1. Alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile anche espressi sotto forma di divieto, quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei, quali ad esempio la individuazione di fasce di rispetto da siti reputati sensibili.
2. L’Amministrazione comunale, nel denegare l’autorizzazione alla installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare, ha l’onere di indicare eventuali siti alternativi idonei alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, al fine di non pregiudicare l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio.
N. 01537/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01839/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1839 del 2007, proposto da:
Telecom Italia Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14;
contro
Comune di Acquaviva delle Fonti, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso Franco Gagliardi La Gala in Bari, via Abate Gimma, n. 94;
per l’annullamento
– dell’ordinanza n. 113 del 15.11.2007 a firma del Dirigente p.t. della Ripartizione tecnica – Sportello unico per l’edilizia del Comune di Acquaviva delle Fonti;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, ove occorra:
– della nota prot. n.21329 del 19.11.2007 a firma del Dirigente p.t. della Ripartizione tecnica – Sportello unico per l’edilizia del Comune di Acquaviva delle Fonti;
dell’ordinanza n.99 dell’11.10.2007 a firma del Dirigente p.t. della Ripartizione tecnica – Sportello unico per l’edilizia del Comune di Acquaviva delle Fonti;
– delle delibere del C.c. di Acquaviva delle Fonti n. 54 del 24.9.2007 e n. 65 dell’8.10.2007, della nota prot. n. 18614 dell’8.10.2007 del Comando di Polizia Municipale di Aquaviva delle Fonti, del regolamento comunale in materia di impianti per telefonia mobile come modificato con la citata delibera consiliare n. 54 del 24.9.2007 (atti, tutti questi, non conosciuti dalla Società Telecom Italia se non in virtù del richiamo agli stessi contenuto nelle avversate ordinanze n. 99 dell’11.10.2007 e n. 113 del 15.11.2007).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Acquaviva delle Fonti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti il difensore Silvio Giancaspro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con il ricorso n. 1839 del 2007, la Telecom S.p.a. impugnava l’ordinanza n. 113 del 15.11.2007, a firma del Dirigente della Ripartizione Tecnica – Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Acquaviva delle Fonti, che ha disposto la revoca in autotutela della d.i.a. presentata in data 15.06.2006 e ha ordinato la rimozione di tutte le opere installate sulla base della medesima d.i.a.
Il provvedimento ha ad oggetto i lavori di installazione di un impianto di telefonia mobile (sistema UMTS) sul lastrico solare di un edificio sito in Via Saveria Altamura n. 10, ritenuto inidoneo in quanto ubicato ad una distanza inferiore a mt. 300 dal sito sensibile costituito dall’immobile situato in Via Monsignor Laera, sede della scuola elementare “Aldo Moro”.
Esso segue alla delibera consiliare n. 54 del 24.09.2007, con la quale sono state approvate alcune modifiche al vigente Regolamento Comunale in materia di installazione di impianti per telefonia mobile, stabilendo, da un lato, l’obbligo per i gestori di fornire “la mappatura della copertura per gli impianti già esistenti”, dall’altro che “la perimetrazione delle aree sensibili, nelle quali vige il divieto di installazione degli impianti, deve essere fatta con un raggio di mt. 300 intorno ai siti sensibili” .
Costituiscono motivi di ricorso:
1. violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 21 quinquies e 21 nonies L. 241/1990 e s.m.i; difetto di istruttoria e motivazione; eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa.
La revoca in autotutela disposta con la gravata ordinanza non rispetterebbe i requisiti previsti dalle norme della L. 241/1990 e s.m.i, in quanto, da un lato, vi sarebbe carente motivazione circa l’interesse pubblico sopravvenuto o il mutamento di valutazione di quello originariamente posto a supporto delle determinazione revocata e, dall’altro, non vi sarebbe la previsione di alcun indennizzo a fronte del pregiudizio arrecato all’interesse della Società Telecom s.p.a., come richiesto dall’art. 21 quinquies L. 241/1990 e s.m.i Nè vi sarebbe alcun riferimento al tempo decorso dalla formazione del silenzio significativo ai fini della d.i.a. e agli interessi della società ricorrente e della collettività a cui servizio è realizzata e gestita la rete di telefonia mobile, in conformità alla previsioni di cui all’art. 21 nonies L. 241/1990 e s.m.i.;
2. violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 86 comma 3 e 90 del D. Lgs. 259/2003, degli artt. 5 e 8, commi 1, 6 e 16 della L. 36/2001, dell’art. 13 del D. Lgs. 267/2000, nonchè del D.M. n. 381/1998. Eccesso di potere per perplessità , illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa, nonchè per erronea presupposizione in fatto e diritto. Difetto di istruttoria, incompetenza, carenza di motivazione, illegittimità derivata.
