio in ragione del fatto che il richiedente dispone di un immobile di sua proprietà – ove abita con i propri figli di 16 e 12 anni – che ha una superficie maggiore di 60 mq, da considerarsi pertanto “adeguato” alle necessità di 3 o 4 persone, ai sensi dell’art. 2 l.r. 54/84 che consente di assegnare alloggi di edilizia residenziale pubblica agli aspiranti, sebbene proprietari di immobili purchè con superficie non superiore agli standard in esso previsti.
Con l’unico motivo di ricorso deduce illegittimità per carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di inopportunità del provvedimento gravato: benchè la revoca sia stata disposta sul presupposto che la superficie dell’immobile di proprietà del ricorrente – articolato su due piani, di cui uno sottotetto privo di locale igienico – ha una superficie di 65,81 mq, non risulta con quale criterio il Comune sia pervenuto a tale misurazione, tenuto conto che l’art. 2 l. r. 54/84 rinvia ai parametri a tal fine stabiliti dall’art. 3 l. 392/78 che escludono dal calcolo i muri interni e perimetrali; inoltre il Comune, pur dovendo tener conto dell’adeguatezza dell’immobile di proprietà al fine di stabilire se ammettere il ricorrente al beneficio richiesto, avrebbe omesso di valutare sia le condizioni di persona disabile della figlia del ricorrente, -OMISSIS-, affetta da handicap grave con ritardo psicomotorio (certificazione della ASL di Foggia in atti), sia le condizioni insalubri dell’appartamento, documentate dal certificato in atti del il 6 febbraio 2014 dell’Ufficio igiene del Comune che descrive un immobile su due piani, di cui uno sottotetto, con illuminazione e aerazione scarsi, dotato di impianti non conformi alle prescrizioni di sicurezza della l. 86/90, privi del certificato di collaudo.
Si è costituito il Comune di Casalvecchio di Puglia deducendo che il nucleo familiare del ricorrente, dopo la separazione dalla moglie, si è ridotto a tre unità , che la figlia disabile del ricorrente, in realtà non avrebbe problemi di deambulazione tali da renderle difficoltoso abitare in una casa su due piani con servizi igienici al piano sottostante la camera da letto, come si evince dalla relazione di indagine socio-ambientale dei Servizi sociali del Comune, ove è riferito che -OMISSIS- si reca autonomamente a scuola a piedi o usando i mezzi pubblici, a fare fisioterapia per la riabilitazione motoria e presso un centro culturale; deduce infine che, se l’inadeguatezza dell’immobile dipende dalla presenza di barriere architettoniche, il ricorrente ben potrebbe accedere ai contributi ex l. 36/89 per l’eliminazione delle stesse.
Il ricorso è fondato.
La situazione documentata dall’Ufficio di igiene del Comune di Casalvecchio nel certificato del 6 febbraio 2014, a firma del medico condotto, riferisce condizioni oggettive dell’immobile di proprietà del ricorrente incompatibili con le esigenze delle persone che vi abitano, soprattutto se si tiene conto che fanno parte del nucleo familiare due ragazzi in età scolare per i quali, in considerazione della occupazioni proprie della loro età , non possono ritenersi adeguati locali scarsamente illuminati e aerati.
Allora il punto dirimente è stabilire se può essere negata l’assegnazione di un alloggio pubblico sol che l’immobile di proprietà dell’aspirante abbia una superficie maggiore di 60 mq perchè, ai sensi della l. r. 54/84, è da ritenersi “adeguato” ad un nucleo di 3 o 4 persone, oppure se è necessario accertare che detto immobile sia anche, in concreto per le sue caratteristiche oggettive, “adeguato” a soddisfare le esigenze abitative degli occupanti, di guisa che un’abitazione, benchè idonea per lo spazio che offre, non lo sia dal punto di vista dello standard abitativo che è in grado di offrire, con conseguente diritto del titolare a concorrere per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica.
Il Collegio ritiene di dover aderire alla seconda impostazione, in continuità con l’indirizzo accolto dal Tribunale (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 05/06/2013, n. 905) secondo il quale, quand’anche si volesse valutare l’«adeguatezza» da un punto di vista oggettivo, l’interpretazione restrittiva non può essere spinta fino a negare la necessità (doverosità ) di verificare le concrete condizioni e caratteristiche dell’immobile considerato.
Infatti la finalità della legge sull’edilizia pubblica a canone agevolato è quella di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona favorendo l’accesso ad un’abitazione conforme agli standard normativi di igiene e sicurezza e tale non può ritenersi un immobile scarsamente aerato e illuminato e dotato di impianti non rispettosi delle prescrizioni di sicurezza della l. 46/90.
E’ anche documentato che l’abitazione del ricorrente, dislocata su due piani con i servizi igienici al piano inferiore presenta barriere architettoniche, e tali sono, ai sensi del d.m. n. 236/89, gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea, o che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti.
Orbene la condizione della figlia del ricorrente, di disabilità grave con ridotta capacità motoria permanente, che necessita di riabilitazione fisioterapica come si evince dalla relazione socio-ambientale versata in atti dal Comune, integra appieno la condizione personale a fronte della quale l’ostacolo fisico, costituito dalle scale di collegamento fra i due piani dell’abitazione, è per presunzione di legge una barriera architettonica.
Anche per questo, esclusa in ogni caso l’ammissibilità della censura di inopportunità del provvedimento sottratta al sindacato di questo giudice, deve ritenersi che l’immobile occupato dal ricorrente e dalla sua famiglia non sia adeguato, nell’accezione funzionale del termine accolta dal Collegio.
Nè convince, al riguardo, l’obiezione del Comune secondo il quale il ricorrente potrebbe accedere ai fondi stanziati dalla l. 39/89 per la rimozione delle barriere architettoniche, sia perchè tali fondi non coprono per intero le spese eventualmente necessarie, ma è previsto un tetto oltre il quale la spesa è a carico del privato, sia perchè i due benefici, accesso ai fondi per l’eliminazione delle barriere architettoniche e all’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, non sono fra loro alternativi, almeno fintanto che, eliminate le barriere architettoniche, l’appartamento di proprietà dell’aspirante risulti “adeguato” secondo l’accezione sopra accolta.
In tal caso però non è la possibilità di accedere ai finanziamenti stanziati ex l. 36/89 che costituisce motivo ostativo all’assegnazione, ma il fatto che l’immobile sia ormai privo di barriere architettoniche e dunque adeguato alle esigenze del portatore di handicap facente parte del nucleo familiare dell’aspirante.
In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra questione, deve essere accolto,
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Casalvecchio di Puglia al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in € 1.000 oltre accessori dovuti per legge.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 d.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1, 2 e 5 d. lg. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1,2 e 5 della medesima disposizione.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)