Il deliberato del Consiglio Comunale contrasterebbe, inoltre, con il D. Lgs. 259/03, in particolare, con l’art. 90 che considera “opere di pubblica utilità ” gli impianti di telefonia cellulare e con l’art. 86 comma 3, che li qualifica come “opere di urbanizzazione primaria”.
Con riferimento ai criteri di insediamento delle strutture di telefonia mobile, la società ricorrente afferma che non si possono fissare senza tenere conto delle caratteristiche tecniche della rete di comunicazione e, in particolare, della bassa potenza di emissione degli impianti, ognuno dei quali sarebbe idoneo a garantire il servizio in collegamento con l’utenza per una determinata area, cd. cella, solo se le stazioni radio base siano distribuite in modo capillare sul territorio. L’allontanamento di dette strutture dagli insediamenti abitativi, risulterebbe incompatibile con la tipologia di rete a schema cd. “cellulare”, con conseguente rafforzamento del segnale, che per questo risulterebbe rischioso per la collettività .
Inoltre, la previsione regolamentare in esame risulterebbe in contrasto con la previsione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e della salute pubblica e con le disposizioni della L. 36/01″ Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici”, che distinguono le competenze tra Stato, Regioni e Comuni. La potestà regolamentare di questi ultimi sarebbe finalizzata ad “assicurare il corretto insediamento urbanistico territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici” (art. 8 comma 6).
Le competenze dei Comuni avrebbero mero rilievo attuativo, esecutivo e di controllo e/o vigilanza, con esclusione di attribuzioni che comprendano potestà derogatorie della normativa statale.
Dal punto di vista sanitario i limiti di esposizione sarebbero posti dal D.M. 381/98, dal punto di vista urbanistico, invece, gli impianti di telefonia mobile sarebbero compresi tra le opere, che per loro natura, possono coesistere con ogni tipo di zonizzazione e con le relative prescrizioni.
Da quanto esposto conseguirebbe l’illegittimità sia della previsione regolamentare, che del provvedimento dirigenziale emanato in sua attuazione e di tutti gli atti gravati.
Il rispetto della normativa statale imporrebbe che l’attività amministrativa dei Comuni sia svolta con adeguata istruttoria, consentendo ai gestori la partecipazione al procedimento volto all’adozione del Regolamento Comunale.
Nel caso in esame, il Comune avrebbe omesso la valutazione dell’efficacia delle disposizioni regolamentari introdotte al fine della riduzione dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici e della compatibilità delle localizzazioni concesse con l’esigenza di assicurare la gestione del servizio pubblico di radiotelefonia mobile.
II. Il Comune di Acquaviva delle Fonti si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, richiamando la normativa vigente per sostenere la legittimità del proprio operato.
L’Amministrazione, dopo aver fatto riferimento ai provvedimenti adottati e sulla base dei quali è stata adottata l’ordinanza n. 113 del 15.11.2007, evidenzia che l’unica ragione che ha determinato il giudizio di inidoneità del sito è rappresentata dalla presenza, entro il raggio di 300 mt, di una scuola elementare, che lo renderebbe “sensibile”, ai sensi della normativa regionale e statale.
Ne conseguirebbe che alcuna violazione dei principi vigenti in materia del riparto di competenza sarebbe configurabile. Nè alcun vizio del procedimento sarebbe ravvisabile, attesi il rispetto del Piano di Installazione, alla cui stesura avrebbe partecipato anche la società ricorrente, l’istruttoria svolta desumibile dalla delibera consiliare n. 54/2007 e la possibilità di partecipazione al procedimento attraverso il “Forum comunale permanete con funzione consultiva e propositiva”.
III. La domanda incidentale di sospensione è stata, dapprima, respinta con ordinanza n. 39 del 17.01.2008 e, successivamente, accolta con ordinanza n. 2560 del 14 maggio 2008, del Consiglio di Stato, in riforma di quella adottata in primo grado.
Con ordinanza presidenziale n. 109 del 16.04.2014 sono stati disposti incombenti istruttori al fine di acquisire elementi aggiornati circa la situazione di fatto e di diritto, successiva all’adozione dell’atto impugnato.
Con relazione depositata in data 29 maggio 2014, il Dirigente della Ripartizione Tecnica – Sportello unico per l’Edilizia del Comune di Acquaviva delle Fonti ha ricostruito la successione cronologica degli atti relativa alla vicenda per cui è causa. Ha riferito che, in seguito all’ordinanza del Consiglio di Stato di accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione, la Società Telecom Italia s.p.a ha comunicato, con nota prot. n. 10036 del 04.06.2008, la ripresa dei lavori di installazione dell’impianto oggetto della pratica SUAP n. 1263/06 e, con successiva nota prot. 13141 del 17.07.2008, l’attivazione del medesimo.
La ricorrente, nell’imminenza dell’udienza pubblica di trattazione del merito, ha depositato memoria per ribadire i motivi di ricorso e le ragioni poste a fondamento delle doglianze eccepite.
All’udienza pubblica del 29.10.2014, sentita la difesa della ricorrente, la causa è stata trattenuta in decisione.
IV. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Dirimente ai fini della decisone è il vaglio di legittimità della delibera del Consiglio comunale di Acquaviva delle Fonti n. 54 del 24.09.2007, con cui è stato approvato ed integrato il Piano di Installazione Comunale (P.I.C. – anno 2007), prevedendo tra le prescrizioni, il divieto di installazione di impianti nelle aree sensibili entro un raggio di mt. 300 dai medesimi.
Tale divieto, in quanto, costituisce un limite alla localizzazione e non un criterio di localizzazione, è da ritenersi illegittimo.
In base agli indirizzi giurisprudenziali prevalenti, dai quali il Collegio non rinviene, nel caso in esame, elementi per discostarsene, “è stato ritenuto che alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.)”.
Tuttavia, è stato altresì, puntualizzato come ai medesimi enti non sia consentito “introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonchè di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi)” (Così Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 44, del 09.01.2013, a conferma di quanto già espresso nella sentenza della medesima Sez. VI, 9 giugno 2006, n. 3452).
Emerge di tutta evidenza che se la scuola elementare “Aldo Moro” legittimamente possa considerarsi sito sensibile, tanto da potersi vietare l’installazione sul suddetto immobile degli impianti per telefonia mobile, illegittimamente la presenza dello specifico edificio può essere posto a fondamento del divieto localizzazione dell’impianto entro il raggio di riferimento, fissato nel caso in esame in una lunghezza pari mt 300.
V. L’illegittimità di tale divieto di installazione di impianti nelle aree sensibili entro un raggio di mt. 300 dai medesimi, sancito dall’amministrazione comunale si pone, del resto, in contrasto con quanto sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 307 del 23 settembre- 7 ottobre 2003, richiamata anche nell’ordinanza n. 2560 del 13 maggio 2008, di accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione del Consiglio di Stato.
Con tale pronuncia, se da un lato, non è stata ritenuta fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della Legge Regionale Pugliese, secondo cui è vietata l’installazione di sistemi radianti relativi agli impianti di emittenza radiotelevisiva e di stazioni radio base per telefonia mobile su “ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido”, dall’altro, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art 10 della L.R. Puglia n. 5/2002, in quanto ha esteso il divieto di localizzazione degli impianti alle fasce di rispetto, degli immobili “protetti”, quali ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido.
Nei provvedimenti adottati dal Comune di Acquaviva delle Fonti emerge che le aree sensibili siano state perimetrate e il Piano di Inserimento Comunale (P.I.C.) ha imposto il divieto di localizzazione degli impianti entro un raggio di 300 mt dai siti sensibili, in violazione di quanto espressamente sancito dalla Corte Costituzionale.
VI. A tali rilievi, da soli idonei a fondare l’accoglimento del ricorso, si aggiunge la mancanza dell’indicazione da parte dell’amministrazione di eventuali siti alternativi idonei alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come più volte affermato dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio (Cons. di Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6961).
VII. Per tutto quanto esposto ed argomentato, assorbiti gli ulteriori motivi di censura, il ricorso deve essere accolto per l’illegittimità dell’ordinanza n. 113 del 15 novembre 2007, che riconduce l’inidoneità del sito all’istallazione dell’impianto per telefonia mobile per cui è causa, unicamente alla ubicazione del medesimo ad una distanza inferiore ai 300 mt dal sito sensibile, e di tutti gli atti con i quali tale fascia di rispetto è stata imposta.
VIII. Concorrono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti, tenuto conto dell’intera vicenda processuale e della durata del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti gravati nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)